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Autore: Holie    25/10/2020    0 recensioni
Serie di storie per la lista #BSDWritober by EneriMess.
Tutto il Writober si incentra sull'omegaverse e ne affronterà vari temi.
Dal primo capitolo:
Oltre una finestra, nascosto alla vista da pesanti tende e illuminato solamente da uno spicchio di bagliore lunare, Dazai cullava suo figlio. Tenendolo in braccio, sussurrava al suo orecchio promesse e parole rassicuranti, nel tentativo di placare la sua agitazione.
Genere: Angst, Omegaverse, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: AU, Kidfic, OOC | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Aveva sempre saputo che quella era una possibilità, un presagio che incombeva sulla loro relazione, ma non si era mai soffermato a pensare che potesse effettivamente divenire una realtà.

Sin dal momento in cui si erano conosciuti, pochi anni prima, Chuuya aveva messo in chiaro le cose: era malato e sarebbe potuto morire. Dazai inizialmente non aveva afferrato la gravità della situazione. Ormai qualsiasi malattia era praticamente curabile, cosa poteva mai affliggere il rosso, da non trovare soluzione? Banalmente, un problema di cuore.

La vita non è mai un percorso rettilineo, una bella autostrada a quattro corsie con piazzole di sosta attrezzate. Somiglia piuttosto a una via tutta curve, alcune più strette e pericolose di altre. La vita di Chuuya purtroppo si era rivelata sin da subito un tratturo di montagna, in salita e pieno di buche, con una pendenza mano a mano sempre più proibitiva. Lui aveva tentato con tutte le forze di andare avanti, ma in certi momenti non ce l’aveva fatta e si era dovuto fermare.

Le terapie non avevano avuto l’effetto desiderato. I trapianti di cuore falliti per rigetto. Chuuya si era semplicemente rassegnato: sarebbe andato avanti finché riusciva. Dazai si era quasi strappato i capelli per la disperazione sentendo quell’ammissione di sconfitta.

Ma il tempo era stato abbastanza clemente e nonostante un paio di pericolosi scivoloni, i due erano riusciti a costruire una vita assieme. Il rosso talvolta si sentiva inutile, relegato a letto come era, ma il compagno non glielo faceva assolutamente pesare e si dimostrava contento anche solo di poterlo avere al suo fianco ogni giorno. Dazai lavorava, usciva la mattina presto e tornava la sera tardi. Chuuya si alzava a metà mattinata, preparava una parvenza di pranzo e una cena abbondante, poi tornava a riposare fino al rientro del marito. Anche il matrimonio, celebrato in una fredda mattina di marzo, era stato breve ed essenziale, con pochi invitati. Vestiti semplici, una piccola torta nuziale, ma per loro era stato quanto di più perfetto potessero avere.

E Chuuya … Chuuya a volte si sforzava, faceva fatica e si sentiva male, ma voleva impegnarsi. Voleva farlo per Dazai, per renderlo il più possibile felice, regalargli un po’ di gioia finché ne era capace. La sua vita gli aveva impedito di fare molte cose per sé stesso, ma se poteva fare qualcosa per l’altro, realizzare i suoi sogni, allora sarebbe andato bene lo stesso. Era un buon compromesso.


Dazai si svegliò, gli urli della neonata lo raggiungevano dalla culla di fianco al letto. Voltandosi verso la sveglia, notò che erano le cinque del mattino. Un orario insolito per Yumi. Forse non si sentiva bene.

Nonostante il pianto disperato, Chuuya dormiva ancora profondamente al suo fianco. Il castano si affrettò ad alzarsi e a portare la piccola fuori dalla stanza, per non disturbare il compagno. Da quando aveva partorito la settimana precedente, l’omega soffriva di insonnia. Sempre preoccupato per la figlia, era raro vederlo riposare profondamente.

Il cambio di pannolino non bastò a placare la bambina, che rifiutò anche il biberon. I suoi strilli non accennavano a placarsi, sembrava come scossa da qualcosa. Non potendo fare altrimenti, Dazai tornò nella stanza per svegliare Chuuya. Forse la madre sarebbe riuscita a calmarla.

«Chuuya?»

Il rosso non rispose, continuando a dormire voltato sul fianco. Dazai si avvicinò, scuotendolo leggermente da una spalla. «Chuuya.»

Niente.

Sull’alfa calò come una coltre gelata. C’era qualcosa che non andava, ma non sapeva darvi un nome, come se si trovasse appena al di fuori del suo campo di coscienza.

Spostò le ciocche rosse come il fuoco che coprivano il volto del compagno e gli posò una mano sulla guancia. Chuuya era freddo. Non freddo come una persona con una bassa temperatura, ma freddo come la …

«… morte.»

Gli occhi di Dazai si riempirono istintivamente di lacrime, la neonata che si dimenava tra le sue braccia. Nessun segno di respiro, nulla, niente.

Nella stanza silenziosa, solo le urla disperate della bambina.
  
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