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Autore: Sapphire_Raven    15/10/2020    3 recensioni
Ken Wakashimazu amava la sua vita normale: frequentava una buona scuola, aveva degli ottimi amici e, allo stesso tempo, giocava a calcio in una delle squadre giovanili più importanti del Paese. Non avrebbe cambiato nulla della sua quotidianità, ma il destino o chi per lui decise di metterci lo zampino, trascinandolo in una delle situazioni più assurde che si possano immaginare.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ken Wakashimazu amava la sua vita normale: frequentava una buona scuola, aveva degli ottimi amici e, allo stesso tempo, giocava a calcio in una delle squadre giovanili più importanti del Paese. Non avrebbe cambiato nulla della sua quotidianità, ma il destino o chi per lui decise di metterci lo zampino, trascinandolo in una delle situazioni più assurde che si possano immaginare.

Anche per quella giornata l’allenamento era finito. Wakashimazu, tra i pali della porta, osservò i suoi compagni di squadra allontanarsi in direzione degli spogliatoi. Nonostante la stanchezza, avrebbe dovuto restare al campo più a lungo: il mister gli aveva chiesto di aiutare Takeshi Sawada, l’ultimo arrivato all’Accademia Toho, con degli allenamenti extra. Ken aveva accettato di buon grado, dopotutto Takeshi era uno dei suoi più cari amici ed era contento di potergli dare una mano. Solitamente anche il capitano rimaneva con loro, ma quella sera aveva preferito andar via insieme al resto della squadra. Wakashimazu sospettava che quella decisione avesse a che fare col compito di matematica del giorno seguente, per il quale Hyuga, come sempre, non aveva studiato. Non c’era niente da fare, quel ragazzo aveva in testa solo il pallone e pensava di cavarsela ripassando tutto la sera prima, ma il suo metodo non funzionava praticamente mai e Ken era costretto a passargli tutte le risposte. Sperava che almeno per quella volta Hyuga riuscisse a cavarsela da solo, anche se dubitava fortemente che una sola serata di studio sarebbe bastata. A volte si chiedeva se sarebbe stato capace di farsi promuovere senza il suo aiuto.

L’allenamento con Sawada proseguì fino a tarda serata. Quando il mister li congedò, Takeshi corse agli spogliatoi, uscendone dopo appena qualche secondo con il proprio borsone, dicendo che doveva tornare subito ai dormitori a finire una ricerca per il giorno dopo e salutando Wakashimazu con la mano, mentre anche quest’ultimo si dirigeva nell’edificio adibito a spogliatoio per la squadra di calcio. Appena varcata la soglia, però, notò subito un particolare insolito: un grosso gatto tigrato stava seduto su una delle panchine più lontane dall’entrata, muovendo piano la coda. Quando vide il portiere, inclinò la testa da un lato, puntando gli occhi su di lui. Gli animali non erano ammessi negli edifici scolastici, tantomeno negli spogliatoi, ma Ken non vide alcun motivo per mandarlo via, in fondo non dava fastidio a nessuno. Si limitò a ignorarlo e fece per prendere le proprie cose, ma il gatto scelse proprio quel momento per saltar giù dalla panchina e cominciare a miagolare. Wakashimazu gli fece segno di smetterla, ma a quanto pare quello non capì, anzi iniziò ad agitarsi, miagolando in modo sempre più insistente e mordendogli i lacci delle scarpe, fino a quando Ken, esasperato, si arrese: “Si può sapere che vuoi?”. 

Subito il gatto smise di tormentargli le scarpe e, ormai sicuro di avere la sua attenzione, si diresse dove si trovava prima, dalla parte opposta dello spogliatoio. Voleva forse mostrargli qualcosa? Wakashimazu lo seguì e lo ritrovò davanti a un armadietto aperto, che riconobbe come quello del capitano. Dentro c’erano ancora tutte le sue cose, ma lui dov’era? Ken credeva che fosse già tornato in camera da un po’, ma che senso aveva andarsene senza la propria roba? Si rivolse allora al gatto: “È questo che volevi farmi vedere? Sai dov’è Hyuga?”. Avrebbe dovuto sentirsi stupido a parlare con un animale come se si aspettasse una risposta, ma quello sembrava abbastanza intelligente e nello spogliatoio non c’era nessun altro oltre a lui, quindi non avrebbe dovuto preoccuparsi che qualcuno lo vedesse. C’era però un grande problema: la barriera linguistica. Per quanto si sforzasse, tutti quei miagolii erano incomprensibili! Evidentemente la sua espressione confusa indusse il gatto a cambiare approccio, perché si zittì di colpo e fece un cenno col muso verso l’armadietto. Ken ancora non capiva:  “Senti, non potresti essere più chiaro? Non ho la minima idea di cosa tu voglia dirmi!”.
Il gatto parve rifletterci su, poi finalmente si decise: con un agile salto, entrò nell’armadietto aperto e si voltò nuovamente verso Ken. Si sedette quindi sulla maglietta che Hyuga aveva lasciato lì e guardò fisso il portiere, come a dirgli “Vediamo se hai capito adesso!”. Ora che si trovava al suo stesso livello, Ken notò che, effettivamente, c’era qualcosa di strano: quel gatto gli era familiare, possibile che l’avesse già visto da qualche parte? E poi quegli occhi che lo fissavano … sembravano quasi umani, per non parlare poi della sua intelligenza!

Ebbe un brutto presentimento. Corse alle docce e controllò in ogni angolo, ma la stanza era vuota. Cercò il cellulare nelle tasche e, una volta trovato, chiamò il numero di Hyuga. Lasciando squillare il telefono, si accorse dopo poco di sentire la suoneria provenire dalla stanza accanto. Quindi il capitano aveva lasciato lì anche il cellulare. Non prometteva bene. Tornò nello spogliatoio e il gatto era ancora lì dove l’aveva lasciato, intento a cercare la fonte del rumore tra le cose di Hyuga. Davanti al suo sguardo incredulo, l’animale riuscì a scovare il cellulare sotto la maglietta della divisa del numero dieci della Toho e, con un tocco sicuro della zampa sullo schermo, accettò la chiamata. Si voltò poi verso il portiere, come ad aspettare che dicesse qualcosa. Lentamente, senza staccare gli occhi dall’armadietto, Ken spense il proprio telefono e lo rimise in tasca. Senza dar retta alla voce della ragione, che gli faceva notare come ciò che stava pensando fosse totalmente impossibile, si avvicinò al gatto. Per la terza volta si ritrovò a parlare con lui, abbassando la voce: “Capitano?”. In risposta, questo annuì.

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Ammettetelo, l'associazione Kojiro-gatto l'abbiamo fatta tutti prima o poi XD

Questa fanfic l'avevo in mente da settembre, solo che non avevo mai trovato il momento giusto per scriverla, perciò ho deciso di aspettare fino a quando i compiti non mi avessero sommersa per mettermi a buttar giù qualche riga (quindi scusatemi se la grammatica o il testo in generale non sono ben fatti, la mia testa parla solo tedesco negli ultimi giorni e non ho un beta reader).

A parte questo, è il mio primo tentativo serio di scrivere qualcosa che sia più lungo di un capitolo solo, quindi le recensioni mi sarebbero davvero utili per capire come continuare al meglio. Inoltre, potrebbe passare molto tempo da un aggiornamento all'altro, perchè quest'anno ho gli esami e i professori ci stanno già mettendo pressione con compiti e verifiche varie.

In ultimo, ma non per importanza, ringrazio per il supporto Laura, la più accanita shipper Kojiken che conosco (e che assolutamente non ho influenzato) che mi avrebbe ucciso se l'avessi fatta aspettare ancora XD

Alla prossima!

   
 
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