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Autore: A_Typing_Heart    24/10/2020    0 recensioni
«Sto cercando un libro sui vampiri... qualcosa che parli di loro, della loro psicologia... qualcosa che non sia solo letteratura.» disse con una certa delusione interiore: nella sua testa suonava molto meno ridicolo. «Esiste qualcosa del genere?»
«Ovviamente esiste.» rispose lui, con uno sguardo che sembrava brillare di eccitazione. «Posso chiederti come mai ti interessa un argomento così singolare o è una domanda troppo intima per il primo incontro?»
«Mi interessano perché non ne so niente e ne devo prendere uno.»
Qualsiasi altra persona a quella frase avrebbe riso o l'avrebbe preso per matto, ma non quell'uomo, che sorrise se possibile ancora di più.
«Stai cercando quell'assassino, il Vampiro di West End.»
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Crowley Eusford, Ferid Bathory, Krul Tepes, Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La spada di Dio'
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«Bene, ci siamo tutti, direi.» disse De Stasio. «Come ha chiesto il sergente McCray, siamo qui per un aggiornamento delle indagini, ma visto che riteniamo sicuro che Ferid non lasci il suo nascondiglio era l’unico modo per renderlo direttamente partecipe.»

Uh oh, che significa questo?

«Prima di tutto, come sta, signor Bathory?» gli chiese con tono sospettosamente cauto Hank. «Si trova a suo agio lì o dobbiamo considerare una nuova sistemazione per lei?»

«Oh, no, io sono molto a mio agio qui. Mi sento molto sicuro anche quando sono da solo.»

«Tu, Crowley, sei d’accordo a tenere questa sistemazione?»

«Certo, ormai io e Ferid siamo diventati amiconi, no, Ferid?»

«Amici del cuore~ l’hai capita? Del cuore

«Oh, noto che la tazza di tè perennemente tra le mani non è la sola cosa british che hai.»

Ferid ridacchiò così piano che Crowley dubitò che qualcuno fosse riuscito a sentirlo. Hank aveva assunto un cipiglio da falco preoccupante, ma ritenne che l’unico pericolo fosse la sua scomunica personale dalla comunità di Saint Thomas.

«Bene, il primo punto da discutere oggi è quello dei glifi.» disse Alford. «Questi simboli impressi sulle schiene dei bambini sono allora delle parole, ma secondo una… specie di alfabeto immaginario, è così?»

«Sì, è così.» confermò Ferid celando appena la sua avversione. «Una scrittrice il cui pseudonimo è Helga Torres ha autoprodotto un libro pieno di assurde idiozie sui vampiri, disegnando simboli mai riscontrati prima nella storia di qualsiasi civiltà, e attribuendogli un significato inventato.»

«Siamo sicuri di questo?» domandò Horn. «Mi chiedevo se i simboli non potrebbero essere stati riattribuiti ma presi da un’altra fonte, più attendibile, che potrebbe essere il vero riferimento del Vampiro. Per esempio, qualcosa di precolombiano, come questo.»

Horn mostrò una fotografia stampata e ingrandita di un simbolo. Crowley avvicinò il telefono aggrottando le sopracciglia e Ferid, come un grosso pappagallo invadente, si sporse sulla sua spalla per studiarlo con interesse scientifico.

A lui sembrava che il simbolo potesse assomigliare a uno dei glifi a sufficienza da dare dubbi, ma Ferid scosse la testa.

«No, Lamat è effettivamente simile, ma è un caso. I glifi di Grimbald sono molto più semplificati e geometrici rispetto alle scritture precolombiane conosciute, che sono come piccoli ma articolati disegni.» ribatté. «Inoltre, la cultura precolombiana è ancora estremamente misteriosa per gli studiosi e di quel poco che i popoli successivi hanno potuto svelare, è una delle civiltà dove si riscontrano meno tracce mitologiche riconducibili al vampiro europeo. Scegliere una simile scrittura sarebbe stato un bel miscuglio… ma cosa più importante, se mai i glifi di Grimbald fossero stati simili a una scrittura sudamericana la mia streghetta l’avrebbe di certo saputo.»

«Streghetta?»

«Si riferisce alla proprietaria della libreria, Krul Tepes.» le spiegò rapidamente Crowley. «Ma sei sicuro che se ne sarebbe accorta?»

«Naturalmente. È laureata in archeologia con una specializzazione in civiltà amerinde. Difficile trovare in tutto il paese qualcuno che sappia quanto lei in proposito.»

«Archeologia con… diamine, la prossima volta che la incontrerò mi sentirò un Neanderthal.»

«Tranquillo, lei pensa che lo sei dal primo momento~»

«Quindi possiamo supporre che il significato sia semplicemente quello che abbiamo già.» osservò De Stasio, guardando dei fogli sulla scrivania che erano probabilmente le foto dei simboli. «In questo caso, dobbiamo dare loro un’importanza? Skuld, la mia domanda è: quanto del comportamento del Vampiro è rituale e quanto è una presa in giro?»

«Tutto indica un individuo metodico, preciso… maniacale. La mia opinione professionale è che tutto quello che fa, dalla scelta della vittima al luogo in cui posiziona i corpi, sia calcolato e messo in pratica con perizia. Per lui è importante quel sangue, è importante il cuore, è importante il messaggio che lascia e dove lo lascia. Nulla è fatto per prendere in giro la polizia.» rispose lei, intrecciando le lunghe dita eleganti tra loro. «Ho visto molti casi. Un assassino che gioca con la polizia scrive i loro nomi sui muri, lascia oggetti della squadra sul posto. Scrive lettere o lascia messaggi chiari, a volte registrazioni, o telefona addirittura. Ci sono serial killer che inviano alla polizia indizi e indovinelli sfidandoli a sventare il prossimo crimine.»

Crowley aveva in mente casi relativamente recenti di simili predatori, ma nessuno di sua competenza.

«I più folli e meno intelligenti sperimentano sempre qualcosa di nuovo, come simboli magici o satanici, per poi saltare a invocazioni a Dio, o a perversioni sempre più confuse e scollegate: sfruttano l’illogicità per confondere e traggono idee da qualsiasi libro, film, rivista o cosa che sentono dire ad altri per lo step successivo. Non ci troviamo di fronte a qualcosa del genere.»

«In questo caso possiamo dare per certo che il Vampiro dà un senso a queste parole.»

«Scusate se mi intrometto, ma potrei sapere quale senso, dato che sono l’unico a non saperlo?»

«Ops~»

Dopo avergli sussurrato questo all’orecchio Ferid si spostò per riempirsi di nuovo la tazza.

«Elencandoteli in ordine cronologico sono notte, giardino, segreto… poi…»

De Stasio si interruppe momentaneamente confuso dalle carte che aveva davanti e gli cambiò l’ordine.

«Bacio, oro, fuga, vergine

«…Non mi viene in mente niente.» ammise Crowley.

«Come a nessuno di noi, in tutta onestà. Li abbiamo letti in diverso ordine, anche all’inverso dato che sembra abbia scelto le vittime in ordine inverso rispetto a come Ferid le ha incontrate, ma non ho notato niente…»

«Ferid, passami quella.»

Ferid lo guardò smarrito, prima di notare che stava riferendosi a una busta della posta e alla penna che ci stava sopra, e gliele passò.

«Reggi il telefono.» gli disse, e prese a scrivere le parole. «Quindi, Sarah è notte… Sophie è giardino… Neva è segreto…»

«Sarei felice di capire che diavolo ti sta ronzando in testa, Crowley.»

«Shh.»

Normalmente non si sarebbe permesso di zittire il capitano in quel modo, ma il suo istinto stava solleticando e continuò a scrivere i nomi e il significato del glifo, finché non ebbe l’elenco e prese a rileggerlo grattandosi con la punta della penna tra i capelli rossi. Ferid sorrise e guardò gli altri colleghi sullo schermo.

«Genio all’opera~»

«Beh, mentre Crowley si aliena a pensare alle sue teorie geniali, ti aggiorno su un’altra questione, Ferid.» disse De Stasio. «Ho chiamato quel mio contatto all’Interpol, e a quanto ho saputo il tuo figliastro è morto lo scorso novembre.»

«Co… cosa?»

«Pascal Trobiano, è morto il tredici novembre dopo essere stato coinvolto in una rissa con altri detenuti là dove stava scontando trent’anni… anche se non l’avresti visto per altri quattordici almeno, non ti devi più preoccupare di lui. Credo che vedendo che tutti i suoi famigliari erano deceduti non si siano preoccupati di informare anche te.»

«Sei… è una cosa sicura?»

«Sembra una cosa sicura, sì… è stato sepolto in un cimitero locale dato che non hanno chiesto a nessuno di disporre del corpo. Se per caso volessi che riposi insieme al resto della famiglia Trobiano, potrai chiedere al tuo avvocato di occuparsene.»

«No che non voglio.» rispose lui subito.

«Sì, immaginavo avresti detto così, ma te lo sto dicendo perché è tua facoltà farlo e… una volta qui puoi anche autorizzare l’analisi del DNA sulla salma, nel caso temessi che non gli appartenga.»

«Capisco… ma se tu mi dici che non c’è niente che faccia dubitare, mi fiderò di te.»

«Mi farò mandare l’incartamento per essere più sicuro.» gli rispose De Stasio. «Se ci fosse qualsiasi dubbio te lo farò sapere immediatamente, ma per ora penso che sarebbe meglio individuare un altro possibile sospettato.»

Crowley sentì tutto questo come da molto distante, mentre cercava di capire che cosa in quella parola notte lo stuzzicasse tanto, ma senza arrivare a niente. La frustrazione ebbe la meglio e sospirò.

«Oh, niente di fatto, tesoro? Riposati, non farti venire l’emicrania.»

«So che significa qualcosa. Il mio settimo senso pizzica.»

«Quanti sensi hai esattamente?»

«Otto.» replicò Crowley. «Beh, riguardo agli altri sospettati, come siamo messi?»

«Escludendo il figliastro morto di Ferid? Stiamo a zero.»

«In realtà, uno lo abbiamo.» disse McCray, accigliato più che mai. «Stiamo scavando nel passato della bibliotecaria della Wilde, Justine Lafaye.»

«Justine? Ma state scherzando?»

«Era presente a ogni tua visita alla biblioteca… non è un’idea così campata per aria, sai?» osservò Crowley. «E poi è pazza di te, no? Forse è una di quelle ragazze stalker e s’è arrabbiata quando ha scoperto che non sei un professorino a modo come le hai dato a bere. È uscita di testa e ora ti vuole far arrestare per omicidio plurimo. Visto che non ci è riuscita, ha deciso di farti fuori e basta.»

«Non è mica divertente, Crowley.»

«Non è mica una barzelletta, è una teoria per spiegare sette omicidi e due tentati. Non deve far ridere.»

«Prenderete un granchio, quella ragazza è un angelo.»

«Sai quante reti riempiamo di granchi?» domandò Alford, serio. «L’importante è pescare il bonito prima o poi.»

«Le vostre battute di pesca mi stanno costando un po’, lo sapete?»

«Ferid… stiamo facendo tutto il possibile. Per favore.» fece Crowley a mo’ di rimprovero.

«D’accordo, d’accordo.» ribatté lui, giocherellando con l’orecchino. «Chiedo scusa.»

Anche se diceva di trovarsi bene Crowley comprendeva quanto fosse difficile per lui essere catapultato da un giorno all’altro in un altro distretto, senza poter tornare al lavoro che amava e alla sua casa confortevole e familiare, con la sua libertà e la sua routine intatte. Avrebbe voluto confortarlo ma non poteva farlo davanti al resto della squadra nel modo in cui avrebbe voluto, quindi si limitò a posare la mano sulla sua gamba e stringere leggermente.

Una voce estranea alla conversazione si fece sentire nel momento di silenzio che seguì le scuse di Ferid, e Horn si alzò dalla scrivania.

«Scusatemi un momento.»

Scomparve dall’inquadratura per un attimo, scambiò qualche parola appena comprensibile con un uomo che non si vide e poi tornò alla scrivania con una tazza di caffè in mano e un certo tenue sorriso.

«Chi c’è con te, Skuld?» domandò De Stasio.

«Nessuno, è entrato mio marito per darmi il caffè e dirmi che porta la bambina al parco.»

Qualcosa di grosso e ghiacciato scivolò lentamente giù per la gola di Crowley e quando arrivò allo stomaco sembrava pesare quanto un’utilitaria.

Mio… marito? Horn ha un marito? Non è… possibile!

«Pensavo si trovasse a Quantico.»

«È così, io e mio marito viviamo vicino alla sede dell’FBI. Lui lavora a Manassas.»

Vive con suo marito… e ha una figlia? Non è possibile, non… non ha detto niente di questo quando siamo usciti insieme!

Avrebbe voluto poter prendere Horn da parte e chiederle perché non sapeva nulla di un marito e di una figlia che di certo non erano apparsi nell’ultimo mese, ma non poteva e faticò a trattenere il marasma di emozioni che stava provando. Si sentiva tradito, preso in giro, e non gli piaceva.

Non aveva corteggiato lui Horn per primo, non aveva fatto nulla per riaccendere la vecchia fiamma di Boca Agua: era stata lei a tirare fuori quella storia, a invitarlo a cenare con lei, e anche a proporgli di finire quella serata a casa sua.

Perché l’ha fatto… perché, se aveva un marito a casa e una bambina?

Non vide sul volto di Horn alcun segno di vergogna e non osava guardare il riquadro per paura che la sua faccia invece riflettesse tutta la vergogna che provava in quel momento. Andare a letto con persone impegnate non era una possibilità per quanto lo riguardava e l’unico uomo sposato con il quale era stato era proprio Sean Lesky, che tuttavia era separato già da tempo quando lo aveva conosciuto e non viveva più con l’ex marito. Si sentiva irrimediabilmente sporco, come se si fosse appena rotolato nel recinto dei maiali di suo nonno.

De Stasio, dietro un’espressione sufficientemente indifferente, sembrava fissare gli occhi verdi proprio su di lui e non l’aiutava a sentirsi meglio: era l’unico in quella conferenza oltre a loro a sapere che tra i due c’era stato qualcosa. Sebbene Alford e McCray stessero riepilogando quanto già sapevano della giovane bibliotecaria lui non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse quella sera, ma per quanto ci pensasse e ripensasse non riusciva a cogliere il minimo accenno a un marito, un fidanzato, un qualsiasi altro uomo; tanto meno uno a una figlia.

Non si rese conto di stare involontariamente stritolando il ginocchio di Ferid finché lui non posò la mano sulla sua. Mollò la presa subito e Ferid intrecciò le dita con le sue, senza dire niente e senza guardare altro che lo schermo del telefono. Era un gesto piccolo, ma riuscì a calmarlo molto; abbastanza da tornare quantomeno presente alla riunione.

«Cercheremo informazioni nei precedenti posti di lavoro e presso la scuola… se tende allo stalking, avrà dei precedenti di questo comportamento.»

«Sì, è molto probabile.» considerò Horn. «Questo genere di comportamenti emerge nell’adolescenza. Se è una stalker deve averlo già fatto, con un ex ragazzo, una cotta giovanile, un professore…»

«D’accordo, procederemo in questo senso. Ferid, tu non hai altro da segnalare? Qualcuno che ce l’abbia con te?»

«Il solo che possa venirmi in mente è il fratello del mio capo.»

«Per quale motivo?»

«Ho preso la prima volta sua sorella. O meglio, questo è quello che lui crede, quella era ben lungi dall’essere immacolata.» precisò Ferid. «Ma vi prego, non fatele domande su questo. Se scopre che l’ho raccontato a qualcuno sarà lei a uccidermi.»

«Diciamo che per ora non hai altri sospetti, mh?» abbozzò De Stasio. «D’accordo. Facci sapere qualsiasi cosa ti venga in mente, anche se fosse una vecchia storia, dei tempi della scuola o simili.»

«Ci penserò su.»

«Bene… a questo punto possiamo aggiornarci. Grazie della tua partecipazione, Skuld.»

«Di niente. Sono sempre a disposizione per il vostro caso. Vi farò avere il mio profilo sul sospettato aggiornato con le novità.»

Horn si scollegò dalla videochiamata, il suo schermo divenne nero e poi scomparve, lasciando più spazio per gli altri colleghi di Crowley. Alford prese la parola.

«Crowley, per oggi non c’è bisogno di te, sono arrivati due rinforzi dall’unità frodi informatiche che ci aiuteranno a smaltire i colloqui con gli insegnanti dei bambini, quindi avremo tempo per fare le nostre indagini sui dipendenti della biblioteca.»

«Capisco… farò il turno di notte.»

«No, niente turni di notte per te.» replicò lui. «Dato che il principale testimone e potenziale bersaglio vive a casa tua, è bene che tu possa sorvegliarlo il più che sia possibile. Non ti daremo più turni di notte, anche se questo significherà che in parte il tuo lavoro è aumentato. Dovrai tenerlo d’occhio e stare a casa, per evitare ogni rischio. Se devi per forza uscire, applica il protocollo protezione testimoni.»

«Io… sì, ho capito.»

«Bene. Uno di noi si farà vivo per dirti cosa scopriremo oggi di interessante.»

Dopo brevi saluti i tre poliziotti si scollegarono uno dopo l’altro. Anche se De Stasio, rimasto per ultimo, lo fissava come se avesse qualcosa da dire decise di non farlo e chiuse la telefonata. Ferid smise di sorridere e lanciò a Crowley uno sguardo preoccupato che non aveva niente a che vedere con l’ordinanza di contenimento forzato che gli era stata imposta.

Gli prese il telefono dalle mani: se il marito era davvero appena uscito con la piccola allora Horn doveva trovarsi da sola in casa.

A meno che non ci siano altri figli!

Il telefono squillò diverse volte e si domandò se lei gli avrebbe risposto. Stava quasi per desistere quando sentì lo scatto.

«Immaginavo che chiamassi.» gli disse lei.

«Quindi sai perché l’ho fatto.»

«Hai delle domande, presumo.»

«Presumi bene! Horn, tu sei sposata! Da quanto tempo?!»

«Da più di tre anni.»

Ancora una volta ebbe l’orrenda sensazione di un peso ghiacciato, come un lingotto gelido, che gli cadeva nello stomaco.

«T-tre… anni? Sei… sposata da tre anni?»

«Sì, è così.»

«Perché… Horn, tu non me l’hai detto! Eri sposata quando siamo usciti e non mi hai detto niente! Perché?!»

«Sei davvero tanto ingenuo, Crowley?»

«Che cosa significa?»

«Se ti avessi detto che avevo un marito e una figlia con lui, e che eravamo in crisi da qualche mese… tu saresti uscito con me?»

«Certo che no! Voglio dire, a cena di certo, ma non avrei mai…»

«Per questo non te l’ho detto. Volevo un’avventura, per chiarirmi le idee… per capire se volevo ancora mio marito oppure no. Quando ti ho visto in centrale… non la prima volta, ma quando abbiamo fatto quella riunione… ho pensato che tu fossi l’uomo adatto. Se non volevo più mio marito avrei voluto un uomo come te, che è molto diverso da lui.»

«Ma lo senti quello che stai dicendo? Tu mi hai usato, mi hai mentito perché sapevi che se mi avessi detto la verità non mi sarei prestato al tuo gioco!»

«Sì, è vero, ti ho mentito per questo… ma visto che tu hai mentito a me a Boca Agua, possiamo dire che sia pari e patta, ora.»

Crowley aprì la bocca per replicare, ma non sapeva che cosa dirle: era tutto sbagliato, era stato un terribile colpo basso e non si era mai sentito usato e abusato in quel modo. Era un comportamento vile, per come lo vedeva lui.

«Horn… non è… corretto quello che hai fatto.» le disse con la voce più bassa di prima. «Tu… hai scelto al posto mio. Dovevi dirmi che tu e tuo marito eravate in crisi e lasciar decidere a me se volevo dividere la responsabilità del tuo tradimento con te.»

«Mi dispiace che tu l’abbia presa tanto sul personale, Crowley, ma non lo è. Non l’ho fatto per vendetta, ti ho scelto perché mi piacevi, perché mi sei sempre piaciuto dalla prima volta che ci siamo incontrati… Boca Agua mi ha ferita, ma mi hai spiegato perché mi hai piantata in quel modo. Non ce l’avevo con te e non credevo che ti avrebbe turbato.»

«Stai scherzando, vero? Mi hai usato senza dirmi niente e vuoi anche che non faccia male?»

«Non hai fatto niente di sbagliato se non lo sapevi. Ti sei goduto quella serata insieme a me… come ho fatto io. Soltanto questo dovresti pensare.»

«Vallo a dire a tuo marito che non è niente di sbagliato!»

«Gliel’ho detto, che cosa credi? Sa che cosa è successo, e quando gli ho detto che mi era mancato abbiamo deciso di riprendere da dove ci eravamo bloccati. Come vedi, è tutto a posto… non c’è motivo per cui affliggerti, perché nessun altro ti sta biasimando.» replicò lei in tono calmo. «Non mi pareva di averti illuso che ci sarebbe stato un seguito e tu non ne hai parlato. C’è qualche altra cosa che ti turba?»

«Visto che me lo chiedi, c’è! Io sono cattolico, Horn, l’adulterio è un peccato!»

«Poco male, non è adulterio se la donna non ti dice di essere sposata.»

«E hai comunque scelto al posto mio!»

«Sì, l’ho fatto. Più che scusarmi non posso fare altro, ormai è successo, quindi fossi in te andrei oltre.» disse lei con un tono lievemente più freddo di prima. «Non sei un bambino. Comportati da uomo e passaci sopra. Anche tu avrai spezzato il cuore di qualcuno prendendo una decisione per entrambi, no? Ho preso una decisione per il mio matrimonio, per mia figlia. Darti un piccolo dispiacere è un prezzo accettabile per questo.»

«Ma come pensi che…»

«Ci sentiamo, Crowley, possibilmente quando avrai finito di arrovellarti su questa storia.»

Una telefonata riagganciata bruscamente non gli faceva così male dall’ultima volta che aveva parlato con sua madre la vigilia di Natale. Si sentiva stordito, ferito e anche umiliato: non si era mai sentito trattato come un giocattolo conveniente da uno dei suoi partner, che erano di norma persone delle quali si fidava e che lo affascinavano. Si era sbagliato di grosso a giudicare Horn e aveva pagato un prezzo alto per la sua superficialità.

«Crowley…» esordì Ferid, dal divano. «Senti, ehm…»

«Ho bisogno di un whisky.»

«Cosa?»

Crowley non rispose, si ficcò il cellulare in tasca e si mosse puntando dritto alla vetrina della cucina dove teneva i superalcolici. Ferid scavalcò di slancio lo schienale del divano e s’insinuò nello spazio irrisorio tra lui e il tavolo appena in tempo per piazzarsi a braccia spalancate davanti alla credenza.

«No.»

«Spostati, Ferid.»

«No, non berrai whisky alle otto e mezzo del mattino, mi hai sentito?»

«Questa è casa mia e quello è il mio whisky. Fuori dai piedi o ti sposto io.»

«Ubriacarsi di prima mattina non è il modo di affrontare i problemi!»

«Non te lo dirò una terza volta: spostati

«No

Ferid fissò gli occhi dritti dentro quelli di Crowley mettendoci tutta la risolutezza che riuscisse a racimolare nel suo corpo e dopo qualche secondo credette di aver vinto, quando lo vide sospirare. Subito dopo gli afferrò le gambe e lo sollevò come fosse un bambino, buttandoselo sulla spalla alla stregua di un sacco di patate, e prese a marciare verso la camera.

«Ehi! Che diavolo di modi sono questi?! Mettimi giù, che cosa credi di fare?! Comportarsi da King Kong non è accettabile da un uomo adulto!»

«Fa’ silenzio, non voglio sentirti.»

«Non ti azzardare a darmi degli ordini, che cosa- ahia!»

Ferid si tenne la testa e la scosse, stordito, dopo essere stato scaricato sul letto con la delicatezza che avrebbe usato un pirata nel buttare a mare il carico di troppo della nave. Vide Crowley voltargli le spalle e uscire dalla stanza e si rialzò di scatto.

«Dove vai? Non mi voltare le spalle mentre ti par-»

Crowley sbatté la porta alle proprie spalle e per poco Ferid non ci si scontrò. Afferrò la maniglia per riaprirla e ripartire all’inseguimento, ma non vi riuscì. La girò e tirò più volte prima di capire che l’aveva chiuso dentro.

Mi ha chiuso dentro... mi ha chiuso a chiave in una stanza!

«Crowley! Ti sembra un comportamento maturo?! Apri questa porta!» gli gridò, e prese a battere il pugno sulla porta. «Non ti azzardare a trattarmi come una specie di cane molesto da educare, mi hai sentito?! Crowley! Apri questa porta o giuro su Dio che te ne pentirai!»

Accostò l’orecchio per sentire qualcosa, ma non sentì altro che un tintinnio di vetro.

«Crowley… Crowley, ti prego, non bere… non serve a niente, io ne so qualcosa… Crowley, mi stai ascoltando? Per favore, vieni qui, parla con me!»

Seguì ancora silenzio e Ferid bussò di nuovo sulla porta, più piano di prima.

«Sei ancora lì? Crowley… dai, fammi uscire. Ti preparo una tazza di tè, e poi puoi piangere quanto vuoi sulla mia spalla… oh, vuoi sdraiarti tra le mie gambe? Ci stai comodo, no? Possiamo farlo adesso!»

Ferid non ottenne nessuna risposta e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che gli potesse permettere di aprire la porta, ma non ebbe alcuna illuminazione che non contemplasse lo sfondamento. Doveva convincerlo, non c’era un altro modo.

«Una volta che avrai bevuto quella bottiglia avrai guadagnato solo un mal di testa terribile e il tuo dolore sarà ancora lì quando tornerai sobrio, e ti sentirai solo un cretino! Avanti, io sono qui, perché non troviamo insieme una soluzione?»

«Non c’è una soluzione.» rispose la voce di Crowley, non così lontana dalla porta. «Sono andato a letto con una donna sposata che non mi ha detto di esserlo.»

Oh, allora c’è ancora.

«Oh, dai... lo sai che non è davvero un problema… voglio dire, non la vedevi da anni, no? Vive in un altro stato, come potevi saperlo, se lei non ne parla? Che colpa hai se lei non è stata sincera con te?»

Crowley non rispose. Bussò di nuovo.

«Mi apri adesso?»

Il padrone di casa non rispose e Ferid sospirò. Non aveva mai avuto tanta voglia di prendere qualcuno a testate, ma aveva la sensazione che avrebbe avuto la peggio se ci avesse provato.

«Ho appena bevuto quattro tazze di tè, se mi scappa la faccio nel tuo armadio, sappilo.»

«Oh, questa è proprio una cosa volgare, detta da te.»

«Sarebbe più volgare farmela addosso, quindi non ho nessuna intenzione di lasciare che succeda.» ribatté lui, vagamente seccato. «Sono arrabbiato, Crowley. Ti approfitti della tua stazza indecente per fare l’arrogante con me, per costringermi a parlare di quello che vuoi e per non parlare di quello che non vuoi. Questo non è un comportamento degno di un uomo che dice di essere onesto.»

«Non ti ho chiuso dentro perché non voglio parlare. Ti ho chiuso dentro perché voglio bere e tu stavi in mezzo.»

«Vuoi bere perché vuoi evitare di parlare! Cosa credi, che sono nato ieri? Non ho due secoli, ma sono più vecchio di te, e che tu ci creda o no so come ti senti, per questo ti sto dicendo di non bere!»

«Io sono irlandese, Ferid, non inglese. Noi beviamo whisky, non tè.»

«Sono inglese e pertanto un intimo estimatore del gin, che cosa credi, che non mi sia mai ubriacato?»

«…Ti sei ubriacato? Davvero?»

«Sì, più volte di quanto sono disposto a confessare, e me ne sono sempre pentito.»

Con sua enorme sorpresa la serratura scattò e la porta si aprì lentamente. Crowley, che aveva un bicchiere in mano e la bottiglia nell’altra, si appoggiò allo stipite e gli allungò quest’ultima.

«Allora possiamo ubriacarci e pentircene insieme, ti va?»

«No, per tre motivi.» replicò Ferid, e gli tolse bottiglia e bicchiere dalle mani. «Primo, il whisky non è di mio gradimento; secondo, sono neanche le nove di mattina; e terzo, se ci ubriachiamo tutti e due puoi fare ciao ciao al tuo voto di castità… in realtà puoi dirgli ciao anche se ti ubriachi tu da solo.»

«Vuol dire che non mi fermeresti?»

«Io? E come pensi che ci riuscirei? Mi hai appena caricato sulla spalla e scaricato sul letto come niente fosse, no? Se ottenebrato dai fumi dell’alcol mi saltassi addosso non potrei fare assolutamente nulla per impedirtelo~»

«Non ci proveresti nemmeno, eh?»

«Per quanto possa essere rasoterra la stima che hai di me, io rispetto il voto che hai fatto. Per questo ti sto dicendo di non bere, non sono abbastanza forte di volontà per tutti e due~»

Ferid appoggiò bicchiere e bottiglia sul bordo del mobile del computer, poi allungò la mano e passò il dito sotto la catenella dorata del suo crocifisso.

«Ti ho convinto?»

«Mi hai convinto.»

«Evviva~»

«Strano che tu sia felice, mi ero convinto che stessi ancora cercando di portarmi a letto… anche se adesso il letto è il mio.»

«Portarti a letto per poi vederti piagnucolare in quel modo perché ti ho fatto rompere una promessa col tuo Dio? Per carità.»

«Non stavo piagnucolando.»

«Oh, lo stavi facendo, Crowley, credimi~»

«Non ero così imbarazzante e patetico.» rispose lui, con un’incertezza palese sul viso. «…Non lo ero, vero?»

«Mi appello al quinto emendamento.»

Un’ombra di disappunto piegò leggermente le sopracciglia folte di Crowley.

«Se fossi mio amico ora minimizzeresti la cosa per farmi sentire meno stupido.»

«Tuo amico? Non voglio essere niente di tanto banale per te!»

«Ma non è banale per niente.»

Ferid si passò la nocca del dito sul mento come fosse molto assorto a ragionare su qualcosa, mentre l’altro indice continuava a scorrere lentamente le maglie della collana d’oro.

«Preferirei essere qualcosa di estremo, come... l’amore della tua vita, per esempio.»

«Potresti ridimensionare leggermente le tue aspettative, Ferid?»

«Che ne dici allora della follia?»

«Che?»

Ferid sorrise e gli si avvicinò ancora di più, tirando leggermente la collana e fissandolo negli occhi blu, che gli ricambiarono lo sguardo con vaga perplessità.

«Sarebbe bello essere la tua follia più grande… quella che ti fa cambiare la prospettiva della vita, rivedere tutte le tue priorità, e che cambia per sempre il corso della tua esistenza… questo sì che sarebbe qualcosa che varrebbe la pena diventare.»

La serietà che Crowley aveva dipinta in faccia lasciò interdetto Ferid, il cui solo scopo era di risollevargli il morale senza il minimo secondo fine.

«Sei in assoluto l’uomo più singolare che io abbia mai incontrato, e non c’è dubbio che tu abbia già cambiato il corso della mia esistenza, fin dal primo giorno. Sai, Ferid… potresti essere accontentato, questa volta.»

Ferid lo fissò per qualche istante, poi scoppiò suo malgrado in una risata fin troppo nervosa.

«Direi che sei già matto a sufficienza~»

«E la tua grande follia qual è, Ferid? Tu ce l’hai avuta una follia che ti ribaltasse da sopra a sotto?»

«Crowley, ti sei accorto o no che sono scoppiato come un pop corn?»

«È evidente che non hai idea di cosa significhi essere scoppiati sul serio… non gira gente abbastanza strana in quella libreria.»

«Vuoi dire che esiste gente peggiore di me e Krul?»

Lui sospirò e si passò la mano tra i capelli ancora umidi, scuotendo la testa.

«Ferid, fai il tè.»

«Eh? Da dove esce questo, adesso?»

Crowley sorrise.

«Hai detto che mi avresti fatto il tè, e che potevo stendermi tra le tue gambe, no? Allora fai il tè e ti racconterò della gente squinternata che incontri quando fai il poliziotto da dieci anni. Oh, Ferid?»

Ferid, che si era mosso verso la cucina vagamente stordito dalla piega che aveva preso quel discorso, si voltò verso di lui e si vide mettere tra le mani bottiglia di whisky e bicchiere.

«Rimettili a posto già che vai di là, grazie.»

Riprendendosi dal momento di confusione gli sorrise.

«Con grande piacere~»

Lasciò la stanza e arrivò in cucina, dove mollò bottiglia e bicchiere per accendere il fuoco sotto il bollitore. Si stava domandando dove esattamente il detective avesse ripescato quel pesante bicchiere da superalcolico quando lo sentì camminare fino al soggiorno.

«Tu non hai un altro uomo o un fidanzato di cui non so niente, vero, Ferid?»

«Io? Che importa se ce l’ho o no? Non mi pare di essere venuto a letto con te~»

«Per esempio… De Stasio.»

Ferid si fermò mentre metteva il tè dentro la teiera e si voltò a guardarlo. Sorrideva, ma qualcosa nel suo tono gli suggeriva che fosse serio.

«Io e Dante… è un po’ che ti frulla quell’idea in testa, anche se non capisco da dove ti sia venuta. Sei stato tu a dirmi che a lui interessano soltanto le donne.»

«Beh, quando ci sei tu lui è strano.»

«Non l’hai capito? Ti provoca, perché sa che piaccio a te. E credo che voglia suggerirti di farti avanti. Ah, giuro che non è una comoda bugia per girare la corrente a mio favore~»

Crowley, appoggiato allo spigolo del muro tra soggiorno e porta del bagno, incrociò le braccia come quando era uscito dalla doccia: stava frugando nella sua testa a caccia di prove in questo senso, o almeno Ferid ne era convinto, per questo lo sorprese ciò che disse subito dopo.

«Oppure, William Bosley?»

Senza più altre piccole preparazioni da fare in attesa che l’acqua bollisse, Ferid voltò le spalle al fornello e si appoggiò al bordo del mobile della cucina, con un sorriso sicuro sul viso.

Persino la sua gelosia è così tenera…

«Pensi che Liam sia il mio fidanzato? Un fidanzato non mi avrebbe lasciato sotto quel portico, inzuppato, infangato e ferito, non credi?»

«Il tuo amante, magari?»

Ferid emise una risatina divertita.

«Liam il mio amante… è probabilmente l’unica persona che sappia quasi tutto di me che io non abbia mai nemmeno baciato. No, Crowley, Liam è solo un vecchio amico… lavoravamo insieme prima che io andassi a lavorare per Krul, e adesso fa il barista nel mio bar preferito. Tutto qui.»

«È davvero tutto?»

«Oh, no, in effetti: la sua fidanzata Maricela è una cartomante appassionata ed è mia cliente da anni. Ora sì, è tutto.»

Crowley non rispose e continuò a guardarlo dritto negli occhi.

Pare che l’interrogatorio sia una prassi comune anche fuori dal lavoro.

«Da tutte queste domande devo dedurre che tu stia pensando di spingere il nostro rapporto un po’ più avanti?» gli domandò Ferid, prendendolo palesemente di sorpresa. «Perché ti interessa se io ho una… vogliamo chiamarla tresca? Una tresca con il tuo collega, o se William è il mio amante, se non hai in testa di farmi diventare qualcosa di tuo?»

Crowley smise di sorridere, ma non aveva alcuna traccia di rabbia, irritazione o vergogna sul viso. La sua faccia da poker era di nuovo all’opera.

«Qualcuno. Qualcuno, non qualcosa. Le cose non amano.»

«È una tacita conferma?»

«Sono solo curioso… la curiosità mi brucia dentro da sempre, e brucia in modo quasi insopportabile.» disse Crowley, e tornò a sorridere con allegria. «Se mi avessi visto da bambino inseguire le ranocchie per sapere dove andassero a dormire sapresti quanto so diventare morbosamente curioso.»

«Ma la tua non è solo curiosità… o è per curiosità di sapere se avevo usato il tuo collutorio che hai provato a baciarmi, prima?»

«L’hai usato?»

Ferid scoppiò a ridere e scosse la testa prima di prendere il bollitore e versare l’acqua nella teiera.

Per essere uno onesto stai diventando sfuggente come una saponetta bagnata.

«Se sei così mortalmente curioso, no, non ho usato il tuo collutorio, e no, non ho fatto nulla di erotico o di romantico con Dante, e no, Liam non è e non è mai stato il mio amante, e no, non c’è nessun altro che tu non conosci intorno a me. E come bonus, no, non ho nemmeno figli segreti.»

«Questo lo apprezzo. Mi piacciono i bambini, ma li preferisco quando non escono dal nulla, se capisci cosa voglio dire.»

«Dimmi un po’, Crowley… io come dovrei interpretare questa conversazione, secondo te?»

«Che vuoi dire?»

Per quanto sapesse nascondersi bene a volte, la nota di tensione nella sua domanda non sfuggì a Ferid. Seppe che era l’occasione giusta per intavolare quel discorso; rimandare sarebbe stato più un problema che un vantaggio.

«Perdonami l’immodestia, ma non sono uno stupido… la tua morbosa curiosità è emersa dopo aver saputo che la tua vecchia fiamma era sposata con figliola annessa, e la prima cosa che ti viene in mente di fare è chiedermi se io abbia annessi e connessi che tu non conosci. Ora sono un tantino confuso, quindi seguo il tuo esempio e faccio domande dirette: che cosa vuoi da me? Vuoi che siamo amici o stai cercando qualcos’altro?»

Crowley non distolse lo sguardo dal suo e non sembrò in imbarazzo, ma si fece serio.

«Vorrei essere all’altezza del mio insegnamento e rispondere in totale onestà, ma la verità è che non so cosa rispondere.» fece lui appoggiando la testa contro lo spigolo del muro. «Volevo ripagare il mio debito. Questo volevo farlo e ci sono riuscito. Poi ti ho conosciuto meglio, ho visto quanto eri fragile con addosso un’armatura troppo pesante da portare, e ho pensato di volertene alleggerire. Sì, volevo essere tuo amico, e aiutarti a diventare forte.»

«E adesso non è più così?»

«Sono… successe tante cose in così poco tempo, e ora tu sei qui, e abiti con me… starai con me ancora per un po’. Sono ancora incerto su che cosa sento, ma posso ripetere quello che stavo dicendo prima: sei un grande caos nella mia vita. Ma mia nonna dice sempre che il caos arriva per rimettere le cose a posto in un modo nuovo.»

Ferid non si era mai sentito rivolgere parole del genere e non sapeva neanche se fosse in qualche modo in grado di elaborarle.

«Quindi dobbiamo solo aspettare che la tempesta si plachi e vedere cosa è ancora al suo posto e cosa no?»

«Per buttarla sul filosofico, sì. Ho bisogno di tempo.»

«Bene, dunque aspettiamo.» replicò Ferid, rimuovendo le bustine del tè. «Sarà un’esperienza nuova per te, immagino.»

«Mh? In che senso?»

«Sei abituato a prenderti subito o quasi quelli che ti stimolano, non è così? Probabilmente tutte quelle relazioni sessuali che hai sono il tuo modo di chiarirti le idee su qualcuno. Sbaglio?»

L’espressione sorpresa di Crowley gli fece capire che la sua freccia era volata in pieno centro e che non se l’aspettava affatto.

«Ma dato che non puoi averne per via del tuo voto e che io non mi concedo tanto facilmente, dovrai lavorare di testa, caro mio~»

«Tu non ti concedi? Mi sei saltato addosso sul tuo divano, letteralmente

«Oh, posso anche averlo fatto, qualche volta… sì, mi sono concesso per poco o niente, è vero. Ma questo era prima.»

«Prima di che cosa?»

«Prima che qualcuno mi dicesse di… vediamo… non accontentarmi di qualsiasi uomo mi dia uno straccio di attenzione, né di uno che mi fa la grazia di trovare una notte o due per me; mi pare fosse così.»

Crowley riconquistò ancora una volta il sorriso.

«Ah, questo è proprio un ottimo consiglio. Te l’ha dato un amico?»

«Chi lo sa… ci sta ancora pensando su, pare~» ribatté Ferid in tono leggero. «Il tè è pronto, possiamo andare a godercelo di là?»

«Dopotutto è meglio se ci sediamo qui come due persone civili…»

Crowley si avvicinò alla cucina e prese dalla credenza un’altra tazza.

«È paura quella che sento, detective Eusford? Hai paura di me? O di te?»

«Non ti ho appena messo in una posizione sgradevole, dicendoti che non so cosa voglio da te? Deve metterti a disagio un… momento intimo adesso.»

«Se preferisci evitare contatti intimi va bene… ma a me piace tenerti vicino. L’affettività ormai mi è sconosciuta da tempo, come immaginerai, ma è una di quelle cose alle quali ci si abitua velocemente.»

Ferid sorrise e prese la sua tazza e la teiera.

«Camera da letto, allora?»

Crowley non rispose, ma quando Ferid ignorò il tavolo e puntò dritto verso la camera l’investigatore lo seguì senza protestare.

 

 

Qualche tempo e due tazze di tè più tardi, Crowley era seduto sul letto accanto a Ferid appoggiato comodamente contro la testata e aveva appena finito di raccontare a quest’ultimo della nottata memorabile in cui la polizia di Satbury aveva arrestato il giovane che credeva di essere un ghoul e che aveva cercato di staccargli un pezzo di carne dall’avambraccio. Avendo avuto per la maggior parte amanti che erano nelle forze di polizia era difficile raccontare qualcosa che riuscisse a impressionarli, ma Ferid era un pubblico molto più coinvolto. Se stava fingendo lo stava facendo superbamente.

«È incredibile, Crowley! Ma quindi ti ha morso davvero?»

«Oh, sì, ma per fortuna ho avuto l’istinto di aprirgli la mandibola invece di cercare di ritrarre il braccio, non so nemmeno io perché.»

«Ti ha ferito?»

«Nulla di importante, è guarito del tutto in due settimane.» lo rassicurò lui, e gli mostrò l’avambraccio protagonista dell’evento. «Vedi? Non si vede più niente.»

Ferid passò la mano sulla pelle come se si aspettasse di trovarci una scritta in braille. Dopo qualche secondo di silenzioso rimuginare lo guardò negli occhi.

«Quante altre storie del genere hai da raccontare?»

«A questi livelli di follia non molte, ma di gente strana ne ho a sperdere. Dopotutto tu non eri così tanto strano ai miei occhi.»

«Oh, lo immagino, devo esserti sembrato quasi noioso al confronto… e io che credevo che fosse stato l’apice della carriera quando è venuto in negozio un tizio a rivendicare la proprietà del locale in nome della congregazione, una certa Compagnia della Notte. Neanche la fantasia di trovare un nome più originale, è stato un po’ deludente come pazzo.»

Crowley abbassò la tazza che aveva avvicinato alle labbra per bere, con la sensazione di essere appena stato folgorato.

«Che cos’hai detto, Ferid?»

«Che è stato deludente, un pazzo lo immaginavo più… creativo, capisci cosa intendo?»

«No, di quella congregazione.»

«La Compagnia della Notte? Perché, esiste davvero?»

«Ecco cos’era!»

Palpò le tasche alla ricerca della busta sulla quale aveva scritto gli appunti.

«Cos’era cosa? Che cosa cerchi?»

«Gli appunti… quelli dei glifi… ha detto che il primo glifo, quello che significa notte, era quello sul corpo di Sarah?»

«Sì, era il suo.» confermò lui. «Che cosa ti è venuto in mente, Crowley?»

«Il senso.» rispose Crowley, con un senso di eccitazione crescente. «Il glifo è notte, e Sarah è stata trovata in un magazzino dismesso di un’azienda che si chiama Nitro Tech Company. Abbreviato, Ni.Te.Com

«Oh! Pensi sia collegato al posto in cui avete trovato i bambini?»

«Può essere… allora… Sophie Arnelle l’abbiamo trovata in una zona incolta vicino al fiume…»

«Può essere un giardino, in un certo senso.»

«E Neva in fondo a un vicolo cieco.»

«Uhm, segreto forse è un pochino stiracchiato in questo caso, non trovi?»

Crowley ci pensò su e concordò con la sua osservazione e la sua sensazione di trionfo cominciò a sgonfiarsi come un soufflé malriuscito.

«Però…»

Crowley guardò Ferid, che si era fatto serio e pensieroso e lo vide tormentarsi l’orecchino.

«Però Gaia Windsor l’hanno trovata a Silver Waters sotto una statua ornamentale… lo ricordo bene, perché anche il mausoleo dei Trobiano a Silver Waters ha una statua e ho avuto paura che fosse la stessa, ma era una riproduzione di Amore e Psiche, la statua di Canova… e… beh… è quasi un bacio, quello di Eros e Psiche. Il glifo bacio ha senso.»

«Davvero? Non ho visto personalmente la scena. C’era quella statua?»

«Sì, ne sono sicuro. Sono sicuro, ho controllato io stesso. Te l’ho detto, avevo paura che si trattasse del mausoleo dei Trobiano.»

«Che vuol dire che è quasi un bacio, comunque? È un bacio o no?»

«Beh, è… Amore e Psiche. Vuol dire che non la conosci?»

Crowley scosse la testa genuinamente anche di fronte alla perplessità di Ferid: l’arte non era una delle sue passioni e che gli risultasse neanche lo era di qualcuno dei suoi partner, quindi non era mai stato particolarmente esposto alla conoscenza in quel campo.

«Beh… Psiche è semisdraiata, così…»

Ferid stese le gambe fuori dal letto e si sdraiò sulle sue puntellandosi su un gomito, alzò il braccio passandoglielo sulla nuca e gli piegò appena la testa come se, effettivamente, cercasse il bacio di un amante.

«Tiene le braccia dietro la testa di Eros e i loro visi sono vicini, in questo modo. Non è un bacio, ma… è un bacio in potenza d’essere, a volerlo chiamare così.» spiegò Ferid, prima di abbassare il braccio. Eros tiene Psiche tra le braccia e le accarezza il viso. È l’abbraccio di due amanti.»

«Ah… per questo dici che è quasi un bacio. Ho capito.»

«E ci sono altre cose che tornano nella tua idea, sai?» aggiunse lui raddrizzandosi. «La bambina giapponese ha il glifo oro, e l’avete trovata alla vecchia miniera.»

Un palpitare accelerato animò nuovamente il suo petto mentre i pezzi cominciavano ad assomigliare a un’unica immagine sensata. Crowley posò la tazza sul comodino senza neanche guardare, si alzò dal letto come avesse avuto le molle e acchiappò le scarpe poco lontane.

«Devo andare in ufficio a spiegare questo a De Stasio. Devo guardare le foto… devo essere sicuro di questo.»

Aveva già la giacca in mano quando si ricordò che in linea teorica lui non avrebbe dovuto lasciare Ferid da solo a meno che non fosse il suo turno di lavoro, e si girò a guardarlo. Lui stava sorridendo.

«Non preoccuparti per me, detective Eusford, io sono al sicuro qui. Se lo sono mentre sei di turno perché dovrebbe essere diverso oggi?»

«Io… vuoi venire anche tu? Piuttosto che stare a casa, magari preferisci uscire e…»

«No, temo che se mi portassi senza autorizzazione ci sgriderebbero tutti e due.»

Crowley pensò a McCray e non poté che concordare: inoltre assumeva un cipiglio di disapprovazione quando li vedeva insieme tale che Crowley non ne vedeva l’uguale da quando la Madre Superiora l’aveva bacchettato sulle mani per aver rotto una finestra con il pallone da rugby.

«Forse… ma non ti sentirai solo?»

«Cambia qualcosa dalle altre volte in cui sei stato via?» domandò Ferid divertito. «Non mi metterò a fissare la porta in attesa del tuo ritorno come un cagnolino, se avevi paura di questo… posso attingere alla tua collezione di dvd, sì?»

«Ma che domande, certo che puoi. Mi casa es tu casa, ricordi?»

«Allora starò bene.»

«D’accordo, allora, ci vediamo stasera… resterò a seguire questi nuovi delle frodi informatiche, da quelle parti stanno al computer tutto il giorno… non sanno interrogare un testimone, né un sospettato, e probabilmente svengono a vedere il sangue…»

«Come te, no? Specie se è in una provetta~»

Crowley diede una scrollata di spalle che sperò risultasse abbastanza neutrale, ma dentro fu ferito nell’orgoglio nello scoprire che Ferid si era accorto del suo piccolo problema di incompatibilità con gli aghi e le provette di sangue. Prese le chiavi e il cellulare.

«Vuoi che ti porti qualcosa? Per cena.»

«Oh, no, grazie, caro, non voglio niente di particolare~»

«Okay, allora a più tardi.»

Aprì la porta, ma poi si trattenne e guardò Ferid, con le due tazze vuote in mano, che si fermava nel soggiorno a guardarlo di rimando.

«Che c’è, Crowley?»

«Quasi dimenticavo di dirtelo. Puoi guardare quello che vuoi, ma non mettere su L’alba degli eroi

«Uh? Perché, è un brutto film?»

«Perché dopo dieci minuti di film inizia un porno.»

Ferid lo guardò sbattendo le palpebre più volte.

«Come hai detto, scusa?»

«È uno scherzo che mi hanno fatto i miei compagni in accademia di polizia quando hanno saputo… beh, che venivo dalla scuola cattolica e che non avevo mai avuto una ragazza. L’ho tenuto come ricordo di quanto sia traumatico il passaggio all’età adulta, alle volte.»

Ferid scoppiò a ridere così forte che quasi si lasciò scivolare di mano una delle tazze. Crowley scosse la testa e uscì dall’appartamento.

Ferid stava ancora ridendo a crepapelle quando l’ascensore gli si chiuse alle spalle.

 

   
 
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