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Autore: _Pulse_    20/08/2009    2 recensioni
Questa one-shot parla di Alexia e della frustrazione di essere sempre secondi, senza riuscire a capire qual è la propria strada e quindi non riuscire a seguirla, fino a che proprio questa non ti capita fra i piedi e non aspetta altro che essere colta... (Baci, la vostra _Pulse_ **)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Pronti? Forza! - urlò una ragazza in mezzo al corridoio, a capo di una banda di ragazzi e ragazze più o meno della sua stessa età.
Una ragazza forse strana alla prima impressione: i capelli neri a riflessi blu, corti, con le punte in su; gli occhi scuri contornati da poca matita nera e mascara; il rossetto blu sulle labbra; una maglietta nera, attillata; dei jeans scuri; delle All Star blu.
- Sì, ok, ma senza Franky come facciamo?
- Cavolo è vero! Me ne ero completamente dimenticata! Scusate ragazzi… scusate, scusate, è colpa mia. Beh, faremo a meno di lui. Possiamo farcela lo stesso.
- Va bene.
Passarono davanti ad una stanza, tutti concentrati. Non si erano nemmeno accorti che la colonna portante del gruppo era rimasta indietro.
- Tu?!
La ragazza non riusciva a fare a meno di urlare quando era agitata, tesa, contenta, eccetera… E aveva gridato con la testa dentro alla stanza, allibita da quello che vedeva.
- Alexia?! Ma che ci fai qui? - rispose un ragazzo, raggiungendola quasi di corsa sulla porta.
- Aspetta… aspetta… Io sono qui perché devo cantare, ho ricevuto una nomination… Ma voi?
- Noi? Noi ne abbiamo tre… - ghignò il ragazzo, che poi le stampò un bacio sulle labbra.
- Ah ah… Fammi salutare dai, che dobbiamo prepararci poi.
La ragazza, di nome Alexia, spostò il ragazzo ed entrò nella stanza, con un sorriso abbagliante.
- Ciao ragazzi! Come state?
- Ma ciao Ale! Io sto bene, tu? Non avrei mai pensato di incontrarti qui!
I due si baciarono sulle guance, e così accadde anche con gli altri due ragazzi seduti poco lontani da loro, su un divanetto.
- Io sto molto bene. Sono tesa per dopo, però… bene, bene. Sì… avrei dovuto immaginarlo di incontrarvi qui… ormai ricevete premi dappertutto!
- Alexia! Dobbiamo andare!
Lei si girò e guardò una ragazza alla porta, che la chiamava con ansia.
- Kary… calmati ti prego. Sono tesa già di mio, non mi serve altro. Adesso arrivo.
Si girò verso quel ragazzo vestito con dei vestiti molto grandi per il suo fisico. Gli prese la maglietta con i pugni, si avvicinò alle sue labbra con un sorriso, gli sussurrò:
- Noi ci vediamo dopo?
- Ehm… sì.
- Ma ti sei fatta i riflessi blu vero?
- Sì, menomale che almeno tu te ne sei accorto, Bill; non come qualcun altro qui di fronte a me…

- Sì che me ne sono accorto! Lo sai che assomigli ancora di più a un puffo così?
In effetti la ragazza era molto più bassa di lui, per raggiungere le sue labbra doveva mettersi in punta di piedi. Poi se si era fatta i capelli blu e se teneva il rossetto dello stesso colore, era possibile anche crederla Puffetta!
- Vai a cagare!
- Grazie! -, rispose con un gesto della mano, mentre lei andava alla porta sempre con il suo sorriso.
- Ti voglio bene, ciao! -, disse, sparendo dalla loro vista.
I ragazzi, quei quattro bei ragazzi, rimasero nella stanza, a guardarsi. Il ragazzo dai vestiti larghi e il ragazzo con il trucco pesante sugli occhi, con una pettinatura strana, si guardarono più intensamente. Un sorriso apparve sulle labbra del primo, subito dopo apparve anche su quelle del secondo.
Tom e Bill, fratelli gemelli, nato uno dieci minuti a distanza dell’altro, chitarrista e cantante dei Tokio Hotel, il gruppo più famoso di quei tempi.
- Non vedo l’ora di vedere che cosa fa questa volta… -, disse il minore dei due, il piccolo Bibi, come lo chiamava il fratello.
- Sì, anche io sono abbastanza curioso a dirla tutta.
- Fa sempre delle coreografie spettacolari. Anche io voglio ballare, Tomi! Balliamo?
- Ma tu sei impazzito!
Si erano conosciuti per caso, Tom e Alexia, si odiavano reciprocamente, poi, sempre per caso, si erano avvicinati ed ora… eccoli lì, assieme, già da sei mesi.
Né l’uno né l’altra si sarebbero mai immaginati tutto questo. Già il fatto che stessero assieme per loro era strano, poi si era creato uno scalpore generale. Chi amava i Tokio Hotel, ora li odiava perché uno dei componenti stava con un’altra artista che odiavano già in precedenza; chi odiava i Tokio Hotel, ora li amava perché Alexia, che amavano, stava con uno del gruppo. Non contava niente la musica, era un fatto di coppie ormai. Per non parlare dello stress, delle domande inopportune in mezzo alle interviste, ai fotografi sempre alle calcagna. Insomma… mica facile per quei poveri ragazzi che per un giorno, solo un giorno, avrebbero voluto essere delle persone normali.

 

***

 

- Ale? Posso?
La ragazza si alzò da terra e si avvicinò a Tom, entrato nel suo camerino.
- Sì, certo, accomodati.
- Grazie.
Si mise su una poltrona. Dallo specchio di fronte a sé, poteva vedersi e anche Alexia che c’era seduta davanti poteva vederlo.
- Siamo rivali, sai? -, disse, girandosi verso di lui.
Lui non poté non restare a bocca aperta. All’inizio era stato così anche per lei. Lei unì le mani a modo di preghiera e guardò verso il basso, mordendosi il labbro inferiore.
- L’unica nomination che ho… e sono contro di voi…
- E allora? Non è detto che in quella categoria vinciamo…
Per lei era già una causa persa. Si abbandonò alla sedia e chiuse gli occhi. Era frustante essere sempre la seconda, la seconda in tutto. Si era impegnata moltissimo per arrivare a quel punto e ora… sarebbe andato tutto in fumo, ne era certa. Contro di loro era impossibile vincere. E la cosa più frustante era che uno di loro, uno di quei ragazzi che l’avrebbero superata, era il suo ragazzo.
- A cosa pensi? -, le chiese.
- A tante cose.
Era assorta da molto nei suoi pensieri, ed erano così tanti che non riusciva più ad uscirne. Potremmo definirla in una bottiglia piena di pensieri, dove esce solo la testa, giusto per ottenere l’ossigeno per vivere, il suo ossigeno era Tom. La sosteneva, anche se non era facile, però ci metteva tutta la sua buona volontà. Se lei aveva bisogno di parlare, di confidarsi con qualcuno, lui era pronto. C’era sempre.
Il ragazzo si avvicinò a lei e la abbracciò, mettendole le braccia intorno al collo, teneramente.
- Non ti devi preoccupare: comunque andrà, non importa; quello che conta sul serio è divertirsi, fare ciò che ci piace, fare della buona musica. Ho ragione?
- Sono della tua stessa idea, hai ragione. Grazie Tom.
- E per che cosa? Sono fatto apposta…
Le sorrise. Il sorriso più bello che avesse mai visto in vita sua. Non fece in tempo a ricambiare che le labbra del ragazzo ora erano sulle sue.
- Sarà meglio che vada. Se poi Bill si mette a sclerale prima di cantare non va bene. Ci vediamo sul palco allora…
La ragazza guardava ancora per terra, distratta, assente. Era come se lì Tom non esistesse nemmeno.
- Alexia?
- Eh? Sì, ok a dopo.
- Mm. Allora a dopo.
Tom uscì dal camerino, lasciando la ragazza da sola, ancora di più immersa nei suoi pensieri. Pensieri che facevano male, che trafiggevano il cuore. Tutti la conoscevano la piccola Alexia, la forte e colei che non aveva mai paura di niente e di nessuno. Ora… aveva paura. Di cosa nemmeno lei lo sapeva. La sua mente era divisa in due opinioni diverse: chi diceva che era meglio scegliere Tom e chi che la soluzione era lasciar perdere Tom e concentrarsi solo sulla musica. Tom o carriera? Tra le due cose, come si poteva scegliere? Era impossibile, almeno per lei.

 

***

 

- Busta.
Una ragazza con un sorriso bello finto salì sul palco e passò al conduttore la busta blu che avrebbe annunciato il vincitore di quella categoria.
Alexia e Tom erano vicini, tremavano vicini, si sfioravano la mano e sentivano tutta l’agitazione dovuta a quella busta. Dopo che si avrebbero scoperto il vincitore, cosa sarebbe successo?            
Il presentatore aveva voglia di farli morire, perciò fece tutto con una calma snervante, da strapparsi i capelli.
Aprì la busta con cautela, come se quella fosse una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Sbirciò il nome scritto al suo interno, guardò il pubblico, guardò verso di loro con un ghigno poco rassicurante.
Le mani di Tom e Alexia si unirono, si tennero forti, fino a quando non videro un flash rivolto verso di loro. Si allontanarono con la massima indifferenza. Lei si mise a braccia incrociate e lui si mise le mani in tasca.
- E i vincitori sono… i Tokio Hotel!
Un dolore improvviso al petto fece chiudere per un attimo gli occhi ad Alexia. Subito dopo fece finta di niente ed abbracciò Tom, sussurrandogli:
- Bravi, ve lo meritate.
Tom le sorrise e salì con gli altri sul palco per ricevere il premio.

 

***

 

Alexia raccolse per l’ennesima volta la palla da basket da terra, dopo che non era andata a finire nel canestro. Quella sera ne faceva pochi, come pochi erano i successi e le gratificazioni che riceveva nel suo lavoro.
Tentò ancora, ma ebbe lo stesso deludente risultato.
Mi sono ammazzata per ricevere questo premio. E invece… ho sentito la frase che sento sempre. ‘E i vincitori sono… i Tokio Hotel!’ E certo… come sempre. E come se tutto questo non bastasse…
Altro canestro fallito, altra palla raccolta dal cemento.
…ho dovuto subire i rimproveri del mio management. In effetti… è un po’ una testa di cazzo. Cosa ci posso fare io se le ragazzine hanno occhi solo per loro? No… non è così secondo lui. E no, perché ‘La tua esibizione ha fatto schifo… I tuoi compagnucci andavano fuori tempo…Non hai dato il massimo…’ Certo… è colpa mia, come sempre.
- Ma lo sai che per giocare a basket servono i tipi alti?
La voce di Tom la distrasse dai suoi tiri falliti e dai pensieri che le giravano in testa.
- Ah, sei tu… Lo so, ma non serve l’altezza per giocare bene. A volte.
Tom le fece segno di passargli il pallone, lei glielo passò, facendolo rimbalzare a terra. Lui lo prese, inquadrò il canestro e poi lanciò il pallone, che fece una specie di ‘ciuff’’ con la rete, entrando. Le sorrise e fece rimbalzare verso di lei la palla. Lei la guardò arrivare ai suoi piedi, poi fermarsi. Ci si mise seduta sopra, tenendo le braccia sulle gambe.
- Non pensavo che qui dietro ci fosse un campo da basket - disse lui.
- E invece c’è. Che cosa vuoi?
Tom si avvicinò a lei senza smettere di sorridere, si mise seduto al suo fianco e le prese la mano.
- Sono venuto a congratularmi con te.
- Con me? Ma se ho perso…
- Sei arrivata seconda! Hai superato molti, ed erano pure più conosciuti di te!
- Sì, ok. Ma non ho vinto, non trovo nulla per cui tu debba congratularti con me. Sono contenta per te. Se avete vinto ci sarà un motivo… forse il management ha ragione: non valgo nulla rispetto a voi.
- Questo non è assolutamente vero. Lo sai che lui tende sempre ad aggravare la situazione… Tu vali, vali molto, non devi nemmeno pensare il contrario. Hai capito?
I due si guardarono, uno deciso, l’altra un po’ meno. Uno con lo sguardo serio, l’altra con lo sguardo confuso. In effetti, lei non riusciva a spiegarsi il motivo del suo comportamento. Insomma, perché si comportava così? Perché rivolgere la propria attenzione verso una come lei?
- Stasera ci sei? - le chiese.
- Dove?
- Come dove? Non c’è l’after party?
- Ah sì… vero.
- Allora ci sei?
- Non so… devo vedere se entro stasera mi viene la voglia…
- Tom dove sei?
La voce di Bill interruppe il dialogo tra i ragazzi. Rivolsero lo sguardo entrambi verso la figura alta e snella del ragazzo di fronte a loro.
- Scusate… ho interrotto qualcosa?
- No, no… figurati. Ora… sarà meglio che vada, devo ancora prepararmi per sta sera -, disse Alexia, alzandosi dal pallone e mettendosi a posto la maglietta.
- Allora ci sei! Ti passo a prendere? Andiamo assieme?
Lei si fermò un attimo e guardò il viso di Tom, girandosi.
- Ahm… no. Facciamo che… ci vediamo lì, ok?
Tom rimase senza parole, guardò il fratello, abbastanza confuso.
- Allora ciao, ci vediamo. Ti voglio bene! - disse sempre lei, visto che Tom non accennava a dare una risposta, correndo via, superando e sfiorando Bill e il suo braccio.
I gemelli rimasero a guardarsi in silenzio. Nessuno sapeva ciò che passasse per la testa di quella ragazza stravagante.

 

***

 

Bevve ancora dal bicchiere, quando sentì il cellulare suonare di fianco a lei. Guardò il display, lesse il nome di Tom. Sbuffò, appoggiò il bicchiere sul bordo dell’enorme vasca a idromassaggio e rispose.
- Sì, Tom… che c’è?
- Ma dove cazzo sei, me lo spieghi?!
- Sono in hotel, contrattempo. Ti diverti?
- Contrattempo un cazzo! Alexia piantala di sparare cazzate… che cosa ti succede?
- Ti prego Tom, non ti ci mettere pure tu. Magari ne parliamo con calma, ma non ora. Tu pensa a divertirti. Ci vediamo, ora devo scappare. Ciao tivibi!  
Chiuse il telefono, non lasciando il tempo a Tom di rispondere. Fece un sospiro di sollievo e lo riappoggiò di fianco a lei, immergendosi fino agli occhi nell’acqua calda. Si lasciò coccolare da quel paradiso.
Contrattempo eh? Bella questa… Quando vuoi sai mentire alla grande!
Bevve ancora un sorso di vino rosso, alla giusta temperatura, gustandosi ogni minima goccia. Improvvisamente, gli venne in mente un’intervista, che l’aveva già in precedenza fatta riflettere molto, ma ora… ripensandoci era ancora peggio.
‘Allora Alexia… Grande successo, tutto d’un tratto. Come l’hai presa? Sei a disagio?’
‘No, credo di godermela finché posso.’
‘Molti ti considerano antipatica, ti chiedi mai il motivo? Ti da fastidio?’
‘Io penso che ognuno dovrebbe avere delle opinioni, è ovvio. Perciò non mi da fastidio. Però… c’è sempre una certa superficialità su queste cose. Alcuni non ascoltano la musica di un cantante solo perché quel tizio gli sta antipatico. Secondo me, non è giusto. La musica si ascolta non per i cantanti, ma per quello che cantano.’
‘A proposito. Alcuni pensano che il tuo successo così improvviso sia dovuto alla tua relazione con il chitarrista dei Tokio Hotel, Tom Kaulitz. Credi che abbia influito molto?’

Quella domanda l’aveva completamente bloccata, ed erano in diretta. Una vera e propria figuraccia. Ma come si poteva restare calmi rispetto una cosa così? Confermava il fatto che lei non valeva nulla, che molti la seguivano ed erano suoi fan solo perché stava con Tom. Da quel giorno si era continuata a fare questa domanda: ‘Se io non stessi con Tom, ora dove sarei? Sarei allo stesso livello di adesso? È davvero così un fatto di gossip e non di musica?
Bevve dal suo bicchiere di cristallo, bevve con foga l’ultimo sorso di vino, come per buttare giù quel boccone amaro. Si accorse che anche la bottiglia era vuota. Si era fatta fuori un litro di vino in neanche un’ora, però era lucidissima. Si avvolse in un asciugamano bianco e andò in camera da letto, vide la televisione accesa, la spense, raggiungendola a piedi nudi, gocciolando sulla moquette.
Perfetto… è presto ed è finito il vino. Come la passo la serata ora? Forse… l’unica è andare a quello stupido after party e strafogarmi di schifosissimo alcol.
Si infilò in un vestito nero, si passò un po’ di trucco, si asciugò i capelli e uscì. Il pensiero che tutto quello che aveva era grazie alla storia con Tom la distruggeva. Era impensabile. Tom era una cosa, la carriera e la musica era un’altra. Amore e lavoro. Semplice, no? Le due cose non si dovevano assolutamente mischiare.

 

***

 

- Ah, eccoti qua! Credevo che non venissi più! - le stampò un bacio sulle labbra, stando attento a non toglierle il rossetto.
Alexia guardò Tom negli occhi, si guardarono, mentre tutto intorno era frenetico.
- Mi racconti che cosa c’è che non va? Sei strana in questo periodo… Me lo dici, per favore?
Lei sospirò, si guardò in giro e adocchiò subito Bill e gli altri che stavano venendo verso di loro. Si mise a braccia incrociate e, dopo aver guardato di lato, gli disse, alzando le sopracciglia,:
- Quand’è che Bill riuscirà a starti lontano per dieci minuti?
Tom si girò e lo vide. Guardò la ragazza di fronte a sé e fece una faccia buffa, prendendo l’aria e trattenendola in bocca, gonfiando le guance, poi sorrise.
- Ciao Ale!!! - urlò Bill, con la sua vocina straziata.
Lei sbuffò e sorrise. Si allontanò, per andarsi a prendere da bere, mentre i gemelli parlavano, di qualcosa, non sapeva cosa. Era troppo lontana per sentire, e poi c’era un casino bestiale.
Riuscì ad infilarsi in mezzo a due che non conosceva e a prendersi un bicchiere di vino rosso, certo, non uno dei migliori, ma pur sempre vino. Girandosi si scontrò contro un ragazzo, sui trent’anni più o meno. Una camicia bianca che ricadeva con distratta eleganza sui jeans firmati, ed era dannatamente affascinante. Quei penetranti occhi azzurri e quel sorriso, la imbambolarono letteralmente, non lasciandole il tempo di ricordarsi che lei aveva appena compiuto diciott’anni e che fosse già impegnata.
Peccato… un vero peccato…
- Oh, mi scusi… non volevo…
Il ragazzo le sorrise ancora e si spostò da lei, lasciandola passare. Lei sorrise e si allontanò guardandolo mentre si prendeva da bere. Anche il ragazzo la guardò, improvvisamente sembrò di ricordarsi qualcosa. Si diede una pacca sulla fronte e la raggiunse, ridendo da solo.
- Scusami. Ma tu sei Alexia vero?
- Sì, sono io.
- Scusa, scusa, scusa. Cercavo proprio te prima! E quando ti ho avuta di fronte non ti ho riconosciuta, sono uno stupido. Solo che… sono nuovo nel settore, e di persona non ti avevo mai vista prima. Sei davvero più bella dal vivo, sai?
Alexia si pietrificò ancora di più, diventò rossa e aveva paura che la sua salivazione andasse a farsi fottere. Quel ragazzo aveva proprio un viso da ragazzino innocente ed ingenuo, cosa che la faceva impazzire. Poi aveva una voce tremendamente sexy; davvero irresistibile.
Qui si va di complimenti, ne?
- Ahm… sì… io… Come posso aiutarti? - balbettò lei.
- Volevo proporti di partecipare ad una fiction televisiva, in uno di quei programmi per ragazzi. Potremmo parlarne, ti va?
- Ehm… io, così, su due piedi, non so che dirti. Dovrei pensarci prima. Se vuoi possiamo incontrarci con più calma per parlarne, questo sì.
- Perfetto! Allora ti lascio il mio numero, così appena hai tempo… scommetto che sarai indaffaratissima… mi chiami e ci troviamo per discuterne, anche con il mio capo eccetera. Ok?
Tirò fuori dal taschino della sua camicia un biglietto da visita e glielo diede, sorridendo.
- Mi raccomando, ci conto - disse ancora, allontanandosi da lei con un passo lento e sicuro, quasi felino.
- Chi era quello? - disse la voce rigida di un ragazzo dietro di lei, che trasmetteva preoccupazione e rabbia allo stesso tempo.
Alexia si girò e guardò il viso di Tom, praticamente furente per tutto quello che aveva visto. Lei era ancora sbigottita da quel ragazzo, che non le aveva nemmeno detto il suo nome. Guardò il biglietto da visita tra le sue mani e lesse il nome del ragazzo misterioso: John Berky.
Tom le strappò il foglietto di mano, in quanto lei non riusciva a dire una parola. Lo guardò per un attimo, poi il suo sguardo ricadde ancora su di lei.
- Che voleva John??? - chiese ancora, non nascondendo la rabbia.
- Ahm… Mi ha chiesto se… se volevo lavorare in televisione, come attrice… credo.
Tom la guardò sbalordito, a bocca aperta. Non negò ad un sorriso di apparire sulle sue labbra.
- Davvero? Ma è… è stupendo! No, aspetta un attimo. E la musica? Non puoi mollarla così!
Lei gli prese il braccio, lo trascinò fuori dalla ressa, nel giardino fuori il locale, per parlare un po’ in tranquillità. Ci pensava da molto a questo momento, a cosa gli avrebbe detto, a come glielo avrebbe detto. Si era persino immaginata la reazione e poi le reazioni delle reazioni. Si era già creata il film di quell’episodio che ancora doveva vivere.
- Qui si sta meglio, non credi? - disse, mentre si portava il bicchiere alle labbra, per bere un sorso di quel vino da quattro soldi.
- Sì, sì… ora mi spieghi?
I loro occhi si incontrarono e rimasero a guardarsi per un istante, fino a quando lei si mise a fissare un albero poco distante da loro, respirando lentamente.
- Ti è mai capitato di… di voler mollare tutto, di scappare via?
- Sì, un sacco di volte.
- Ma non hai mai sentito che… il lavoro che fai non ti soddisfa, che sembri quasi noioso, una routine… che non ti piace più?
- No, questo mai.
- A me succede di continuo. Fare musica mi piace, ma sembra che lo debba fare solo perchè ho un contratto. E questo, detto sinceramente, non mi va. Vorrei fare qualcosa che mi entusiasma di più, che mi fa divertire e allo stesso tempo vivere. Questa cosa non succede ora.
- Vuoi mollare?
- Non dico che la mollo per sempre. Direi piuttosto che mi prendo una pausa di riflessione. Accantono per un po’ la musica e intraprendo un’altra carriera, visto che mi è stata data la possibilità.
- Perciò… ti incontrerai con quel tizio…
- Sì, penso proprio di sì.
- Sono contento che finalmente tu mi abbia spiegato. Era troppo che ti vedevo così strana, non sembravi tu. A me basta che tu sia felice, se questa la credi la scelta migliore, non posso impedirti nulla, anzi, sono con te. Se questo ti farà stare meglio, hai la mia più totale approvazione.
I due si guardarono sorridendo, si abbracciarono, stringendosi forte, ma tutto prima o poi finisce. Sarebbero rimasti così ancora, se non fosse stato per un certo gemello…
- Ah eccovi qua! Non vi trovavamo più, credevamo che ve la foste data a gambe…
Alexia e Tom si staccarono all’improvviso, come se fossero stati sorpresi a fare una rapina a mano armata in banca. Fecero finta di niente e guardarono Bill come se proprio non fosse accaduto nulla e come se lui non avesse visto nulla.
- Io non vi capisco. Perché vi nascondete? State assieme no? E allora? Avete vergogna di abbracciarvi davanti a me? - disse Bill, alzando le mani all’altezza del busto.
Tom e Alexia si guardarono e sorrisero.
- Vai tu o vado io? - chiese lui, sorridendo.
- No, se non ti dispiace vado io, ne ho una…
- Ok, prego.
- Bill, non è che noi ci vergogniamo ad abbracciarci davanti a te, è solo che noi ci vergogniamo di averti vicino in momenti come questi…
Tom si coprì la bocca con la mano e scoppiò a ridere. Anche Alexia rise, ma con più contegno, mentre Bill era rimasto a fissarla, quasi indignato.
- Non credi di esserci andata giù un po’ pesante? - chiese Tom, dopo aver finito di ridere.
- Noooo, ma va’. Tanto Bill non se la prende, vero piccolo? - disse lei, avvicinandosi a lui e massaggiandogli il braccio. Bill aveva la faccia seria, non la degnava nemmeno di uno sguardo.
- Va bene Bill, io torno dentro - disse, comportandosi esattamente come lui.
- Ok, ok. Non me la prendo, lo so che scherzi… - disse Bill, girandosi e guardandola, sorridendo.
- Bravo, così si fa. Dai, entriamo.

 

***

 

Mesi dopo.

- Tooooom? Allora? Sei pronto? Dobbiamo andare!
- Arrivo, arrivo!
Uscì dalla stanza, con cappellino e tutto. In confronto, lei sembrava una principessa: aveva un vestito lungo, blu con dei brillantini sul fondo.  
- Ok, andiamo. Sono tesissima… te lo giuro.
- Comprendo perfettamente. Un oscar non si vince tutti i giorni…
Alexia aveva fatto carriera: da una semplice serie televisiva per ragazzi, aveva partecipato a molti film, e ora veniva premiata per migliore attrice protagonista nel suo ultimo film. Aveva trovato la sua strada, il suo perfetto equilibrio. Ora non avrebbe più sentito dire quella frase: ‘E i vincitori sono… i Tokio Hotel!’, ma bensì avrebbe sentito il suo nome, finalmente e per una cosa che le piaceva fare sul serio.

     

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Ff scritta in tempi remoti, molto lontani, e ho dovuto toglierle le ragnatele di dosso quando l’ho scovata in una cartellina del pc, ma spero possa piacere, il tema è molto significativo per me, è importante capire e seguire la propria strada, per essere felici. _Pulse_

      

   
 
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