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Autore: fefi97    30/10/2020    2 recensioni
[Andrés x Martìn; Hogwarts AU; torneo tremaghi]
Andrés è il campione di Hogwarts e Martìn farà di tutto per vedere il suo migliore amico vincitore.
Potrebbe essere distratto dal campione di Durmstrang, però.
E Andrés potrebbe non esserne particolarmente felice.
Come al solito, due bastardi egocentrici che si amano (all'insaputa di Andrés).
Genere: Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Berlino, Helsinki, Palermo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che ti mancherà

 

 

Martìn non è affatto sorpreso quando il calice di fuoco sputa fuori il nome di Andrés.

Era ovvio, praticamente scontato.

L'espressione soddisfatta e sorniona di Andrés sarebbe quasi fastidiosa, se Martìn non ci avesse a che fare da quasi sette anni.

Invece, è con un sorriso esasperato e affettuoso che Martìn batte le mani insieme agli altri Serpeverde, mentre Andrés si alza in piedi.

Lo stomaco gli si attorciglia in modo doloroso e familiare quando Andrés volta la testa per sorridergli, a lui e solo a lui.

Non ha sorriso a Tatiana, anche se è seduta proprio accanto a Martìn, e non ha cercato gli occhi di Sergio nel tavolo dei Corvonero.

Ha cercato solo lui, il tempo necessario di dargli quel sorriso che è così visceralmente loro, così intimo e privato.

Martìn ama quel sorriso.

Lo ricambia come se fosse la cosa più naturale del mondo, conscio che ogni parte di lui, dagli occhi luminosi alle guance accaldate, esprima orgoglio ed eccitazione.

Andrés è il campione di Hogwarts. Era quello che volevano da quando è stato annunciato il torneo.

Segue con gli occhi Andrés camminare con passo sicuro lungo le file di tavoli, superare Silente e infine sparire in un'altra stanza.

Sente una piccola fitta di angoscia, anche se sa che è stupido, che vedrà Andrés presto.

-Non la smetterà più di vantarsi adesso – sbuffa Tatiana, ma il suo tono è affettuoso, anche i suoi occhi brillano d'orgoglio.

Martìn vorrebbe esserne infastidito, ma la cosa peggiore è che la fidanzata di Andrés gli piace.

Odia non riuscire ad odiarla.

E odia non riuscire a non amare Andrés.

Comunque Andrés ha guardato lui, Martìn, e non Tatiana.

È con questo pensiero che si sforza di sorriderle.

-Non ci sarà molta differenza rispetto al solito Andrés – ribatte facendole l'occhiolino e Tatiana ride, agitando i capelli rossicci.

Presto Silente impone di nuovo il silenzio per procedere all'estrazione del campione di Durmstrang e Beauxbatons.

La campionessa di Beauxbatons è una ragazza con una lunga coda di capelli rossi, di nome Alicia Sierra.

Martìn prova una sensazione inquietante nel guardarla, un istintivo senso di avversione. Spera che Andrés le stia alla larga.

Quando la coda di Alicia scompare nell'altra stanza, è il turno del campione di Durmstrang.

Silente afferra al volo il piccolo pezzo di carta e se lo porta davanti agli occhi.

-Mirko Dragic! -

Martìn osserva curioso un ragazzo dalla stazza immensa sollevarsi pesantemente dal tavolo dei Tassorosso. Deve avere per forza diciassette anni come Andrés, ma Martìn non riesce a pensare a due persone che siano più diverse.

Andrés è alto e asciutto, elegante e aggraziato.

Il ragazzo di Durmstrang è alto, ma è grosso e pesante.

Martìn pensa alle guance lisce di Andrés, mentre guarda la barbetta del ragazzo.

Anche i loro capelli sono diversi, quelli di Andrés sono soffici e scuri, sempre scombinati e arricciati sulle tempie.

Mirko Dragic è praticamente rasato a zero e Martìn è sicuro che i suoi corti capelli non siano soffici, ma ispidi e pungenti.

Scuote forte la testa, maledicendosi.

Deve smetterla di paragonare ogni persona a Andrés, è patetico.

Mirko Dragic sta passando proprio in quel momento accanto al tavolo dei Serpeverde.

I suoi occhi incontrano quelli di Martìn e, con sua enorme sorpresa, il volto barbuto del ragazzo si apre in un grosso sorriso.

Non è affatto simile al sorriso che gli ha rivolto Andrés, intimo e riservato.

Questo è un sorriso enorme e luminoso, fatto per essere visto e invidiato.

Per qualche ragione, Martìn si sente arrossire leggermente, soprattutto quando sente qualche compagno ridacchiare sorpreso.

È un sollievo quando finalmente il ragazzo distoglie lo sguardo e continua a camminare.

-Penso che tu abbia fatto colpo – ridacchia Tatiana al suo orecchio e Martìn le dà una spintarella irritata, ottenendo come solo risultato quello di farla ridere più forte.

Ad ogni modo, dopo non ha molto tempo per pensare a quello strano sorriso.

Andrés è assolutamente raggiante nella sala comune di Serpeverde, circondato da una folla adorante.

Martìn non è da meno, ma cerca di nascondere un sorriso orgoglioso e un po' esasperato dietro un grosso libro, standosene seduto un po' in disparte sulla sua poltrona preferita, davanti al fuoco.

-Non penso che tu stia svolgendo il tuo dovere di migliore amico, Martìn – lo richiama a un certo punto Andrés, con il suo solito tono canzonatorio, ma condito da quell'affetto velato che usa solo con lui e Sergio.

Non gli ha mai sentito quel tono con Tatiana, né con le sue altre fidanzate, e questo pensiero riesce a non farlo impazzire completamente quando li vede insieme.

Martìn abbassa leggermente il libro e lo stomaco gli si attorciglia quando vede Tatiana appesa al braccio di Andrés.

Cerca di ignorarla mentre sorride allegro al suo migliore amico.

-Penso che tu ti stia godendo il bagliore della gloria anche senza di me. Mi godo i suoi riflessi anche da qui. -

Andrés ride mentre si avvicina a lui, Tatiana al seguito.

Ovviamente la folla si apre per farlo passare, piena di un timore reverenziale verso Andrés.

Martìn lo osserva lasciarsi cadere sulla poltrona davanti alla sua, mentre Tatiana gli si accoccola in grembo.

Tatiana non si siede mai lì, se non c'è Andrés. Nessuno si siede su quella poltrona a parte Andrés, se l'altra è occupata da Martìn, e nessuno si siede sulla poltrona di Martìn, se l'altra è occupata da Andrés.

È una sorta di tacita regola che esiste dal loro primo anno a Hogwarts: gradiscono solo la compagnia l'uno dell'altro.

-Cosa ne pensi dei miei avversari? - chiede Andrés, giocando distrattamente con una ciocca rossa di Tatiana.

Martìn abbassa gli occhi sul suo libro, stringendone forte i bordi.

-Beh, la ragazza sembra scaltra. Da brividi, in realtà. Non da sottovalutare sicuramente. -

Vede con la coda dell'occhio Andrés annuire.

-Sì, lo penso anche io. E del ciccione cosa ne pensi? -

Prima che Martìn possa rispondere, Tatiana scoppia in una risata allegra.

-Oh, dovevi vedere come guardava Martìn! E come gli ha sorriso! -

Martìn solleva di scatto il viso, con l'orrenda sensazione di essere arrossito.

-Stai zitta, vipera – sibila con ferocia, ma Tatiana lo ignora con allegria, tutta rivolta verso Andrés.

-Te lo giuro, Andrés! È rimasto incantato davanti al nostro tavolo per ore e ...-

-Dieci secondi al massimo – la interrompe Martìn seccamente, senza avere il coraggio di incontrare lo sguardo di Andrés.

Non sa perché gli importi tanto, poi.

Non è che Andrés sarebbe mai geloso di lui, non in quel modo.

Certo, ama essere al centro dei pensieri di Martìn, gode nel sapere quanto sia in grado di attrarre l'altro a sé e di monopolizzarne completamente l'attenzione e si infastidisce se Martìn distoglie lo sguardo anche solo per un istante o parla con qualcun altro.

Andrés non ha mai fatto mistero di non sopportare ogni ragazzo con cui Martìn sia stato a letto.

Ma ha sempre attribuito questi atteggiamenti al fatto che Andrés sia di natura egocentrico e possessivo. Lo è anche con Sergio, il suo geniale fratellino Corvonero. Lo è anche con Tatiana, anche se in misura minore.

Ma questo non vuol dire che Andrés potrebbe mai essere geloso di lui nel modo in cui Martìn desidera.

Andrés infatti ride di gusto e Martìn sente la gola bruciargli, come se stesse per piangere.

Ma non piangerà, ormai grazie a una ferrea autodisciplina non piange da anni per questi sciocchi sentimenti impossibili, ma a volte è così difficile non farlo.

-È così, Martìn? E anche tu ti senti attratto dal nostro amico di Durmstrang?- domanda ilare, come se sia assurda la sola idea.

Martìn finalmente lo fissa, pieno di un insolito fastidio.

Non si irrita mai con Andrés quando scherza, ma qualcosa nel suo tono canzonatorio lo ha urtato.

Andrés dà per scontato che nessuno a parte lui attiri l'attenzione di Martìn, e questo è dolorosamente vero, ma è anche così ingiusto, perché invece Martìn deve dividere continuamente l'attenzione di Andrés con altre persone e non è giusto, non è giusto cazzo.

-E anche se fosse? - sbotta, chiudendo di scatto il suo libro e facendo voltare qualche primino spaventato nella sua direzione.

Tatiana lo guarda stralunata, mentre Andrés stringe le labbra in un sorriso rigido, meno spontaneo rispetto a prima.

-Calma, Martìn. Non ti facevo così permaloso – fa una pausa delicata, mentre Martìn fuma letteralmente di rabbia – Ovviamente sei libero di abbassare i tuoi standard di quanto lo desideri, ti prego solo di non portartelo dietro quando esci con me. Sai, rovinerebbe un po' la mia immagine.-

Martìn si alza di scatto in piedi, senza dire una parola. Marcia dritto verso il dormitorio, spingendo chiunque non abbia la prontezza di togliersi subito di mezzo.

Prima di sbattere la porta dietro di sé, sente chiaramente la voce di Tatiana, anche se è ridotta a un sibilo furioso.

-A volte sei proprio uno stronzo, Andrés. -

 

 

 

Martìn sta già facendo finta di dormire quando Andrés entra nel loro dormitorio.

Gli altri tre ragazzi in stanza con loro stanno dormendo profondamente, ma Martìn no.

Non può dormire se non sa che Andrés è proprio nel letto accanto al suo, al sicuro.

Gli dà le spalle, gli occhi aperti e fissi sul muro di fronte a lui.

Sente morbidi fruscii mentre Andrés si mette il pigiama, i suoi occhi scuri gli scavano la nuca.

Si irrigidisce un po' quando sente il suono di passi che avanzano verso di lui e Andrés deve essersene accorto dal modo in cui si blocca per qualche istante.

Ma poi Martìn sospira e striscia di più contro il muro, e quello è il segnale.

Andrés riprende a camminare verso di lui, più veloce, e in poco tempo sente il suo peso confortante contro la schiena, il suo naso freddo contro il collo e un braccio intorno ai fianchi.

Martìn non può fare a meno di sorridere un po', pieno di esasperazione affettuosa.

È da quando hanno undici anni che Andrés si infila nel suo letto ogni volta che sa di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Martìn sa che non dovrebbe permetterglielo, ma non può fare proprio a meno di muovere la mano e intrecciarla con quella che Andrés tiene sulla sua pancia.

È calda e confortante e Martìn non vuole lasciarla mai. E, dal modo in cui Andrés ricambia la stretta, per un attimo si illude che anche per l'altro sia così.

-Tatiana dice che ho fatto lo stronzo – borbotta Andrés contro la sua pelle e Martìn non può fare a meno di ridere.

-Tu sei stronzo -

Andrés canticchia contro la sua nuca, stringendolo più forte.

-Sì. Ma non mi piace quando lo sono con te – confessa con calma, strusciando un pochino il naso contro la pelle dietro l'orecchio.

Martìn si sforza di sorridere, anche se a volte vorrebbe davvero che Andrés fosse meno fisico.

No, non è vero.

Vorrebbe solo che Andrés fosse fisico in modo diverso, tutto qui.

-Ti stai scusando? Perché fai davvero schifo in questo– lo punzecchia e scoppia a ridere forte quando Andrés gli pizzica un fianco, giocoso.

-Dovresti apprezzare lo sforzo che sto facendo qui. -

Martìn ridacchia ancora, ma si sforza di tacere quando sente Bogotà lamentarsi nel sonno. Si morde le labbra, consapevole che non possono svegliare gli altri.

-Martìn, fatti vedere – gli sussurra Andrés a un orecchio, morbido, e Martìn obbedisce senza esitazione. Andrés alza il braccio dal suo fianco per permettergli di voltarsi, ma intreccia di nuovo le loro mani, portandole sul cuscino, a separare le loro teste altrimenti vicinissime.

Gli occhi di Andrés brillano di affettuosa allegria anche al buio e Martìn è quasi sopraffatto dall'amore che prova per lui in questo momento.

Andrés sorride e Martìn pensa che morirebbe per lui.

-Sono perdonato? -

-Certo – risponde senza esitazione, e lo sa che è patetico, ma non può farci niente.

Non se ne pente comunque, non quando il sorriso di Andrés diventa praticamente abbagliante, l'unica luce nella stanza buia.

Anche i suoi occhi brillano, morbidi ma con quella punta di ironia che Martìn ama così tanto.

-Bene. Sono contento. Giuro che mi comporterò bene al tuo matrimonio con il ciccione. -

Martìn sbuffa un sorriso e gli tira un calcetto da sotto le coperte, mentre Andrés ridacchia piano.

-Smettila. Non mi importa niente di lui. Ho cose più importanti a cui pensare, come farti vincere il torneo Tremaghi, ad esempio. -

Andrés inarca un sopracciglio, sorridendo ancora di più.

-Oh. Pensi che non possa farcela senza il tuo aiuto? -

Anche Martìn inarca un sopracciglio, avvicinando impercettibilmente il viso a quello dell'altro.

-Sono sicuro che tu non possa farcela senza il mio aiuto. -

Andrés ride e Martìn è costretto a tappargli la bocca con una mano, un grosso sorriso sul volto.

-Shh. Sveglierai tutti. -

Per tutta risposta, Andrés gli scocca un bacetto sul palmo, facendolo arrossire senza ritegno.

Spera solo che sia troppo buio perché Andrés possa notarlo. Lascia scivolare la mano dal viso di Andrés, solo per scoprire un altro sorriso accecante.

-È vero comunque. Non posso farcela senza di te. Per questo ti voglio concentrato. -

Martìn gli mostra la lingua, facendogli roteare con affetto gli occhi.

-Lo sono sempre, maniaco del controllo. E poi parliamo di questa cosa da tutta l'estate ormai, da quando abbiamo scoperto del torneo. Sai quanto voglio che tu vinca. E ho una mente estremamente geniale, lo dici sempre – si pavoneggia con un sorriso storto, accattivante.

Andrés adesso non sorride, Martìn non vede bene la sua espressione, ma lo conosce come le sue tasche e sa che lo sta fissando con serietà, come se fosse un manuale di rune antiche da decifrare.

Andrés lo guarda spesso così, come se fosse un mistero, e Martìn non capisce davvero perché.

Martìn lo ama con ogni fibra del suo essere e lo dimostra piuttosto spudoratamente, non c'è nulla di misterioso in questo.

Andrés non dice nulla, ma con la mano libera accarezza la guancia di Martìn, attento, delicato.

-Dormi adesso, mente geniale – sussurra con affetto, ma non accenna a sciogliere la presa delle loro mani, né ad alzarsi.

Anzi, la sua mano comincia a muoversi tra i suoi capelli, delicata, e Martìn sente le palpebre farsi pesanti. D'un tratto si rende conto di avere molto sonno.

Non riesce a trattenere uno sbadiglio mentre scivola più vicino ad Andrés.

-Rimani qui? - bisbiglia, conoscendo già la risposta.

-Finché non ti addormenti – mormora infatti Andrés, continuando ad accarezzargli i capelli.

Martìn annuisce, senza commentare.

Hanno condiviso il letto tante volte in quegli anni, soprattutto quando Andrés faceva qualcosa di sbagliato, ma anche in molte altre occasioni, come quando uno dei due era triste o aveva ricevuto una brutta notizia, o quando, semplicemente, volevano solo stare uno accanto all'altro.

Ma non si è mai svegliato la mattina dopo con Andrés accanto a lui.

Martìn non gli ha mai chiesto il perché, ma lo sa. Lo ha capito dalle occhiate di sfida che Andrés dà a Bogotà e agli altri ragazzi del dormitorio. Come se li sfidasse a dire qualcosa.

Martìn vorrebbe solo che capisse che non importa a nessuno se dormono insieme tutta la notte, che Bogotà li odia soltanto quando lo svegliano nel cuore della notte, con i loro bisbigli e le loro risate segrete, e che probabilmente Sam e Francis non ci farebbero nemmeno caso.

Ma è una paura di Andrés e Martìn la rispetterà in silenzio, come sempre.

Perché nulla avrà mai più importanza del proteggere Andrés, anche da se stesso.

Martìn chiude gli occhi, cedendo alle carezze morbide di Andrés.

Si addormenta poco tempo dopo, cullato dalle dita dell'amico tra i capelli e dal suo respiro contro il viso.

Il mattino dopo si sveglia in un letto vuoto, Francis e Sam sono già vestiti e Bogotà lo informa sbadigliando che Andrés è già sceso a fare colazione con Tatiana.

Martìn sospira, girandosi sulla pancia e affondando il viso nel cuscino.

E poi urla, urla con tutto il fiato che ha.

E non gli importa se Francis e Sam si lamentano e lo chiamano pazzo, o se Bogotà lo sta scuotendo per una spalla, preoccupato e irritato insieme.

Martìn continua ad urlare.

 

 

 

Martìn ha sempre ammirato la sicurezza di Andrés, è un tratto che lo ha sempre affascinato, forse perché lui stesso non aveva mai creduto molto in se stesso e vedere Andrés fare totalmente affidamento sulle proprie capacità senza mai dubitare di sé era in qualche modo magico.

Ma a volte la sicurezza diventava arroganza, e l'arroganza stupidità.

-Andrés, potresti per favore prendere questo torneo seriamente? -

Andrés smette di disegnare sul suo blocco solo per un istante, giusto il tempo di rivolgergli un sorriso più caldo del sole da cui si stanno riparando, entrambi seduti all'ombra di un oleandro.

Martìn ama e odia quel sorriso in ugual misura.

-Cosa ti fa pensare che non lo stia prendendo seriamente?-

Martìn sbuffa dal naso, irritato.

-Non stai nemmeno cercando di scoprire di cosa tratti la prima prova. -

Andrés aggrotta la fronte, sinceramente confuso.

-Beh, questo perché non è una cosa che dovrei scoprire, Martìn. Tutto il senso della prova si basa sull'effetto a sorpresa, in effetti. -

Martìn lo fissa, esasperato.

-Non ci posso credere! Anni a barare senza rimorsi ogni volta che ti veniva comodo e adesso, durante un torneo potenzialmente mortale, vuoi essere onesto? -

Andrés si stringe nelle spalle, imperturbabile.

Oh, Martìn lo ucciderà.

-Perché no? Potrei vincere anche ad occhi chiusi, perché non onestamente? -

-Perché gli organizzatori sono dei pazzi furiosi – sibila Martìn, stizzito –Ho fatto delle ricerche sui tornei passati... -

Andrés rotea gli occhi con affetto.

-Ovviamente hai fatto delle ricerche.-

Martìn lo ignora.

-E sembra che l'ultima volta ci siano state delle chimere come prima prova. Chimere, Andrés! Forse vale la pena indagare e scoprire con che schifo dovrai metterti alla prova, non pensi? -

Andrés gli sorride dolcemente e Martìn ha ancora più voglia di prenderlo a pugni.

-La tua preoccupazione è toccante, Martìn, anche se non necessaria. Andrà tutto bene, sono in grado di affrontare qualsiasi cosa. -

Martìn lo fissa, del tutto inespressivo.

-Ti odio. -

Andrés scoppia a ridere, sporgendosi per arruffargli con affetto i capelli. Martìn gli scosta la mano, soffiando come un gatto e sperando che non abbia notato il rossore sulle sue guance.

-Sei adorabile, Martìn. -

Martìn gli mostra il dito e Andrés ride più forte. Con sua soddisfazione, il sorriso di Andrés vacilla un po' quando si rende conto che Martìn si è alzato in piedi.

-Dove vai? Non abbiamo più lezioni per oggi. -

Martìn si stringe nelle spalle, rivolgendogli un sorriso arrogante dall'alto.

-Tu resta pure seduto qui a finire l'ennesimo ritratto smielato di Tatiana. Io scoprirò di cosa tratti la prima prova e ti salverò il culo come al solito, che ti piaccia o no. -

-Non è un ritratto di... -

Martìn non lo lascia nemmeno finire. Si aggiusta la tracolla in spalla e marcia via, ardente di determinazione.

 

 

Il fatto è che... Martin non ha un vero e proprio piano.

Perché è davvero troppo intelligente per fingere che seguire Alicia Sierra in giro per il castello come un idiota sia un vero piano.

Sicuramente è meglio della strategia di Andrés, anche se la strategia di Andrés era non fare assolutamente niente, quindi non è una grande consolazione. Ha anche la snervante sensazione che Alicia sappia di essere seguita, perché sono quasi venti minuti che è sparita nel bagno delle femmine.

Martìn sta meditando su quanti punti gli toglierebbe Piton se si infiltrasse nel bagno delle ragazze, quando una mano enorme gli si posa sulla spalla, facendolo sussultare. Lo stupore dura giusto qualche secondo e poi Martìn si volta di scatto, la bacchetta premuta contro la gola del suo assalitore.

Il suo assalitore che sorride in modo decisamente dolce, gli occhi accesi di divertimento.

Martìn spalanca i suoi, non abbassando ancora la bacchetta.

-Tu sei il ciccione di Durmstrang- dice, per poi maledirsi tra sé.

Il tatto non è mai stato il suo forte e quasi un decennio di amicizia con Andrés non ha aiutato a migliorarlo.

Ma il ragazzo sorride ancora di più, lungi dall'offendersi.

-Ciao. -

Il ragazzo ha un marcato accento russo, ancora più forte di quello argentino di Martìn. Spinto da un inaspettato moto di simpatia, Martìn abbassa la bacchetta, rimanendo ancora guardingo.

-Ciao. -

Si guardano in silenzio e proprio quando Martìn, al colmo della sopportazione, sta per uscirsene con una cattiveria acida delle sue, l'altro ragazzo parla di nuovo.

-Sei l'amico dell'altro campione, vero? Ti ho visto, durante il banchetto. -

Martìn si mette subito sulla difensiva, assumendo quella posa che Andrés chiama con affetto “gatto randagio che difende il territorio”.

-Mi stai spiando? Speri di arrivare ad Andrés tramite me? -

Ma l'altro scuote la testa, senza smettere di sorridere.

-No. Ti ho visto perché eri... come si dice... bello. Eri bello. -

Oh. Okay, questa Martìn non se la aspettava. Cerca di mantenere la smorfia feroce della sua espressione, ma ha l'agghiacciante sensazione di essere arrossito.

-E mi sembra che sia tu quello che spia Alicia – aggiunge il ciccione, in tono noncurante.

Touché.

Suo malgrado, gli angoli della bocca di Martìn si sollevano in un piccolo sorriso. Lentamente, mette via la bacchetta e tende la mano al ragazzo, che non esita a stringerla con forza.

-Sono Martìn. -

-Martìn – ripete l'altro, e dal tono si direbbe che abbia appena appreso il segreto per l'eterna felicità.

Martìn ride, cercando di mascherare l'imbarazzo.

-Esatto – sorride di sbieco, un po' civettuolo – E tu hai un nome o no, ragazzo grosso? -

In realtà conosce il suo nome, tutti lo conoscono, ma a Martìn piace fare un po' lo stronzo.

Ma il ragazzo lo guarda ancora come se fosse la creatura più dolce su cui abbia mai avuto la fortuna di posare gli occhi, cosa che è piuttosto irritante per Martìn.

-Mirko – risponde, ricambiando il sorriso.

Martìn annuisce, mentre lascia andare la mano di Mirko, visto che l'altro sembra assolutamente intenzionato a rimanere così per sempre.

-Quindi, Mirko. C'è qualche motivo per cui mi stavi spiando mentre spiavo Alicia Sierra, che, per la cronaca, penso si sia totalmente accorta di me?-

Mirko ride leggermente, scuotendo il grosso capo rasato.

-Sempre la solita ragione. Ti trovo bello – il sorriso di Mirko si fa timido ed è così strana un'espressione del genere su una persona di quella stazza che Martìn si ritrova ad essere un po' intenerito – E speravo di riuscire a parlarti. È difficile trovarti da solo, senza...l'altro campione. -

Martìn inarca le sopracciglia, indeciso se sentirsi inquietato o lusingato.

-Da quanti giorni mi stai seguendo? -

Mirko si passa la grossa mano dietro il collo e, va bene, Martìn ha deciso che lo trova tenero.

-Tre? - lo dice come se fosse una domanda e Martìn scoppia a ridere.

-Wow. Avevo uno stalker e non lo sapevo. Pensavo che uno con la tua stazza avrebbe dato più nell'occhio.-

Il sorriso di Mirko diventa un po' scaltro.

-So essere discreto quando serve. -

Martìn apre la bocca, una replica ironica giù sulla punta della lingua, ma in quel momento Nairobi esce dal bagno delle ragazze. I suoi occhi incrociano quelli di Martìn e la ragazza gli manda un cenno asciutto del capo, a cui Martìn risponde con un mezzo ghigno.

Dopo sette anni Martìn non è ancora in grado di dire se lui e Agàta siano amici o no. Di certo appartengono allo stesso gruppo, hanno quei ridicoli nomi di città (idea ancora più ridicola di Sergio, ma né Andrés né Martìn hanno mai imparato a dirgli di no) che li identificano come membri di una stessa squadra, ma non sa se questo basti a definirli amici. Sicuramente Nairobi è amica di Andrés, e Martìn è il migliore amico di Andrés, quindi per la proprietà transitiva dovrebbero esserlo, ma Martìn ha la sensazione di non starle molto simpatico. A beneficio di Nairobi, bisogna dire che nemmeno Martìn si troverebbe molto simpatico se durante una festa un po' troppo movimenta avesse vomitato su se stesso. Ma era successo solo una volta e aveva addirittura chiesto scusa a Nairobi, anche se controvoglia e solo perché glielo aveva chiesto Andrés.

Ma aveva chiesto scusa. Il che era ridicolo, perché non era colpa di Martìn se Nairobi si trovava in traiettoria in quel momento.

Quindi la freddezza con cui lo saluta è piuttosto normale.

Invece, per Martìn è una sorpresa vedere gli occhi di Nairobi illuminarsi nel vedere Mirko.

-Mirko! - squittisce con voce innaturalmente acuta, facendo inarcare le sopracciglia a Martìn.

Vede Mirko sorridere e ricambiare il saluto, chiamandola addirittura Agàta.

-Vi conoscete? - chiede Martìn, sentendosi un po' a disagio, visto che Nairobi gli sta lanciando delle occhiate a dir poco perforanti.

Mirko gli sorride, tutta la sua attenzione che in un attimo passa da Nairobi di nuovo a lui.

-Agàta era seduta vicino a me durante l'estrazione dei campioni, al tavolo dei Tassigialli. -

-Tassigialli? - ripete Martìn con un ghigno, mentre Nairobi lo fulmina.

La ragazza si rivolge a Mirko, tutta sorrisi zuccherosi e comprensivi.

-Tassorosso, tesoro - lo corregge dolcemente e Martìn inarca ancora di più le sopracciglia.

Per Merlino. Nairobi fa sul serio? Non pretende che tutti abbiano il suo gay radar, ma andiamo.

-È sorprendente vedere invece che voi due vi conoscete – continua Nairobi, lanciando uno strano sguardo a Martìn – Pensavo che con la prima prova imminente saresti stato l'ombra di Andrés più del solito. -

Martìn fa una smorfia, mettendosi automaticamente sulla difensiva.

Non gli piace il suo tono, né tutte le cose che vorrebbe implicare.

-Già, hai proprio ragione – replica con un sorriso ferocemente sarcastico, camminando all'indietro – Penso che andrò a cercarlo, invece di perdere tempo con una tassogialla e con il nemico. Adiòs. -

Martìn ignora del tutto lo sguardo di fuoco di Nairobi e fa una piroetta su se stesso, cominciando ad allontanarsi con indolenza.

È un po' deluso dal fatto che debba abbandonare lo spionaggio di Alicia Sierra, ma se sapesse che sta cercando di barare, Nairobi romperebbe le scatole come non mai.

Ha fatto appena qualche passo, che sente qualcuno raggiungerlo di corsa. Non ha bisogno di voltare appena la testa per sapere che è Mirko. Martìn si ferma comunque, guardandolo con un sopracciglio inarcato e un vago ghigno sul volto. Nairobi è rimasta qualche metro indietro, e sta letteralmente fumando di rabbia.

Martìn, essendo una persona orribile, ne è profondamente contento.

-Senti – comincia Mirko, un po' senza fiato, gli occhi pieni di ansia e urgenza – Incontriamoci a mezzanotte vicino al lago nero. Riesci a uscire dal castello così tardi? -

Martìn ha inarcato anche l'altro sopracciglio ora, suo malgrado intrigato.

-Posso fare qualunque cosa. La domanda è, perché dovrei farlo? -

-Le informazioni che vuoi sulla prima prova. Per il tuo amico... per Andrés. Io le ho. -

Il cuore di Martìn batte forte, ma cerca di nascondere la propria eccitazione con un'espressione cauta e diffidente.

-E perché dovrei fidarmi di quel che dici? Non ti conosco nemmeno. -

A sorpresa, Mirko sfodera un sorriso accecante.

-Perché non ti dirò niente. Te lo mostrerò. -

E, lentamente, Martìn si ritrova a ricambiare il sorriso.

 

 

Draghi.

Dei fottutissimi draghi.

Martìn non ci avrebbe mai creduto se non li avesse visti con i suoi occhi.

Silente è pazzo, non c'è altra spiegazione.

Mirko si dice d'accordo con lui, mentre tiene una mano sulla spalla di Martìn, tirandolo via da un ungaro spinato dall'aria particolarmente cattiva.

Martìn ha la netta sensazione che sarà quello il drago di Andrés.

Mirko insiste poi per riaccompagnarlo fino al castello, perché è notte e perché è un grande e grosso sentimentale troppo buono per essere vero, secondo una prima analisi di Martìn.

-Non preoccupare per tuo amico – dice dopo un po' Mirko, interrompendo gentilmente il silenzio con il suo inglese stentato – Se la caverà. -

-Certo che se la caverà – replica Martìn, un po' scontroso, per pentirsene quasi subito.

Sa che dovrebbe essere gentile con Mirko e ringraziarlo, ma ogni volta che ha paura non riesce a fare a meno di diventare ancora più sgradevole del solito.

E in questo momento ha paura per Andrés come non mai, davanti agli occhi ha fiamme e squame e non riesce a togliersi dalla testa l'immagine del suo migliore amico a terra, pieno di sangue.

Mirko però non dice niente, si limita a sorridergli comprensivo, facendo sentire Martìn ancora più in colpa.

Quando arrivano davanti al castello è quasi l'alba. Si fermano e Mirko lo guarda con curiosità, inclinando il capo.

-Sicuro che non avrai guai per essere uscito di notte? Tua scuola sembra più severa della mia su queste cose. -

Martìn gli sorride enigmatico, gli occhi che brillano nella luce pallida come quelli di un gatto.

-Non ti preoccupare. Ho i miei trucchi per non essere scoperto. Torna pure alla tua nave, ragazzo grosso. -

Mirko annuisce, ma non si muove, aspettando che sia Martìn ad andarsene per primo, probabilmente con il nobile ma quanto ridicolo scopo di sorvegliarlo finché non sarà al sicuro nel castello.

Ma nemmeno Martìn si muove, non verso il castello almeno. Riempie la distanza tra loro con due piccoli passi decisi, senza staccare gli occhi da quelli dell'altro. Il respiro di Mirko accelera un po' quando Martìn posa le labbra sulla sua guancia, pungendosi un po' con la barba.

Martìn si stacca quasi subito, con un piccolo sorriso dispettoso. Mirko ha appena il tempo di ricambiarlo, che Martìn è già corso via.

Non ha detto grazie, ma qualcosa gli dice che Mirko abbia preferito questo tipo di ringraziamento.

 

 

Martìn non mentiva quando aveva detto di avere i propri metodi per non essere scoperto.

Uno studente che vaga per il castello all'alba creerebbe sicuramente sospetti, ma chi farebbe caso a un piccolo gatto marrone?

Andrés non era stato affatto stupito quando Martìn aveva preso quella forma, dopo parecchi tentativi fallimentari.

Non potevi essere altro che un gatto soffiante, Martìn, aveva detto con affetto, passandogli due dita dietro le orecchie pelose e provocando delle fusa di cui Martìn si sarebbe vergognato per il resto della sua vita.

Era stata piuttosto una sorpresa per lui essere riuscito a diventare animagus prima di Andrés. Non era stata affatto una sorpresa quando, esattamente due giorni dopo la trasformazione di Martìn, Andrés si era trasformato in una maestosa aquila reale.

Un animale arrogante per la persona più arrogante del mondo, aveva pensato Martìn, pieno di amore, mentre osservava con una risata l'aquila volteggiare sopra la sua testa.

Nessun altro sa di cosa siano capaci, è il loro segreto da due anni ormai. Non è esattamente legale essere un animagus non registrato, ma è estremamente utile quando si vuole uscire dal castello senza essere scoperti.

Ad Andrés basta lanciarsi da qualunque finestra, Martìn ha più difficoltà a sgattaiolare via lungo i corridoi, avvantaggiato però dal suo corpo minuto e veloce.

È sempre riuscito a cavarsela senza problemi, ma ovviamente qualcosa deve andare storto proprio quella mattina.

Martìn soffia indignato quando qualcuno lo solleva senza delicatezza per la collottola. Si dimena e cerca di graffiare il braccio di Gazza, che lo tiene sollevato all'altezza del viso e lo guarda con aria arcigna.

La sua gatta, Mrs Purr, sta ai suoi piedi e fissa Martìn con i brutti occhi gialli, soffiando piano.

-E tu cosa ci fai qui, mh? - mugugna il custode, ignorando gli inutili tentativi di Martìn di morderlo.

Mrs Purr soffia più forte e Gazza abbassa lo sguardo su di lei.

-Cosa c'è, dolcezza? Non ti convince? -

Martìn cerca di non farsi prendere dal panico, ma attualmente, sollevato a diversi metri da terra e intrappolato nel corpo di un piccolo gatto, non è molto facile. Gazza non può sapere degli animagus, vero? E anche se lo sapesse, non sarebbe comunque abbastanza intelligente da arrivarci. È una fortuna che Mrs Purr non possa parlare, perché Martìn legge a chiare lettere la parola “impostore” nei suoi occhi, mentre lo fissa.

-Signor Gazza! -

Il cuore di Martìn si immobilizza al suono di quella voce. Senza nemmeno accorgersene, ferma ogni tentativo di sfigurare il custode. Gazza si volta di scatto, costringendo anche Martìn a trovarsi faccia a faccia con un Andrés insolitamente scarmigliato, ancora in pigiama.

-De Fonollosa, non dovresti essere fuori dal tuo dormitorio! - ringhia subito Gazza, stringendo gli occhi.

Andrés lancia un rapidissimo sguardo a Martìn, prima di riportare tutta la sua attenzione sul custode.

-Lo so, mi dispiace. Ma cercavo il mio gatto. È scappato durante la notte e quando mi sono svegliato e non l'ho trovato mi sono spaventato. -

Se fosse umano, Martìn ghignerebbe sicuramente davanti alla disinvoltura con cui Andrés mente in faccia agli adulti.

Gazza inarca un sopracciglio, gettando uno sguardo critico al gatto che ancora penzola nel vuoto.

-Questo gatto è tuo? -

-Sì, signore – risponde con decisione e Martìn miagola forte, come per dimostrare un punto.

Lo sguardo di Andrés si indurisce appena mentre allunga imperiosamente le braccia.

– E le sarei grato se me lo restituisse. Credo che lei gli stia facendo male tenendolo così. -

Per qualche orribile secondo, Martìn pensa che Gazza avrebbe rifiutato di restituirlo e lo avrebbe portato dritto da qualche professore o, peggio, da Silente. Non può evitare un miagolio grato e sollevato quando infine, con un grugnito, Gazza lo mette sgarbatamente tra le braccia dell'altro ragazzo.

Andrés si affretta ad aggiustare la presa su Martìn per non farlo cadere, estremamente più delicato e attento di Gazza.

Martìn si sente imbarazzato come non mai, ma allo stesso tempo non riesce a trattenere qualche fusa mentre si rannicchia contro il petto di Andrés, al sicuro. Automaticamente, le dita di Andrés prendono a grattargli dolcemente le orecchie, facendo brontolare Martìn più forte.

Gazza li guarda in cagnesco, ancora sospettoso.

-Per questa volta lascerò perdere il fatto che tu sia fuori dal letto, ma non si ripeterà. Fila nel tuo dormitorio, prima che cambi idea. E bada che il tuo sacco di pulci non scappi un'altra volta! Dà fastidio a Mrs Purr. -

La gatta sibila, gli occhi che non hanno lasciato Martìn nemmeno un istante.

Andrés non se lo fa ripetere e si affretta verso il dormitorio dei Serpeverde.

A metà strada, Martìn si dimena, cominciando a sentirsi a disagio per il fatto di essere portato in braccio dal suo migliore amico. La presa di Andrés si stringe appena, bloccando i suoi tentativi di fuga.

-Fermo – sussurra severo, premendo la bocca contro la testa di Martìn, facendolo fremere – Rimani così finché non siamo in sala comune. -

Martìn miagola scontento, ma rimane calmo tra le braccia di Andrés. Nonostante i tocchi delicati delle sue dita, Martìn lo conosce abbastanza da capire che sia arrabbiato e che sia meglio non contraddirlo.

Una volta che sono in sala comune, ancora deserta, Andrés posa delicatamente Martìn sulla sua poltrona, prendendo posto nell'altra. Non gli stacca gli occhi di dosso per tutto il tempo che ci vuole a Martìn per trasformarsi, riprendendo lentamente la forma umana.

-Che cazzo stai combinando, Martìn? - sibila a bassa voce, non appena gli occhi di Martìn sono di nuovo della sfumatura di blu giusto, le pupille non più innaturalmente allungate.

-Draghi, Andrés! - urla invece Martìn sporgendosi verso di lui, troppo agitato persino per tenere un tono di voce accettabile.

Andrés lo fissa come se fosse pazzo, un po' della sua rabbia che viene spazzata via dalla sorpresa.

-Cosa? Di che stai parlando? -

-Sono draghi, Andrés, è questa la prima prova! - esclama Martìn e poi comincia a parlare a raffica, prima che Andrés possa interromperlo di nuovo. Gli racconta nei dettagli dei tre draghi nella gabbia, quale gli era sembrato più innocuo e quale il più pericoloso, e gli manifesta la ferma intenzione di procedere a una ricerca sui draghi in biblioteca quel giorno stesso.

Andrés rimane in silenzio per un bel po', fissandolo impassibile con gli occhi scuri.

-Come fai a saperlo? - chiede infine, e solo in quel momento Martìn si rende conto di aver saltato quell'importante dettaglio.

-Oh – si passa una mano dietro la nuca, sentendosi stranamente a disagio sotto lo sguardo indagatore di Andrés – Me lo ha detto Mirko. -

-Mirko? - ripete Andrés, alzando un sopracciglio.

Martìn si dimena, con l'insopportabile sensazione di essere arrossito.

-Il campione di Durmstrang. -

Adesso Andrés ha inarcato anche l'altro sopracciglio, anche se Martìn non riesce a capire se sia irritato, infastidito o qualunque altra cosa.

-E perché avrebbe dovuto condividere quest'informazione con te? -

- Beh, sapeva che ti conosco e che te lo avrei riferito. Ha detto che si trattava di giocare ad armi pari. Il suo preside gli ha rivelato subito dei draghi e dice che anche Alicia lo sa. Mancavi solo tu. -

Beh, questa non è una bugia.

Mirko ha effettivamente bofonchiato qualcosa del genere mentre si intrufolavano nella foresta proibita, ma Martìn ha il forte sospetto che in questa faccenda abbia avuto più peso il modo in cui lo sguardo di Mirko scivolava ogni tanto sulle sue labbra rispetto a un disinteressato atto di onestà.

Istintivamente, decide che ad Andrés non avrebbe fatto piacere sentire quella parte.

Andrés lo soppesa ancora per qualche istante, poi sbuffa forte dal naso, gli angoli della bocca che si alzano quasi contro la sua volontà.

-Beh, ottimo piano Martìn. La cattura da parte di Gazza e il salvataggio da parte mia erano previsti o stavi improvvisando? -

Martìn stringe gli occhi, ma anche lui sta sorridendo.

-Zitto, stronzo. Stava andando tutto alla grande. -

-Stavi per finire scuoiato e imbalsamato nello studio di Gazza – lo contraddice Andrés, ghignando più ampiamente.

-E tu allora? A girare per i corridoi in pigiama e a piedi nudi? È stato davvero un calo di stile da parte tua, Andrés – ritorce Martìn, con lo stesso sorriso dispettoso che aveva rivolto a Mirko dopo averlo baciato, solo che i suoi occhi adesso hanno una luce diversa, più forte e viva.

Stare vicino ad Andrés gli fa quell'effetto, lo fa brillare.

Andrés rotea gli occhi, stizzito.

-Stavo appunto venendo a salvarti il culo. Un grazie sarebbe apprezzato. -

Martìn scoppia a ridere, incredulo, lasciandosi andare contro i soffici cuscini della poltrona.

-Sei tu che dovresti ringraziarmi! Sai della prima prova solo grazie a me! Come era la tua strategia? Non è una cosa che dovrei scoprire, Martìn. Tutto il senso della prova si basa sull'effetto a sorpresa – lo scimmiotta, sotto lo sguardo irritato e insieme divertito di Andrés.

-Beh, in effetti, avevo ragione. -

-Beh, in effetti, saresti stato un po' nella merda ad affrontare un drago senza nessun tipo di preparazione. -

Andrés apre la bocca, pronto alla replica, ma in quel momento sentono Bogotà urlare dal loro dormitorio.

-È l'alba! L'alba cazzo! Potete tacere?! -

Martìn e Andrés si guardano per un istante, poi non possono fare a meno di scoppiare a ridere.

Martìn brilla e brilla, ed è davvero un peccato che Andrés rida troppo forte per accorgersene.

 

 

Ovviamente, ad Andrés capita in sorte l'ungaro spinato.

Martìn lo sapeva, sapeva che sarebbe successo, ma non riesce a trattenere un lieve gemito mentre lascia che Tatiana si stringa più vicino a lui sulle tribune.

Andrés è il primo dei tre campioni e Martìn trattiene il fiato tutto il tempo. Nelle ultime settimane si sono esercitati instancabilmente, mettendo a punto un piano per sconfiggere il drago. Il problema è che Martìn non aveva pensato che ci sarebbe stato anche quel maledetto uovo dorato da prendere. Tatiana si copre gli occhi con le mani quando il drago ferisce il petto di Andrés, facendolo urlare. Martìn li tiene spalancati, le mani che si stringono a pugno sul sedile di pietra per impedirsi di buttarsi nell'arena e urlare a quello stupido drago “qui stronzo, ci sono anche io, fatti sotto”.

Martìn riprende a respirare solo quando il drago si calma, sconfitto, e Andrés sbuca dalle macerie con l'uovo sotto braccio.

Ha il viso e le braccia pieni di tagli, è coperto di fuliggine e sembra instabile sulle gambe, ma è vivo, è tutto intero, e a Martìn non è mai sembrato più bello e regale di quel momento.

Il cuore gli batte all'impazzata mentre scende di corsa i gradoni della tribuna, supera alcuni studenti e professori sul prato ed entra di prepotenza nella tenda destinata ai campioni.

-Signor Berrote! Lei non dovrebbe stare qui! - esclama subito Madama Chips, con le mani sui fianchi, ma tutto quello su cui Martìn riesce a concentrarsi è Andrés, in piedi in mezzo alla tenda, il petto nudo fasciato da pesanti bende bianche.

Si fissano, poi Andrés solleva un angolo della bocca in un minuscolo ghigno e Martìn emette una sorta di rantolo rabbioso, prima di lanciarsi verso di lui.

Getta le braccia al collo di Andrés, impattando contro di lui senza nessuna grazia. Andrés emette un piccolo grugnito sofferente, ma avvolge immediatamente il corpo di Martìn tra le braccia.

-Per l'amor del cielo, faccia attenzione Berrote! Non ho intenzione di aggiustare le costole del signor De Fonollosa una seconda volta!- grida Madama Chips esasperata, ma come unico risultato Martìn stringe Andrés più forte, premendo il naso contro il suo collo.

-Stupido... deficiente... coglione... -

Andrés si lascia insultare, stranamente docile, limitandosi ad accarezzare con dolcezza i capelli della nuca di Martìn.

-Sto bene. Non piangere, per favore. -

Martìn non si era nemmeno reso conto di star piangendo e affonda ancora di più il viso contro il collo di Andrés, imbarazzato.

-Quando ti è caduta quella colonna addosso ho pensato... -

-Mi ha preso a malapena – lo interrompe Andrés, gentile, senza smettere di cullarlo – Sto bene, Martìn. Guardami, sto bene. -

Martìn si stacca quel tanto che basta per poter effettivamente guardare Andrés negli occhi. Sono caldi e affettuosi, luminosi e vivi.

Vivi.

Martìn sente i propri occhi inumidirsi e Andrés solleva una mano per spazzargli via qualche lacrima con un movimento delicato del pollice.

-Non piangere – ripete, basso e dolce, l'altra mano alla base della schiena di Martìn, un gesto protettivo e confortante insieme - Sto bene. Sono qui con te. -

-Con me – ripete Martìn, come in trance, le mani che stringono con forza le spalle di Andrés – E stai bene.-

Andrés annuisce accarezzando la guancia di Martìn e chinandosi un po' su di lui, in modo che Martìn possa vedere i suoi occhi e assicurarsi che sia sincero.

-Sì. -

E poi succede una cosa strana.

Per un secondo, per una piccola frazione di tempo, a Martìn sembra che lo sguardo di Andrés sia scivolato sulle sue labbra.

Ma poi Tatiana entra trafelata nella tenda, sussurra tremante “Andrés” e improvvisamente non ci sono più mani che lo trattengono dolcemente.

Martìn inciampa indietro mentre osserva attonito l'abbraccio tra Tatiana e Andrés.

Tatiana è stata più delicata e attenta di Martìn, meno irruenta e frenetica. Andrés la stringe nello stesso modo in cui ha stretto Martìn poco fa, ma quando si china a baciarla, Martìn capisce che non potrà mai essere lo stesso modo.

Comincia a dubitare dello sguardo di Andrés sulle sue labbra, forse è stata solo una stupida fantasia, l'ennesima.

Gli occhi gli bruciano, ma per un motivo diverso questa volta.

E poi lo nota.

Nel lato opposto della tenda, Madama Chips sta spalmando un unguento su un paio di spalle enormi.

Martìn si asciuga rapidamente gli occhi, avanzando in quella direzione.

Martìn è consapevole da tempo di non essere una brava persona, ma si sente davvero una merda per essersi completamente dimenticato che Mirko avrebbe affrontato il suo drago dopo Andrés. L'unica cosa che lo conforta è il fatto che sia vivo e che gli stia sorridendo dolcemente.

Martìn ricambia, un po' impacciato, e aspetta che Madama Chips si allontani brontolando prima di sedersi sulla branda dove è steso Mirko.

-Tutto bene, ragazzo grosso? - chiede, meno scanzonato di quello che vorrebbe essere.

Quella bruciatura sembra brutta e dolorosa e Martìn sente una strana fitta al petto guardandola.

-Tutto bene. Preso uovo. Prova superata -

Martìn sbuffa, anche se sorride un po'.

-Sembri un pollo arrosto ma, sì, prova superata. Evviva. -

Mirko ridacchia e il sorriso di Martìn si addolcisce leggermente.

-Tuo amico stare bene? - chiede, sbirciando oltre Martìn.

Martìn lancia uno sguardo sopra la sua spalla, constata che Andrés e Tatiana sono ancora stretti l'uno all'altro e si volta rapidamente.

-Sì – dice roco, senza guardarlo – Sta bene. -

Sente un peso sul ginocchio e guarda un po' stupito la mano enorme di Mirko posata sulla sua gamba. Mirko non dice niente e Martìn gli è grato.

Rimangono in quel silenzio confortevole per un po', poi improvvisamente Martìn lo guarda, gli occhi che ardono di risolutezza.

-Grazie. Grazie per avermi detto dei draghi -

Mirko lo guarda sorpreso per un po', poi si scioglie in un sorriso, dandogli una pacca amichevole sul ginocchio.

-Figurati, Martìn. -

-Puoi chiamarmi Palermo, se vuoi – dice Martìn, senza saperne il motivo, d'istinto – È così che mi chiamano i miei amici. -

Mirko inclina il capo, come se stesse assaporando quel nuovo nome.

-Palermo? -

Martìn annuisce, gli occhi che brillano, giusto un po'.

-Sì. Abbiamo tutti un nome di città come soprannome. Andrés è Berlino, Pedro è Bogotà e così via. Sergio è l'eccezione, ma è il fratellino di Andrés ed è super intelligente, per cui lo chiamiamo Professore e basta. -

-E adesso siamo amici? - chiede Mirko, ed è così speranzoso che il cuore di Martìn si stringe un po'.

-Beh, prima devi avere un nome di città anche tu. E poi sì, possiamo essere amici. -

Mirko lo fissa per un po', pensieroso, poi sorride.

-Helsinki. -

-Helsinki – ripete Martìn, senza chiedere perché proprio quella città. Non si chiede mai il motivo della scelta, è una regola solida nel loro gruppo.

Ovviamente Martìn e Andrés l'hanno infranta circa due secondi dopo che

Sergio l'aveva istituita.

Solo loro due sanno perché proprio Palermo e Berlino. È uno dei loro tanti piccoli segreti.

-Martìn? -

Martìn si volta immediatamente al suono della voce di Andrés e si rende conto con sollievo che Tatiana non c'è più e che adesso, aggrappato al fianco di Andrés con tenacia sorprendente, c'è Sergio. Il ragazzino tiene tra le mani l'uovo d'oro, un braccio del fratello maggiore sulle spalle. Ha la solita aria imbronciata e un po' estraniata dal mondo, gli occhiali che gli scivolano sul naso in modo buffo, ma Martìn lo conosce bene e sa che era spaventato per Andrés tanto quanto lui.

Andrés guarda per un istante Mirko, poi ritorna a concentrarsi su Martìn, sorridendogli.

-Stiamo andando a festeggiare, vieni? -

Per Martìn ricambiare il suo sorriso è la cosa più naturale del mondo.

-Certo. -

Cerca di alzarsi, ma la mano di Mirko è ancora pesante sulla sua gamba, le dita gli sfiorano quasi la coscia. Martìn si volta verso di lui e prima che possa realizzare qualcosa, Mirko si sporge e gli bacia una guancia.

Martìn si allontana di scatto, come se si fosse bruciato, lo sguardo un po' sconvolto. Ma quando Mirko gli rivolge un sorriso dispettoso, specchio del suo durante la notte dei draghi, non può fare a meno di scoppiare a ridere, scuotendo un po' la testa.

-Beh, me lo sono meritato – ammette, ammiccando.

-Ci vediamo in giro, Palermo – risponde Mirko, riprendendo il suo solito sorriso dolce e facendo scivolare lentamente la mano via da Martìn.

Martìn ghigna mentre si alza in piedi.

-Ci vediamo in giro, Helsinki. -

Senza aspettare risposta, si volta e raggiunge di corsa Sergio e Andrés, in piedi accanto all'uscita della tenda. Entrambi i fratelli lo fissano. Se Andrés è indecifrabile, Sergio è apertamente incuriosito.

-Helsinki? Gli hai detto dei nomi di città? -

Martìn si stringe nelle spalle, evitandolo sguardo di Andrés. Non sa perché, ma qualcosa negli occhi dell'altro lo sta facendo sentire in colpa, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, anche se non è affatto così.

-Gli ho accennato qualcosa. -

-Ti ha chiamato Palermo – ribatte Sergio in tono piatto e Martìn sbuffa, scompigliandogli scherzosamente i folti capelli scuri.

-Cos'è, un interrogatorio, Professore? Sbaglio o si era parlato di festeggiare? -

Finalmente ha il coraggio di incrociare lo sguardo di Andrés, solo che Andrés non sta guardando lui, ma sta fissando la schiena di Mirko con tanta intensità che Martìn non si stupirebbe se spuntasse una nuova ustione sulla sua pelle.

-Andrés? - lo chiama, incerto, mettendogli una mano sul braccio libero.

Andrés si volta di scatto verso di lui e Martìn fa un istintivo passo indietro davanti alla furia che legge nei suoi occhi.

Ma non ha nemmeno il tempo di dire qualcosa che Andrés sorride, la rabbia che fa rapidamente spazio a un'espressione lieta che sembra piuttosto sincera.

Senza dire una parola, Andrés solleva il braccio libero e Martìn si infila sotto senza esitazione, facendosi stringere contro il suo fianco. Si aggrappa con forza alla maglietta grigia che adesso l'altro sta indossando e se Andrés sente dolore, non lo menziona.

Invece volta appena la testa verso la fronte di Martìn, non abbastanza vicino da baciargliela, ma sufficiente per sfiorargli la pelle con le labbra.

-Sì, andiamo – sussurra, poi iniziano a camminare e mentre Sergio si scioglie abbastanza presto dalla presa di Andrés, Martìn rimane trattenuto con forza contro di lui finché non arrivano al castello.

Martìn chiude gli occhi a un certo punto, la fronte premuta contro la spalla di Andrés, e si augura che Andrés non lo lasci mai andare, che si aggrappi sempre a lui con quell'inesauribile ferocia.

La presa di Andrés a un certo punto è tanto possessiva da fargli male, ma Martìn non se ne lamenterebbe per nulla al mondo.

Invece, ricambia con la stessa forza quell'abbraccio disperato.

 

 

Dopo la prima prova, i rapporti tra Andrés e Martìn sono un po' tesi.

Martìn vorrebbe subito occuparsi dell'uovo, capire come aprirlo per conoscerne il contenuto, ma Andrés sembra distratto, con la mente da un'altra parte.

A volte Martìn lo trova con lo sguardo perso sul suo viso, non come se lo stesse guardando davvero, ma come se si fosse incantato.

Quando poi viene annunciato il Ballo del Ceppo, è praticamente impossibile far concentrare Andrés.

Insiste che si deve esercitare con Tatiana nel ballo, perché in quanto campione aprirà le danze e non vuole assolutamente sfigurare con la sua dama.

-Beh, buona fortuna nello sconfiggere qualsiasi schifezza ci sia nella seconda prova con il tuo passo aggraziato, allora – sbotta Martìn un giorno, al colmo dell'esasperazione, chiudendo di scatto il suo quaderno di appunti che Andrés non ha degnato neanche di uno sguardo.

Andrés lo fissa con uno sguardo pungente per qualche istante, poi sorride, abbastanza sgradevole da far capire a Martìn che sta per dire qualcosa che lo ferirà.

-Non c'è bisogno che tu sia così acido solo perché nessuno ti ha invitato, Martìn. Sai che Tatiana mi concederà volentieri qualche ballo con te. -

L'umiliazione è talmente grande che Martìn corre via senza nemmeno rispondere, rosso in viso e con gli occhi traboccanti lacrime di pura rabbia.

Perché è vero, nessuno lo ha invitato.

E Andrés è un grandissimo stronzo.

Ma che importa in fondo di uno stupido ballo?

Martìn è un uomo pragmatico, con delle priorità.

E la sua priorità adesso è scoprire come aprire quel maledetto uovo.

Cerca di convincersi con forza che sia la cosa migliore, che mentre gli altri saranno al ballo lui avrà la sala comune tutta per sé e potrà concentrarsi meglio.

Non importa se tutti i suoi amici andranno al ballo, non importa se persino Sergio, Sergio, un ragazzino asociale di quindici anni, ha trovato il coraggio di invitare quella Raquel di Grifondoro.

A Martìn non interessa andare al ballo, non gli interessa essere invitato e non vuole invitare nessuno a sua volta.

È ancora assolutamente furioso mentre sbatte il suo quaderno su un tavolo libero della biblioteca, attirandosi occhiate allarmate.

Ma va tutto bene. Non è arrabbiato per la battuta di Andrés, non è arrabbiato per quello stupido ballo a cui non andrà.

A Martìn non interessa. Deve concentrarsi sulla seconda prova ed è quello che farà, con o senza Andrés.

Concentrarsi però diventa difficile quando tutto ciò a cui riesce a pensare è come spaccare la faccia di Andrés e diventa addirittura impossibile quando Mirko si lascia cadere pesantemente accanto a lui, facendolo sobbalzare.

-Palermo – dice con un sorriso e Martìn non può fare altro che lasciare che i suoi tratti si ammorbidiscano, mentre restituisce il sorriso.

Hanno parlato un po' dopo la prima prova e sono davvero diventati amici, o almeno Martìn suppone che sia così, non è molto bravo a essere amico di qualcuno che non sia Andrés, ma ci sta provando.

-Helsinki. Come mai qui? -

Mirko fa una smorfia.

-Scappato da prove di ballo. Mio preside è un incubo con questa storia. Dice che devo ballare decentemente per aprire le danze. -

Martìn non riesce a trattenere un gemito esasperato.

-Dio, ancora con questo ballo! Possibile che in questa dannata scuola non si parli d'altro? -

Mirko lo guarda, sembra vagamente allarmato.

-Non piacere ballo? -

-Lo detesto – esclama Martìn con sentimento, e sta mentendo solo in parte. Okay, quando viveva in Argentina non c'era giorno in cui non ballasse con sua madre o sua sorella e ha perso il conto di tutte le volte in cui ha ballato con Andrés, solo per fare un po' gli scemi, ma adesso ha sviluppato una forte repulsione per tutto ciò che concerne la danza.

-Oh – fa Mirko e sembra decisamente deluso.

Martìn gli lancia un'occhiata, perplesso.

-E adesso perché quella faccia da cane bastonato? -

Mirko si morde il labbro, sembra stranamente timido ed evita gli occhi di Martìn.

-Tua amica...Nairobi... chiesto a me di andare al ballo insieme. -

Martìn inclina la testa, ancora confuso.

-E allora? -

-Ho detto di no. -

Beh, non è una gran sorpresa considerando che Nairobi è una ragazza e Mirko è decisamente gay, ma Martìn si sforza di essere comprensivo.

-Perché no? -

Mirko non lo guarda ancora, ma Martìn nota con sorpresa che è arrossito sotto la barba.

-Volevo chiederlo a te. -

Okay, questa Martìn non se l'aspettava. Sbatte le palpebre, senza sapere cosa dire. In realtà, per quanto vorrebbe trovare tutto questo patetico e schernire Mirko con una battuta velenosa, non può fare a meno di trovarlo... carino.

-Oh – riesce a dire Martìn dopo un po', ed è una sua impressione o fa caldo in quella dannata biblioteca?

-Davvero? -

Mirko adesso lo guarda e trova persino la forza di sorridere un po'.

-Sì, davvero. -

Martìn rimane semplicemente a fissarlo come se fosse pazzo e Mirko scuote la testa, perplesso.

-Sembri sorpreso. Non credevi che ti avrei invitato? -

-Non pensavo che nessuno mi avrebbe invitato – ammette Martìn, in uno slancio di auto compatimento – Ma nello specifico non pensavo che uno dei campioni mi avrebbe invitato, sì. -

Mirko adesso sembra apertamente incredulo.

-Davvero? Io ero convinto di essere arrivato troppo tardi, che ti avessero invitato già tutti. -

Martìn arrossisce, questa volta non di rabbia o per l'umiliazione, ma di piacere.

-No. Mi duole informarti che sei il primo abbastanza instabile mentalmente da chiedermelo. -

Mirko sembra sempre più sconvolto e l'orgoglio di Martìn se ne compiace un po'.

-E il tuo amico? Il campione? - chiede improvvisamente e Martìn si irrigidisce.

-Andrés ha una fidanzata – dice solo, secco e lapidario, scoccando uno sguardo di avvertimento a Mirko.

Il ragazzo capisce l'antifona e non commenta ulteriormente.

-Beh, immagino che sia un no, eh?- chiede poi, con un sorriso tra il triste e il rassegnato.

Martìn lo guarda, senza dire niente.

Mirko gli sorride, gli dà una pacca amichevole su un braccio e si alza in piedi, facendo tremare un po' il tavolo con la sua stazza.

-Ci vediamo, Palermo. -

Martìn lo lascia allontanare precisamente di tre passi, prima di aprire la bocca.

-Ci vedremo direttamente là alle otto precise, io indosserò uno smoking, quindi sei pregato di adeguarti e di fare qualcosa per quella barba, qualsiasi cosa. Tanto non potrà essere che un miglioramento. E domani alle quattro precise mi incontrerai al lago e prenderai lezioni di danza da me, perché è fuori discussione che faccia la figura dell'idiota ballando con un orso con due piedi sinistri. -

Quando Mirko si volta verso di lui con il sorriso più grande che gli abbia mai visto e Martìn arrossisce, si dice con forza che è tutta colpa del riscaldamento troppo alto di quella dannata biblioteca.

 

 

 

Martìn si morde la labbra per la concentrazione mentre dà gli ultimi tocchi alla cravatta di Andrés. Sente l'altro ragazzo che lo fissa intensamente, ma Martìn ha difficoltà a guardarlo negli occhi ultimamente.

Il che è assurdo.

Non sta facendo nulla di male, vero?

Solo perché Andrés ha espresso repulsione nei confronti di Mirko non vuol dire che lui non ci possa andare al ballo.

Ovviamente sei libero di abbassare i tuoi standard di quanto lo desideri, ti prego solo di non portartelo dietro quando esci con me. Sai, rovinerebbe un po' la mia immagine.

-Ecco fatto, sei pronto – dice in tono sommesso, cercando di scacciare i pensieri.

Fa un passo indietro e azzarda uno sguardo al suo migliore amico.

Gli occhi di Andrés brillano tranquilli nei suoi mentre gli sorride.

-Grazie. Come ti sembro? -

Martìn inclina un po' la testa mentre lo esamina, le labbra incurvate in un sorriso affettuoso.

-Potente. Bellissimo – dice infine, ed è sincero.

Andrés è semplicemente bellissimo nel suo abito elegante ed emana potere allo stato puro.

Andrés gli sorride, soddisfatto. Martìn si sposta e si siede sul suo letto per poter infilarsi le scarpe, ma nemmeno allora gli occhi dell'amico lo abbandonano. Sono soli nel dormitorio e per qualche strano motivo Martìn avrebbe preferito che Bogotà li avesse aspettati prima di scendere.

-Non sapevo che avessi un completo.-

Martìn si stringe nelle spalle, un po' imbarazzato.

-Beh, è un vecchio vestito di mio padre, me lo sono fatto spedire da mia sorella. Mi sta troppo grande e mi fa sembrare un idiota, ma l'alternativa era partecipare al ballo in pigiama, quindi... -

-Non ti fa sembrare un idiota – lo contraddice con forza Andrés, sedendosi con cautela accanto a lui, attento a non sgualcire i pantaloni perfettamente stirati – Sei carino.-

Martìn stringe le labbra, mentre dà uno strattone feroce alle stringhe delle scarpe.

Cerca di non risentirsi, ma è un po' frustrante il fatto che lui abbia definito Andrés potente e bellissimo e tutto quello che riceve in cambio sia un “carino”.

I gattini sono carini, le persone o sono belle o non lo sono.

-Ti avrei prestato qualcosa di mio se mi avessi detto che avevi intenzione di partecipare al ballo – dice poi Andrés e Martìn si irrigidisce, percependo che si trovano su un terreno pericoloso.

-Mi sarebbe comunque andato troppo grande, sei più alto di me – si limita a dire, sperando che Andrés lasci cadere l'argomento, ma ovviamente Martìn deve sempre confermarsi come lo stronzo più sfigato della storia.

-Perché non vuoi dirmi chi ti ha invitato? - chiede, forse per la ventesima volta in quei pochi giorni, con tono petulante e vagamente irritato – Pensavo ci dicessimo tutto. -

Martìn sospira, arrendendosi a guardare il volto imbronciato del suo amico.

-Se te lo dico, giuri che non mi prendi in giro? -

Andrés aggrotta la fronte, un po' preoccupato.

-Perché dovrei prenderti in giro? - d'un tratto assume un'espressione feroce – Non ci andrai con quel coglione di Arturo, vero? -

L'ipotesi è talmente assurda che Martìn non può fare a meno di scoppiare a ridere.

-Sei matto? Io e Arturo! Come se potessi andare al ballo con l'ex fidanzato di Monica e sperare di sopravvivere! -

Andrés sorride brevemente, rincuorato, poi si fa di nuovo serio.

-E allora chi è, Martìn? Sai che puoi dirmi tutto, prometto che non riderò. -

Il suo tono è abbastanza dolce e sincero da indurre Martìn a credergli, nonostante tutti i suoi dubbi degli ultimi giorni.

-Mi ha invitato Mirko – sputa fuori, tutto d'un fiato.

Andrés aggrotta ancora di più la fronte, perplesso.

-Mirko? -

Martìn sospira, alzando gli occhi al cielo.

-Il campione di Durmstrang. Mirko Dragic. -

Per un tremendo instante Andrés non dice nulla, i suoi occhi scuri che si specchiano impenetrabili in quelli chiari di Martìn.

Poi scoppia a ridere, forte, e Martìn sente il cuore sprofondare nel petto.

-Oh santo cielo Martìn, fai sul serio? Dimmi che è uno scherzo, cariño. -

Martìn arrossisce appena al vezzeggiativo, ma gonfia comunque le guance, indignato.

-Sei uno stronzo, avevi promesso che non avresti riso! - sbotta risentito, alzandosi in piedi. Fa per marciare fuori dalla stanza, ma Andrés lo trattiene delicatamente per un polso.

Ha ancora quell'espressione ilare sul volto e Martìn lo prenderebbe volentieri a pugni.

-Scusami, hai ragione. È solo che il pensiero di voi due insieme è...ah, ridicolo, direi. -

Martìn strappa con forza il braccio dalla presa di Andrés, guardandolo con ferocia.

-Perché? È così ridicolo il fatto che qualcuno mi abbia invitato per te? -

Andrés stringe le labbra, d'un tratto non più divertito.

-Non essere sciocco, sai che non è questo che intendo. -

-E allora cosa intendi, eh? - incalza Martìn, furioso, stringendo i pugni lungo i fianchi.

Andrés lo guarda dall'alto in basso, con quell'aria di calma sufficienza che fa infuriare Martìn ancora di più.

-Mirko Dragic non è affatto alla tua altezza, Martìn, il che non mi stupisce, visto il tuo pessimo gusto in fatto di ragazzi. Per non parlare del fatto che... - Andrés si interrompe, teatrale, come fa ogni volta che sta per dire una cattiveria e finge di non volerla dire.

Martìn deglutisce, il corpo che trema dalla testa ai piedi per la tensione.

-Per non parlare di cosa, Andrés? - sibila, in tono di sfida, anche se vorrebbe solo piangere – Parla! -

Andrés lo studia per un istante, poi scuote la testa, con un piccolo sospiro.

-Va bene. Ma ricordati che lo dico per il tuo bene – lo inchioda con uno sguardo serio e implacabile, che fa fremere Martìn – Ti sta solo usando. -

Martìn è talmente sorpreso che spalanca la bocca, mettendo per un istante da parte la rabbia.

-Di cosa stai parlando? Perché mi starebbe usando? -

Andrés inarca un sopracciglio, un mezzo sorriso impaziente a solcargli il viso.

-Andiamo, Martìn. Sei talmente intelligente, puoi arrivarci. -

Martìn lo fissa disorientato per qualche istante, poi capisce.

Ride quasi isterico, portandosi le mani tra i capelli e fissando incredulo Andrés.

-Dimmi che non è vero! Dimmi che non sei davvero così egocentrico da pensare che mi abbia invitato al ballo solo per poter arrivare a te! -

Andrés solleva il mento, per nulla turbato dal sarcasmo dell'altro.

-Non è ovvio? Ragiona, sa che siamo amici intimi e che probabilmente mi stai aiutando con l'uovo. È chiaro che voglia usare te per colpire me. Pensi che sarebbe uscito con te, se noi non fossimo amici? Non ti avrebbe neanche guardato, Martìn. -

Martìn scuote la testa, troppo devastato persino per arrabbiarsi di nuovo.

-Non mi ha mai chiesto una sola cosa di te da quando lo conosco, nemmeno una! -

Il sorriso di Andrés si fa apertamente crudele ora e Martìn lo sa che sta per sferrare il colpo fatale.

-Probabilmente aspetta che tu ti faccia loquace. Magari... rilassandoti un po'. -

Martìn fa un passo indietro, troppo ferito persino per reagire. Persino Andrés sembra rendersi conto di aver esagerato, perché si fa serio e i suoi occhi sembrano tesi.

Probabilmente insinuare che Martìn si sarebbe lasciato portare a letto da Mirko e poi avrebbe tradito Andrés di buon grado rivelando tutti i loro piani, è troppo persino per lui.

-È questo che pensi di me? - sussurra Martìn, con un filo di voce. Sente gli occhi bruciare, ma sarà dannato prima di piangere davanti ad Andrés – Pensi che gli rivelerei qualsiasi cosa che possa compromettere la tua vittoria nel torneo solo perché... mi fa rilassare? -

-Sai cosa penso di te – sbotta Andrés, sbrigativo, ma Martìn nota che fa fatica a guardarlo negli occhi – Sto soltanto cercando di evitare che quel ciccione ti faccia del male, ti usi e poi ti butti via. -

È talmente assurdo che Andrés non si renda conto che l'unico che gli sta facendo del male è proprio lui, che Martìn si limita a scuotere la testa.

-Devo andare. Mirko mi sta aspettando. E faresti bene a raggiungere Tatiana anche tu – si limita a dire, il tono freddo e distante che non sembra nemmeno il suo.

Andrés stringe le labbra, gli occhi ardono di rabbia, ma Martìn si è già voltato ed è uscito senza dire una parola.

Per il resto della serata è come se non esistessero l'uno per l'altro, anche se entrambi sono schierati davanti alla sala grande, in attesa di aprire le danze. Tatiana si stringe al braccio di Andrés e lancia occhiate perplesse a Martìn, al fianco di Mirko, ma il ragazzo la ignora.

Alla sinistra di Martìn e Mirko ci sono Alicia Sierra e il suo accompagnatore, un ragazzo di Beauxbatons dall'aria dolce che lei chiama German.

Martìn è stupito dal fatto che Alicia sembri quasi umana e non una macchina da guerra spietata accanto a lui. Sorride e lo guarda come se fosse il sole e lui ricambia con uno sguardo adorante.

Martìn sa che Alicia ha sconfitto il suo drago in venti minuti netti, stracciando sia Andrés che Mirko e ciò rafforza la sua opinione che sia quella da tenere d'occhio in quel torneo, anche se adesso sembra stranamente innocua mentre aggiusta la cravatta a German, sorridendogli dolcemente.

Martìn distoglie lo sguardo da quella strana coppia solo quando Mirko gli appoggia una mano sul fianco.

Gli sorride, caldo e dolce, e Martìn fa del suo meglio per ricambiare.

Dopo il ballo Martìn insiste perché Mirko lo porti sulla nave di Durmstrang.

È lui che inizia il bacio, è lui che si schiaccia contro Mirko, prepotente e disperato.

Deve dimenticare Andrés e Tatiana che ridevano insieme, belli e perfetti mentre danzavano, deve dimenticare lo sguardo ferito e tradito di Nairobi e gli sguardi increduli che gli hanno lanciato tutti quando Mirko è entrato con lui in sala.

Si spoglia e lo spoglia, talmente frenetico che Mirko riesce a malapena a stargli dietro.

-Martìn... sei sicuro... -

Martìn gli afferra la nuca con ferocia e lo guarda dritto negli occhi, tremante e furioso.

-Scopami. Scopami adesso – sussurra e Mirko si abbassa per catturargli di nuovo le labbra.

Mirko è più dolce di quello che Martìn si sarebbe aspettato e risulta essere quasi frustrante. Quando le unghie di Martìn affondano con prepotenze nella sua pelle, Mirko risponde con carezze leggere, quando Martìn lo morde, Mirko lo bacia, a ogni incitazione sull'andare più veloce, riceve uno shh gentile e una spinta dolce.

Alla fine Martìn si arrende a quel ritmo delicato e serra gli occhi mentre si appende al collo dell'altro, perché ha paura di quello che vedrebbe se li tenesse aperti.

Dopo Martìn vorrebbe solo scappare, ma il braccio di Mirko è solido sui suoi fianchi e Martìn si rende conto con un po' di stupore che si sta bene in quel calore, si sta bene in quell'abbraccio tenero che sa di considerazione e di desiderio.

-Sei bellissimo – gli sussurra a un orecchio e Martìn è grato di dargli le spalle, perché i suoi occhi sono rossi per lo sforzo di trattenere le lacrime.

Andrés gli aveva detto che era carino, Mirko lo ha appena definito bellissimo, non dovrebbe essere contento di essere tra le sue braccia?

Perché non può farselo bastare, perché deve pensare al suo stupido migliore amico che adesso sarà da qualche parte con Tatiana, senza degnarlo del minimo pensiero?

Martìn accarezza distrattamente il braccio che Mirko tiene intorno al suo stomaco, gli occhi persi sulla parete di fronte a lui.

-Ti aiuterò con l'uovo d'oro – dice, la voce distante, un tono che non ammette repliche.

Mirko si limita a baciargli la nuca.

 

 

 

 

Martìn e Andrés non si parlano dal ballo del ceppo, quindi da due settimane esatte.

È il periodo più lungo che abbiano passato senza rivolgersi parola e Martìn sta cominciando a impazzire.

La verità è che Andrés gli manca come l'aria e vorrebbe solo che le cose potessero tornare come prima.

A volte, a termine di una giornata particolarmente faticosa e priva di Andrés, prova la tentazione di cedere, di intrufolarsi nel letto del suo migliore amico e implorarlo di stringerlo a sé.

Ma non lo fa, perché ha un orgoglio e perché in cuor suo sa di non aver fatto niente di male.

È Andrés quello che si è comportato da stronzo retrogrado, è Andrés quello che gli ha rovinato la sera più bella della sua vita, è Andrés che ha detto cose orribili, facendole sentire insignificante, proprio come quando viveva con i suoi genitori babbani e ancora nessuna lettera per Hogwarts aveva provato quanto in realtà fosse speciale.

Pensi che sarebbe uscito con te, se noi non fossimo amici? Non ti avrebbe neanche guardato, Martìn.

Le parole di Andrés fanno ancora male, scavano ancora nel suo cuore, alimentando insicurezza e rabbia. Persino quando Mirko lo bacia e lo guarda in quel modo inequivocabilmente adorante, Martìn non può fare a meno di chiedersi se non ci sia un po' di verità nelle parole di Andrés. Perché Mirko vorrebbe stare con lui, comunque? Martìn non è davvero niente di speciale. Ha un viso carino, ma il suo naso è troppo grande, il suo corpo troppo piccolo e i suoi fianchi troppo morbidi. Sa di essere molto intelligente, ma Sergio e qualche altro Corvonero gli danno di certo dei punti.

Martìn ha sempre saputo di non essere niente di speciale, davvero.

Non è questo a ferirlo.

È il fatto che lo pensi anche Andrés ad ucciderlo.

Quindi, è per questo che non fa nessuna mossa verso Andrés, ma, anzi, ricambia l'indifferenza dell'altro con ancora più ostilità, con tutta la ferocia del suo animo ferito.

Ma se Martìn bagna di lacrime il suo cuscino ogni notte, Andrés non sembra affatto turbato dalla loro lontananza. Anche adesso non sembra aver fatto minimamente caso alla presenza di Martìn, seduto solo a pochi metri di distanza da lui, in cortile.

Martìn vorrebbe davvero concentrarsi sui suoi compiti di Incantesimi, ma non può fare a meno di lanciare qualche sguardo furtivo ad Andrés. Il ragazzo non lo ha visto, o se l'ha visto lo ignora con maestria, continuando a leggere un grosso libro che non sembra un manuale di testo. Accanto ad Andrés c'è Tatiana, ovviamente. Sta mangiando una mela mentre chiacchiera con una compagna di classe, ma ogni tanto lancia uno sguardo simpatetico a Martìn, che ricambia con una smorfia amichevole.

Non è colpa di Tatiana se Andrés è uno stronzo, Martìn non ce l'ha con lei. Ha smesso di parlarle solo perché non vuole avere nessun contatto con Andrés, ma questo non significa che non le voglia bene.

Dopo circa un'ora, capisce che è inutile cercare di concentrarsi con Andrés così vicino a lui. Si alza in piedi, sistemandosi la tracolla sulla spalla. Per un attimo si sente osservato, ma quando si volta indietro, trova Tatiana intenta a ridacchiare con la sua amica e Andrés ancora immerso nella sua lettura.

Martìn deglutisce, trattenendo a stento la voglia di andare da lui e chiedergli cosa stia leggendo. Andrés di solito amava quando Martìn glielo chiedeva, perché gli dava una buona scusa per vantare le sue doti di lettore raffinato, e Martìn amava ascoltarlo.

Scuote con forza la testa, cominciando ad allontanarsi. Ben presto si ritrova la strada bloccata da Tokyo, che marcia verso di lui, la cravatta grifondoro slacciata intorno al collo e che le svolazza intorno come uno stendardo di guerra. Martìn non ha bisogno di parole per vedere che è incazzata. Beh, non è molto sorpreso. Tokyo è quasi sempre incazzata con lui. Fanno parte dello stesso gruppo, ma lei e Martìn non si sono mai piaciuti particolarmente, mentre Andrés... beh, tra Tokyo e Andrés sembra esserci un tenace e irriducibile odio reciproco.

Martìn si sente di nuovo osservato, ma questa volta non guarda verso Andrés. Non potrebbe sopportare la delusione di vederlo ancora concentrato nel suo stupido libro, ignorandolo completamente.

-Tu! - ringhia Tokyo tra i denti, gli occhi stretti su Martìn – È colpa tua se Nairobi è chiusa nella sua stanza da due settimane! -

Martìn inarca le sopracciglia, chiedendosi vagamente perché Tokyo debba avere così poca classe da fargli una scenata davanti a tutti, invece di prenderlo da parte. Per non parlare di quanto sia ridicola la sua accusa.

-Di cosa stai parlando? Non ho fatto niente a Nairobi, non parlo con lei da una vita. -

-Sai benissimo di cosa sto parlando! - sbotta Tokyo, furiosa, le guance rosse dalla rabbia -O vuoi farmi credere che sei così intelligente e poi non hai capito per chi si sia presa una cotta? -

Gli ingranaggi del cervello di Martìn si mettono in moto e improvvisamente capisce. Non può fare a meno di scoppiare a ridere, anche se questo non fa che aumentare l'aria omicida di Tokyo.

-Sul serio? Mirko è più gay di un unicorno, ma la colpa è mia per essere andato al ballo con lui? -

-Sei suo amico! - urla Tokyo e Martìn vorrebbe davvero che non lo facesse, visto che tutti li stanno guardando. Non è mai stato una persona discreta, ma questo non riguarda solo lui, riguarda anche Mirko, e Martìn non vuole esporlo troppo – Avresti dovuto almeno parlarle! Sai quanto ha sofferto quando vi ha visti insieme? Sei stato uno stronzo! -

-Senti – sibila Martìn avvicinandosi a lei, ormai privo di pazienza – Mi dispiace che Nairobi si sia presa una cotta per una persona che non potrà mai ricambiarla, ma indovina un po'? Non è l'unica al mondo, le persone si innamorano ogni giorno di qualcuno che non prova lo stesso, la vita è una puttana, va bene? - la sua voce è un po' roca e i suoi occhi pizzicano un po', ma Martìn si sforza di andare avanti – Non chiederò scusa per aver accettato di andare al ballo con Mirko. Non ho fatto niente di male e penso che Nairobi, a differenza tua, sia abbastanza intelligente da saperlo. -

Martìn non aspetta che Tokyo dica niente, la supera con una spallata, deciso a mettere fine a quello spettacolo.

-Vaffanculo Martìn! - gli urla dietro Tokyo, dimostrandosi ancora priva di ogni classe – Mirko neanche ti piace davvero! Sei solo una troietta arrapata! -

Martìn alza gli occhi al cielo, ma non si ferma nemmeno.

Troietta arrapata.

Capirai che insulto originale, anche se detto da una donna è ancora più avvilente. Perché dovrebbe essere una troietta, poi? Perché gli piace scopare? Perché non pensa che sia necessario stare con qualcuno per andarci a letto? Se fosse così, il mondo sarebbe pieno di troiette, Tokyo compresa. Forse adesso con Rio sono due cuori e una capanna, ma Martìn le dà tempo un mese per tornare alle vecchie abitudini.

E poi, improvvisamente, Martìn è costretto a fermarsi.

-Andrés, lascia stare! -

Martìn si volta non appena sente la voce di Tatiana, urgente e un po' isterica.

Andrés, Andrés che Martìn pensava che non stesse nemmeno facendo caso al litigio, è in piedi tra Martìn e Tokyo e sta puntando la sua bacchetta contro la strega.

-Hai esattamente dieci secondi per chiedergli scusa – dice in tono tranquillo, quasi dolce.

Tokyo sembra sorpresa per qualche istante, ma poi sfodera un sorriso feroce, tirando fuori anche la propria bacchetta.

-Ma che dolce, Berlino. Difendi il tuo amico? -

Tokyo ha caricato la parola amico con abbastanza veleno da rendere chiaro sono sottintenda, ma Andrés non fa una piega.

-Cinque secondi – si limita a replicare, dolcemente.

Basta quel tono mellifluo e pericoloso a far scattare Martìn. Si precipita verso Andrés, appendendosi con forza al braccio che tende la bacchetta. Non lo smuove nemmeno di un centimetro, Andrés non lo guarda neppure e Martìn vorrebbe urlare per la frustrazione.

-Andrés! Per favore, lascia perdere! - sussurra, ripetendo le stesse parole di Tatiana.

Vede la mascella di Andrés tendersi, gli occhi puntati su Tokyo.

-Non finché non si scusa. -

-Allora penso che resteremo qui per molto – sibila Tokyo, rafforzando la presa sulla sua bacchetta.

Martìn non la guarda nemmeno, ha occhi solo per Andrés, le sue unghie corte che scavano con forza nel braccio dell'amico.

-Non voglio le sue scuse. È solo una patetica stronza – vede Tokyo irrigidirsi, ma non le bada nemmeno - Ti prego, Andrés, lascia perdere. -

Vede la mascella di Andrés tremare per la tensione e sa che sta per cedere. La mano di Andrés si abbassa di qualche centimetro, la bacchetta non punta più al cuore, ma appena sotto le costole di Tokyo.

-Lascia stare. Per favore – ripete Martìn in un sussurro, appendendosi al suo braccio con tutta la forza di cui è capace.

Proprio quando pensa che Andrés gli darà retta, Tokyo decide di aprire la sua dannata bocca.

-Ma che carino, Berlino. Così accondiscendente. Palermo ha dato il culo anche a te? Probabilmente gli mancavi solo te. -

Il braccio di Andrés scatta in alto con talmente tanta forza che Martìn viene spinto indietro. Osserva attonito il volto dell'amico, contratto in una smorfia di odio feroce, e sente il sangue rombargli nelle tempie quando si rende conto della parola che sta pronunciando.

-Cru...-

-No! -

Martìn non è mai stato un fuoriclasse nell'agire sotto pressione. Probabilmente mettersi a braccia spalancate davanti a Tokyo proprio mentre il suo migliore amico sta per pronunciare una maledizione senza perdono, non è stata la migliore delle sue idee.

Andrés sembra pensare esattamente la stessa cosa, visto l'imprecazione che ringhia tra i denti. Ha abbassato la bacchetta nello stesso istante in cui Martìn gli si è gettato avanti, ma il suo sguardo da solo potrebbe fungere da anatema che uccide senza problemi.

-Martìn, spostati! -

-Sei fuori di testa? - urla di rimando Martìn, senza muoversi di un millimetro – Vuoi farti espellere? -

-Voglio solo darle quello che si merita – ruggisce Andrés, cercando con occhi feroci Tokyo al di sopra della spalla di Martìn. A giudicare dall'innaturale silenzio alle sue spalle, Martìn potrebbe giurare che è piuttosto terrorizzata. Anzi, tutti gli studenti presenti nel cortile sembrano assolutamente congelati. Hanno tutti paura di Andrés, ma non Martìn.

Mai Martìn.

-Beh, per darle quello che si merita potresti essere espulso e mandato ad Azkaban! Perché sei così idiota?! Non mi parli da due settimane e improvvisamente ti ergi a paladino della giustizia?! -

Andrés smette di fulminare Tokyo e punta gli occhi direttamente in quelli di Martìn. Sono così feriti e traditi che per un attimo Martìn si sente destabilizzato. Non ha senso, perché Andrés dovrebbe sentirsi tradito o ferito? Non ha detto altro che la verità.

-Ti ha insultato – sibila Andrés, con voce bassa e definitiva, senza staccare gli occhi dai suoi – Non importa se litighiamo. Non lascio che nessuno ti faccia del male. -

Martìn sussulta, come se l'altro lo avesse colpito in faccia. In un certo senso, è stato come ricevere uno schiaffo. Per un attimo tutto sembra fermarsi, Martìn non sente più i respiri rapidi di Tokyo alle sue spalle, il sole sulla faccia, non sente persino il cuore battere o il suo corpo esistere nel mondo. Gli sembra di fluttuare in un'altra dimensione, una dimensione dove esiste solo la voce di Andrés che pronuncia quella feroce dichiarazione di fedeltà, quella verità incrollabile che era stata sempre a fondamento della loro amicizia, ma che Martìn, vergogna!, aveva quasi dimenticato.

Ora capisce lo sguardo tradito di Andrés, la sua incredula rabbia per il fatto che Martìn abbia osato mettere in dubbio il fatto che sarebbe intervenuto.

Non importa se litighiamo. Non lascio che nessuno ti faccia del male.

Oh Andrés, vorrebbe dirgli Martìn, sei proprio tu l'unico che può farmi del male, non lo vedi?

Ma non ha tempo di dire niente perché, ovviamente, proprio in quel momento la Professoressa McGranitt si sta facendo strada verso di loro a rapide falcate, gli occhi che mandano lampi.

-Si può sapere – sibila con voce soffocata, non appena è abbastanza vicina da poter fulminare uno a uno Andrés, Martìn e Tokyo, – cosa sta succedendo qui? Vi si sente sin da dentro il castello. -

Andrés rimane in uno scontato silenzio, gli occhi pieni di una tacita sfida, Martìn getta un'occhiata a Tokyo. È un po' pallida e Martìn è quasi certo che si vergogni di quello che ha detto. Tokyo è una stronza, ma sa anche lei quali linee è meglio non varcare. Martìn è certo che non dirà niente, quindi tutto quello che gli serve è una scusa abbastanza plausibile per convincere la McGranitt che si è trattato solo di un banale litigio.

Ma prima che possa aprire bocca, Tokyo parla.

-È stata tutta colpa mia, professoressa. Ho provocato sia Andrés che Martìn. Punisca me. -

Martìn la guarda a occhi spalancati, ma Tokyo tiene i propri puntati fieramente sulla McGranitt, che inarca le sopracciglia sottili.

-Per quanto apprezzi una confessione così candida, signorina Oliveira, non risulta essere molto credibile dal momento che il signor de Fonollosa sembra un leone pronto all'attacco e il signor Berrote un domatore. Toglierò cinque punti a Serpeverde e dieci a Grifondoro, visto che la colpa è stata sua per sua stessa ammissione. E signor de Fonollosa, la smetta di guardare così la signorina Oliveira o potrei cambiare idea. -

La McGranitt batte imperiosamente le mani, guardandosi severa intorno.

-Avanti, tornate tutti al castello. -

Martìn si volta verso Andrés, non sa nemmeno per dirgli cosa, forse un insulto, forse un grazie.

Forse solo un mi manchi.

Ma Andrés si sta già allontanando mano nella mano con Tatiana, senza degnarlo di uno sguardo.

Martìn deglutisce, stringe i pugni e poi si volta nella direzione opposta, diretto verso la nave di Durmstrang.

 

 

Martìn ci mette esattamente due settimane a capire come poter aprire l'uovo d'oro.

È a letto con Mirko nella sua cabina sulla nave e osserva un tralcio di lago Nero dall'oblò. Non sa perché, ma improvvisamente suggerisce di immergere l'uovo nell'acqua della vasca.

Quando si apre e possono sentire la misteriosa filastrocca, Mirko lo prende tra le braccia e lo fa volteggiare, mentre Martìn ride e gli intima di metterlo giù.

Non dice niente ad Andrés, tra di loro è calato il gelo da più di un mese ormai. Ma, forse, Martìn si lascia sfuggire qualcosa con Sergio e, forse, sospira di sollievo quando nota i due fratelli confabulare con aria seria durante la colazione.

È piuttosto chiaro per Martìn che la seconda prova si svolgerà nel lago nero. Ed è anche piuttosto chiaro che debba pensare a un modo per far respirare Mirko sott'acqua per un'ora. Ma quello che non riesce a capire è quella frase della canzone.

Abbiamo preso ciò che ti mancherà.

Ovviamente si tratta di un oggetto di valore, forse qualcosa di diverso per ciascuno dei tre campioni, qualcosa a cui tengono particolarmente.

Andrés ad esempio ha l'orologio del padre, da cui non si separa mai.

E sa che Mirko si farebbe amputare una gamba piuttosto che rinunciare a quel cappellino sdrucito per cui Martìn lo ha preso in giro mille volte.

Non ha idea a cosa possa tenere Alicia Sierra, a parte il suo ragazzo.

Non gli è chiaro, finché la mattina della seconda prova viene convocato nell'ufficio del preside.

Capisce non appena incrocia gli sguardi confusi di Tatiana e German.

Poi tutto diventa buio e Martìn non ha più ricordi.

Quando riprende conoscenza, la prima sensazione che prova è lo schiaffo gelido dell'acqua sulla faccia. Martìn apre la bocca per respirare e agita le gambe, cercando di non affogare. Ma ben presto si rende conto di non potere affogare, qualcuno è premuto dietro di lui e gli sta tenendo un braccio intorno alla vita, nuotando al suo posto.

Sente il cinturino metallico di un orologio contro la pancia e gli basta per capire.

-Stai bene? - gli urla Andrés a un orecchio, mentre li trascina a riva.

Martìn annuisce, frastornato, e dopo un momento cerca di muovere le braccia e le gambe per aiutare Andrés, ma è troppo debole e gli sembra di star solo rallentando l'altro.

-Stai tranquillo. Ti tengo – mormora Andrés e Martìn sa che dovrebbe odiarlo per tutto quello che è successo tra loro, per tutte le cose orribili che Andrés gli ha detto, ma non può fare a meno di sentirsi del tutto al sicuro.

Gli sembra che ci voglia una vita, ma finalmente arrivano a riva, dove un'orda di studenti e professori li stanno aspettando. Andrés lo spinge con le mani sulla schiena, in modo che possa ricevere aiuto per primo ed essere tirato fuori dall'acqua.

È Bogotà che lo afferra in una presa salda, mettendolo in piedi e circondandogli le spalle con una coperta che deve aver tenuta pronta.

-Merda Martìn, stai bene? Cazzo, chi se lo aspettava che questa fosse la seconda prova, eh? La francese stava per perdere la testa, non ti dico che insulti ha tirato fuori mentre usciva dall'acqua!-

Martìn si limita a tossire dell'acqua che ha inghiottito, senza capire. Vede che anche Andrés è fuori dall'acqua e lo sta guardando. Vorrebbe raggiungerlo ma sono divisi da troppe persone che si stanno ammassando sulla riva del lago Nero.

La maggior parte delle persone sta circondando lui e Andrés, ma c'è anche una piccola folla intorno a due figure accasciate sull'erba poco più in là. Martìn strizza gli occhi e nonostante le goccioline d'acqua incastrate tra le sue ciglia, riesce a mettere a fuoco Alicia Sierra, abbracciata stretta a German, entrambi bagnati fradici.

Abbiamo preso ciò che ti mancherà.

Ha senso, German è ciò che mancherà ad Alicia, ciò che doveva recuperare dal lago.

Ma c'è qualcosa che gli sfugge. Ricorda di aver visto il viso di Tatiana prima di svenire.

Ma Andrés è risalito in superficie con lui tra le braccia e di Mirko e Tatiana ancora non c'è traccia.

Non ha senso, non ha senso.

Perché Tatiana dovrebbe essere ciò che mancherà a Mirko? È tutto sbagliato, deve esserci un errore.

Martìn si libera frenetico dalla presa di Bogotà e scruta la distesa immobile del lago, il cuore che batte all'impazzata.

Dove siete. Dove cazzo siete.

Riprende a respirare solo quando la familiare figura di Mirko riemerge dall'acqua, Tatiana stretta al suo collo in una presa quasi mortale.

Mirko posa delicatamente Tatiana a riva, che viene immediatamente soccorsa dalla sue amiche e che la avvolgono in coperte calde e la abbracciano.

Appena Mirko è fuori dall'acqua, marcia fino ad Andrés e Martìn non lo ha mai visto arrabbiato da quando lo conosce. Adesso fa quasi paura.

-Non hai rispettato regole! Dovresti essere squalificato! - lo accusa furioso, l'accento russo ancora più forte del solito.

-Le ho rispettate invece – è la replica gelida di Andrés, di cui Martìn vede solo la nuca -Ho preso ciò che mi mancherà e l'ho fatto prima di te. Ora levati di torno. -

-Sai che non era lui! - sbotta Mirko – Martìn era mio e la ragazza era tua. -

Il cuore di Martìn salta un battito.

È di questo che si è trattato allora? Di uno scambio consapevole? Andrés lo ha... scelto al posto di Tatiana? Perché avrebbe dovuto farlo?

Viene distratto dai suoi pensieri dallo scatto violento di Andrés, che si avvicina minaccioso a Mirko.

-Martìn è mio. Lo è sempre stato e sempre lo sarà - dichiara in un sibilo feroce e a Martìn sembra di perdere il poco colore che gli rimane in viso.

Le orecchie gli rimbombano e sembra che tutto intorno a lui non ne voglia sapere di rimanere fermo.

Vede a malapena lo sguardo ferito di Tatiana, sente solo vagamente le mani di Bogotà che lo schiaffeggiano piano sul viso, la sua voce preoccupata nelle orecchie.

-Merda Martìn, sei pallidissimo! Ehi, aiutatemi, sta perdendo i sensi! Andrés! Andrés vieni qui, cazzo! -

Martìn è quasi certo che cadrà a terra, ma ci sono mani gentili che rallentano la caduta e lo adagiano con delicatezza a terra.

Prima di svenire, coglie il lampo preoccupato degli occhi di Andrés, sospesi proprio sopra di lui.

 

 

 

Quando si sveglia, gli è subito chiaro di essere in infermeria. Le tende grigie tirate davanti a lui sono inconfondibili e lo stesso si può dire delle lenzuola bianche un po' ruvide e del forte odore di disinfettante che sente.

Martìn cerca di muoversi, ma c'è un peso sulla sua schiena che glielo impedisce. Solo allora si rende conto delle gambe premute contro le sue al di sopra del lenzuolo, della presa quasi dolorosa intorno al suo petto e di un naso freddo contro il collo.

-Andrés? - chiama, la voce un po' roca.

Per tutta risposta le braccia intorno a lui stringono più forte, il naso si strofina contro lo spazio dietro l'orecchio.

-Sei sveglio. -

Martìn deglutisce al suono basso di quella voce, decisamente troppo vicina, ma non fa alcuna mossa per liberarsi.

-Quanto sono stato fuori gioco? -

-Quasi un'ora. Madama Chips ha detto che avevi bisogno di riposo. -

-E tu hai deciso che fosse una scelta saggia cercare di togliermi il respiro nella tua presa mortale? - chiede Martìn, sarcastico, il fiato veramente un po' corto.

Le braccia di Andrés lo lasciano subito andare e Martìn quasi si maledice per non aver tenuto chiusa la sua boccaccia.

Ne approfitta per voltarsi con attenzione su un fianco, in modo da poter vedere Andrés in faccia.

Andrés tiene il viso premuto sul cuscino, i capelli ancora un po' umidi che gli ricadono negli occhi. Martìn nota con sollievo che almeno i suoi vestiti sono asciutti, segno che si è cambiato.

-Ciao – sussurra, e sembra così piccolo e vulnerabile che Martìn non può fare a meno di sorridergli, nonostante tutto.

-Ciao – mormora, allungando due dita per spostargli un ciuffo bagnato dagli occhi.

Andrés gli cattura la mano prima che possa riabbassarla, intrecciandola alla sua e portandosele entrambe sotto la guancia.

Martìn arrossisce, ma non dice niente.

-Credo di aver fatto un casino – ammette poi, di malavoglia, e Martìn emette una bassa risata, guardandolo incredulo.

-Dici? Hai soltanto mandato a puttane le regole della seconda prova, probabilmente sei passabile di squalificazione e potresti non accedere nemmeno alla terza prova. Cos'altro potrebbe andare storto? -

Ma Andrés scuote la testa, guardandolo seriamente negli occhi.

-Non mi importa del torneo. Non mi importa di niente. Cioè, mi importa di una cosa. Mi importa che tu stia bene. -

Martìn lo fissa, senza più sorridere ora.

-E Tatiana? - domanda, la gola che brucia in maniera insopportabile, non sa se per tutta l'acqua che ha ingoiato o per il magone che sente nel petto – Di lei non ti importa? -

Andrés sembra esitare solo per un istante, ma poi scuote con decisione la testa.

-Non quanto mi importa di te. L'ho capito non appena vi ho visto entrambi legati nei fondali. Eravate vicini, vi avevo visto entrambi. Ma ho capito all'istante chi dovessi prendere. -

Martìn si odia, odia il suo stupido cuore che batte così forte da essere imbarazzante.

-Non ti capisco, Andrés – sussurra, anche se la verità è che capisce, ma non ci vuole credere.

Non può credere che Andrés stia dicendo che lo voglia davvero.

Andrés stringe la presa sulla sua mano, la testa che si inclina ancora di più verso quella di Martìn.

-Mi piacciono le ragazze, Martìn – dice in tono deciso e a Martìn sembra che gli manchi la terra sotto i piedi.

Forse è così che si era sentito Lucifero, mentre precipitava nell'inferno a un passo dal paradiso.

-Oh – riesce a tirare fuori con voce sottile, abbassando gli occhi per nascondere la sua debolezza, le stupide lacrime di rabbia e delusione che non riesce più a trattenere – Va bene, capisco, io... -

Andrés lo interrompe stringendogli il mento in una presa decisa, costringendolo a guadarlo negli occhi. Sta sorridendo e Martìn è investito dal sollievo.

Forse può ancora sperare, dopotutto.

-Ma tu mi piaci più di qualsiasi ragazza, Martìn. -

Martìn sta quasi per sorridere, ma anni passati a struggersi per qualcuno che pensava non avrebbe mai potuto avere gli hanno insegnato a non cantare vittoria facilmente.

-Non solo come amico – suggerisce, speranzoso, e il sorriso di Andrés diventa un irritante mix di tenerezza e presa in giro.

-No, non solo come amico. Davvero avrei dovuto essere più esplicito di così? -

Martìn si morde il labbro, non del tutto convinto.

-Ma ti piaccio... piaccio? Voglio dire, anche fisicamente? Hai detto che sono solo carino – ammette imbronciato, anche se si sente più patetico che mai.

Andrés lo fissa incredulo per un istante, poi scoppia a ridere, facendo aumentare il broncio di Martìn.

-Non prendermi in giro! -

Andrés ride più forte e, nonostante le resistenze di Martìn, lo attira più vicino tra le sue braccia, le labbra posate sulla sua fronte.

-Sei adorabile, Martìn – sospira, guardando seriamente l'altro negli occhi.

-Non hai idea dell'effetto che mi fai, Martìn, e la cosa mi rattrista un po'. Sono impazzito negli ultimi mesi cercando di capire questo desiderio che mi attirava a te così violentemente. Non sei solo carino, non sei nemmeno solo bello. Bello non è una parola nemmeno lontanamente sufficiente per esprimere ciò che penso del tuo aspetto. -

Martìn odia quando Andrés dice queste cose e si rende impossibile da odiare, davvero.

-Perché non me ne hai parlato? - sussurra, perché deve cercare di capire, prima di cedere del tutto – Sapevi sicuramente che cosa provo per te, tutti lo sanno. Perché se ricambiavi non me lo hai detto? -

Andrés inarca le sopracciglia, un ghigno giocoso sulle labbra.

-E cosa provi per me?-

Se pensa di metterlo in difficoltà in questo modo, si sbaglia di grosso.

Martìn è stanco di giocare.

Si solleva appena sul gomito libero, guardando con serietà Andrés dall'alto.

-Io ti amo – dichiara, feroce e leale come sempre.

Lo sguardo ardente negli occhi di Andrés è quasi inebriante.

Martìn si lascia scappare un lieve gemito di sorpresa quando si trova premuto sul materasso, Andrés a cavalcioni sul suo corpo, i polsi intrappolati ai lati della sua testa dalla presa ferma dell'altro.

-E allora perché giocavi alla favola romantica con Mirko Dragic? -gli sussurra sulle labbra, prepotente e geloso.

Oh, così geloso, finalmente Martìn lo vede.

Inarca un sopracciglio, senza lasciarsi intimidire.

-Potrei chiederti la stessa cosa di Tatiana, stronzo.-

Martìn emette un singulto strozzato quando Andrés schiaccia con violenza le labbra contro le sue.

Martìn lotta contro la presa sui suoi polsi, disperato per potersi aggrappare alle spalle di Andrés e ricambiare il bacio, ma il bastardo lo tiene fermo, prepotente e dolce insieme.

Alla fine appoggia la fronte contro quella di Martìn, i loro respiri che si mescolano e i petti che si sollevano disordinatamente l'uno contro l'altro.

Si fissano, quasi con sfida, e alla fine Martìn cede, come sempre.

-Parlerò con Mirko. -

Andrés annuisce, soddisfatto, ma la sua espressione gongolante dura solo qualche istante prima di tornare serio.

-Parlerò con Tatiana. -

È il turno di Martìn di annuire, mentre inarca la schiena per un altro bacio, più dolce questa volta.

Se fossero due persone migliori, probabilmente parlerebbero con Mirko e Tatiana prima di baciarsi, ma sono solo due bastardi egoisti e troppo desiderosi l'uno dell'altro.

Una parte di Martìn è davvero dispiaciuta per Mirko, ma sa che alla fine è meglio così. Mirko è un ragazzo fantastico e merita decisamente qualcuno che possa ricambiarlo.

Martìn ci ha provato, davvero, ma nessuno è Andrés.

Andrés si stacca da lui solo quando Martìn comincia a essere un po' a corto di fiato e la testa gli gira di nuovo. Gli passa una mano sulla guancia, guardandolo preoccupato.

-Dovresti davvero riposare adesso. -

Martìn si imbroncia, cercando di raggiungere di nuovo le labbra di Andrés, che si allontana con un piccolo sorriso.

-Sto bene. Non fare il guastafeste. -

Andrés lo zittisce dolcemente con un rapido bacio sulle labbra, poi scende dal corpo di Martìn e si stende accanto a lui. Apre le braccia e per Martìn è una risposta immediata rannicchiarsi contro il suo petto, la testa incastrata sotto il mento di Andrés, che lo avvolge in una presa protettiva.

Martìn lo fissa e Andrés ricambia con calma lo sguardo, accarezzandogli piano i capelli.

La verità è che Martìn è davvero stanco, ma nonostante le sue palpebre continuino a tremare per chiudersi, si sforza di tenere gli occhi aperti.

-Smetti di combattere il sonno – lo rimprovera dolcemente Andrés, dopo qualche minuto – Dormi. -

-Non posso – borbotta Martìn, cocciuto fino alla morte.

-Sì che puoi – lo contraddice Andrés, ancora del tutto paziente – Appoggiati a me e dormi. Quando ti sveglierai sarò proprio qui. -

La fitta che Martìn sente al petto è chiara e dolorosa.

-Non è vero – mormora e si odia per il tono lamentoso, ma non può farne a meno – Non ci sei mai quando mi sveglio. -

Andrés stringe appena la presa su di lui, i suoi occhi seri in quelli di Martìn.

-Questa volta ci sarò. Dormi. -

Ma Martìn non può farlo, le sue difese non sono ancora crollate del tutto, non può ancora fidarsi.

-Giuralo – borbotta, gli occhi ormai aperti di uno spiraglio.

-Ti amo – risponde Andrés, limpido e sincero, senza nessuna esitazione.

E non ha giurato, ma Martìn chiude comunque gli occhi, stringendosi forte a lui.

Quando si sveglia, alcune ore dopo, Andrés è ancora accanto a lui, profondamente addormentato, un braccio gettato sopra Martìn e le gambe intrecciate con le sue.

Martìn lo guarda per qualche istante, poi sorride e chiude gli occhi, avvicinandosi ancora un po' al petto di Andrés.

 

 

 

Angolino

 

Eccoci qua! È solo una sciocchezza a cui pensavo da tempo, fin troppo smielata, ma spero che vi abbia intrattenuto in questi tempi difficili.

Grazie mille a chiunque leggerà e scusate eventuali obbrobri.

Piccole precisazioni: ho arbitrariamente deciso che in questa fic Alicia è francese e Mirko russo, per adattare meglio i personaggi alla trama del quarto libro di Harry Potter.

Martìn che brilla quando sta vicino ad Andrés è un riferimento a Stardust e anche a Adam ed Eric di sex education, perché li amo troppo.

Un bacio a tutti,

Fede <3

 

 

  
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