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Autore: EleWar    01/11/2020    14 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Dopo che avete odiato Reika, tanto da volerla ardere sul rogo dello sdegno, e dopo aver fatto ipotesi su ipotesi sulla scena che si sarebbe svolta in piscina… ecco a voi il cap. 8 :D
Grazie cmq delle bellissime e numerosissime recensioni. Spero che anche questo vi piaccia.
Eleonora






Cap. 8 Giochi di seduzione e gelosie
 
 
Dopo una lauta colazione nel grande salone comune, in cui le tre donne si erano rivolte solo un sorriso amichevole, più o meno pigramente tutte avevano raggiunto la piscina sul ponte principale, ognuna per i fatti propri.
Per una frazione di secondo Reika aveva incrociato lo sguardo di Kaori; l’investigatrice era arrossita e, abbassando gli occhi, aveva finto di interessarsi al croissant che aveva davanti.
Kaori, al contrario, non aveva avuto reazioni di sorta perché aveva già deciso di perdonarla in qualche modo, e poi il comportamento tenuto da Ryo la ripagava di tutto, ed era quello che più importava per lei.
 
Poco più tardi, le tre donne erano già piacevolmente esposte al sole e al vento dell’oceano, che gli scompigliava i capelli leggeri, rinvigorendole; un’aria così se la sognavano a Tokyo, e almeno due di loro pensarono che sarebbe stato magnifico essere lì con i propri uomini.
Kaori e Reika si erano stese sui lettini, a debita distanza, mentre Miki sedeva in una comoda sedia a sdraio all’ombra di un piccolo gazebo.
Chiacchierava amabilmente con i coniugi Sora, che in quel momento le stavano mostrando un album di fotografie, che si portavano sempre dietro, in cui erano raffigurati tutti i reperti che avevano disseppellito nelle varie campagne di scavi in giro per il mondo, i gioielli della loro collezione privata e altre amenità.
L’ex mercenaria si divertiva in loro compagnia, perché non le era mai capitato di passare così tanto tempo con persone anziane e benevole; abituata alla guerra e alla sopravvivenza, in un certo senso era tutto nuovo per lei, ma il suo gran cuore e l’innata sensibilità verso gli altri, sopperivano alla sua poca esperienza.
Miki ipotizzava che magari non sarebbe stata avvicinata dal Camaleonte, soprattutto se passava tutto il tempo con quei vecchietti, ma non era da escludere che lui si interessasse a loro; in fondo erano palesemente e realmente più ricchi di lei, e tutta quella ricchezza ostentata, seppur innocentemente, avrebbe fatto gola a qualsiasi ladro.
Alle ragazze era stato detto che principalmente il criminale si dedicava a donne belle e sole, ma avrebbe potuto fare un’eccezione con i vegliardi, tanto più che sarebbe stato facilissimo; erano così espansivi, aperti e giovali che, pensò Miki, avrebbero potuto essere anche vittime di un semplice raggiro.
La barista si era affezionata a loro: li vedeva un po’, se non come i genitori che non aveva mai conosciuto, almeno come i nonni che avrebbe tanto desiderato; e si ripromise che li avrebbe difesi e protetti, a costo di far saltare la sua copertura, anche se, probabilmente non ce ne sarebbe stato bisogno.
Nonostante quell’atmosfera rilassata però, non smise mai di tenere gli occhi ben aperti, e di avere a portata di sguardo le sue colleghe.
 
Kaori era stesa mollemente sul suo lettino già da un po’, e stava valutando se fosse il caso di andarsi a fare un bagno in quella piscina così invitante; era lì, falsamente annoiata, con una rivista in mano a fingere di leggere, mentre dietro i suoi occhialoni neri continuava imperterrita a sorvegliare tutto intorno a lei.
Quasi le dispiaceva di non essere avvicinata da nessuno, forse non era poi così bella come tutti dicevano, o abbastanza provocante o… chissà?
Stava iniziando a deprimersi e a sentirsi sola: le sue amiche erano lì, ma distanti, e non poteva parlare con loro, nemmeno via auricolare, ché Miki aveva i suoi vecchietti a portata di orecchio, e Ryo…
Sospirò.
Chissà dov’era; aveva detto che le avrebbe raggiunte, ma doveva fare tutti quei giri, quelle compere.
Arrossì, pensando a lui che s’ingozzava per recuperare le forze dopo, dopo… non riusciva a dirlo nemmeno fra sé e sé.
Istintivamente si nascose dietro la rivista, manco avesse potuto vederla qualcuno.
 
Poi sentì come un cambiamento d’atmosfera intorno a lei, una specie di strana tensione che veniva ad increspare la calma che regnava in quel luogo di svago.
Abbassò leggermente quella noiosissima rivista di moda, e sbirciò per individuare quale fosse la causa di tale cambiamento.
 
In quel momento Ryo era appena entrato in scena: indossava dei boxer firmati, abbastanza aderenti, che gli mettevano in risalto il fisico possente, con i muscoli guizzanti e lucidi di olio, gli addominali scolpiti che terminavano dove il bordo del costume, tatticamente e leggermente sceso, mostrava la V del bacino asciutto e teso, da cui partivano due gambe poderose.
Inforcava dei Ray-Ban, neri come la folta criniera che, mossa dal vento, accentuava la sua aria selvaggia.
Era scalzo, e avanzava sicuro e bello come il sole; tutte le donne si erano accorte di lui e, interessate, volgevano lo sguardo verso quell’uomo affascinante e carismatico.
L’uomo era sicuro del suo fascino, e voleva impressionare tutte quelle pollastrelle; in particolare stava cercando la donna della sera prima che gli aveva preso l’accendino: l’avrebbe abbordata, e quando con la sua stessa scusa le avrebbe chiesto di accendere, si sarebbe riappropriato di quell’oggetto a lui tanto caro, o glielo avrebbe richiesto esplicitamente, in una parvenza di flirt.
Si augurò solo che Kaori non equivocasse e che, gelosa, non saltasse a tragiche conclusioni; appena ne avesse avuto la possibilità le avrebbe spiegato la situazione.
In realtà voleva anche far colpo sulla bella socia, ora che si poteva permettere di corteggiarla apertamente, e vedere che effetto le avrebbe fatto.
 
A Kaori, appena aveva visto Ryo entrare nel suo campo visivo, si era mozzato il fiato: era un dio sceso dal cielo, un tripudio di virilità e magnetismo animale; si sentì percorsa da un brivido e farsi languida.
Quell’uomo bellissimo ora le apparteneva, quel corpo le apparteneva, e provò un’ondata di desiderio e compiacimento.
Le sfilarono in testa le immagini di loro due insieme: quando era stato tenero e delicato e quelle forti braccia l’avevano stretta; quando le sue mani l’avevano accarezzata con venerazione provocandole un piacere inatteso; quando le loro gambe si erano strette insieme al resto del corpo…
Avvampò.
Però sorrise soddisfatta e felice, libera di sentirsi eccitata dalla sua presenza senza doverlo negare anche a sé stessa.
 
Ryo era andato lì sfoggiando la sua miglior aria da seduttore, ma sapeva già che non avrebbe retto a lungo; tutte quelle donne in costume, stese al sole roride di crema solare, quei corpi semi nudi, quei seni trattenuti a stento dagli esigui bikini… insomma tutto quel ben di dio sotto i suoi occhi cupidi, lo stavano mandando in tilt.
Passare dalla modalità seduttore a quella di maniaco sarebbe stato veramente questione di un attimo, ed era sicuro che così facendo avrebbe deluso la sua Sugar Boy, a cui non solo aveva promesso di non fare il mandrillo, tanto da farsi rincorrere con i soliti martelloni e distraendola dal caso – e di fatto, mandando all’aria la sua copertura – ma anche perché non voleva più fare il maniaco, ora che stavano insieme.
Ma anche se aveva rinunciato alle altre donne per lei, l’amore della sua vita, gli occhi continuava ad averceli; le vecchie abitudini erano dure a morire, e le tentazioni erano sempre dietro l’angolo, anzi no! Erano già davanti a lui!
 
Era arrivato quasi al limite, e mentre in lui si davano battaglia questi pensieri contrastanti, i suoi occhi individuarono subito Kaori, che calamitò il suo sguardo, incatenandolo senza possibilità di scampo.
 
Il cuore di Ryo perse un colpo, per poi iniziare a galoppare forsennatamente.
 
Fra tutte quelle donne, lei era indubbiamente la più bella e la più sexy: così distesa e rilassata era la seduzione fatta persona.
I loro sguardi si erano trovati nell’istante in cui lei aveva scoperto il viso dalla rivista, e pur indossando entrambi gli occhiali scuri, erano certi di essersi visti: se lo sentivano.
E mentre Kaori non si perdeva un movimento del socio, che ritto percorreva il bordo vasca dirimpetto, eccitata dalla sua presenza le venne naturale piegare la gamba, e arcuare il piede, alla cui caviglia brillava una delicatissima cavigliera, e strusciarlo con esasperante lentezza sulla tela del lettino.
Era quello un gesto involontariamente sensuale, che rifletteva i suoi pensieri più intimi e il suo profondo turbamento.
 
Ryo, vedendola così voluttuosa e desiderabile, spalancò la bocca stupito e stravolto, e quando lei si morse il labbro inferiore, lui perse la testa.
 
Lo sweeper, dimentico di tutto e catturato dalle movenze della socia, continuò ad avanzare, con la testa girata verso di lei, e non si avvide di un cameriere che, con un vassoio carico di bicchieri, gli stava andando incontro; l’uomo, dal canto suo, impossibilitato a schivarlo, e inascoltato nei suoi richiami: “Signore? Signore?” si fermò allora di colpo, ma Ryo, preso alla sprovvista gli finì contro, perdendo l’equilibrio e finendo in acqua.
 
Splash!
 
A quel punto ci fu come un boato; tutti scoppiarono a ridere e Kaori si trincerò dietro il suo giornale, sprofondando nella vergogna.
 
E mentre si spegneva anche l’ultima eco di risata, Ryo raggiunse il bordo vasca dal lato della ragazza e, riemergendo, la guardò con faccia da ebete; ridacchiando a disagio, si grattò la testa.
Kaori allora gli rivolse un: “Idiota” a denti stretti con aria sdegnata, portandosi una mano alla fronte esasperata.
 
Ryo, che era rimasto in acqua, aveva appoggiato le forti braccia sul bordo di marmo, il mento sugli avambracci; guardava la sua partner con adorazione e lei, passato lo sdegno iniziale, aveva abbassato gli occhialoni scuri con studiata lentezza, e non aveva smesso di fissarlo per un attimo.
Entrambi non si nascondevano più il reciproco interesse, il piacere di guardarsi soltanto, e una strana elettricità fluiva fra i due; sguardi ricchi di promesse, e aspettative gustose da assaporare, riempivano gli occhi di desiderio, un desiderio che ora poteva palesarsi libero e sicuro, e che prima o poi sarebbe stato esaudito.
 
Kaori stava pensando di raggiungerlo in acqua e mandare al diavolo l’appostamento, nell’errata convinzione che ormai nessuno stesse più facendo caso a Ryo, o meno che meno a lei, ma fra tutti quelli che avevano seguito con interesse la scena, dall’arrivo di Ryo al suo bagno, c’era una donna in particolare, che non si era persa un solo movimento dei due.
Questa, con un sorrisetto sardonico, si alzò dal suo lettino in fondo all’angolo, e ancheggiando raggiunse Kaori, alternando sguardi curiosi e furbetti in direzione dell’uno e dell’altro socio; e quando fu ad un passo da loro, Ryo, accorgendosi di lei, preferì inabissarsi in un turbinio di bolle e scomparire sott’acqua.
 
La sweeper, vedendo svanire il suo compagno e sentendo avvicinarsi dei passi, si girò verso la nuova venuta, e riconobbe in lei quella donna bellissima che, la sera prima, era venuta per riprendersi il fidanzato, mentre questo flirtava con lei.
 
Kaori la guardò interrogativamente e si chiese cosa mai volesse da lei, tanto più che del suo uomo non c’era traccia e, a parte Ryo che aveva fatto quella magra figura e poi l’aveva raggiunta discretamente, non era stata avvicinata da nessuno.
Ma la donna le sorrideva incoraggiante, e Kaori si dispose ad accoglierla, se non altro per non apparire scortese o prevenuta; non poteva permettersi di chiudersi a riccio, perché quella non era la sua vacanza ed era lì solo per lavorare.
 
In ogni caso per un attimo sperò che la tipa fosse solamente in transito; invece dovette ricredersi quando, approfittando del lettino libero al suo fianco, fece per sedersi, non prima di averle chiesto:
 
“Posso?”
 
E al suo cenno affermativo, si accomodò.
Non perse tempo in preamboli, attaccò subito dicendo:
 
“Spero non le dispiaccia se mi sistemo qui. Sa, di là mi arriva un vento così fastidioso! Non vorrei farne le spese prima o poi!”
 
“Si figuri, io sono qui da sola e quello non è occupato” rispose Kaori indicando con un movimento della testa il lettino accanto.
 
“Veramente? Pensavo che fosse di quel bel ragazzo che, che… si è tuffato poco fa!” e sorrise fintamente ingenua.
 
Kaori si sentì avvampare, ma si riprese all’istante e rispose:
 
“Oh no, no… noi… non…” per poi impappinarsi all’ultimo.
 
L’altra proruppe in una risatina secca e continuò:
 
“Mi scusi, non volevo metterla a disagio. È che ho notato come lui la guardava quando è arrivato, e ieri sera vi ho visto ballare insieme… credevo…”
 
“Sì, ci conosciamo… di vista” tagliò corto la ragazza.
Non le piaceva mentire, nemmeno ad una perfetta sconosciuta, soprattutto ora che stava con Ryo e poteva dire di averlo conosciuto veramente; ma si fece ancora più vigile, perché in un certo senso era stata abbordata, seppur da una donna, e voleva vedere dove questa sarebbe andata a parare.
 
“Ah sì, certo, alla fine nel nostro giro ci si conosce un po’ tutti, no?” e le rivolse uno sguardo indagatore.
 
A Kaori s’imperlò la fronte di finissime goccioline di sudore; se il suo affascinante, per quanto noioso fidanzato, era stato quasi indelicato con quella specie d’interrogatorio, con cui in un certo senso aveva voluto conoscere l’entità del suo censo, questa donna così ambigua la stava proprio mettendo in difficoltà.
La sera prima era piombata su di loro come una leonessa che volesse marcare la sua riserva di caccia, ed ora, come niente fosse, le si faceva incontro per chiacchierare amabilmente?
O piuttosto per curiosare nella sua vita privata e sentimentale… oppure… oppure non è che stava cercando di scoprire in che rapporti fossero i due soci, per tentare eventualmente un’avventura con il bel Ryo?
Possibile?
Ma non era fidanzata?
Che ingenua che sei Kaori!” si redarguì la ragazza fra sé e sé, “Questi ricchi annoiati non disdegnano affair sentimentali di sorta, e flirt passeggeri, pur mantenendo in piedi relazioni ufficiali più o meno stabili”.
La sweeper si mise sulla difensiva, senza darlo a vedere, decidendo di ponderare bene ogni sua futura risposta.
Kaori era proprio curiosa di sapere il perché di quel cambiamento nell’atteggiamento della donna, ma non voleva esporsi troppo.
L’altra proseguì:
 
“A proposito, il mio nome è Momo, Momo Momotaro” e fece una pausa aspettando che l’altra assimilasse la stranezza di quel nome, per poi aggiungere, con aria sarcastica: “Ai miei genitori non bastava un cognome così bizzarro, hanno voluto appiopparmi anche questo nome… quindi sono doppiamente Momo!” terminò con una scrollatina di spalle.
Evidentemente era abituata a dare questa spiegazione, anche se Kaori non capiva cosa ci fosse di strano in tutto questo; in fondo il suo cognome ricordava la celebre fiaba giapponese del Ragazzo della pesca, e a guardarla bene la sua pelle assomigliava veramente a quella di una pesca.
 
Kaori allora fece per presentarsi e disse:
 
“Io invece mi chiamo Kaori, Kaori Maki… emm… Saeba” si ricordò in tempo di aver cambiato il suo cognome con quello del socio, che giusto la sera prima aveva voluto provare l’ebbrezza di chiamarsi come Ryo e, manco a farlo apposta, lo aveva proprio detto al fidanzato della donna; doveva ricordarsi di non pronunciare mai più Makimura, altrimenti sarebbe potuta incorrere in spiacevoli inghippi.
 
“Ah sì, Iro me lo ha riferito” trillò la donna, e Kaori tirò un sospiro di sollievo per essersi ripresa all’ultimo momento; mentalmente si deterse la fronte dal sudore, per quanto si sentiva sollevata.
Certo, a ben guardare, non c’era niente di grave a presentarsi con un cognome piuttosto che con un altro, ma non aveva nessuna voglia d’imbarcarsi in tediose chiacchiere o spiegazioni sperticate; non voleva giustificarsi né dover inventare chissà che.
 
“Mi ha pure detto che la sua famiglia si occupa di… legname, dico bene? Martelli, giusto?”
 
Kaori si sentì morire: caspita, il signor Iro Murasaki non aveva nascosto niente alla sua affascinante compagna.
La sweeper fece di sì con la testa, sperando che l’interrogatorio finisse lì.
Non conosceva molto le dinamiche di quel mondo dorato e fatuo, e non voleva impantanarsi in discorsi strani.
D’improvviso si sentì sciocca e ingenua, e si chiese se Saeko avesse fatto bene a chiederle di prendere parte alle indagini.
Lei era una sweeper abituata alla violenza, al crimine spicciolo e all’azione, alle sparatorie, alle bombe, e non alle trame sotterranee di personaggi che cercavano di fare successo e fortuna sulle spalle degli altri.
Qui c’era tutto un gioco di relazioni, di amicizie, di pugnalate date col sorriso.
Desiderò che il caso finisse al più presto per poter tornare al suo mondo, dove spesso e volentieri il nemico puoi vederlo in faccia, senza doverti preoccupare di dare fiducia alle persone sbagliate.
E soprattutto voleva tornare alla sua vita di sempre, dove c’era Ryo, presenza importante ed ora più che mai necessaria.
Sentì una potente ondata di nostalgia; chissà dove era andato a finire quell’idiota?
Sfuggevolmente si guardò intorno, ma non lo vide subito.
Ma quando Momo tirò fuori un accendino e fece per accendersi una sigaretta, a Kaori si fermò il cuore: quello era innegabilmente l’accendino di Ryo, e lo sapeva perché era stata lei a regalarglielo, con tanto di iniziali sbalzate in oro: RS.
 
“Ne vuole?” chiese melliflua Momo a Kaori porgendole il pacchetto aperto, ma questa, inghiottendo il nodo che le si era formato in gola, scosse la testa; l’altra proseguì:
 
“Fa bene a non fumare, sa? È un brutto vizio, nemmeno troppo salutare a dirla tutta, ma la vita è così scialba che se non ce ne concediamo qualcuno, che gusto c’è?” terminò ammiccando.
 
Ma Kaori non l’ascoltava già più; aveva avvistato Ryo che si stava divertendo a giocare a palla in acqua, circondato da giovani e belle ragazze, che erano tutte gridolini e risate.
Lui sembrava in paradiso, e la socia era sicura che non avrebbe tardato ad approfittare della situazione.
In fondo lui era un uomo affascinante che faceva colpo, e quelle erano tutte evidentemente prese da lui.
 
Sentì dentro di sé montare la rabbia e la gelosia.
Ryo le aveva assicurato che non avrebbe cercato compagnia altrove, che in un certo senso le sarebbe stato fedele, e invece non aveva perso tempo: aveva avuto contatti con questa maliarda, e il suo accendino lo dimostrava.
E anche se era certa che volontariamente non glielo avrebbe mai lasciato, di sicuro glielo aveva prestato, e quindi si erano visti.
E adesso lui era in acqua e se la stava spassando come, come… come se niente fosse.
Inghiottì amaro, e provò una fitta di dolore attraversale il petto.
Avrebbe voluto scappare da lì, rifugiarsi in camera e magari piangere tutte le sue lacrime, per essersi lasciata andare con lui che rimaneva il solito farfallone farabutto; avrebbe tanto voluto prenderlo a martellate, anche se già sentiva che non sarebbe stato più come un tempo, e che non avrebbe provato nessuna soddisfazione in questo.
E invece doveva restarsene lì, a sorbirsi le chiacchiere oziose di questa Momo, che non sapeva nemmeno lei cosa volesse esattamente dalla vita e dalle persone, una per cui l’esistenza su questo mondo era solo una grande, sfarzosa, noiosa festa.
 
Kaori si era persa nei suoi dolorosi pensieri, quando una frase della donna catturò la sua attenzione; si accorse che Momo le stava ripetendo la domanda:
 
“Dicevo… i suoi bracciali sono molto belli e particolari, ma la sua spilla è favolosa! Non se ne separa mai, a quanto vedo, perché se non ricordo male l’indossava anche ieri sera giusto?”
 
Nella testa di Kaori suonò un campanellino: anche Momo Momotaro era stata colpita dalla spilla; semplice curiosità, o mire di ben altro genere?
Mentalmente accantonò il problema Ryo, e si concentrò sulla donna; cautamente pensò di rispondere:
 
“Ah sì, è un vecchio cimelio di famiglia... la porto sempre con me perché ha più che altro un valore affettivo.”
 
Anche lei aveva imparato a giocare al ribasso, a sminuire le sue ricchezze, come la maggior parte delle persone facoltose che erano a bordo di quella nave.
E come era prevedibile questo attirò ancora di più l’attenzione dell’altra, a cui iniziarono a brillare gli occhi.
Kaori se ne stupì enormemente, ma non lo diede a vedere; poi, simulando un’insofferenza che non provava affatto, con un sospiro si mise a sedere, e guardandola le disse:
 
“Voglia scusarmi, ma devo fare una telefonata” e le sorrise.
 
Momo ne rimase delusa giusto un attimo, ma si affrettò a dire:
 
“Si figuri, vada pure” e rispose al sorriso dell’altra con labbra tirate.
 
La donna era proprio affascinata dalla spilla e avrebbe voluto saperne di più, magari sperava di poterla esaminare più da vicino, ma Kaori si era già alzata, e insistere sarebbe apparso sospetto.
Si disse che ci avrebbe riprovato più avanti, e infatti s’inventò una cosa sul momento e, rivolgendosi così alla sweeper, che dopo aver preso le sue cose si stava già allontanando, disse:
 
“Ah, Signora Saeba? Mi piacerebbe tanto rivederla. Le andrebbe di passare nella spa della nave, diciamo più tardi? Fanno dei massaggi celestiali. La prego, non mi dica di no!” e quasi si mise in atteggiamento di supplica.
La ragazza, che non vedeva l’ora di allontanarsi, quasi distrattamente rispose:
 
“Sì… sì… perché no?” E salutandola con un braccio alzato, scomparve dietro l’angolo del ponte superiore.
 
Finalmente da sola, poté lasciarsi andare alla frustrazione e alla collera.
I suoi peggiori incubi si stavano avverando: aveva sperato di prendere parte a quel caso per dimostrare a sé stessa, e al suo socio, quanto valesse, e si era detta che niente e nessuno l’avrebbe distratta, nemmeno lo stesso Ryo.
E manco a farlo apposta, proprio lui l’aveva seguita, e poi le cose avevano preso quella piega… era andato tutto dannatamente troppo bene fino a quel momento, e doveva aspettarselo che non avrebbe potuto durare tutta quella felicità; e adesso non solo il pensiero di lui la tormentava, ma anche questo sentimento nuovo, e decisamente mille volte più potente della gelosia che aveva provato fino ad allora, le stava dilaniando il cuore.
 
Si allontanò il più possibile dal resto dei villeggianti per trovare un angolino nascosto dove rifugiarsi, e in un eccesso di rabbia colpì con un pugno chiuso la superficie metallica della prima parete che incontrò, per poi sciogliersi in lacrime.
Non si può fare certi lavori se si è troppo emotivi, altrimenti si perde la concentrazione come aveva appena fatto.
Ryo aveva ragione a voler essere l’uomo cinico che era… Ryo, Ryo, sempre Ryo!
 
Proprio lui che, appena aveva visto alzarsi Kaori dal lettino, si era preoccupato notando la sua aria smarrita ed era rimasto con le braccia alzate, nell’atto di riprendere al volo l’enorme palla colorata che gli stava lanciando un’anonima ochetta, e che quando gli era finita in testa aveva suscitato lo starnazzare divertito di quell’harem acquatico.
Lui si era riscosso, e guardandole seriamente aveva detto:
 
“Ragazze scusate, ma si è fatto tardi e devo andare.”
 
Ed era uscito dalla piscina, salendo la corta scaletta, con il corpo apollineo cosparso da tanti piccoli rigagnoli d’acqua che ruscellavano giù, fra un coro squittente di:
 
Ma no, dai resta!”, “Non andare ti prego”, “Torna presto”, coronato da sospiri e baci inviati con le mani.
 
Ma lui era già sgattaiolato via, alla ricerca della sua Sugar Boy, sotto gli occhi maliziosi di Momo a cui non era sfuggito nemmeno un gesto dei due, e che sogghignando si era detta:
 
Ah sì, eh? Vi conoscete solo di vista? Eppure… non me la raccontate giusta!
 
 
 
 
Dal momento che Kaori se ne era andata via da sola, perché le sue amiche erano rimaste a bordo vasca, Ryo sperò che fosse ancora nei paraggi, non troppo lontana da lì.
Era però tormentato da un fastidiosissimo presentimento che lo spingeva a far presto, perché aveva come l’impressione che la compagna si fosse in qualche modo nascosta, anche se non ne comprendeva appieno il motivo.
 
Seguendo l’istinto, e percependo la sua aura farsi sempre più potente mano a mano che la cercava, infine la trovò appoggiata con la fronte al freddo metallo di quello che poteva essere l’esterno di una cabina.
Vide subito che aveva pianto pur avendo gli occhi chiusi; la chiamò:
 
“Kaori?” la sua voce tradiva preoccupazione e ansia.
 
Le si fece ancora più vicino e quando la chiamò di nuovo, lei rispose sgarbatamente:
 
“Che vuoi?”
 
“Ti ho vista andar via, sembravi così preoccupata, cosa è successo?”
 
“E come hai fatto a notare tutte queste cose, se te la stavi spassando al solito tuo con quelle… con quelle…”
 
“Kaori, ma che stai dicendo?”
 
“Sto dicendo che… niente Ryo, non sto dicendo niente” sospirò rassegnata, e poi, abbassando il tono, proseguì amaramente: “Avrei dovuto aspettarmelo…” poi si voltò di scatto e lo inchiodò con lo sguardo.
 
Ciò che l’uomo vi lesse lo lasciò senza parole, ma subito si ricordò che la ragazza era stata a chiacchierare con la donna che gli aveva preso l’accendino, e magari glielo aveva visto usare.
Doveva chiarire l’equivoco prima che fosse troppo tardi, ma la prese alla lunga:
 
“Senti Sugar, se ti stai riferendo a prima, quando ero lì a giocare in piscina con quei ragazzi…”
 
“Ragazzi? Io di maschi non ne ho visti, direi che erano tutte donne, o sbaglio?” lo interruppe lei acidamente, e poi:  “Dai, Ryo, non mi devi nessuna spiegazione. È colpa mia che mi sono illusa…” ma poi le parole le morirono sulle labbra.
 
La situazione stava sfuggendo di mano allo sweeper che, notoriamente poco avvezzo a lunghi discorsi e a spiegazioni di sorta, soprattutto quando si trattava di sentimenti e affini, iniziò a sudare freddo.
Ma ora erano una coppia, e non voleva più fraintendimenti fra loro.
Tentò ancora di spiegarsi:
 
“È vero, hai ragione, c’erano solo donne, ma non è colpa mia! Io ero lì a fare il bagno, tu sei rimasta sul lettino, e loro mi hanno invitato a giocare …” quasi piagnucolò scusandosi.
 
“Non devi giustificarti… tu sei fatto così, ed io… Senti Ryo, io sto soffrendo troppo e quindi penso che… penso che sia il caso di rallentare… Ho un lavoro da portare a termine… magari ne riparleremo quando torneremo a casa…”
 
Ryo trasalì; cosa stava cercando di dirgli esattamente?
Il suo istinto lo mise subito in allarme: qui c’era odore di pericolo, e non era nemmeno sicuro di sapere quale fosse; aveva paura anche a pensarlo.
Non poté impedirsi di chiederle:
 
“Che-che vuoi dire? Rallentare? Rallentare cosa… Non penserai… non penserai… io… te… Non vorrai lasciarmi?” proruppe infine spalancando gli occhi.
 
“N-no… cioè… s-sì” finì per ammettere confusamente la ragazza.
 
Ryo allora la raggiunse e, posandole le braccia sulle spalle, la guardò con disperazione e incredulità:
 
“Kaori… ma perché?” riuscì solo a dire, mettendo tutto il suo struggimento in quelle poche parole.
Ma visto che lei esitava a rispondergli, sopraffatta anch’essa da troppe emozioni, lui proseguì:
 
“È forse perché mi hai visto prima con quelle ragazze? Ti giuro che non facevo niente di male, stavolta è vero!” insistette, per poi aggiungere “O è forse perché hai visto il mio accendino in mano a quella donna… donna di cui non so nemmeno il nome?”
 
Kaori lo guardò stupita.
Non sapeva cosa pensare: Ryo aveva avuto un’avventura così effimera tanto da non ricordarsi nemmeno il nome della donna con cui era stato?
Oppure c’era dell’altro?
Certo i suoi precedenti non lo scagionavano, ma allo stesso tempo era così addolorato, così preoccupato, che forse c’era un’altra spiegazione.
Suo malgrado annuì, e lui allora continuò dicendo:
 
“Posso solo immaginare cosa sta frullando in questa tua testolina rossa” e provò a sorriderle, in un misto d’imbarazzo e scuse “ma non è come credi” e impercettibilmente la presa sulle sue spalle si fece più forte, forse per dare più enfasi alle sue parole; cercò di spiegarsi:
 
“Ieri sera, dopo che abbiamo ballato, ero così sconvolto, ti desideravo così tanto, che sono dovuto letteralmente scappare dalla sala per non… per non saltarti addosso” e se possibile gli occhi di Kaori si dilatarono ancora di più per la piacevole sorpresa, anche se, vista la piega che aveva preso la serata, non c’era da stupirsi; ma non era ancora abituata a sentirsi così desiderata da quell’uomo, e soprattutto a sentirglielo dire.
Lui riattaccò, prima di perdere il filo del ragionamento:
 
“Dicevo, ero lì di fuori, sul ponte, e mi ero appena acceso una sigaretta in preda ad uno strano nervosismo.  Ero eccitato, euforico, ma anche spaventato… buffo no?” chiese quasi fra sé, ma quella confidenza addolcì la ragazza; sì, Ryo era innamorato e non sapeva nemmeno cosa volesse dire; stava affrontando apertamente questo sentimento, così poco conosciuto per lui, e le faceva tanta tenerezza.
Il fatto che fosse lei a provocargli un tale turbamento, le riempì il cuore di gioia anche se… rimaneva ancora qualcosa da chiarire.
 
“Ad essere sincero ricordo solo di aver acceso la sigaretta, forse ho fatto un paio di tirate e nulla più. Non smettevo di pensarti, e a quanto fosse stato bello tenerti fra le mie braccia, ballare con te, così allacciati, così in sintonia… Mi avevi stregato” e la guardò ancora più intensamente, poi accarezzandole dolcemente i capelli, le sussurrò:
 
“Cosa mi hai fatto?” e provò il potente desiderio di baciarla; anche lei si sentì vibrare a quelle parole, e stava per raggiungere le sue labbra, quando s’irrigidì di colpo, riportando entrambi al discorso che stavano affrontando, e alle spiegazioni che erano doverose per continuare a stare insieme.
Ryo allora riprese dicendo:
 
“D’improvviso ho capito che era inutile starti lontano, perché era con te che volevo essere, e non solo in quel momento, ma per tutta la vita… Finalmente avevo preso una decisione, per me, per noi, ed ero così convinto, che mi sono voltato deciso a raggiungerti, costasse quel che costasse, quando mi sono trovato questa donna davanti. Confesso che ne sono rimasto quasi infastidito, lo crederesti?” le disse lui divertito “E subito mi ha chiesto di accendere. Io non volevo essere scortese, e distrattamente le ho allungato l’accendino… non so come è andata, probabilmente non ho aspettato che me lo ridesse indietro, e sono corso da te. Poi non ho più fumato, e il resto della serata, e della nottata… l’ho passato con te” e le rivolse uno sguardo ammiccante “Solo stamattina mi sono accorto di non averlo più con me” e omise il fatto di aver sentito l’esigenza di fumare dopo la visita inaspettata di Reika.
 
A quel punto Kaori provò ad articolare:
 
“Vuoi dire che tu… che voi…?”
 
“Sciocchina, ma cosa vai a pensare?” esclamò Ryo scompigliandole i capelli, e avvolgendola con il suo miglior sguardo innamorato, tanto che lei sentì un non so che in fondo allo stomaco.
Lui si fece di nuovo serio, pur non perdendo quel tono dolce che aveva appena usato:
 
“Sugar, tu sei e resterai l’unica donna della mia vita, tutto il resto non conta” e fece una pausa significativa, per dare modo alla ragazza di afferrare bene il senso di quella dichiarazione;  a Kaori sfuggì un singhiozzo commosso, allora lui proseguì spiegando:
 
“Non te l’ho mai detto, ma tengo tantissimo a quell’accendino, come ad ogni altra cosa che mi hai regalato tu… Voglio riprendermelo, ma devo in qualche modo avvicinarmi a quella donna, approcciarmi a lei… Ma ti prego, ora che sai, non pensare male di me” e fece gli occhi da cucciolo smarrito, quindi le chiese:
“Ho visto che ci parlavi, come hai detto che si chiama?”
 
“Momo. Momo Momotaro, buffo no?” e le sfuggì una risatina, ormai rassicurata dall’uomo che amava e con il cuore colmo di felicità.
 
“Ad ognuno il suo nome!” sentenziò il socio, per poi raggiungere finalmente le sue labbra e depositarvi il bacio della riconciliazione.
Kaori allora alzò le braccia a cingergli il collo e lo attirò a sé; e stavolta si sciolsero in un bacio struggente e dolcissimo, che ebbe il potere di rassicurarli e infondergli sicurezza: ora si appartenevano, e nulla li avrebbe più allontanati.
 
Quando si separarono ebbri di felicità, Ryo le disse:
 
“Tesoro, sei così tesa che avresti proprio bisogno di un bel massaggio.”
 
“Toh, guarda! ‘Sta cosa capita a fagiolo: Momo mi ha appena invitato alla spa della nave, col dire che lì fanno miracoli. Credo che allora andrò sicuramente!” disse la socia ridendo.
 
“Posso venire anch’io?” saltò su entusiasta il compagno.
 
“Non ci pensare neanche!” lo minacciò falsamente severa lei, per poi attirarlo nuovamente a sé e coinvolgerlo in un bacio ben più appassionato di quello che si erano appena scambiati.
 
 
In quell’anfratto della grande nave, i due innamorati credevano di essere soli, lontano da occhi indiscreti, eppure qualcuno li stava spiando, pur non riuscendo a sentire i loro discorsi sussurrati.
E quel qualcuno aveva pensato sarcasticamente, fra sé e sé:
 
Sì sì, proprio una telefonata dovevi fare!
 
   
 
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