Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    01/11/2020    0 recensioni
Ogni persona è destinata a provare dolore, perchè per comprendere cosa sia la luce occorre il buio e così per capire la felicità occorre anche il dolore. Che tu sia un bambino o un anziano, un principe o un ladruncolo, non fa alcuna differenza: ci sarà il dolore, e solo dopo averlo provato potrai davvero capire cosa sia la felicità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abmad Saluja, Hakuryu Ren
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’immortale solitudine

Ci sono cose a cui non ci si abitua mai, come la vita e la morte, e pure a 200 anni ancora ne risente.
Guarda il volto scavato dell’imperatore, i capelli bianchi, tutte le cicatrici di guerra. È vecchio, questo lo capisce, e forse la cosa dovrebbe aiutarla a non pensarci troppo, a non dar peso alla cosa, ma come può lei definire vecchio un uomo di soli 70 anni?
Il re s’impegna a sorriderle, tendendo una mano scheletrica verso di lei, che la afferra senza esitazione, cercando di trasmettere calore a quell’uomo con cui ha lavorato per anni per costruire un posto migliore.
-È già nato mio nipote?-
Scuote il capo, e il sorriso del vecchio uomo si spegne un poco, ma s’impegna a non darlo a vedere.
-Mi dispiace che non lo vedrò.-
Non risponde, perché non sa cosa dire: vorrebbe potergli dire che si sbaglia, che supererà il momento e vedrà la nascita del proprio nipote, ma sa che non supererà la notte, lei lo vede, e lo sa anche lui, quindi è inutile mentire. L’imperatore sta morendo, come fanno tutti, salvo lei.
Lo sguardo dell’uomo si fa improvvisamente serio, la sua stretta più salda e prima ancora che lui parli lei sa già cosa gli dirà, perché dopo aver visto morire tanti re, imperatori e nobili di ogni sorta li conosce, e sa che in fondo sono tutti uguali.
-Prenditi cura di loro. Bada alla mia famiglia, al mio regno, al mio popolo.-
-Lo prometto.- Assicura, aiutando l’anziano sovrano a raddrizzarsi sui cuscini, uscendo dalla stanza in silenzio e con compostezza, come si confà a qualunque membro della corte.
Guarda l’anziana moglie dell’imperatore e abbassa gli occhi, comunicandole mutamente che manca poco. Delle lacrime solitarie rigano le guance della donna, lacrime di tristezza, rassegnazione, solitudine, e lei sa di non poterla consolare, ma comunque le stringe lievemente il braccio in segno di supporto, prima di lasciare il corridoio per dirigersi sulla cupola del palazzo.
È inverno inoltrato, senza neve né ghiaccio, solo con un forte vento, e lei si stringe nel mantello, mormorando un incantesimo di calore. Guarda le vie della città, i palazzi dei nobili, le piazze spoglie e quelle dove invece sono riuniti i devoti cittadini della capitale, tutti impegnati a pregare per la sorte del loro sovrano. Per l’ennesima volta lei li guarda dall’alto, e la sola cosa che prova è solitudine.
L’imperatore ha sua moglie, i suoi figli, il suo popolo, i contadini hanno la loro famiglia, i loro amici, i loro animali, lei non ha nulla.
-Wow, che figata, credevo che i Magi fossero solo uomini!-
Un sorriso triste le increspa le labbra. Aveva un amico, tanti anni prima, ma è morto da più di un secolo, tanto che lei ha perso la capacità di piangerlo ormai. Guarda le nuvole, i prati, i tramonti, e a volte si chiede se a Pernadius sarebbero piaciuti, ma non riesce più a piangere la morte dell’amico, al massimo al contrario piange la sua vita.
Si siede con le spalle contro la cupola, osservando la città attraverso le sbarre della ringhiera, e inizia a piangere, come ogni volta che vede qualcuno morire.
Muoiono loro, ma mai lei, e d’altronde è normale, perché lei ha scelto di non morire, di non invecchiare.
L’ha fatto sapendo cosa l’aspettava, almeno a parole, il prezzo della vita, ma ha scoperto solo dopo aver intrapreso quella via quanto in realtà fosse difficile: la gente nasce, vive e muore attorno a lei, e lei resta immutabile, una donna di duecento anni nel corpo di una di venti, per sempre. Cambiano le stagioni, passano gli anni, la sua coscienza si sposta in un altro clone, ma non muore.
Il flusso dei rukh continua a scorrere davanti ai suoi occhi, a sua disposizione, e vede quelli dell’imperatore aggiungersi alla corrente. Sorride triste, guardando i minuscoli uccelli di luce allontanarsi da palazzo, una singola lacrima che abbandona il suo occhio.
-Bada alla mia famiglia, al mio regno, al mio popolo.- Le fanno sempre tutti la stessa richiesta, danno tutti in qualche modo per scontata la sua presenza e viene loro naturale affidarsi a lei, consapevoli che non se andrà mai.
-Prenditi cura di te.-
In duecento anni una sola persona ha pensato a lei in punto di morte, forse immaginando cosa le sarebbe successo, e quello è il motivo per cui non ha mai voluto un altro candidato re: dopo Pernadius nessuno ha più pensato a lei, erano tutti più concentrati su cosa potevano ottenere da lei che non su cosa potevano offrirle.
Guarda le stelle che sorgono, il cielo senza luna, senza più lacrime, e ripensa a tutti i neonati che ha preso in braccio, tutti i vecchi a cui ha stretto la mano; non le importa essere uno strumento, è per lui che lo fa, è per amore di un uomo, di un popolo, di un sogno, che ha scelto quella vita, e non può accusare i sovrani se non la vedono come una persona ma solo come un mezzo, al loro posto farebbe lo stesso probabilmente, e ha imparato ad amarli tutti nonostante questo, restando al loro fianco come guida, consigliera, maga.
Reim sta crescendo, ogni giorno è un po’ più grande e un po’ più prospero grazie a lei, e ogni giorno lei un po’ più sola. Guarda le luci della città spegnersi, i capannelli di persone disperdersi e si alza in piedi: la città ha saputo della morte dell’imperatore, e smette di sperare, tornando alla vita di tutti i giorni, mentre lei li osserva dall’alto vegliando su di loro affinché superino il momento e tornino a sorridere più felici di prima.
Reim è grande e potente, e per esserlo ha richiesto un solo vero sacrificio: il suo.
   
 
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