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Autore: Mercurionos    26/10/2020    6 recensioni
Sors inmanis
et inanis
rota tu volubilis.
Deum de deo,
Lumen de lumine
Rubrum inter atros
Vincitur
Necatur
Relinquitur
Iam heri mythus

Tanto, tanto tempo fa, su un pianeta ben lontano dalla Terra, viveva un popolo fiero e indomito. Quel pianeta era Sadala: la casa dei saiyan, la casata più nobile da tempo immemore, nome e fregio ineguagliabile di tutti i regnanti. Prestanti per natura, sempre pronti a mostrare la propria forza con audacia, i saiyan s'assomigliavano tutti in un particolare ben noto, nell'Universo: i capelli. Una corona d'ebano, tinta di pura tenebra, cingeva le loro fronti e i loro sguardi saldi e feroci. Yamoshi invece, unico della sua specie, li aveva rossi, i capelli.
I suoi capelli si agitavano nel vento, riflettevano ovunque le prime luci del giorno tinte del proprio colore, quel rosso ultraterreno, così perfetto e inimmaginabile che non avrebbe potuto portarlo nessuno, se non Yamoshi, il dio dei saiyan.
1) Rosso
2) Oro
3) Grigio
4) Nero
5) Blu
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Oro
 
Il sole sorse, inondando il cielo d’oro, e gli bagnò le tempie di luce. Si accorse allora che era arrivato il mattino.
 
Scese dal suo morbido giaciglio, si rinfrescò e mangiò, poi uscì, ma non era solo: una folla infinita si era riversata sul piazzale in cima al monte, in silenzio aspettava l’arrivo del saiyan dai capelli rossi.
 
I suoi dubbi allora svanirono, trascinati lontano dalla brezza mattutina, e fu felice tanto da non poter trattenere un sorriso.
 
I suoi compagni s’alzarono come si fa al comando di un generale, ma nessuno aveva parlato: anche loro, gli altri saiyan, erano contenti di esser lì assieme a lui, pronti a riporre in lui le loro speranze. Alcuni giunsero le mani, altri fecero un inchino.
 
Parlò: “Sua maestà re Sadala ci attende. Abbiamo a lungo chiesto un dialogo, abbiamo a lungo aspettato vivendo secondo i principi e i precetti ereditati dai nostri antenati. Abbiamo atteso facendo la cosa giusta, sapendo però quanto ci sembrasse sbagliata. E forse oggi è arrivato il momento di rivoluzionare il nostro mondo, per fare in modo che, come noi, sia in grado di evolversi, verso uno stadio più adatto ai suoi abitanti, verso un futuro migliore.”
 
Applaudirono sull’orlo del riso. Negli occhi di ciascuno si vedeva la felicità e la stanchezza di chi ha aspettato per anni la giustizia sopravvivendo nel rispetto di leggi mai approvate né accettate.
 
Lui si avvicinò ai suoi cinque preferiti, e loro si avvicinarono a lui: “Avete lasciato a casa i nostri figli e qualcuno che possa star dietro loro?” Gli altri annuirono, e lui se ne rallegrò. Era tutto pronto.
 
Si librò in aria come sospinto dal vento gelido di montagna, poi uno dopo l’altro lo seguirono tutti, verso est. I saiyan si alzarono in volo, un enorme polverone di persone, disordinato quanto felice, e al capo c’era lui.
 
Il dio.
 
I suoi capelli si agitavano nel vento, riflettevano ovunque le prime luci del giorno tinte del proprio colore, quel rosso ultraterreno, così perfetto e inimmaginabile che non avrebbe potuto portarlo nessuno, se non il dio dei saiyan.
 
Monti, valli, pianure e colli rimasero alle loro spalle, dozzine poi centinaia. Poi videro un lago immenso, d’acqua limpida e cristallina, bagnato dai biondi raggi del mattino.
 
Con il sole ancora negli occhi scesero tutti a terra al centro di un’immensa piazza vuota. Quelle poche persone che si trovavano lì si allontanarono, impaurite dalla calca apparsa all’improvviso dal cielo.
 
Dinanzi a loro si ergeva il palazzo più bello del mondo, forse dell’Universo intero: un magnifico monte di torri, torrioni, fari, cupole, picchi, pinnacoli e guglie. Dorato quanto il cielo riflesso nel lago, bianco come la luce d’avorio delle stelle più luminose, quello era il palazzo di Sadala.
 
Sadala: la casa dei saiyan, la casata più nobile da tempo immemore, nome e fregio ineguagliabile di tutti i regnanti.
Pian piano più e più persone si affacciarono alla piazza ora gremita, attirati dal clamore sollevato dalla folla. L’abito che portavano tutti quei contadini, ingegneri, pescatori e guerrieri di basso rango li differenziavano non poco dai comuni cittadini, tanto formali quanto identici nel vestire.
 
Molti notarono la chioma brillante dell’uomo in testa al gruppo e chiamarono ad alta voce amici e compagni. “Venite!” Gridavano per le strade della città.
 
Le porte del palazzo si spalancarono gemendo gravemente lungo le strisciate sul pavimento d’alabastro. Uscirono soldati e ancora soldati, sempre più elegantemente agghindati, poi degli anziani ammantati di bianco, e infine l’uomo che tutti conoscevano.
 
“Benvenuti, benvenuti! – Li salutò re Sadala – Siate benvenuti nella capitale, tutti voi.”
Il maestro si fece avanti: “Ti ringraziamo, maestà, per il tuo invito.”
“Capitate poco spesso da queste parti, non è vero? Spero però che vi possiate trovare a vostro agio, oggi.”
“Capita altrettanto spesso un tuo invito, maestà, ma non appena ci hai chiamato ci siamo recati da te.”
 
Il re ammutolì, e così fecero i suoi ministri. Nessuno riuscì a trovare una falla nel ragionamento dell’uomo e quindi tutti tacquero meravigliati.
 
I visitatori furono accolti nel sontuoso palazzo reale. Gli immensi corridoi e gli altissimi saloni bastavano a disorientare i saiyan abituati alle contenute case di campagna.
 
La corte del re accompagnò gli ospiti in un’enorme stanza, ancor più grande di quelle che avevano attraversato, tanto spaziosa e riccamente ammobiliata che tutti riuscirono a prender posto al centro del titanico androne.
 
Riconobbero la struttura della stanza dalla forma e dai numerosi posti a sedere quando i membri del consiglio, i saiyan più illustri e tra i più anziani, fecero il loro ingresso da porticine sull’alto loggione che percorreva tutto il perimetro della stessa.
 
Gli anziani presero posto sopra i capi degli ospiti, e al loro centro, di fronte a lui, sedette il re, che lo squadrò a lungo.


   
 
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