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Autore: MaryFangirl    15/10/2020    4 recensioni
[Sequel di 'Un giorno mi apparterrai']
-Erano passate diverse settimane da quando si era risolto il caso degli omicidi in serie [...], ma come si poteva mettere una pietra sopra quello che era successo? [...] Kaori impiegava qualche minuto ogni giorno per far vagare la sua mente al doloroso passato.-
Genere: Azione, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Due giorni dopo, con la fronte appoggiata contro l'oblò di un Boeing, i suoi occhi nocciola persi in lontananza fissavano casualmente nella loro traiettoria un'abitazione di Tokyo che si sarebbe trasformata, nel corso del viaggio, in un imponente edificio newyorkese.

Sprofondata in quella silenziosa contemplazione, una calda mano maschile si intrecciò alla sua e, riprendendo lentamente il corso della realtà, Kaori cercò di apparire in forma di fronte al suo compagno.

"Grazie per essere venuto con me" disse con voce debole.

Attirando delicatamente la sua amata contro di sé, gli fu naturale cingere le fragili spalle della giovane donna mentre l'imponente aereo rollava, a velocità moderata all'inizio, sulla pista asfaltata per prendere il volo.

Intanto che le ruote del dispositivo lasciavano il terreno, il cuore dello sweeper perse un battito e si aggrappò inconsciamente ai braccioli, mentre Kaori si stringeva maggiormente a lui e, con mano amorevole, gli faceva girare il viso per dargli un dolce bacio.

"Faresti davvero qualsiasi cosa per me" sussurrò.

Inclinandosi verso di lei, per consolidare le sue parole, lui mormorò:

"Non sarei il numero uno del Giappone e nel tuo cuore se non potessi fare questo per te" confessò, richiedendo un secondo bacio più appassionato.

Appoggiando quindi la testa sullo schienale della poltrona, Ryo chiuse gli occhi per alcuni istanti e un flash delle ultime quarantotto ore gli tornò in mente.

 

 

FLASHBACK

 

Dopo aver pianto tutte le sue lacrime, con occhi lucidi Kaori ascoltò lo sweeper.

"Dovresti andare...tua sorella ha lavorato duramente su questo articolo e sarebbe stata orgogliosa di ricevere questo premio"

Avendo preso la mano di Kaori nella sua, lui sentì le dita della donna contrarsi mentre parlava.

"So che stai soffrendo per la sua perdita e che il tempo non sembrerà mai abbastanza clemente per guarire le tue ferite, ma pensa alla gioia che lei avrebbe provato..."

Interrompendo improvvisamente le parole confortanti del suo amante, Kaori sembrò soggiogata da uno spirito rabbioso quando le parole uscirono dalle sue labbra arrabbiate.

"Come puoi saperlo?! Come potrebbe mia sorella essere felice per una cosa del genere quando non c'è più?! Perché dovrei accettare questa roba quando è a causa sua se l'ho persa?! E come hanno avuto i suoi appunti..."

"Sono stato io a inviarli" disse lui, "Glielo dovevo"

Alzandosi repentinamente, mentre spingeva lo sweeper, la rabbia contrasse i suoi lineamenti così compassionevoli e dolci d'abitudine; con i pugni serrati fino a far sbiancare le nocche, continuò nel suo flusso adirato.

"Non voglio questa cosa!" urlò. "Sayuri non deve fare altro che venire a prenderla, se vuole...ah no, che stupida" rise sguaiatamente, battendosi il palmo contro la fronte. "È morta" sbottò furiosa.

Un violento schiaffo si abbatté sulla guancia della giovane donna; interrompendo il suo doloroso delirio, lei lo fissò in silenzio per alcuni secondi. Sfregandosi lo zigomo arrossato, i suoi occhi umidi fulminarono lo sweeper e, senza dire una parola, corse a chiudersi nella sua stanza.

Con passo abbattuto, Ryo prese la stessa strada e la chiamò dolcemente attraverso la porta, cercando così di ragionare con lei.

"Kaori...calmati, tesoro"

Girando la maniglia della porta, la sentì rigida e capì che era stata chiusa a chiave.

"Aprimi, per favore" supplicò.

"No, lasciami stare" chiese lei con voce strozzata.

Abbozzando un sorriso triste e indietreggiando, Ryo se ne andò come da lei richiesto, senza insistere nonostante il desiderio di confortarla; raggiungendo il salotto, afferrò senza vigore la sua giacca blu e, lanciando uno sguardo protettivo verso il piano superiore, lasciò l'appartamento.

Rimuginando amaramente su quello che era appena successo, fece un giro senza meta per la città. Urtando contro i passanti di fretta, questi ultimi borbottarono qualche rimprovero, proseguendo senza attendere.

Presto il suo sguardo scuro attraversò le griglie di colori cupi che componevano il cimitero e con passo un po' accelerato, spinse il cancello che cigolò scontento mentre la sua corporatura imponente scivolava attraverso i vicoli incorniciati dalle lastre in marmo.

Passando da destra a sinistra, pochi istanti dopo raggiunse la tomba del suo ex partner e migliore amico. Le scritte dorate sulla pietra chiazzata sembravano brillare sotto il timido sole, mimetizzato di tanto in tanto da una nuvola grigiastra; anche il tempo era triste quel giorno.

"Ciao, vecchio fratello" disse con un tono che lasciava percepire il dolore.

Fissando la tomba, una goccia e poi un'altra atterrarono in un 'ploc' sull'ultimo luogo di riposo di Hideyuki; il diluvio, che si scatenò pesantemente, non lo fece andare via. Aveva bisogno di parlare con il suo amico. Offrendo il viso alla pioggia, il suo tormento si mescolò alle gocce fresche e lui rimase lì, piantato senza fare un gesto né dire una parola, come se stesse comunicando mentalmente con il suo spettrale interlocutore.

 

 

Esausta per il dolore, Kaori si era assopita bruscamente, poi si era seduta sul letto, schiacciando le ultime lacrime che le scorrevano lungo le guance, tendendo le orecchie per sondare l'appartamento e rilevare la presenza del suo partner.

Stranamente, non percependo alcun suono e aggrottando le sopracciglia, avanzò con passo vellutato attraverso la stanza e, girando la chiave nella serratura, sgattaiolò fuori e lungo il corridoio.

Appoggiandosi alla ringhiera, non percepì la presenza così cara al suo cuore, poi, colpita con piena forza dalle parole che aveva pronunciato, sentì il proprio cuore stringersi a causa del senso di colpa.

Spalancò gli occhi e scese per le scale correndo, entrando in ogni stanza e chiamandolo con voce vibrante; la sua odissea la portò perfino nello scantinato dove solo l'eco dei suoi passi diede risposta ai suoi appelli.

Raggiungendo il parcheggio, la sua ricerca si fermò alla barriera di ferro del cancello, mentre la pioggia imperversava.

"Ma dove sei?" chiese piano, fissando l'acquazzone che si abbatteva sulla città.

Inevitabilmente, con le spalle curve e aggrappandosi alla ringhiera, tornò all'appartamento facendo chiudere la porta dietro di sé, ma il rumore della chiusura non la raggiunse.

Girandosi velocemente, si ritrovò di fronte a un Ryo zuppo fino all'osso, ma non avrebbe mai dimenticato il suo sguardo. Quel dolore che pensava di aver sradicato velava nuovamente i suoi occhi scuri nonostante l'aria distaccata che voleva darsi; colui che lei riteneva invincibile, soffriva per il suo comportamento pessimo.

Lanciandosi tra le sue braccia, lo sentì rabbrividire sotto l'ondata di un calore che sembrava aver abbandonato il suo corpo fradicio e, stringendosi a lui, implorò la sua clemenza.

"Perdonami. Non volevo..."

Abbracciandola a sua volta, Ryo la premette contro il proprio cuore che batteva di nuovo per l'amore del suo angelo.

 

FINE FLASHBACK

 

 

Con le braccia incrociate sul petto, dando indicazioni allo staff della galleria, Natsume dettagliava minuziosamente ciascuno dei suoi dipinti, come se li vedesse per la prima volta, per dare loro la migliore luce possibile e il punto ideale perché venissero accuratamente evidenziati.

Mentre i dipendenti seguivano le raccomandazioni dell'artista, questi si ritirò nel suo salottino. Accasciandosi pesantemente su una delle poltrone e sospirando, la mano che penzolava nel vuoto sfiorò il quotidiano sul tavolino. Con disinvoltura, riportò la sua attenzione sui grossi titoli e, come afferrato da un passato da cui voleva scappare, un brivido gli attraversò le labbra che si mossero automaticamente nel leggere i grossi caratteri: "GIOVANE AVVOCATO ASSASSINATO".

Spinto da una funesta curiosità, spulciò il giornale per i dettagli del caso:

"Miyuko Maya, avvocato di 27 anni, è stata assassinata a Central Park. La giovane, trovata strangolata nella boscaglia, è rimasta lì diverse ore prima che un jogger la trovasse all'alba. Nessun sospettato è ancora stato fermato, ma la polizia prosegue nelle indagini. Vendetta personale o crimine passionale, la pista non è ancora chiara..."

Come pieno di rimorso, spinse via il giornale e si prese il viso tra le mani.

"Perché dovrei sentirmi in colpa per quello che è successo? Forse l'ho incrociata senza saperlo mentre andavo lì a disegnare?"

Ad ogni modo, Natsume si sentiva stranamente a disagio dopo aver letto l'articolo e colto dal senso di colpa mentre scrutava le righe sul quotidiano, come se lo prendessero in giro e lo condannassero; a quel punto, il manager entrò.

Accorgendosi rapidamente della confusione che scuoteva il suo protetto, per via dei suoi lineamenti tesi, l'uomo lo interrogò.

"Che ti succede, Yoshiki?"

"Nulla di grave" ammise, sorpreso.

"Non può essere così poco importante a giudicare dalla tua faccia" insistette Massao.

"Lo troverai stupido" disse prendendo il giornale, "Ma guarda questo articolo, quello sull'omicidio di questo avvocato"

"Ebbene?" chiese l'altro, corrugando la fronte.

"Questa donna...a quanto pare frequentava regolarmente Central Park. È strano, ma mi sento in colpa per la sua scomparsa. Forse è la conseguenza della storia con Izumi! Ma mi sento comunque preoccupato; forse l'ho incontrata..."

"Mi stupirebbe" lo interruppe il manager bruscamente. "Insomma, voglio dire, il parco è enorme, circolano un sacco di persone. Non sarai responsabile per tutti gli omicidi della megalopoli, no?! Altrimenti penso, caro mio, che la tua lista rischia di essere lunga"

"Probabilmente hai ragione" disse, ridendo piano di se stesso.

Prendendo l'artista per un braccio, Massao se lo tirò dietro e così tornarono nella sala espositiva, nel tentativo di dissipare il turbamento di Natsume e facendolo riprendere a coordinare la sua mostra.

 

 

Diverse ore dopo, a fine giornata, all'aeroporto JFK di New York, un Boeing dall'Asia atterrò senza problemi; emettendo un profondo sospiro di sollievo, con un gesto frettoloso lo sweeper si slacciò la cintura e afferrò con premura la mano della sua compagna per lasciare quella ferraglia volante.

Con passo rapido percorsero la passerella sotto le raccomandazioni severe dell'hostess di rallentare per evitare di cadere trascinandosi dietro qualcun altro.

Raggiungendo finalmente la terraferma, come il papa che baciava il suolo della terra santa, Ryo si inginocchiò per tastare il cemento, come per essere sicuro che la sua mente non fosse colpita da un'illusione.

Con un sorriso tirato e dandogli un piccolo calcio, Kaori salutò i passeggeri che li fissavano, mentre implorava discretamente il partner di alzarsi.

Riacquistando il suo autocontrollo, come con un colpo di bacchetta magica lui fu fresco e pronto per proseguire con il viaggio. Senza ulteriori indugi, entrarono nella hall del terminal e si diressero verso la folla raggruppata intorno al nastro con le valigie.

Attendendo i loro bagagli, questi apparvero dopo pochi istanti sul tappeto rotante; in altre circostanze, sarebbero stati più carichi e avrebbero approfittato di quella fuga per visitare la città, ma si trattava di un soggiorno che sarebbe stato meglio fosse il più corto possibile.

Chiamando un taxi, salirono sull'auto gialla e si diressero verso l'appartamento di Sayuri. Il tragitto fu silenzioso ma non meno ricco di ricordi; con occhi spalancati, Kaori cercò di trovare un po' di gioia nello scoprire l'immensa città dove sua sorella aveva vissuto, dove le dimore gigantesche solleticavano le nuvole e la folla brulicava sui marciapiedi aspettando che il semaforo cambiasse colore per permettere all'inondazione umana di correre per le strade.

Ryo, nel frattempo, fissava nostalgicamente gli imponenti edifici appartenenti a un doloroso passato. Ma presto un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra ricordando il suo incontro con Mick. Una rivalità in quanto dongiovanni si era instaurata tra loro rispetto alla loro solida collaborazione nella vita professionale; stranamente, avevano subito simpatizzato nonostante il carattere un po' selvaggio di Ryo. Avevano sentito, l'uno nell'altro, le similitudini delle loro sorde ferite e l'istinto professionale che ribolliva nelle loro vene. Non avevano mai dubitato l'uno dell'altro e ancora adesso, malgrado l'handicap dell'americano, Ryo sapeva di poter ancora lasciare la vita nelle sue mani.

Immersi nei rispettivi pensieri, uscirono dal loro flusso di emozioni quando il taxi si fermò.

Mentre Ryo pagava la corsa e infilava la tracolla della sua borsa da viaggio iniziando a camminare, gli occhi nocciola di Kaori fissarono la facciata del lussuoso edificio mentre una fitta al cuore recise tutta la sua volontà iniziale di proseguire e paralizzò i suoi movimenti.

Un nuovo slancio la invase quando sentì la mano dell'uomo scivolare nella sua e un sorriso caloroso si diffuse sul viso del suo compagno.

"Andiamo!" disse lui semplicemente.

"Sì!" rispose lei, stringendo brevemente e istintivamente le sue dita per trarne coraggio.

Varcando le porte automatiche che si aprirono al loro passaggio, si fermarono immediatamente alla vista dell'arredamento della hall.

Con un fischio di ammirazione Ryo espresse il suo entusiasmo mentre Kaori riportava la sua attenzione sulle grandi tende di velluto rosso che circondavano imponenti colonne bianche allineate sulla navata principale, sulle poltrone che si abbinavano alla struttura, posizionate in cerchio attorno a un tavolo basso, il tutto scintillava sotto l'illuminazione di lampadari di cristallo, strategicamente sistemati, in modo da non lasciare alcuna zona d'ombra.

Alla fine del corridoio c'era un imponente bancone dai colori neutri dove vari addetti alla reception erano impegnati a soddisfare i clienti; il bancone, incorniciato da due colonne simili alle altre, indicava le direzioni indispensabili. Sulla destra si poteva leggere un cartello che indicava il ristorante e il bar mentre a sinistra un altro cartello segnalava gli ascensori.

Quasi esitanti, ripresero ad avanzare quando furono fermati dagli appelli di una hostess.

"Signorina Tachiki...signorina Tachiki"

Inchinandosi davanti alla coppia, una bella giovane donna in uniforme, senza fiato, salutò rispettosamente.

"Sono così felice di rivederla, signorina. Mi avevano detto che le era capitata una grande sventura, ma vedo che mi sono confusa"

Mentre Kaori sentiva le parole piene di entusiasmo della donna, il suo viso si scompose in una tristezza malcelata; fu Ryo a porre fine al suo tormento.

"Signorina, questa donna è la sorella della signorina Tachiki"

Colpita dalla rivelazione, la donna si soffermò sui lineamenti della giovane e improvvisamente realizzò il suo errore.

"Oh...vogliate perdonare la mia gaffe. Mi dispiace, signorina" confessò confusa, inchinandosi nuovamente. "Ma vi assomigliate tanto"

"Non è grave" sorrise Kaori malinconicamente. "Ma forse può aiutarci"

"Sì, naturalmente" accordò la donna. "Ma mi chiami Sashi, sua sorella e io ci conosciamo da molti anni"

"Come desidera...Sashi" aggiunse Kaori gentilmente.

"Allora, come posso esservi utile?"

"Rimaniamo qui solo pochi giorni e vorrei poter accedere all'appartamento di mia sorella per recuperare alcuni effetti personali" disse mentre seguivano la donna che era tornata al suo posto dietro il bancone.

Guardando a destra e a sinistra e vedendo che i suoi colleghi sembravano occupati, Sashi afferrò il mazzo di chiavi necessario appeso al banco della reception.

"È l'appartamento 508. Prendete tutto il tempo necessario" aggiunse l'hostess sorridendo amabilmente. "Posso concedere quest'ultimo favore"

Ringraziandola allegramente e lasciando le valigie a carico di Sashi, la coppia si diresse verso l'ascensore; mentre le porte si aprivano, Ryo premette il pulsante che si illuminò mentre Kaori si appoggiata contro la parete, sospirando. Con quel semplice gesto, cercò di eliminare lo stress di ritrovarsi di fronte ai ricordi di sua sorella e alla palpabile realtà della sua scomparsa.

  
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