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Autore: adrienne riordan    01/11/2020    0 recensioni
[La calaca de azùcar]
La vita a Esqueleto sembra tranquilla ma non lo è affatto. A farne le spese saranno i suoi abitanti, quelli nuovi, quelli vecchi e... quelli antichi.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 9

Vabbè, si è capito che, con i giorni, vado a sentimento. I prompt vengono sempre scelti dalla rosa dei 31 giorni di ottobre ma poi è l’ispirazione che decide che giorno è “oggi”. In questo capitolo ci saranno riferimenti all’ultimo capitolo dell’altra raccolta di fanfiction scritta sulla Calaca de azucar che avevo pubblicato ad aprile.

Voglio essere chiara, sto facendo voli pindarici imbarazzantissimi che nulla hanno a che fare ormai con la trama originale dell’opera, che sarà mille volte più fantastica, me lo sento. Sempre detto, e qui lo riscrivo: mi farò grasse, grassissime risate, non appena avrò i prossimi volumi tra le mani, e probabilmente grassissime risate se le faranno pure gli autori, ma abbiate pietà dei miei passatempi fangirlosi.

 

Soffocamento

Il senso di empatia di Itztlacoliuhqui Ixquimilli era gravemente sottosviluppato ma al dio del gelo, del giudizio e delle catastrofi andava benissimo così. Nessuna complicazione nell’adempiere ai suoi doveri, nessuna preoccupazione quando doveva dare un giudizio equo ma doloroso – per gli altri. Aveva un blocchetto di ghiaccio al posto del cuore insomma. Per questo motivo era stata designata come la persona perfetta per tenere Quetzalcóatl lontano dagli affari degli umani per qualche tempo. Francamente, all’inizio la richiesta lo aveva disturbato parecchio ed era stato sul punto di declinare l’incarico.

Quetzalcoatl era già stato attirato in un tranello analogo anni prima della fine del Quarto Sole. Un lavoretto pulito di pochi giorni al massimo, a cui si erano prestati all’epoca i fratelli di Quetzalcóatl, giusto il tempo necessario a far fare il lavoro sporco a Tezcatlipoca e a Xocipilli, ossia far sparire per sempre nel Mictlan l’amichetta umana del Serpente Piumato. Quetzalcóatl era devastato alla scoperta della morte di Malintzin e ci aveva messo parecchio tempo a riprendersi dal lutto, ma a Itztlacoliuhqui Ixquimilli non era importato granché; tuttavia, da divinità razionale qual era, aveva considerato l’episodio come una carognata gratuita, senza alcuna utilità, e l’aveva condannato.

Stavolta, in effetti, una motivazione c’era, ossia dare la possibilità alle altre divinità di distruggere il mondo del Quinto Sole – e non sarebbe stata questione di pochi giorni – senza che Quetzalcóatl si intromettesse. Sarebbe stata l’ennesima carognata ai suoi danni, era vero, ma le motivazioni delle altre divinità non erano così campate in aria: si dava per ricevere, era così tra gli umani, così era anche tra gli dei – fatta eccezione per Quetzalcóatl, naturalmente. Il tempo dell’adorazione tramite sacrifici stava per giungere al termine, presto soppiantato dalle favole ipocrite degli invasori. Le divinità azteche sarebbero state dimenticate presto e, allora, perché continuare a elargire doni a quegli stessi umani? Qualunque epoca al termine dei 52 anni del calendario azteco poteva essere quello buono per porre fine al Quinto Sole e il momento era ormai arrivato.

Xolotl e Xocotl, turbati dalla sofferenza arrecata al fratello la prima volta, non avevano osato contribuire attivamente ad ingannarlo nuovamente, quindi ecco entrare in scena Itztlacoliuhqui Ixquimilli. Lui non sarebbe stato influenzato dal carattere del Serpente Piumato. Ne era sicuro lui, ne erano sicuri tutti gli altri.

Però… la sorte aveva un innegabile senso dell’umorismo, quell'infame.

A quanto pareva, un cuore lo possedeva anche Itztlacoliuhqui Ixquimilli. Un cuore particolare il suo, indipendente dalla razionalità come quello di tutte le creature mortali e immortali, ma programmato per funzionare assai raramente e destinato ad appartenere solo ed esclusivamente a una persona. Già questo era incredibile, se si considerava il tipo di divinità in questione, ma rasentava la follia se si pensava che, quella persona sarebbe stata Quetzalcóatl stesso.

La divinità del gelo non aveva fatto nulla, non aveva messo in atto strategie particolari, era semplicemente stato presente. Parlava con il Serpente Piumato più spesso del solito (quasi come se l’episodio avvenuto tanto tempo prima, davanti all’umana impiccata, avesse costruito un flebile legame che andava soltanto alimentato perché si rafforzasse) e lo ascoltava, rendendosi conto che, malgrado l’ingenuità, la bionda divinità era davvero intelligente e sapeva parlare di cose interessanti che davano il via a vivaci ma rispettosi dibattiti. Non erano quasi mai d’accordo su nulla ma Quetzalcóatl, benché accorato nella difesa delle sue tesi, non era mai prevaricante nei confronti col suo interlocutore, né consentiva di farsi prevaricare a sua volta, e la divinità del giudizio non poteva che apprezzare questa sua qualità. Ben presto, Itztlacoliuhqui Ixquimilli si era dimenticato del suo “lavoro”.

Non ci volle in verità molto prima che il tempo, immutabile per le divinità, assumesse un carattere diverso, vibrante, se passato accanto a Quetzalcóatl. Il tempo, immutabile per le divinità, assumeva un carattere penoso, dilatato, se Quetzalcóatl mancava. Se Itztlacoliuhqui Ixquimilli cercava incessantemente il Serpente Piumato non era perché troppo ligio al dovere, come credevano tutti. Era cotto a puntino, e nemmeno se ne rendeva conto. E veder ricambiato tale sentimento dal Serpente Piumato gli era sembrato un miracolo, un dono. Non ci volle molto tempo perché le due divinità non ebbero più bisogno di parlare per essere vicini. L’eternità, con Quetzalcóatl, non poteva che essere luminosa, anche per una divinità di tenebra come lui.

Poi, un giorno nefasto, tutta la felicità di Itztlacoliuhqui Ixquimilli andò inesorabilmente in frantumi.

 

 

Era bastata una frazione di secondo per capire che qualcosa turbava Quetzalcóatl. I muscoli del viso erano tesi, gli occhi erano spenti, vuoti. La bionda divinità sembrava sul punto di rompersi da un momento all’altro e Itztlacoliuhqui Ixquimilli, avvicinandosi a lui, ebbe quasi timore a chiamarlo, a chiedere. Quetzalcóatl non lo guardava nemmeno in faccia.

“Eri con Itzlapapalotl. Con Huitzilopochtli. I miei fratelli, Xipe-Totec e Tezcatlipoca. Con Xocipilli. Ho sentito tutto. Ho sentito. Tutto”. Quetzalcóatl prese una piccola pausa prima di porre la domanda che gli stava più a cuore.

“Itztlacoliuhqui… perché?” il Serpente Piumato non aveva mai negato a se stesso di mostrare i propri sentimenti, e nemmeno ora negò all’altro la vista delle sue lacrime.

Probabilmente, un pugnale di ossidiana nel cuore avrebbe provocato molto meno dolore rispetto a quanto ne stava provando in quel momento Itztlacoliuhqui Ixquimilli.

“So che ti è caro il popolo che abita il Quinto Sole ma lo stiamo perdendo” argomentò improvvisando. “Eri preoccupato per i Mexica, ricordi? Chi li farà soccombere non avrà nessuna pietà. Perché dovremmo averne noi?”

“Non è questa la risposta che voglio da TE. Itztlacoliuhqui, tu lo sapevi e non mi hai detto niente. Ti sei avvicinato a me per…” la voce gli morì in gola.

Itztlacoliuhqui Ixquimilli non gli lasciò il tempo di insinuare il tradimento parlando con un’urgenza mai provata prima “Appoggio la scelta dei nostri fratelli di annientare il Quinto Sole. Gli esseri umani sono creature indegne. Abbiamo fatto dei tentativi di migliorare la specie, ne faremo altri. Sì, mi è stato chiesto di avvicinarmi a te, e sì, l’ho fatto. Ma ti ordino di non dubitare mai di quello che c’è stato tra noi: quello è tutto reale”.

“Mi… ordini..?” Quetzalcóatl rise. Una risata bassa, tra le lacrime, senza alcuna gioia. “Quello non l’ho mai dubitato, puoi stare tranquillo. Tuttavia non dubito nemmeno del tuo tradimento” lo guardò negli occhi. “Mi hai taciuto i piani dei nostri fratelli. Mi hai taciuto la verità sulla morte di Malintzin. E ora, vuoi distruggere la stirpe a cui lei era appartenuta e che io continuo ad avere cara, nonostante tutta la sua imperfezione! La lotta tra Mexica e Spagnoli è una lotta fratricida, ma gli esseri umani hanno la stessa origine, la stessa di Malintzin. Ma a voi non interessa questo. Non vi è mai interessato, purché non vi manchi la vostra preziosa libagione all’altare del sacrificio!”

“Perché continui a parlare di lei?”

“È forse gelosia quella che percepisco? Non te ne devi crucciare. Il tempo passato con Malintzin è stato come quello passato in un sogno, ma dai sogni, ad un certo punto, ci si risveglia” Fissò uno sguardo glaciale su Itztlacoliuhqui. “Sai perché ho rubato le ossa nel Mictlan? Perché mi sentivo dannatamente in colpa per lei. Amare me l’aveva solo messa in difficoltà. Per me tutto era immobile ma per lei no. La vita scorreva e lei non poteva cogliere le opportunità perché restava con me, che apparivo ai suoi occhi come uno sconosciuto ragazzo di qualche sconosciuta città. Era ai ferri corti con la sua famiglia, lei non accettava alcun pretendente, ma allo stesso tempo non poteva unirsi a me e lei nemmeno sapeva la ragione, ma era così innamorata, per colpa mia. Ormai mi ero rassegnato a lasciarla e ad augurarle una vita migliore. Il mio appoggio agli umani, mi ero ripromesso, non sarebbe mai venuto meno, qualunque cosa fosse accaduta. Poi lei venne sacrificata, ed è risaputo che i sacrifici servono a mandare a morte gli indesiderati, no? Quando mai si mandano donne così giovani appartenenti e alla stessa comunità in sacrificio, se non è il capofamiglia stesso a offrirla ai sacerdoti? Se fossi stato presente, lo avrei impedito. Le avevo rovinato la vita e non ero neppure riuscito ad impedire la sua morte. Quando venne l’ora di ripopolare il mondo all’inizio del Quinto Sole, decisi che avrei fatto tornare indietro tutti. Malintzin avrebbe avuto la sua seconda possibilità e questa volta l’avrei lasciata in pace. Ma lei non c’era… lei non c’era. Avevo dato la colpa alle ossa rotte, forse avevano cambiato Malintzin così tanto da non renderla più riconoscibile, o forse sarebbe rinata in qualche generazione successiva. Ora invece so che Malintzin, dal Mitclan, non era mai uscita, perché i sacrifici erano in onore di Mictlantecuhtli, che non rinuncia mai a ciò che è suo!”

Qualcosa, nella mente di Itztlacoliuhqui Ixquimilli, lo mise in allarme “Ma… questo come fai a saperlo?” chiese cautamente “Xocipilli aveva detto che era stata mandata nel Mictlan, non che vi era costretta a rimanerci dal suo Signore”.

Quetzalcoàtl sorrise di sbieco “Questo lo so perché me lo ha detto lei. O adesso dovrei chiamarla Mictlacihuatl? Avevo chiesto un piccolo favore al Signore del Mictlan, ma mi era stato rifiutato. Fortunatamente, la sua Signora si era dimostrata più incline ad ascoltarmi e, alla modica cifra di una parte della mia futura anima mortale, mi ha donato quanto avevo richiesto." prese una breve pausa prima di aggiungere, amareggiato "Non mi ha riconosciuto. Non sapeva nemmeno chi era lei” .

A Itztlacoliuhqui Ixquimilli si gelò il sangue nelle vene.

“Futura…” balbettò.

“Futura anima mortale. Proprio così. Hai detto di amarmi. Ora devi dimostrarmelo” prese a indietreggiare, allontanandosi cautamente dall’altro.  “Ti propongo una sfida, Itztlacoliuhqui Ixquimilli. Sarai disposto a lasciar distruggere il Quinto Sole, quando avevo giurato a me stesso di prendermene cura, sapendo che ci vivrò anch’io d’ora in avanti? Fallo perire, e io non tornerò più, poiché sarò solo un’anima meramente umana…”

“E a quel punto sarai di proprietà del Signore del Mictlan per l’eternità! Quetzalcóatl se è uno scherzo è di pessimo gusto!”

“Francamente non avrei voluto arrivare a tanto. Davvero, avrei potuto voltare le spalle al Quinto Sole, pensare solo a… noi? C’è davvero un noi?” chiese incerto.

“Sì, c’è un noi. Non dubitarne mai” rispose con foga.

“Eppure, nonostante l’esistenza di un noi, che vorrei così tanto vivere assieme a te, c’è una parte di me che non vuole… e non può… lasciarti fare tutto questo”.

“Quetzalcóatl!”.

“Ero rimasto solo dirti questo: ti affido me stesso e ti affido il Quinto Sole! La nostra esistenza, d’ora in avanti, dipenderà da te!”

“QUETZALCÓATL!” il grido di Itztlacoliuhqui Ixquimilli si levò così forte che, chiunque lo avesse udito, se ne sarebbe pentito amaramente.

 ***

 

Quante volte Emanuel aveva rivisto la morte di Quetzalcòatl, nei suoi incubi? Quante volte si era risvegliato terrorizzato, con un grido strozzato in gola e la mano tesa ad afferrare il vuoto? Quante volte gli era mancata l’aria nei polmoni, strozzati dalla paura e dal rimpianto? Quante volte aveva provato a cambiare il finale di quegli incubi?

Purtroppo l’inconscio di Emanuel non aveva mai avuto pietà di lui e quell’incubo tornava spesso a perseguitarlo per ricordargli il suo compito: cambiare quel finale almeno nella realtà, alternando numerose identità e numerose vite vissute in cinquecento anni.

Emanuel aveva combinato un bel casino e il prezzo che la sua condizione umana gli imponeva di pagare era la sensazione costante di soffocamento, al risveglio, come preso tra due fuochi: quello del passato, a memento di ciò che aveva avuto e che, per sua colpa, non aveva più; e quello del futuro, perché, ora che era umano, il tempo scorreva veloce e implacabile e presto, prestissimo, anche l’ultima speranza di riavere ciò che aveva perduto gli sarebbe scivolata via come foglie al vento.

  
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