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Autore: Minako_86    21/08/2009    3 recensioni
[...]- Perdonatemi... - Pigolò, quando si accorse dei loro sguardi. - Ma io non ricordo nessuno di voi tre... Mi dispiace. - Scosse appena il capo, mentre una lacrima del tutto inaspettata rotolava oltre le sue ciglia scure.[...]
Ai Jonas non è mai successo di non venire riconosiuti... Chiunque sa chi sono. Ma, se fosse qualcuno - e qualcuno di molto importante - a dimenticarsi di loro...?
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene sì, ennesima shot.x3 E' più forte di me...

Prima di partire per venire qui, ho rivisto un episodio di Dr.House MD e *zac* è scattata l'idea! Non potevo esimermi dal far soffrire un po' i miei personaggi... *risata malvagia*

 

Non ho saputo resistere...!*Capitan Jack Sparrow mode on*

 

Alla mia Rain.<3

 

Hope you'll like it!x3 Commenti più che graditissimi come al solito!*O* *faccino implorante*

 

 

 

Amnesia

[ 3/3 ]

 

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{ Has the moon lost her memory?
She is smiling, alone. }

Memory - Cats

 

 

 

Buio.

Questo era tutto ciò che Gabrielle ricordava delle sue ultime dodici ore.

Scuro, opprimente, soffocante come una macchia di inchiostro oleoso che si espandeva a perdita d'occhio. E poi la sensazione del cemento ruvido sotto le mani, contro la guancia pallida. La pelle graffiata, bruciante.

 

- Donna. Bianca. 23 anni. E' stata investita da una station wagon all'angolo con Rue De Tivoli. -

 

La voce meccanica e annoiata dell'infermiera di turno stava ancora scandendo quelle che dovevano essere le sue generalità, quando si svegliò. L'odore di disinfettante che impregnava la stanza non le permetteva di prendere fiato nel modo giusto.

 

Tossì, sforzandosi di rilassare i muscoli doloranti.

Riuscì a malapena a puntellare la mano contro il materasso, prima che una fitta lancinante la costringesse a crollare nuovamente contro il cuscino. Si sentiva debole, esausta... Se solo il mondo si fosse deciso a smettere di vorticare senza controllo davanti ai suoi occhi!

 

- E' sveglia...! -

 

Avvertì un tramestio concitato e riuscì a distinguere, nel riverbero accecante dei neon sulle pareti bianche, due figure femminili. Un'infermiera allampanata si chinò su di lei e la afferrò saldamente per le spalle. La aiutò ad appoggiare la schiena al guanciale, mentre l'altra donna regolava la sponda del letto in modo che la luce tornasse sopportabile e la stanza riassumesse contorni familiari.

 

- Come si sente? E' in grado di dirmi come si chiama? -

 

Sbattè gli occhi, cercando di focalizzarsi sul preciso senso delle parole.

 

- Io... Coco. - Abbozzò. - Cioè, Gabrielle. Gabrielle Lemoin. - Si corresse poi, passandosi una mano fra i capelli scompigliati.

 

La donna annuì, prendendo un appunto veloce sul notes che teneva in tasca. Lanciò un'occhiata fugace oltre la porta semiaperta, prima di tornare a rivolgerle un incolore sorriso di cortesia.

 

- Bene, Gabrielle. Ti va di vedere qualcuno...? - Continuò, passando ad un "tu" falsamente premuroso.    Domanda retorica    , tra l'altro.

 

Mentre lei cercava ancora di capire quale potesse essere la risposta giusta, a un piccolo cenno della donna, tre ragazzi varcarono la soglia, quasi correndo.

 

- Coco! -

 

Quello che sembrava essere il più piccolo sorpassò in lunghezza gli altri due, arrampicandosi quasi sul bordo del letto, nella foga di avvicinarsi.

 

- Dio, dimmi che stai bene! - Esclamò, poggiandole entrambi i palmi sulle guancie pallide.

 

- I-io... Sì, credo. - Balbettò, confusa e perfino un po' imbarazzata da quel contatto.

 

Nick si rilassò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso.

 

- Ma... Tu chi sei? - Trattenne il respiro, mentre gli occhi di lui si dilatavano in preda al panico.

 

Joe, che era arrivato a tiro di udito solo in quel momento, si bloccò improvvisamente sui due piedi, rischiando che il fratello maggiore si schiantasse di netto su di lui.

 

- Coco...! - Boccheggiò il più piccolo, stringendole le spalle minute. - Coco, che ti prende, non mi riconosci? Guardami...! -

 

Spaventata, lei si tirò indietro, strattonando le braccia per divincolarsi dalla sua presa febbrile. Nick la lasciò andare immediatamente, come se fosse improvvisamente scottato.

Terrorizzato anche solo al pensiero di poterla spaventare o farle del male.

 

- Gabrielle! - Joseph si lanciò praticamente ai piedi del letto, inginocchiandosi sul pavimento di asettico linoleum prima di stringerle le piccole mani fredde. - Amore... - Continuò, mentre sentiva il fiato venirgli meno, davanti allo sguardo confuso e tremante della sua ragazza.

 

Un panico soffocante lo investì, quando sentì le dita di lei scivolare via, intimidite.

Si voltò, giusto in tempo per vedere il primario fare il suo ingresso nella stanza, la cartella clinica di Coco sottobraccio.

 

- COSA LE AVETE FATTO...?! - Ringhiò, agguantandolo per il bavero del camice.

 

- Stia calmo, per l'amor del cielo! - Sbottò la prima infermiera. Ma Joe nemmeno la sentiva. - SI CALMI! - Ululò di nuovo la donna, quando lui prese a scuotere bruscamente il dottore.

 

Gabrielle si strinse nelle braccia tremanti, distogliendo lo sguardo atterrito da quella scena, per lo meno surreale. Si voltò, incrociando, al posto del muro bianco che si aspettava, due pozze color smeraldo.

 

La guardava, Kevin. La guardava in silenzio, gli occhi lucidi di un dolore sordo e terrificante. Qualcosa che, in quel momento, lei sentiva che avrebbe dovuto capire.

 

Nel frattempo, Nick era riuscito a placare suo fratello maggiore, in qualche modo, convincendolo ad ascoltare quello che il medico aveva da dirgli, prima di trarre conclusioni affrettate.

 

- La ragazza ha subito un forte impatto con la macchina. - Cominciò quello, sistemandosi gli occhiali di bachelite sul naso. - Fortunatamente non è stata sbalzata via e i danni fisici sono pressochè irrilevanti... - Indicò con un gesto vago la benda candida attorno al polso sinistro di Coco e il cerotto che le copriva metà della guancia opposta. - Però il trauma cranico è notevole. Tanto che, probabilmente, le ha causato una perdita parziale dei ricordi a breve termine. -

 

- E questo cosa significa?! - Lo incalzò Joe, rabbioso. - Noi la conosciamo da quasi un anno e mezzo, orma- -

 

- Vede, con "breve termine", in questi casi si intendono periodi che possono arrivare anche ai due o tre anni. - Replicò l'uomo, con pazienza.

 

- Ed... E' definitivo? - Soffiò Nicholas, sputando quasi le parole. Joe arpionò il bordo del letto e Kevin, sempre fermo immobile, serrò le labbra.

 

- Onestamente... Non posso dirlo con certezza. - Sospirò l'uomo, sfogliando la cartella senza nemmeno leggerla. - Per questo tipo di cose non esiste una prassi comune. Dipende dal soggetto, dal tipo di ricordi rimossi... Generalmente e al contrario di quanto ci si aspetta, si cancellano per prime le emozioni forti. I legami più coinvolgenti. - Spiegò, richiudendo la copertina di plastica blu. - Tutto può essere...! Quello che voi potete fare è starle vicino, parlarle... spingerla a ricordare, pian piano. E sperare che quello che ha perso sia abbastanza importante da riuscire a "tornare indietro". - Concluse.

 

Quattro paia di occhi scivolarono su Gabrielle, accoccolata fra le coperte di cotone sintetico. Immobile.

 

- Perdonatemi... - Pigolò, quando si accorse dei loro sguardi. - Ma io non ricordo nessuno di voi tre... Mi dispiace. - Scosse appena il capo, mentre una lacrima del tutto inaspettata rotolava oltre le sue ciglia scure.

 

 

***

 

 

Nick sorrise del sorriso triste di chi sa già che sta per fare un tentativo piuttosto inutile.

Strizzò la maniglia fredda fra le dita, fissando il cartellino di plastica col numero della stanza come se potesse d'improvviso animarsi e fornirgli tutte le risposte che cercava.

 

Senza risultato alcuno.

 

Da un mese a quella parte, aveva passato tutti i suoi pomeriggi in quella maledetta camera d'ospedale. Stringendo le piccole mani di Coco fra le sue, mentre le raccontava quello che erano stati. Tenacemente, senza stancarsi mai di ripeterle quanto stavano bene insieme, loro due, quanto si amavano.

Cercava caparbiamente nei suoi occhi chiari un segno che qualcosa, in lei, fosse finalmente scattato.

 

Gabrielle, però, non ricordava.

Piuttosto accettava la sua presenza, come quella dei fratelli, attorno a , senza stancarsi mai di ascoltare quelle strane storie che avevano per protagonista una lei che non sapeva se avrebbe più ritrovato.

E si sentiva morire dentro, ogni volta che si trovava a dover scuotere malinconicamente la testa in risposta agli sguardi imploranti di Joe, ai sorrisi di Nick... o agli improvvisi silenzi di Kevin.

 

C'era qualcosa.

Qualcosa che non sapeva definire nemmeno lei, per cui non poteva sopportare di leggere tanto dolore nei loro occhi.

 

- Buongiorno. - Quando Nicholas si decise ad entrare, la trovò seduta sul davanzale interno della finestra.

 

L'infermiera le aveva appena tolto l'ingombrante cerotto dalla guancia, facendola sembrare più normale che mai. Quasi si aspettava di vedersela correre incontro, di sentire nuovamente la sua voce chiamarlo con dolcezza.

 

"Piccolo". Quanto gli mancava quell'unica, semplice parola...? 

 

Coco si limitò a sorridergli timidamente, lasciando che la raggiungesse e le si sedesse accanto, sul piano di marmo intiepidito dal sole. Arrossì, quando lui si chinò a posarle un bacio sulla fronte.

 

- Come stai oggi? - Domandò, soffermandosi a giocherellare con uno dei suoi lunghi boccoli scuri.

 

- Come sempre... - Mormorò lei, le guancie ancora più in fiamme.

 

La faceva letteralmente impazzire il modo in cui quei tre ragazzi la toccavano, ma non per la ragione a cui tutti avrebbero subito pensato. No, era qualcosa di molto più innocente e... semplice.

 

Joe, Kevin e Nick  la trattavano con una dolcezza e una devozione che la sorprendeva ogni volta di più. Perchè la "nuova" Coco era tornata indietro nel tempo, a quando loro, semplicemente, non c'erano.

 

- Dove eravamo rimasti ieri? - Domandò, mentre Nicholas le stringeva le mani, facendo accelerare vertiginosamente i battiti del suo cuore.

 

- Al tuo compleanno, credo... - Iniziò lui, passandosi le dita fra i ricci scombinati. - Ti avevamo fatto una sorpresa, io e i ragazzi. - Sorrise, nel vedere le labbra di Gabrielle incurvarsi leggermente, in una piccola smorfia di concentrazione. - Ci ha aiutati tua sorella. -

 

- Monmon? - Inclinò appena il capo, perplessa.

 

- Ti ha portata al teatro, dove noi ti aspettavamo, con una scusa. - Spiegò. - Avevamo deciso di ricostruire, più o meno, il nostro primo incontro... E quella era stata un'idea mia. -

 

- Il primo giorno...? - Ripetè Coco, socchiudendo gli occhi in un ingenuo tentativo di ricordare qualcosa.

 

- Per me è vivido, come se fosse ieri. - Mormorò lui, abbassando lo sguardo. - Mi ha cambiato la vita. Totalmente... - Trattenne bruscamente il respiro, mentre il suo tono di voce si faceva improvvisamente insicuro. - Dal momento che mi hai portato quel latte al cioccolato, noi eravamo legati... E io volevo che ci "rincontrassimo" lì, nello stesso posto. Per farti vedere cosa eravamo diventati, in così poco tempo. -

 

Rafforzò la presa sui polsi sottili, soffocando a stento la voglia di stringerla fin quasi a confondersi con lei.

 

- Hai fatto una faccia, quando mi hai visto...! - Esitò di nuovo, mordendosi il labbro sottile. - Anche se Kevin ti aveva già spiegato qualcosa. Mi... Mi sei corsa incontro, subito. Ed eri così felice, che- - Un singhiozzo mal trattenuto gli spezzò bruscamente le parole in gola, seguito da un altro e poi un altro ancora mentre chinava il capo, lasciando cadere le lacrime sulla stoffa ruvida dei propri pantaloni.

 

Sussultò bruscamente, nell'avvertire quel tocco, troppo morbido e familiare, sulla pelle arrossata.

Sussultarono entrambi, in realtà.

 

Nick sollevò lo sguardo, incrociando quello sgomento di lei proprio nel momento in cui ritraeva la mano. Coco si fissò le dita umide, atterrita come se quelle avessero improvvisamente assunto una volontà propria. Eppure le era sembrato così semplice, così giusto, raccogliere quelle lacrime e spazzarle via...!

Un riflesso incondizionato, come se non potesse essere diversamente.

 

- Non piangere. - Mormorò, tornando a guardarlo.

 

La voce le morì in gola, mentre si incastrava irrimediabilmente negli occhi color mogano di lui. Si guardarono silenziosamente, interrogandosi febbrilmente, entrambi, sul perchè di quel gesto.

 

Dopo secondi che parvero ore, Gabrielle torno a chiedergli di riprendere il racconto da dove l'aveva lasciato.

 

- Ero contenta di vederti, quindi...? - Domandò. Cercando, per quanto poteva, di riportare la conversazione sui soliti toni.    

 

- Sì. - Cercò di sorridere Nick. - Moltissimo. Ti avevo porta- -

 

Non fece in tempo a riprendere il racconto, interrotto prima di cominciare dall'arrivo di una vecchia infermiera accigliata.

 

- Ora di cena. - Borbottò, poggiando una tovaglietta e qualche stoviglia sul tavolo di linoleum all'entrata. - Torno col carrello... -

 

Girò i tacchi, soffermandosi soltanto un momento a sintonizzare la vecchia radiolina che si portava costantemente appresso. Diede un mezzo giro alla manopola, cercando con scarsi esiti di sostituire della musica al gracchiare indistinto.

 

Dopo qualche minuto di inutili sforzi, abbandonò lo scatolino sul tavolo con un gesto scocciato. Quello, quasi per dispetto, prese a trasmettere subito dopo la sua uscita di scena.

 

 

"...tonight I'm gonna fly. Cause I could go across the world,

see everything and never be satisfied, if I couldn't see... those eyes."

 

 

Nick accennò un sorriso, riconoscendo la voce del fratello, leggermente più squillante ed immatura del solito. Buffo come, con tutte le canzoni esistenti, avessero deciso di passarne proprio una delle loro.

 

Quella, in particolare.

 

Si voltò, pronto a raccontare alla sua Gabrielle anche quel pezzo di storia, ma si bloccò subito, osservando il suo sguardo perso. La vide crollare, quasi, seduta al bordo estremo del davanzale.

Seguì le piccole mani affusolate tuffarsi fra i ciuffi scuri, premendo le tempie doloranti.

 

Non era la prima volta che Coco aveva quelle che il medico definiva "crisi di rifiuto" verso il suo stato attuale. Erano momenti, normalmente rapidi e fastidiosi, in cui il suo cervello riceveva un impulso più forte del solito a ricordare, senza però riuscirvi. Le fitte, più o meno intense, erano semplicemente la frustrata reazione a quell'incapacità.

 

 

"Hello, beautiful. It's been a long time,

 since my phone rung and you've been on that line..."  

 

 

Mentre la musica risuonava imperterrita, Nicholas si rese conto che qualcosa non andava. Doveva essere un attacco più forte dei soliti, perchè Gabrielle continuava a sorreggersi il capo, serrando le labbra in impercettibili, sofferti mugolii.

 

- Coco... Che succede? -

 

Non poteva sentirlo.

Flash confusi, come fotogrammi rubati ad un vecchio film, le rimbalzavano veloci nella mente.

 

 

"I've been missing you, it's true."

 

 

Sentiva le parole, le stesse parole che uscivano dalla radio. La stessa voce, forse solo un po' più calda e profonda... E vedeva la sala dell'Emeraude, con le poltroncine di velluto, rosse alla luce dei riflettori. Qualcuno che camminava velocemente. Un corridoio e poi, ancora, una piccola macchia, come di colore...

 

Rosso, giallo, poi quasi bianco.

 

Ed infine gli occhi che aveva di fronte, incredibilmente belli, allora come in quel momento.

 

Improvvisamente il dolore cessò e la sua mente sembrò rilassarsi lentamente, come se avesse ripreso a respirare dopo una lunga apnea e stesse cercando di riabituarsi a quella sensazione.

 

 

"... those eyes."

 

 

- Tutto a posto? - Mormorò lui, incerto, mentre la voce di Joe sfumava, inghiottita dall'intro di un pezzo decisamente anni settanta. Gabrielle non rispose, tornò semplicemente a tuffare lo sguardo nel suo. - Volevo... Volevo raccontarti anche dei regali che ti avevamo fatto. - Sorrise, accettando quel silenzio come una risposta positiva. - Io... -   

 

- Tu mi hai portato una rosa tea, Nick. - Lo anticipò.

 

Schizzò in piedi tanto velocemente, che rischiò di inciampare nei propri piedi. Lei inclinò appena il capo, continuando a fissarlo.

 

- E poi il tuo plettro. - Continuò, mordendosi appena il labbro. - E Joe... Joe mi ha cantato quella canzone. -

 

- Coco...! - Soffiò, tentando inutilmente di riprendere fiato. - Ti ricordi...? - I suoi occhi scuri si dilatarono, mentre l'ultima parola scivolava sulle labbra socchiuse. Trattenne bruscamente il respiro, osservandola mentre si alzava a sua volta.

 

- Non volevo farti piangere. - Sussurrò, in tono assurdamente pacato, sfiorandogli una guancia con la punta delle dita.

 

Lui l'abbracciò, di slancio, senza aggiungere altro. Stringendosela contro fino a che, fra loro, non rimase nemmeno un millimetro di spazio vuoto da colmare. Tuffò una mano fra i lunghi boccoli scuri, accarezzandoli piano. Era come svegliarsi da un lungo, terribile sogno di cui, volenti o nolenti, si conoscono tutti i più invisibili particolari.

 

E Gabrielle lo sapeva.

 

Sapeva, in qualche modo, dell'incidente e di quel lungo, forzato oblio. Di come, assurdamente, aveva cancellato dalla sua vita i tre terzi della sua felicità.

E lo smarrimento per quella violenta separazione.

 

Strizzò la stoffa leggera della sua camicia a quadri, sussurrandogli una sequela di scuse disordinate, interrotte da piccoli sospiri, quando il suo corpo le imponeva di riprendere fiato.

Scuse che lui, quasi, non ascoltò.

 

- No. - Soffiò, scostandosi appena per guardarla. Arrossì, sotto i suoi occhi indagatori. Cercando di nascondersi, quasi, dietro i ricci che gli cadevano scomposti sulla fronte. - Non chiamarmi Nick. -

 

Coco lo osservò, arricciando le labbra in una smorfia confusa. Inclinò appena il capo, prima di illuminarsi di comprensione. Appena prima che Nick si chinasse, poggiando la fronte contro la sua. Avvicinandosi come se volesse darle un bacio, ma, in realtà, impegnato in un gesto molto più profondo e forte di un semplice sfiorarsi di labbra.

 

- Piccolo. - Sussurrò, lentamente, portandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

 

Lo scatto deciso della maniglia passò quasi inosservato. Non si voltarono.

Non se ne curarono, credendo di vedere l'infermiera di poco prima.

Joe si bloccò sull'entrata, lasciando il fratello maggiore fuori dalla camera e fissò Gabrielle, mentre ancora l'ultima parola le scivolava sulle labbra.

 

- Cosa hai detto...? - Soffiò, scordandosi di salutare o fare qualunque altra cosa, prima.

 

Lei si girò, mettendoci una maledetta eternità.

Incrociò i suoi occhi color caramello, sgranati, lucidi come specchi. Arrossì, mentre le braccia di Nick scivolavano via, liberandola.

 

- Joe. - Mormorò.

 

Non se l'aspettava. Non immaginava cosa sarebbe stato rivederlo, dopo aver ricordato...

Non avrebbe pensato al battere furioso del cuore, al respiro teso. Al calore assurdo contro i palmi delle mani chiuse.

 

Non oppose la minima resistenza, quando lui le si avvicinò di corsa, afferrandole febbrilmente le spalle. Intravide Kevin che si richiudeva la porta alle spalle e Nick che gli andava incontro. Per un secondo, prima che tutto annegasse nuovamente in un mare di ambra liquida.

 

- Coco, chi sono io? - Vedeva solo Joe, il suo sguardo deciso e le labbra che sembravano disegnate anche così, strette in una smorfia tesa.


Per quanto, messa così, potesse sembrare una richiesta assurda era quanto di più importante volessero sapere. Entrambi.

 

- Sei Joe. - Soffio lei, respirando profondamente. - Il mio Joe. -

 

Un attimo dopo era stretta fra le sue braccia, premuta contro di lui fin quasi a soffocare di quel profumo tanto meravigliosamente familiare. Eccolo, il secondo spicchio della sua gioia.

 

- Amore mio... - Le bisbigliò all'orecchio, piano.

 

Chiuse gli occhi, tremando impercettibilmente quando avvertì il suo calore contro le labbra.

E lo baciò, accarezzandogli la guancia appena ruvida di barba, mentre il suo corpo, un passo alla volta, riacquistava la consapevolezza di com'era stargli vicino.

 

- Come...? Quando...? - Abbozzò Joe, sollevandole delicatamente il viso.

 

Scosse appena la testa, sorridendo rassicurante come a volergli dire "dopo". Gli posò un altro bacio all'angolo delle labbra, soffermandosi un momento col viso contro il suo.

 

Avevano tempo, ora.

 

Tutto il tempo di raccontarsi ogni singolo secondo di quei giorni di lontananza. Prima, però, c'era qualcosa che doveva dare. Che ogni singola fibra del suo essere le urlava di fare al più presto.

Spinse all'indietro Joe, scostandolo con dolcezza prima di attraversare rapidamente la stanza. Scivolando con i piedi nudi sul freddo pavimento di linoleum.   

 

Si fermò a pochi centimetri da Kevin, fissandolo dritto negli occhi.

Cercando di comunicargli silenziosamente, nella misura di un battito di ciglia, tutto quello che aveva da dire.  

 

Ti ricordo. Non ti ho lasciato indietro. Anche se sei l'ultimo... Senza di te non sarebbe "completa". Sei importante per me, esattamente allo stesso modo.

 

E, forse, non lo era nemmeno, tutto.

Lui capì perfettamente. Entrambi sapevano bene che l'avrebbe fatto, ancor prima di guardarsi.

Le poggiò una mano sulla nuca, attirandola delicatamente in avanti per posarle un bacio leggero sulla tempia e prima di chinarsi a sussurrarle all'orecchio, quando fu abbastanza vicina. Qualcosa di veloce, che le strappò un sorriso luminoso e che era destinato, può darsi, a rimanere un segreto fra loro due.

 

Aggrappata al suo braccio, Gabrielle tornò accanto al letto e si sedette sulle coperte ruvide, leggermente stropicciate. Le furono subito accanto, tutti e tre.

 

Era stato tutto assurdamente, incredibilmente veloce: la sua vita era di nuovo piena.

 

 

***

 

 

- Domani. - Pigolò, torcendo fra le mani la carta plissettata di un sottotorta vuoto.

 

- Ti veniamo a prendere...! - Replicò Joe, lanciando uno sguardo ai fratelli che erano già sulla porta.

 

L'infermiera che li aveva praticamente sbattuti fuori stava ancora raccogliendo i resti della cena, sui tavoli dei propri pazienti. Lanciava brevi occhiate torve nella sua direzione, con cadenza regolare di pochi minuti.

Nessuno avrebbe creduto che non volesse mettergli una certa pressione.

 

- Mi dispiace di avervi fatti stare qui, oltre l'orario... Avete anche dovuto mangiare come i malati. - Mormorò Coco, con aria colpevole. Lui sbuffò, esasperato.

 

- L'avremmo fatto comunque, lo sai. - Replicò. - E poi ci è andata di lusso, il dolce di ricotta era quasi più che mangiabile...! - Ironizzò, strappandole un sorriso.

 

La baciò di nuovo, per almeno la quarta volta da quella che aveva spergiurato essere l'ultima, tuffando una mano fra i capelli scuri e facendo, quasi, per appoggiarsi al materasso con l'altra.

L'infermiera, spazientita, lo agguantò all'improvviso. Strattonandolo con decisione per un orecchio, come si fa con i bambini troppo capricciosi.

 

- Fila via, Dongiovanni! - Abbaiò, spingendolo verso l'uscio. - Sono stufa di sentirmi dire "solo un minuto". - Lo bloccò, prima che potesse ribattere.

 

Gabrielle soffocò una risata, scambiandosi un'occhiata complice con il suo Joe. Era felice, luminosa come lui non l'aveva mai vista. Le sorrise, non potè farne a meno.

 

- Dormi bene, cucciola. E' già quasi domani...! - Mormorò, soffiandole un ultimo bacio in punta di dita che riuscì a scavalcare le massicce spalle dell'infermiera... Poi fu obbligato ad andarsene davvero.

 

- Era ora...! - Brontolò Agnes, raddrizzandosi la camiciona verde ospedale. - E adesso a nanna! Marsch...! - Agitò un braccio, spingendo impettita il carrello pieno in corridoio, quasi a passo di marcia.

 

Coco osservò la porta chiudersi di slancio, prima di scivolare morbidamente sotto le lenzuola. Qualcosa di ruvido si era insinuato sotto il suo braccio... Sorrise, nel trovarsi in mano due foglietti da dolce larghi e triangolari, identici a quello che aveva avuto in mano poco prima.

 

Quello di Joe aveva ancora qualche briciola attaccata sopra, quello di Kevin era metodicamente strappato lungo i bordi frastagliati e quello di Nick era integro. Del tutto perfetto.

 

Li avvicinò, ricomponendo sulla coperta arruffata la forma della tortina che avevano mangiato. Un cerchio completo. Compiuto. Lo picchiettò con le dita, appoggiando la testa al cuscino, improvvisamente rilassata e pesante di sonno.

 

Attraverso le ciglia socchiuse, umide, sembrava uno di quei grafici che si usano a scuola per imparare più facilmente le frazioni. La carta sottile scrocchiò, sotto la sua leggera pressione.

 

Lei aveva imparato, sì.

Un intero... Tre terzi. Così li aveva definiti.

Tre irrinunciabili parti di quella "lei" che credeva di aver smarrito e sapeva di aver ritrovato. Per sempre.

 

Si rannicchiò su un fianco, raccogliendo la forza di formulare un altro, unico pensiero per stessa, prima di crollare addormentata. (Era, davvero, già quasi domani...) 

 

Bentornata, Coco. Ti stavano aspettando.

  
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