- Pronti? Forza! -
urlò una
ragazza in mezzo al corridoio, a capo di una banda di ragazzi e ragazze
più o
meno della sua stessa età.
Una ragazza forse strana alla
prima impressione: i capelli neri a riflessi blu, corti, con le punte
in su;
gli occhi scuri contornati da poca matita nera e mascara; il rossetto
blu sulle
labbra; una maglietta nera, attillata; dei jeans scuri; delle All Star
blu.
- Sì, ok, ma senza Franky come
facciamo?
- Cavolo è vero! Me ne ero
completamente dimenticata! Scusate ragazzi… scusate,
scusate, è colpa mia. Beh,
faremo a meno di lui. Possiamo farcela lo stesso.
- Va bene.
Passarono davanti ad una stanza,
tutti concentrati. Non si erano nemmeno accorti che la colonna portante
del
gruppo era rimasta indietro.
- Tu?!
La ragazza non riusciva a fare a
meno di urlare quando era agitata, tesa, contenta, eccetera…
E aveva gridato
con la testa dentro alla stanza, allibita da quello che vedeva.
- Alexia?! Ma che ci fai qui? -
rispose un ragazzo, raggiungendola quasi di corsa sulla porta.
- Aspetta… aspetta… Io sono qui
perché devo cantare, ho ricevuto una nomination…
Ma voi?
- Noi? Noi ne abbiamo tre… -
ghignò il ragazzo, che poi le stampò un bacio
sulle labbra.
- Ah ah… Fammi salutare dai, che
dobbiamo prepararci poi.
La ragazza, di nome Alexia,
spostò il ragazzo ed entrò nella stanza, con un
sorriso abbagliante.
- Ciao ragazzi! Come state?
- Ma ciao Ale! Io sto bene, tu?
Non avrei mai pensato di incontrarti qui!
I due si baciarono sulle guance,
e così accadde anche con gli altri due ragazzi seduti poco
lontani da loro, su
un divanetto.
- Io sto molto bene. Sono tesa
per dopo, però… bene, bene.
Sì… avrei dovuto immaginarlo di incontrarvi
qui… ormai
ricevete premi dappertutto!
- Alexia! Dobbiamo andare!
Lei si girò e guardò una ragazza
alla porta, che la chiamava con ansia.
- Kary… calmati ti prego. Sono
tesa già di mio, non mi serve altro. Adesso arrivo.
Si girò verso quel ragazzo
vestito con dei vestiti molto grandi per il suo fisico. Gli prese la
maglietta
con i pugni, si avvicinò alle sue labbra con un sorriso, gli
sussurrò:
- Noi ci vediamo dopo?
- Ehm… sì.
- Ma ti sei fatta i riflessi blu
vero?
- Sì, menomale che almeno tu te
ne sei accorto, Bill; non come qualcun altro qui di fronte a
me…
- Sì che me
ne sono accorto! Lo sai
che assomigli ancora di più a un puffo così?
In effetti la ragazza era molto
più bassa di lui, per raggiungere le sue labbra doveva
mettersi in punta di
piedi. Poi se si era fatta i capelli blu e se teneva il rossetto dello
stesso
colore, era possibile anche crederla Puffetta!
- Vai a cagare!
- Grazie! -, rispose con un gesto
della mano, mentre lei andava alla porta sempre con il suo sorriso.
- Ti voglio bene, ciao! -, disse,
sparendo dalla loro vista.
I ragazzi, quei quattro bei
ragazzi, rimasero nella stanza, a guardarsi. Il ragazzo dai vestiti
larghi e il
ragazzo con il trucco pesante sugli occhi, con una pettinatura strana,
si
guardarono più intensamente. Un sorriso apparve sulle labbra
del primo, subito
dopo apparve anche su quelle del secondo.
Tom e Bill, fratelli gemelli,
nato uno dieci minuti a distanza dell’altro, chitarrista e
cantante dei Tokio
Hotel, il gruppo più famoso di quei tempi.
- Non vedo l’ora di vedere che
cosa fa questa volta… -, disse il minore dei due, il piccolo Bibi,
come lo chiamava il fratello.
- Sì, anche io sono abbastanza
curioso a dirla tutta.
- Fa sempre delle coreografie
spettacolari. Anche io voglio ballare, Tomi! Balliamo?
- Ma tu sei impazzito!
Si erano conosciuti per caso, Tom
e Alexia, si odiavano reciprocamente, poi, sempre per caso, si erano
avvicinati
ed ora… eccoli lì, assieme, già da sei
mesi.
Né l’uno né l’altra si
sarebbero
mai immaginati tutto questo. Già il fatto che stessero
assieme per loro era
strano, poi si era creato uno scalpore generale. Chi amava i Tokio
Hotel, ora
li odiava perché uno dei componenti stava con
un’altra artista che odiavano già
in precedenza; chi odiava i Tokio Hotel, ora li amava perché
Alexia, che
amavano, stava con uno del gruppo. Non contava niente la musica, era un
fatto
di coppie ormai. Per non parlare dello stress, delle domande
inopportune in
mezzo alle interviste, ai fotografi sempre alle calcagna.
Insomma… mica facile
per quei poveri ragazzi che per un giorno, solo un giorno, avrebbero
voluto essere
delle persone normali.
***
- Ale? Posso?
La ragazza si alzò da terra e si
avvicinò a Tom, entrato nel suo camerino.
- Sì, certo, accomodati.
- Grazie.
Si mise su una poltrona. Dallo
specchio di fronte a sé, poteva vedersi e anche Alexia che
c’era seduta davanti
poteva vederlo.
- Siamo rivali, sai? -, disse,
girandosi verso di lui.
Lui non poté non restare a bocca
aperta. All’inizio era stato così anche per lei.
Lei unì le mani a modo di
preghiera e guardò verso il basso, mordendosi il labbro
inferiore.
- L’unica nomination che ho… e
sono contro di voi…
- E allora? Non è detto che in
quella categoria vinciamo…
Per lei era già una causa persa.
Si abbandonò alla sedia e chiuse gli occhi. Era frustante
essere sempre la
seconda, la seconda in tutto. Si era impegnata moltissimo per arrivare
a quel
punto e ora… sarebbe andato tutto in fumo, ne era certa.
Contro di loro era
impossibile vincere. E la cosa più frustante era che uno di
loro, uno di quei
ragazzi che l’avrebbero superata, era il suo ragazzo.
- A cosa pensi? -, le chiese.
- A tante cose.
Era assorta da molto nei suoi
pensieri, ed erano così tanti che non riusciva
più ad uscirne. Potremmo
definirla in una bottiglia piena di pensieri, dove esce solo la testa,
giusto
per ottenere l’ossigeno per vivere, il suo ossigeno era Tom.
La sosteneva,
anche se non era facile, però ci metteva tutta la sua buona
volontà. Se lei
aveva bisogno di parlare, di confidarsi con qualcuno, lui era pronto.
C’era
sempre.
Il ragazzo si avvicinò a lei e la
abbracciò, mettendole le braccia intorno al collo,
teneramente.
- Non ti devi preoccupare:
comunque andrà, non importa; quello che conta sul serio
è divertirsi, fare ciò
che ci piace, fare della buona musica. Ho ragione?
- Sono della tua stessa idea, hai
ragione. Grazie Tom.
- E per che cosa? Sono fatto
apposta…
Le sorrise. Il sorriso più bello
che avesse mai visto in vita sua. Non fece in tempo a ricambiare che le
labbra
del ragazzo ora erano sulle sue.
- Sarà meglio che vada. Se poi
Bill si mette a sclerale prima di cantare non va bene. Ci vediamo sul
palco allora…
La ragazza guardava ancora per
terra, distratta, assente. Era come se lì Tom non esistesse
nemmeno.
- Alexia?
- Eh? Sì, ok a dopo.
- Mm. Allora a dopo.
Tom uscì dal camerino, lasciando
la ragazza da sola, ancora di più immersa nei suoi pensieri.
Pensieri che
facevano male, che trafiggevano il cuore. Tutti la conoscevano la
piccola
Alexia, la forte e colei che non aveva mai paura di niente e di
nessuno. Ora…
aveva paura. Di cosa nemmeno lei lo sapeva. La sua mente era divisa in
due
opinioni diverse: chi diceva che era meglio scegliere Tom e chi che la
soluzione era lasciar perdere Tom e concentrarsi solo sulla musica. Tom o carriera?
Tra le due cose, come si
poteva scegliere? Era impossibile, almeno per lei.
***
- Busta.
Una ragazza con un sorriso bello
finto salì sul palco e passò al conduttore la
busta blu che avrebbe annunciato
il vincitore di quella categoria.
Alexia e Tom erano vicini,
tremavano vicini, si sfioravano la mano e sentivano tutta
l’agitazione dovuta a
quella busta. Dopo che si avrebbero scoperto il vincitore, cosa sarebbe
successo?
Il presentatore aveva voglia di
farli morire, perciò fece tutto con una calma snervante, da
strapparsi i
capelli.
Aprì la busta con cautela, come
se quella fosse una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Sbirciò il nome
scritto al suo interno, guardò il pubblico,
guardò verso di loro con un ghigno
poco rassicurante.
Le mani di Tom e Alexia si
unirono, si tennero forti, fino a quando non videro un flash rivolto
verso di
loro. Si allontanarono con la massima indifferenza. Lei si mise a
braccia
incrociate e lui si mise le mani in tasca.
- E i vincitori sono… i Tokio
Hotel!
Un dolore improvviso al petto
fece chiudere per un attimo gli occhi ad Alexia. Subito dopo fece finta
di
niente ed abbracciò Tom, sussurrandogli:
- Bravi, ve lo meritate.
Tom le sorrise e salì con gli
altri sul palco per ricevere il premio.
***
Alexia raccolse per
l’ennesima
volta la palla da basket da terra, dopo che non era andata a finire nel
canestro. Quella sera ne faceva pochi, come pochi erano i successi e le
gratificazioni che riceveva nel suo lavoro.
Tentò ancora, ma ebbe lo stesso
deludente risultato.
Mi sono
ammazzata per ricevere questo premio. E invece… ho sentito
la
frase che sento sempre. ‘E i vincitori sono… i
Tokio Hotel!’ E certo… come
sempre. E come se tutto questo non bastasse…
Altro canestro fallito, altra
palla raccolta dal cemento.
…ho
dovuto subire i rimproveri del mio management. In effetti…
è un po’
una testa di cazzo. Cosa ci posso fare io se le ragazzine hanno occhi
solo per
loro? No… non è così secondo lui. E
no, perché ‘La tua esibizione ha fatto
schifo… I tuoi compagnucci andavano fuori
tempo…Non hai dato il massimo…’
Certo… è colpa mia, come sempre.
- Ma lo sai che per giocare a
basket servono i tipi alti?
La voce di Tom la distrasse dai
suoi tiri falliti e dai pensieri che le giravano in testa.
- Ah, sei tu… Lo so, ma non serve
l’altezza per giocare bene. A volte.
Tom le fece segno di passargli il
pallone, lei glielo passò, facendolo rimbalzare a terra. Lui
lo prese, inquadrò
il canestro e poi lanciò il pallone, che fece una specie di
‘ciuff’’
con la rete, entrando. Le
sorrise e fece rimbalzare verso di lei la palla. Lei la
guardò arrivare ai suoi
piedi, poi fermarsi. Ci si mise seduta sopra, tenendo le braccia sulle
gambe.
- Non pensavo che qui dietro ci
fosse un campo da basket - disse lui.
- E invece c’è. Che cosa vuoi?
Tom si avvicinò a lei senza
smettere di sorridere, si mise seduto al suo fianco e le prese la mano.
- Sono venuto a congratularmi con
te.
- Con me? Ma se ho perso…
- Sei arrivata seconda! Hai
superato molti, ed erano pure più conosciuti di te!
- Sì, ok. Ma non ho vinto, non
trovo nulla per cui tu debba congratularti con me. Sono contenta per
te. Se
avete vinto ci sarà un motivo… forse il
management ha ragione: non valgo nulla
rispetto a voi.
- Questo non è assolutamente
vero. Lo sai che lui tende sempre ad aggravare la
situazione… Tu vali, vali
molto, non devi nemmeno pensare il contrario. Hai capito?
I due si guardarono, uno deciso,
l’altra un po’ meno. Uno con lo sguardo serio,
l’altra con lo sguardo confuso.
In effetti, lei non riusciva a spiegarsi il motivo del suo
comportamento.
Insomma, perché si comportava così?
Perché rivolgere la propria attenzione
verso una come lei?
- Stasera ci sei? - le chiese.
- Dove?
- Come dove? Non c’è l’after
party?
- Ah sì… vero.
- Allora ci sei?
- Non so… devo vedere se entro
stasera mi viene la voglia…
- Tom dove sei?
La voce di Bill interruppe il
dialogo tra i ragazzi. Rivolsero lo sguardo entrambi verso la figura
alta e
snella del ragazzo di fronte a loro.
- Scusate… ho interrotto
qualcosa?
- No, no… figurati. Ora… sarà
meglio che vada, devo ancora prepararmi per sta sera -, disse Alexia,
alzandosi
dal pallone e mettendosi a posto la maglietta.
- Allora ci sei! Ti passo a
prendere? Andiamo assieme?
Lei si fermò un attimo e guardò
il viso di Tom, girandosi.
- Ahm… no. Facciamo che… ci
vediamo lì, ok?
Tom rimase senza parole, guardò
il fratello, abbastanza confuso.
- Allora ciao, ci vediamo. Ti
voglio bene! - disse sempre lei, visto che Tom non accennava a dare una
risposta, correndo via, superando e sfiorando Bill e il suo braccio.
I gemelli rimasero a guardarsi in
silenzio. Nessuno sapeva ciò che passasse per la testa di
quella ragazza
stravagante.
***
Bevve ancora dal
bicchiere,
quando sentì il cellulare suonare di fianco a lei.
Guardò il display, lesse il
nome di Tom. Sbuffò, appoggiò il bicchiere sul
bordo dell’enorme vasca a
idromassaggio e rispose.
- Sì, Tom… che c’è?
- Ma dove cazzo sei, me lo
spieghi?!
- Sono in hotel, contrattempo. Ti
diverti?
- Contrattempo un cazzo! Alexia
piantala di sparare cazzate… che cosa ti succede?
- Ti prego Tom, non ti ci mettere
pure tu. Magari ne parliamo con calma, ma non ora. Tu pensa a
divertirti. Ci
vediamo, ora devo scappare. Ciao tivibi!
Chiuse il telefono, non lasciando
il tempo a Tom di rispondere. Fece un sospiro di sollievo e lo
riappoggiò di
fianco a lei, immergendosi fino agli occhi nell’acqua calda.
Si lasciò
coccolare da quel paradiso.
Contrattempo
eh? Bella questa… Quando vuoi sai mentire alla grande!
Bevve ancora un sorso di vino
rosso, alla giusta temperatura, gustandosi ogni minima goccia.
Improvvisamente,
gli venne in mente un’intervista, che l’aveva
già in precedenza fatta
riflettere molto, ma ora… ripensandoci era ancora peggio.
‘Allora
Alexia… Grande successo, tutto d’un tratto. Come
l’hai presa?
Sei a disagio?’
‘No, credo di godermela finché posso.’
‘Molti ti considerano antipatica, ti chiedi mai il motivo? Ti
da
fastidio?’
‘Io penso che ognuno dovrebbe avere delle opinioni,
è ovvio. Perciò non
mi da fastidio. Però… c’è
sempre una certa superficialità su queste cose.
Alcuni non ascoltano la musica di un cantante solo perché
quel tizio gli sta
antipatico. Secondo me, non è giusto. La musica si ascolta
non per i cantanti,
ma per quello che cantano.’
‘A proposito. Alcuni pensano che il tuo successo
così improvviso sia
dovuto alla tua relazione con il chitarrista dei Tokio Hotel, Tom
Kaulitz.
Credi che abbia influito molto?’
Quella domanda l’aveva
completamente bloccata, ed erano in diretta. Una vera e propria
figuraccia. Ma
come si poteva restare calmi rispetto una cosa così?
Confermava il fatto che
lei non valeva nulla, che molti la seguivano ed erano suoi fan
solo perché stava con Tom. Da quel giorno si era continuata
a
fare questa domanda: ‘Se
io non stessi
con Tom, ora dove sarei? Sarei allo stesso livello di adesso?
È davvero così un
fatto di gossip e non di musica?’
Bevve dal suo bicchiere di
cristallo, bevve con foga l’ultimo sorso di vino, come per
buttare giù quel
boccone amaro. Si accorse che anche la bottiglia era vuota. Si era
fatta fuori
un litro di vino in neanche un’ora, però era
lucidissima. Si avvolse in un asciugamano
bianco e andò in camera da letto, vide la televisione
accesa, la spense,
raggiungendola a piedi nudi, gocciolando sulla moquette.
Perfetto…
è presto ed è finito il vino. Come la passo la
serata ora?
Forse… l’unica è andare a quello
stupido after party e strafogarmi di
schifosissimo alcol.
Si infilò in un vestito
nero, si
passò un po’ di trucco, si asciugò i
capelli e uscì. Il pensiero che tutto
quello che aveva era grazie alla storia con Tom la distruggeva. Era
impensabile. Tom era una cosa, la carriera e la musica era
un’altra. Amore e
lavoro. Semplice, no? Le due cose non si dovevano assolutamente
mischiare.
***
- Ah, eccoti qua!
Credevo che non
venissi più! - le stampò un bacio sulle labbra,
stando attento a non toglierle
il rossetto.
Alexia guardò Tom negli occhi, si
guardarono, mentre tutto intorno era frenetico.
- Mi racconti che cosa c’è che
non va? Sei strana in questo periodo… Me lo dici, per favore?
Lei sospirò, si guardò in giro e
adocchiò subito Bill e gli altri che stavano venendo verso
di loro. Si mise a
braccia incrociate e, dopo aver guardato di lato, gli disse, alzando le
sopracciglia,:
- Quand’è che Bill riuscirà a
starti lontano per dieci minuti?
Tom si girò e lo vide. Guardò la
ragazza di fronte a sé e fece una faccia buffa, prendendo
l’aria e
trattenendola in bocca, gonfiando le guance, poi sorrise.
- Ciao Ale!!! - urlò Bill, con la
sua vocina straziata.
Lei sbuffò e sorrise. Si
allontanò, per andarsi a prendere da bere, mentre i gemelli
parlavano, di
qualcosa, non sapeva cosa. Era troppo lontana per sentire, e poi
c’era un
casino bestiale.
Riuscì ad infilarsi in mezzo a
due che non conosceva e a prendersi un bicchiere di vino rosso, certo,
non uno
dei migliori, ma pur sempre vino. Girandosi si scontrò
contro un ragazzo, sui
trent’anni più o meno. Una camicia bianca che
ricadeva con distratta eleganza sui jeans firmati, ed era dannatamente
affascinante. Quei penetranti occhi azzurri e quel sorriso, la
imbambolarono
letteralmente, non lasciandole il tempo di ricordarsi che lei aveva
appena
compiuto diciott’anni e che fosse già impegnata.
Peccato…
un vero peccato…
- Oh, mi scusi… non volevo…
Il ragazzo le sorrise ancora e si
spostò da lei, lasciandola passare. Lei sorrise e si
allontanò guardandolo
mentre si prendeva da bere. Anche il ragazzo la guardò,
improvvisamente sembrò
di ricordarsi qualcosa. Si diede una pacca sulla fronte e la raggiunse,
ridendo
da solo.
- Scusami. Ma tu sei Alexia vero?
- Sì, sono io.
- Scusa, scusa, scusa. Cercavo
proprio te prima! E quando ti ho avuta di fronte non ti ho
riconosciuta, sono
uno stupido. Solo che… sono nuovo nel settore, e di persona
non ti avevo mai
vista prima. Sei davvero più bella dal vivo, sai?
Alexia si pietrificò ancora di
più, diventò rossa e aveva paura che la sua
salivazione andasse a farsi
fottere. Quel ragazzo aveva proprio un viso da ragazzino innocente ed
ingenuo,
cosa che la faceva impazzire. Poi aveva una voce tremendamente sexy;
davvero
irresistibile.
Qui si va di
complimenti, ne?
- Ahm… sì… io… Come posso
aiutarti?
- balbettò lei.
- Volevo proporti di partecipare
ad una fiction televisiva, in uno di quei programmi per ragazzi.
Potremmo
parlarne, ti va?
- Ehm… io, così, su due piedi,
non so che dirti. Dovrei pensarci prima. Se vuoi possiamo incontrarci
con più
calma per parlarne, questo sì.
- Perfetto! Allora ti lascio il
mio numero, così appena hai tempo… scommetto che
sarai indaffaratissima… mi
chiami e ci troviamo per discuterne, anche con il mio capo eccetera. Ok?
Tirò fuori dal taschino della sua
camicia un biglietto da visita e glielo diede, sorridendo.
- Mi raccomando, ci conto - disse
ancora, allontanandosi da lei con un passo lento e sicuro, quasi felino.
- Chi era quello? - disse la voce
rigida di un ragazzo dietro di lei, che trasmetteva preoccupazione e
rabbia
allo stesso tempo.
Alexia si girò e guardò il viso
di Tom, praticamente furente per tutto quello che aveva visto. Lei era
ancora
sbigottita da quel ragazzo, che non le aveva nemmeno detto il suo nome.
Guardò
il biglietto da visita tra le sue mani e lesse il nome del ragazzo
misterioso:
John Berky.
Tom le strappò il foglietto di
mano, in quanto lei non riusciva a dire una parola. Lo
guardò per un attimo,
poi il suo sguardo ricadde ancora su di lei.
- Che voleva John???
- chiese ancora, non nascondendo la rabbia.
- Ahm… Mi ha chiesto se… se
volevo lavorare in televisione, come attrice… credo.
Tom la guardò sbalordito, a bocca
aperta. Non negò ad un sorriso di apparire sulle sue labbra.
- Davvero? Ma è… è stupendo! No,
aspetta un attimo. E la musica? Non puoi mollarla così!
Lei gli prese il braccio, lo
trascinò fuori dalla ressa, nel giardino fuori il locale,
per parlare un po’ in
tranquillità. Ci pensava da molto a questo momento, a cosa
gli avrebbe detto, a
come glielo avrebbe detto. Si era persino immaginata la reazione e poi
le
reazioni delle reazioni. Si era già creata il film di
quell’episodio che ancora
doveva vivere.
- Qui si sta meglio, non credi? -
disse, mentre si portava il bicchiere alle labbra, per bere un sorso di
quel
vino da quattro
soldi.
- Sì, sì… ora mi spieghi?
I loro occhi si incontrarono e
rimasero a guardarsi per un istante, fino a quando lei si mise a
fissare un
albero poco distante da loro, respirando lentamente.
- Ti è mai capitato di… di voler mollare
tutto, di scappare via?
- Sì, un sacco di volte.
- Ma non hai mai sentito che… il
lavoro che fai non ti soddisfa, che sembri quasi noioso, una
routine… che non
ti piace più?
- No, questo mai.
- A me succede di continuo. Fare
musica mi piace, ma sembra che lo debba fare solo perchè ho
un contratto. E
questo, detto sinceramente, non mi va. Vorrei fare qualcosa che mi
entusiasma
di più, che mi fa divertire e allo stesso tempo vivere.
Questa cosa non succede
ora.
- Vuoi mollare?
- Non dico che la mollo per
sempre. Direi piuttosto che mi prendo una pausa di riflessione.
Accantono per
un po’ la musica e intraprendo un’altra carriera,
visto che mi è stata data la
possibilità.
- Perciò… ti incontrerai con quel
tizio…
- Sì, penso proprio di sì.
- Sono contento che finalmente tu
mi abbia spiegato. Era troppo che ti vedevo così strana, non
sembravi tu. A me basta
che tu sia felice, se questa la credi la scelta migliore, non posso
impedirti
nulla, anzi, sono con te. Se questo ti farà stare meglio,
hai la mia più totale
approvazione.
I due si guardarono sorridendo,
si abbracciarono, stringendosi forte, ma tutto prima o poi finisce.
Sarebbero
rimasti così ancora, se non fosse stato per un certo
gemello…
- Ah eccovi qua! Non vi trovavamo
più, credevamo che ve la foste data a gambe…
Alexia e Tom si staccarono
all’improvviso, come se fossero stati sorpresi a fare una
rapina a mano armata
in banca. Fecero finta di niente e guardarono Bill come se proprio non
fosse
accaduto nulla e come se lui non avesse visto nulla.
- Io non vi capisco. Perché vi
nascondete? State assieme no? E allora? Avete vergogna di abbracciarvi
davanti
a me? - disse Bill, alzando le mani all’altezza del busto.
Tom e Alexia si guardarono e
sorrisero.
- Vai tu o vado io? - chiese lui,
sorridendo.
- No, se non ti dispiace vado io,
ne ho una…
- Ok, prego.
- Bill, non è che noi ci
vergogniamo ad abbracciarci davanti a te, è solo che noi ci
vergogniamo di
averti vicino in momenti come questi…
Tom si coprì la bocca con la mano
e scoppiò a ridere. Anche Alexia rise, ma con più
contegno, mentre Bill era
rimasto a fissarla, quasi indignato.
- Non credi di esserci andata giù
un po’ pesante? - chiese Tom, dopo aver finito di ridere.
- Noooo, ma va’. Tanto Bill non
se la prende, vero piccolo? - disse lei, avvicinandosi a lui e
massaggiandogli
il braccio. Bill aveva la faccia seria, non la degnava nemmeno di uno
sguardo.
- Va bene Bill, io torno dentro -
disse, comportandosi esattamente come lui.
- Ok, ok. Non me la prendo, lo so
che scherzi… - disse Bill, girandosi e guardandola,
sorridendo.
- Bravo, così si fa. Dai,
entriamo.
***
Mesi dopo.
- Tooooom? Allora? Sei
pronto?
Dobbiamo andare!
- Arrivo, arrivo!
Uscì dalla stanza, con cappellino
e tutto. In confronto, lei sembrava una principessa: aveva un vestito
lungo, blu
con dei brillantini sul fondo.
- Ok, andiamo. Sono tesissima… te
lo giuro.
- Comprendo perfettamente. Un
oscar non si vince tutti i giorni…
Alexia aveva fatto carriera: da
una semplice serie televisiva per ragazzi, aveva partecipato a molti
film, e ora
veniva premiata per migliore attrice protagonista nel suo ultimo film.
Aveva
trovato la sua strada, il suo perfetto equilibrio. Ora non avrebbe
più sentito
dire quella frase: ‘E
i vincitori sono… i
Tokio Hotel!’, ma
bensì avrebbe sentito il suo nome, finalmente e per una
cosa che le piaceva fare sul serio.
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Ff scritta in tempi remoti,
molto lontani, e ho dovuto
toglierle le ragnatele di dosso quando l’ho scovata in una
cartellina del pc,
ma spero possa piacere, il tema è molto significativo per
me, è importante
capire e seguire la propria strada, per essere felici. _Pulse_