Oblivion
Sweet oblivion
You heal my scars away
You show me the right way
To reach the true happiness
Neverending
I can't wait anymore
To flow with your sweet notes
To lose myself deep into
Your perfection…
(“Oblivion” – Temperance)
La battaglia contro gli
invasori di Re Harald si era conclusa con la vittoria dell’esercito sassone
unito ai vichinghi di Bjorn. C’erano state delle perdite, tra cui quella del
vescovo Heahmund che, finalmente, aveva dato un senso alla sua esistenza
morendo da valoroso, ma ora il Wessex era al sicuro e l’alleanza tra Sassoni e
vichinghi si era consolidata.
Aethelred aveva
partecipato al combattimento, confuso tra i soldati e, ad un certo punto, era
accaduto proprio ciò che lui temeva: Alfred era stato atterrato da un avversario
e sarebbe morto se lui, intervenendo tempestivamente, non lo avesse trapassato.
Il Re era rimasto stupito vedendo il fratello, non sapeva che avrebbe lottato
al loro fianco ma Aethelred non gli aveva dato il tempo di dire niente, lo
aveva aiutato a rialzarsi e poi, mandando al diavolo la sua copertura, aveva
gridato a gran voce per incoraggiare i suoi uomini.
“Il Re vive! Lunga
vita al Re!”
Questo aveva infuso
nuovo vigore ed energia nei Sassoni, che si erano impegnati ancora di più per
avere la meglio sugli invasori, costringendoli alla ritirata. Del resto,
Aethelred non correva più alcun rischio immediato poiché il suo nemico,
Heahmund, era appunto morto sul campo di battaglia, combattendo da eroe, questo
almeno glielo possiamo riconoscere.
Tuttavia il veleno
che il vescovo aveva sparso in vita era ormai riuscito a sobillare la Regina
Judith, anche per via del fatto che i congiurati che lei aveva fatto catturare
e torturare avevano detto, mentendo, che proprio Aethelred era stato il capo e
il mandante della loro cospirazione. Chissà, forse speravano di salvarsi il culo in questo modo… ma si
sbagliavano di grosso perché la Regina li avrebbe fatti comunque impiccare
senza batter ciglio!
Quella sera Re Alfred
aveva dato una grande festa per celebrare la vittoria sull’esercito invasore e
vi aveva ovviamente invitato anche Bjorn, Lagertha e gli altri alleati.
Aethelred ne aveva approfittato per tornare alla reggia e rivedere il fratello,
confuso fra i Norreni. La Regina Judith non si era accorta di lui e Aethelred,
chiaramente, non aveva fatto un bel niente per farsi riconoscere.
Ad un certo punto dei
festeggiamenti, però, Judith prese in disparte Alfred e lo condusse in una
stanza adiacente al salone dei banchetti. La Regina madre appariva molto
turbata e proibì anche alla giovane moglie di Alfred, Elsewith, di assistere al
colloquio.
“Alfred, figlio mio,
devo darti una notizia che ti sconvolgerà e ti spezzerà il cuore, ma dovrai
essere forte e affrontarla da vero sovrano” disse la donna. “Spesso è necessario
fare cose terribili per rimanere al potere…”
L’introduzione era
abbastanza teatrale da attirare la curiosità e la preoccupazione del giovane
Re, quindi Judith raccontò al figlio che aveva scoperto i nomi di coloro che
cospiravano per attentare alla sua vita e che li aveva fatti torturare per
conoscere tutti i dettagli. Ebbene, i cospiratori avevano affermato che era
stato Aethelred il capo e il mandante della congiura, così come aveva già
preannunciato Heahmund.
A quelle parole
Alfred trasalì e divenne pallidissimo, ma si riprese ben presto, ricordando ciò
che era accaduto quella mattina stessa e che nessun altro sapeva se non lui e
lo stesso Aethelred. Ricordò che il fratello gli aveva salvato la vita,
trafiggendo l’uomo che stava per ucciderlo. Ricordò che Aethelred non aveva
esitato un secondo e che, poi, lo aveva aiutato a rialzarsi e aveva
incoraggiato i soldati con parole che lo avevano emozionato profondamente.
Il
Re vive! Lunga vita al Re!
“E tu hai creduto
alle parole di quegli uomini, di coloro che hanno cospirato contro di me,
madre?” reagì quindi, con un lampo di rabbia negli occhi. “Hai creduto a degli
assassini che direbbero qualsiasi cosa nella speranza di sfuggire
all’impiccagione?”
“Non lasciare che il
tuo grande affetto per Aethelred ti accechi, figlio mio. So che ami tuo
fratello, ma devi comprendere che…”
“No, sei tu che devi
comprendere una cosa molto importante, madre” replicò Alfred, gelido. La
spietatezza di Judith lo disgustava profondamente. Aveva sempre saputo di
essere il preferito della madre, sapeva anche che era per questo se adesso
sedeva lui sul trono al posto del primogenito e legittimo erede Aethelred… ma
non avrebbe mai pensato che la donna sarebbe giunta a tanto.
“Sappi che io sarei
morto questa mattina, in battaglia, se non fosse stato per Aethelred. Sarei
stato trafitto da uno degli uomini di Harald ed è stato mio fratello a salvarmi
la vita.”
“Ma non capisci,
Alfred? Sicuramente lo avrà fatto solo per conquistare la tua fiducia e poi…”
insisté Judith, ma il Re la interruppe di nuovo, sempre più in collera con lei.
“Stai dicendo delle
assurdità, madre. Aethelred non ha alcun bisogno di conquistare la mia fiducia
perché l’ha sempre avuta. E se veramente avesse cospirato per uccidermi, quale
occasione migliore di questa mattina? Gli sarebbe bastato fingere di non
vedermi e lasciare che il norreno mi trafiggesse. Chi mai avrebbe sospettato di
lui? In mezzo alla mischia, nella confusione del combattimento, tra urla e
sangue… Io sarei morto e Aethelred sarebbe diventato Re. Sarebbe stato
sufficiente che lui si voltasse dall’altra parte per avere il trono a portata
di mano senza sporcarsi le mani del mio sangue, ma lui mi ha salvato la vita! E tu osi, adesso, qui, davanti a me,
accusarlo di cospirazione per le parole di nobili corrotti e menzogneri?”
replicò Alfred, scandendo bene ogni parola.
Ma un’altra voce si
levò improvvisa, facendo trasalire madre e figlio.
“Io non farei mai del
male a mio fratello e trovo vergognoso che tu, madre, possa anche solo
pensarlo.”
La voce di Aethelred,
una voce ferma e decisa, fredda e pungente come mai era stata prima.
Il giovane Principe
aveva seguito, non visto, la madre e il fratello rimanendo nascosto dietro un
tendaggio per ascoltare il loro colloquio e adesso, oltraggiato e ferito, aveva
deciso di rivelarsi.
Judith restò
impietrita. Non aveva idea che Aethelred fosse nella reggia e tanto meno che
avesse udito la discussione tra lei e Alfred. Erano giorni che non lo rivedeva e
adesso se lo ritrovava di fronte e… ed era così diverso, quasi non lo
riconosceva.
Il tempo trascorso
con i vichinghi (e forse anche le nuove esperienze vissute con Hvitserk…) parevano
averlo trasformato in un altro: adesso teneva i capelli legati dietro la testa
in un codino stretto, un’acconciatura scelta più per praticità che per altro,
ma anche questo contribuiva a farlo sembrare un barbaro piuttosto che il Principe devoto e remissivo che sua madre
conosceva.
“Hai preferito credere a quei nobili infami e
senza scrupoli piuttosto che a tuo figlio, al tuo primogenito” riprese
Aethelred, rivolgendosi alla madre in tono tagliente, “ma non dovrei stupirmi
di questo perché tu non mi hai mai amato, non come una madre dovrebbe amare un
figlio. E quel che è peggio è il motivo per cui non mi hai mai amato: perché io
sono il figlio di mio padre, di Re Aethelwulf, di un marito che hai odiato e
disprezzato, che hai tradito per anni prima con quel monaco e poi addirittura
con tuo suocero. E adesso saresti
pronta a farmi uccidere, o magari a uccidermi tu stessa, prestando fede alle
parole di un gruppo di cospiratori!”
Judith era impallidita e tremava. Era come se
il fantasma di suo marito fosse tornato per rinfacciarle tutti i suoi peccati.
E poi… da quando Aethelred era così sicuro di sé, così deciso e forte? Quel suo
nuovo spirito risplendeva nei suoi occhi, si sentiva nella sua voce e si
percepiva in ogni suo gesto e atteggiamento.
“Io non avrei mai voluto farti del male ma,
come ho detto anche ad Alfred, per rimanere al potere a volte si devono fare
scelte terribili” cercò di giustificarsi la donna, “e non è vero che non ti ho
mai amato, Aethelred. Sei mio figlio, sei il mio primogenito. Mi si sarebbe
spezzato il cuore ma sì, è vero, avrei dovuto ucciderti per proteggere Alfred.
Non è atroce che una madre debba scegliere tra i suoi figli? Eppure, finché tu
fossi stato in vita, avresti rappresentato un pericolo per tuo fratello... i
nobili o la Chiesa avrebbero potuto tramare ancora contro Alfred per incoronare
te…”
Uno sorrisetto storto si disegnò sulle labbra
di Aethelred.
“Benissimo, allora sarai lieta di sapere che
non rappresenterò mai più un pericolo per la corona di Alfred” ribatté,
caustico. “I vichinghi che ci hanno aiutato a difendere le nostre terre hanno
bisogno del mio appoggio per riconquistare la loro città, Kattegat. Perciò
quando partiranno io andrò con loro. Non sarò più una minaccia e, tanto per
essere chiari, non voglio essere il
Re del Wessex, non è quella la mia strada.”
“Non vuoi essere Re?” balbettò Judith, ora
completamente confusa. “Ma io credevo… quando ti ordinai di rinunciare alla
corona, mesi fa, eri offeso e non volevi farlo.”
“Ho imparato molto da allora” ribatté
Aethelred. “Ho imparato che avevi ragione, che Alfred sarà un Re molto migliore
di me. Ma ho anche imparato che questa reggia non è il mio posto, che questa
non è mai stata la mia vera casa. Sia io sia mio padre siamo stati trattati
ingiustamente da te e da Re Ecbert prima di te. Per lui non eravamo mai
abbastanza, per quanto ci sforzassimo. Mi sono sempre sentito sbagliato,
inadeguato… ma adesso non più. Adesso so chi sono e sono fiero di esserlo. Sono
un guerriero, sono libero e nessuno potrà più dirmi cosa devo o non devo fare.”
Un lampo passò negli occhi della Regina
madre.
“Ah, sei libero? Te le hanno insegnate i tuoi
nuovi amici vichinghi queste cose? Magari non sei nemmeno più cristiano, eh? Ti
hanno convertito ai loro idoli?” lo accusò.
“La mia fede non è mai stata in discussione e
mai lo sarà” rispose Aethelred, reciso. “Anzi, avrei rischiato di perderla se
fossi rimasto in questa reggia, in mezzo a gente ipocrita che loda Dio con le
labbra ma si comporta in modo opposto ai Suoi insegnamenti. Solo Alfred riesce
a dimostrare con i fatti la fede che professa ed è proprio per questo che sarà
un grande Re, il più grande che il Wessex e l’Inghilterra abbiano mai
conosciuto. Alfred ha capito per primo che la cosa giusta da fare era unire il
nostro popolo a quello dei vichinghi, accoglierli invece di combatterli, e
adesso l’ho compreso anch’io.”
E, a dirla tutta, proprio nell’aspetto e nei
modi decisi e sicuri di questo nuovo Aethelred sembrava essersi già compiuta la
commistione tra Sassoni e Norreni. Quell’unione che lo stesso Ragnar Lothbrok
aveva desiderato nei suoi ultimi anni di vita…
“Alfred, ti ringrazio per aver sempre creduto
in me” disse poi il Principe al fratello.
“Non avrei mai potuto credere alle calunnie
dei cospiratori” rispose Alfred, commosso. “Io ti voglio bene, fratello, e
vorrei tanto che potessi restare per consigliarmi nel governo del Regno.”
Aethelred sorrise.
“Non ne hai bisogno, sei perfettamente in
grado di farlo da solo. E, comunque, non sarai solo. Abbi fiducia nella tua
sposa, Elsewith. Lei sarà il tuo appoggio e ti aiuterà nei momenti difficili”
disse. “Ma non temere, non mi perderai per sempre. Se gli invasori torneranno,
anch’io tornerò per combattere al tuo fianco e difendere il nostro Paese.”
Aethelred e Alfred si abbracciarono, un lungo
abbraccio commosso e silenzioso, mentre Judith pensava che le cose non erano
andate affatto come voleva, sebbene avesse comunque ottenuto la sicurezza che
la corona di Alfred non sarebbe più stata in pericolo.
“Ti voglio bene, fratello, e sono fiero di te
e del sovrano che diventerai. Sono certo che il tuo nome diventerà celebre
anche fuori dall’Inghilterra e che nessuno più oserà minacciare il Regno”
concluse il Principe, stringendo ancora una volta Alfred. Poi si staccò da lui
e fece qualche passo per allontanarsi. “Addio, madre, non credo che ci
rivedremo più. A te, Alfred, invece, arrivederci.”
“Buona fortuna, Aethelred” mormorò il giovane
Re.
Con un ultimo sorriso verso il fratello,
Aethelred girò sui tacchi e fece la sua uscita di scena da vero Principe. Si
accorse solo all’ultimo che Hvitserk lo aveva seguito e che aveva assistito a
tutta la scena dalla soglia della stanza.
Era molto orgoglioso del suo Principe, che si era comportato… beh, da vero vichingo!
“Ce ne andiamo? Non abbiamo altro da fare qui”
disse Aethelred a Hvitserk, che continuava a fissarlo ammirato.
I due uscirono dalla stanza, poi dal salone
dei banchetti, infine dalla reggia, dirigendosi verso la casa che Re Alfred
aveva concesso a Bjorn e ai suoi. Non si preoccuparono degli altri, che
meritavano di restare a godersi la festa, i cibi e le bevande, se lo
desideravano. In fondo avevano combattuto una battaglia cruenta e si meritavano
divertimento e riposo.
“Sei stato davvero grande, sai? Mi sono
divertito un sacco a sentirti parlare!” disse Hvitserk, dando una pacca sulla
schiena a Aethelred. “Ti ha fatto davvero bene vivere con noi.”
“Beh, sì… credo che conoscervi mi abbia
aiutato a capire molte cose…” rispose il giovane Principe. Era veramente buffo.
Tutta la sua fierezza e la sua forza sembravano venire meno adesso che si
trovava da solo con Hvitserk…
Quando Aethelred e Hvitserk giunsero a casa
non c’era ancora nessuno: chiaramente tutti avevano preferito restare a
festeggiare e il Principe si sentì ancora più in imbarazzo.
Al contrario, Hvitserk era tutto compiaciuto e
sorridente.
“Mi sono sentito davvero orgoglioso di te”
gli disse, facendoglisi sempre più vicino e conducendolo verso la stanzetta che
ormai condividevano. “Ora sono davvero sicuro che tu sia degno di combattere
accanto ai figli di Ragnar!”
Hvitserk lo baciò, spingendo la porta della
stanza ed entrandovi con lui. Lo portò fino al letto, ve lo depose e si distese
su di lui, continuando a baciarlo in modo languido, profondo e dolce. Fece
scivolare via le sue vesti e si liberò delle proprie. Il suo corpo aderì a
quello morbido del Principe come se tutti e due fossero nati per quello, poi il
giovane vichingo immerse le mani nei capelli di Aethelred e lo baciò ancora sulle
guance piene, agli angoli della bocca, fino a catturare di nuovo le sue labbra,
schiudendole e baciandolo dolcemente per un tempo infinito, senza mai
stancarsi. Gli accarezzò a lungo il corpo, dappertutto, per poi seppellirsi con
lentezza in lui, per diventare una sola carne, un unico essere, stretti l’uno
nelle braccia dell’altro, teneramente avvinghiati. Entrambi
erano perduti nella dolcezza del contatto sempre più
intimo, un contatto che li riempiva di tenerezza, calore, felicità infinite
mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme.
Hvitserk e Aethelred stavano imparando sempre
di più a trovare l’uno nell’altro la forza per affrontare tutto ciò che li
attendeva: ostacoli, battaglie, tradimenti, sofferenze… ma l’unione, l’amicizia
e soprattutto il loro amore appena nato sarebbero state le armi per sconfiggere
qualsiasi nemico. In loro Sassoni e vichinghi avevano trovato quella
connessione, quel legame che Ragnar Lothbrok aveva sognato… anche se, chissà,
forse non proprio in questo modo!
Ma ciò che contava era il risultato, no?
FINE