Ebbene sì, ennesima shot.x3 E' più forte di me...
Prima di partire per venire qui, ho rivisto un episodio di Dr.House MD e *zac* è scattata l'idea! Non
potevo esimermi dal far soffrire un po' i miei personaggi... *risata malvagia*
Non ho saputo resistere...!*Capitan Jack Sparrow mode on*
Alla mia Rain.<3
Hope you'll like it!x3
Commenti più che graditissimi come al solito!*O* *faccino
implorante*
Amnesia
[ 3/3 ]
{ Has the moon lost her memory?
She is smiling, alone. }
Memory - Cats
Buio.
Questo
era tutto ciò che Gabrielle ricordava delle sue ultime dodici ore.
Scuro,
opprimente, soffocante come una macchia di inchiostro oleoso che si espandeva a
perdita d'occhio. E poi la sensazione del cemento ruvido sotto le mani, contro
la guancia pallida. La pelle graffiata, bruciante.
-
Donna. Bianca. 23 anni. E' stata
investita da una station wagon all'angolo con Rue De Tivoli. -
La
voce meccanica e annoiata dell'infermiera di turno stava ancora scandendo quelle
che dovevano essere le sue generalità, quando si svegliò. L'odore di
disinfettante che impregnava la stanza non le permetteva di prendere fiato nel
modo giusto.
Tossì,
sforzandosi di rilassare i muscoli doloranti.
Riuscì
a malapena a puntellare la mano contro il materasso, prima che una fitta
lancinante la costringesse a crollare nuovamente contro il cuscino. Si sentiva
debole, esausta... Se solo il mondo si fosse deciso a smettere di vorticare
senza controllo davanti ai suoi occhi!
-
E' sveglia...! -
Avvertì
un tramestio concitato e riuscì a distinguere, nel riverbero accecante dei neon
sulle pareti bianche, due figure femminili. Un'infermiera allampanata si chinò
su di lei e la afferrò saldamente per le spalle. La aiutò ad appoggiare la
schiena al guanciale, mentre l'altra donna regolava la sponda del letto in modo
che la luce tornasse sopportabile e la stanza riassumesse contorni familiari.
-
Come si sente? E' in grado di dirmi come si chiama? -
Sbattè
gli occhi, cercando di focalizzarsi sul preciso senso delle parole.
-
Io... Coco. - Abbozzò. - Cioè, Gabrielle. Gabrielle Lemoin. - Si corresse poi,
passandosi una mano fra i capelli scompigliati.
La
donna annuì, prendendo un appunto veloce sul notes che teneva in tasca. Lanciò
un'occhiata fugace oltre la porta semiaperta, prima di tornare a rivolgerle un
incolore sorriso di cortesia.
- Bene,
Gabrielle. Ti va di vedere qualcuno...? - Continuò, passando ad un "tu" falsamente premuroso.
Mentre
lei cercava ancora di capire quale potesse essere la risposta giusta, a un
piccolo cenno della donna, tre ragazzi varcarono la soglia, quasi correndo.
-
Coco! -
Quello
che sembrava essere il più piccolo sorpassò in lunghezza gli altri due, arrampicandosi
quasi sul bordo del letto, nella foga di avvicinarsi.
-
Dio, dimmi che stai bene! - Esclamò, poggiandole entrambi i palmi sulle guancie
pallide.
-
I-io... Sì, credo. - Balbettò, confusa e perfino un
po' imbarazzata da quel contatto.
Nick
si rilassò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso.
-
Ma... Tu chi sei? - Trattenne il
respiro, mentre gli occhi di lui si dilatavano in preda al panico.
Joe,
che era arrivato a tiro di udito solo in quel momento, si bloccò
improvvisamente sui due piedi, rischiando che il fratello maggiore si
schiantasse di netto su di lui.
-
Coco...! - Boccheggiò il più piccolo, stringendole le spalle minute. - Coco,
che ti prende, non mi riconosci? Guardami...!
-
Spaventata,
lei si tirò indietro, strattonando le braccia per divincolarsi dalla sua presa
febbrile. Nick la lasciò andare immediatamente, come se fosse improvvisamente
scottato.
Terrorizzato
anche solo al pensiero di poterla spaventare o farle del male.
-
Gabrielle! - Joseph si lanciò praticamente ai piedi del letto, inginocchiandosi
sul pavimento di asettico linoleum prima di stringerle le piccole mani fredde.
- Amore... - Continuò, mentre sentiva il fiato venirgli meno, davanti allo
sguardo confuso e tremante della sua ragazza.
Un
panico soffocante lo investì, quando sentì le dita di lei scivolare via,
intimidite.
Si
voltò, giusto in tempo per vedere il primario fare il suo ingresso nella
stanza, la cartella clinica di Coco sottobraccio.
-
COSA LE AVETE FATTO...?! - Ringhiò, agguantandolo per il bavero del camice.
-
Stia calmo, per l'amor del cielo! - Sbottò la prima infermiera. Ma Joe nemmeno
la sentiva. - SI CALMI! - Ululò di nuovo la donna, quando lui prese a scuotere
bruscamente il dottore.
Gabrielle
si strinse nelle braccia tremanti, distogliendo lo sguardo atterrito da quella
scena, per lo meno surreale. Si voltò, incrociando, al posto del muro bianco
che si aspettava, due pozze color smeraldo.
La
guardava, Kevin. La guardava in
silenzio, gli occhi lucidi di un dolore sordo e terrificante. Qualcosa che, in
quel momento, lei sentiva che avrebbe dovuto capire.
Nel
frattempo, Nick era riuscito a placare suo fratello maggiore, in qualche modo,
convincendolo ad ascoltare quello che il medico aveva da dirgli, prima di
trarre conclusioni affrettate.
-
La ragazza ha subito un forte impatto con la macchina. - Cominciò quello,
sistemandosi gli occhiali di bachelite sul naso. - Fortunatamente non è stata
sbalzata via e i danni fisici sono pressochè
irrilevanti... - Indicò con un gesto vago la benda candida attorno al polso
sinistro di Coco e il cerotto che le copriva metà della guancia opposta. - Però
il trauma cranico è notevole. Tanto che, probabilmente, le ha causato una
perdita parziale dei ricordi a breve termine. -
-
E questo cosa significa?! - Lo incalzò Joe, rabbioso. - Noi la conosciamo da
quasi un anno e mezzo, orma- -
-
Vede, con "breve termine",
in questi casi si intendono periodi che possono arrivare anche ai due o tre
anni. - Replicò l'uomo, con pazienza.
-
Ed... E' definitivo? - Soffiò Nicholas,
sputando quasi le parole. Joe arpionò il bordo del letto e Kevin, sempre fermo
immobile, serrò le labbra.
-
Onestamente... Non posso dirlo con certezza. - Sospirò l'uomo, sfogliando la
cartella senza nemmeno leggerla. - Per questo tipo di cose non esiste una
prassi comune. Dipende dal soggetto, dal tipo di ricordi rimossi...
Generalmente e al contrario di quanto ci si aspetta, si cancellano per prime le
emozioni forti. I legami più coinvolgenti.
- Spiegò, richiudendo la copertina di plastica blu. - Tutto può essere...!
Quello che voi potete fare è starle vicino, parlarle... spingerla a ricordare,
pian piano. E sperare che quello che ha perso sia abbastanza importante da
riuscire a "tornare indietro".
- Concluse.
Quattro
paia di occhi scivolarono su Gabrielle, accoccolata fra le coperte di cotone
sintetico. Immobile.
-
Perdonatemi... - Pigolò, quando si accorse dei loro sguardi. - Ma io non
ricordo nessuno di voi tre... Mi dispiace. - Scosse appena il capo, mentre una
lacrima del tutto inaspettata rotolava oltre le sue ciglia scure.
***
Nick
sorrise del sorriso triste di chi sa già che sta per fare un tentativo
piuttosto inutile.
Strizzò
la maniglia fredda fra le dita, fissando il cartellino di plastica col numero
della stanza come se potesse d'improvviso animarsi e fornirgli tutte le
risposte che cercava.
Senza risultato alcuno.
Da
un mese a quella parte, aveva passato tutti i suoi pomeriggi in quella
maledetta camera d'ospedale. Stringendo le piccole mani di Coco fra le sue,
mentre le raccontava quello che erano stati. Tenacemente, senza stancarsi mai
di ripeterle quanto stavano bene insieme, loro due, quanto si amavano.
Cercava
caparbiamente nei suoi occhi chiari un segno che qualcosa, in lei, fosse
finalmente scattato.
Gabrielle,
però, non ricordava.
Piuttosto
accettava la sua presenza, come quella dei fratelli, attorno a sè, senza stancarsi mai di ascoltare quelle strane storie
che avevano per protagonista una lei che non sapeva se avrebbe più ritrovato.
E
si sentiva morire dentro, ogni volta che si trovava a dover scuotere
malinconicamente la testa in risposta agli sguardi imploranti di Joe, ai
sorrisi di Nick... o agli improvvisi silenzi di Kevin.
C'era
qualcosa.
Qualcosa
che non sapeva definire nemmeno lei, per cui non poteva sopportare di leggere
tanto dolore nei loro occhi.
-
Buongiorno. - Quando Nicholas si decise ad entrare, la trovò seduta sul
davanzale interno della finestra.
L'infermiera
le aveva appena tolto l'ingombrante cerotto dalla guancia, facendola sembrare
più normale che mai. Quasi si
aspettava di vedersela correre incontro, di sentire nuovamente la sua voce
chiamarlo con dolcezza.
"Piccolo". Quanto gli mancava
quell'unica, semplice parola...?
Coco
si limitò a sorridergli timidamente, lasciando che la raggiungesse e le si
sedesse accanto, sul piano di marmo intiepidito dal sole. Arrossì, quando lui
si chinò a posarle un bacio sulla fronte.
-
Come stai oggi? - Domandò, soffermandosi a giocherellare con uno dei suoi
lunghi boccoli scuri.
-
Come sempre... - Mormorò lei, le guancie ancora più in fiamme.
La
faceva letteralmente impazzire il modo in cui quei tre ragazzi la toccavano, ma
non per la ragione a cui tutti avrebbero subito pensato. No, era qualcosa di
molto più innocente e... semplice.
Joe,
Kevin e Nick la trattavano con una
dolcezza e una devozione che la sorprendeva ogni volta di più. Perchè la "nuova"
Coco era tornata indietro nel tempo, a quando loro, semplicemente, non c'erano.
-
Dove eravamo rimasti ieri? - Domandò, mentre Nicholas le stringeva le mani,
facendo accelerare vertiginosamente i battiti del suo cuore.
-
Al tuo compleanno, credo... - Iniziò lui, passandosi le dita fra i ricci
scombinati. - Ti avevamo fatto una sorpresa, io e i ragazzi. - Sorrise, nel
vedere le labbra di Gabrielle incurvarsi leggermente, in una piccola smorfia di
concentrazione. - Ci ha aiutati tua sorella. -
-
Monmon? - Inclinò appena il capo, perplessa.
-
Ti ha portata al teatro, dove noi ti aspettavamo, con una scusa. - Spiegò. - Avevamo
deciso di ricostruire, più o meno, il nostro primo incontro... E quella era
stata un'idea mia. -
-
Il primo giorno...? - Ripetè Coco, socchiudendo gli
occhi in un ingenuo tentativo di ricordare qualcosa.
-
Per me è vivido, come se fosse ieri. - Mormorò lui, abbassando lo sguardo. - Mi
ha cambiato la vita. Totalmente... -
Trattenne bruscamente il respiro, mentre il suo tono di voce si faceva
improvvisamente insicuro. - Dal momento che mi hai portato quel latte al
cioccolato, noi eravamo legati... E
io volevo che ci "rincontrassimo"
lì, nello stesso posto. Per farti vedere cosa eravamo diventati, in così poco
tempo. -
Rafforzò
la presa sui polsi sottili, soffocando a stento la voglia di stringerla fin
quasi a confondersi con lei.
-
Hai fatto una faccia, quando mi hai visto...! - Esitò di nuovo, mordendosi il
labbro sottile. - Anche se Kevin ti aveva già spiegato qualcosa. Mi... Mi sei
corsa incontro, subito. Ed eri così felice, che- - Un singhiozzo mal trattenuto
gli spezzò bruscamente le parole in gola, seguito da un altro e poi un altro
ancora mentre chinava il capo, lasciando cadere le lacrime sulla stoffa ruvida
dei propri pantaloni.
Sussultò
bruscamente, nell'avvertire quel
tocco, troppo morbido e familiare, sulla pelle arrossata.
Sussultarono
entrambi, in realtà.
Nick
sollevò lo sguardo, incrociando quello sgomento di lei proprio nel momento in
cui ritraeva la mano. Coco si fissò le dita umide, atterrita come se quelle
avessero improvvisamente assunto una volontà propria. Eppure le era sembrato
così semplice, così giusto,
raccogliere quelle lacrime e spazzarle via...!
Un
riflesso incondizionato, come se non
potesse essere diversamente.
-
Non piangere. - Mormorò, tornando a guardarlo.
La
voce le morì in gola, mentre si incastrava irrimediabilmente negli occhi color
mogano di lui. Si guardarono silenziosamente, interrogandosi febbrilmente, entrambi, sul perchè
di quel gesto.
Dopo
secondi che parvero ore, Gabrielle torno a chiedergli di riprendere il racconto
da dove l'aveva lasciato.
-
Ero contenta di vederti, quindi...? - Domandò. Cercando, per quanto poteva, di
riportare la conversazione sui soliti toni.
-
Sì. - Cercò di sorridere Nick. - Moltissimo.
Ti avevo porta- -
Non
fece in tempo a riprendere il racconto, interrotto prima di cominciare
dall'arrivo di una vecchia infermiera accigliata.
-
Ora di cena. - Borbottò, poggiando una tovaglietta e qualche stoviglia sul
tavolo di linoleum all'entrata. - Torno col carrello... -
Girò
i tacchi, soffermandosi soltanto un momento a sintonizzare la vecchia radiolina
che si portava costantemente appresso. Diede un mezzo giro alla manopola,
cercando con scarsi esiti di sostituire della musica al gracchiare indistinto.
Dopo
qualche minuto di inutili sforzi, abbandonò lo scatolino sul tavolo con un
gesto scocciato. Quello, quasi per dispetto, prese a trasmettere subito dopo la
sua uscita di scena.
"...tonight
I'm gonna fly. Cause I could go across the world,
see everything and
never be satisfied, if I couldn't see... those eyes."
Nick accennò un sorriso, riconoscendo la voce del
fratello, leggermente più squillante ed immatura del solito. Buffo come, con
tutte le canzoni esistenti, avessero deciso di passarne proprio una delle loro.
Quella, in particolare.
Si voltò, pronto a raccontare alla sua Gabrielle
anche quel pezzo di storia, ma si bloccò subito, osservando il suo sguardo
perso. La vide crollare, quasi, seduta al bordo estremo del davanzale.
Seguì le piccole mani affusolate tuffarsi fra i
ciuffi scuri, premendo le tempie doloranti.
Non era la prima volta che Coco aveva quelle che il
medico definiva "crisi di rifiuto"
verso il suo stato attuale. Erano momenti, normalmente rapidi e fastidiosi, in
cui il suo cervello riceveva un impulso più forte del solito a ricordare, senza
però riuscirvi. Le fitte, più o meno intense, erano semplicemente la frustrata
reazione a quell'incapacità.
"Hello, beautiful. It's been a long time,
since my
phone rung and you've been on that line..."
Mentre la musica risuonava imperterrita, Nicholas
si rese conto che qualcosa non andava. Doveva essere un attacco più forte dei
soliti, perchè Gabrielle continuava a sorreggersi il
capo, serrando le labbra in impercettibili, sofferti mugolii.
- Coco... Che succede? -
Non poteva sentirlo.
Flash confusi, come fotogrammi rubati ad un vecchio
film, le rimbalzavano veloci nella mente.
"I've been missing you, it's true."
Sentiva le parole, le stesse parole che uscivano dalla radio. La stessa voce, forse solo
un po' più calda e profonda... E vedeva la sala dell'Emeraude,
con le poltroncine di velluto, rosse alla luce dei riflettori. Qualcuno che
camminava velocemente. Un corridoio e poi, ancora, una piccola macchia, come di
colore...
Rosso, giallo, poi quasi bianco.
Ed infine gli occhi che aveva di fronte,
incredibilmente belli, allora come in quel momento.
Improvvisamente il dolore cessò e la sua mente
sembrò rilassarsi lentamente, come se avesse ripreso a respirare dopo una lunga
apnea e stesse cercando di riabituarsi a quella sensazione.
"... those eyes."
- Tutto a posto? - Mormorò lui, incerto, mentre la
voce di Joe sfumava, inghiottita dall'intro di un
pezzo decisamente anni settanta. Gabrielle non rispose, tornò semplicemente a
tuffare lo sguardo nel suo. - Volevo... Volevo raccontarti anche dei regali che
ti avevamo fatto. - Sorrise, accettando quel silenzio come una risposta
positiva. - Io... -
- Tu mi hai portato una rosa tea, Nick. - Lo
anticipò.
Schizzò in piedi tanto velocemente, che rischiò di
inciampare nei propri piedi. Lei inclinò appena il capo, continuando a
fissarlo.
- E poi il tuo plettro. - Continuò, mordendosi
appena il labbro. - E Joe... Joe mi ha cantato quella canzone. -
- Coco...!
- Soffiò, tentando inutilmente di riprendere fiato. - Ti ricordi...? - I suoi
occhi scuri si dilatarono, mentre l'ultima parola scivolava sulle labbra
socchiuse. Trattenne bruscamente il respiro, osservandola mentre si alzava a
sua volta.
- Non volevo farti piangere. - Sussurrò, in tono
assurdamente pacato, sfiorandogli una guancia con la punta delle dita.
Lui l'abbracciò, di slancio, senza aggiungere
altro. Stringendosela contro fino a che, fra loro, non rimase nemmeno un
millimetro di spazio vuoto da colmare. Tuffò una mano fra i lunghi boccoli
scuri, accarezzandoli piano. Era come svegliarsi da un lungo, terribile sogno
di cui, volenti o nolenti, si conoscono tutti i più invisibili particolari.
E Gabrielle lo
sapeva.
Sapeva, in qualche modo, dell'incidente e di quel
lungo, forzato oblio. Di come, assurdamente, aveva cancellato dalla sua vita i tre terzi della sua felicità.
E lo smarrimento per quella violenta separazione.
Strizzò la stoffa leggera della sua camicia a
quadri, sussurrandogli una sequela di scuse disordinate, interrotte da piccoli
sospiri, quando il suo corpo le imponeva di riprendere fiato.
Scuse che lui, quasi, non ascoltò.
- No. -
Soffiò, scostandosi appena per guardarla. Arrossì, sotto i suoi occhi
indagatori. Cercando di nascondersi, quasi, dietro i ricci che gli cadevano
scomposti sulla fronte. - Non chiamarmi Nick. -
Coco lo osservò, arricciando le labbra in una
smorfia confusa. Inclinò appena il capo, prima di illuminarsi di comprensione.
Appena prima che Nick si chinasse, poggiando la fronte contro la sua.
Avvicinandosi come se volesse darle un bacio, ma, in realtà, impegnato in un
gesto molto più profondo e forte di
un semplice sfiorarsi di labbra.
- Piccolo.
- Sussurrò, lentamente, portandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Lo scatto deciso della maniglia passò quasi
inosservato. Non si voltarono.
Non se ne curarono, credendo di vedere l'infermiera
di poco prima.
Joe si bloccò sull'entrata, lasciando il fratello
maggiore fuori dalla camera e fissò Gabrielle, mentre ancora l'ultima parola le
scivolava sulle labbra.
- Cosa
hai detto...? - Soffiò, scordandosi di salutare o fare qualunque altra cosa, prima.
Lei si girò, mettendoci una maledetta eternità.
Incrociò i suoi occhi color caramello, sgranati, lucidi
come specchi. Arrossì, mentre le braccia di Nick scivolavano via, liberandola.
- Joe. - Mormorò.
Non se l'aspettava. Non immaginava cosa sarebbe stato rivederlo, dopo aver
ricordato...
Non avrebbe pensato al battere furioso del cuore,
al respiro teso. Al calore assurdo contro i palmi delle mani chiuse.
Non oppose la minima resistenza, quando lui le si
avvicinò di corsa, afferrandole febbrilmente le spalle. Intravide Kevin che si
richiudeva la porta alle spalle e Nick che gli andava incontro. Per un secondo,
prima che tutto annegasse nuovamente in un mare di ambra liquida.
- Coco, chi sono io? - Vedeva solo Joe, il suo
sguardo deciso e le labbra che sembravano disegnate anche così, strette in una
smorfia tesa.
Per quanto, messa così, potesse sembrare una
richiesta assurda era quanto di più importante volessero sapere. Entrambi.
- Sei Joe. - Soffio lei, respirando profondamente.
- Il mio Joe. -
Un attimo dopo era stretta fra le sue braccia,
premuta contro di lui fin quasi a soffocare di quel profumo tanto
meravigliosamente familiare. Eccolo, il secondo spicchio della sua gioia.
-
Amore mio... - Le bisbigliò all'orecchio, piano.
Chiuse
gli occhi, tremando impercettibilmente quando avvertì il suo calore contro le labbra.
E
lo baciò, accarezzandogli la guancia appena ruvida di barba, mentre il suo
corpo, un passo alla volta, riacquistava la consapevolezza di com'era stargli
vicino.
-
Come...? Quando...? - Abbozzò Joe,
sollevandole delicatamente il viso.
Scosse
appena la testa, sorridendo rassicurante come a volergli dire "dopo". Gli posò un altro bacio
all'angolo delle labbra, soffermandosi un momento col viso contro il suo.
Avevano
tempo, ora.
Tutto
il tempo di raccontarsi ogni singolo secondo di quei giorni di lontananza.
Prima, però, c'era qualcosa che doveva
dare. Che ogni singola fibra del suo essere le urlava di fare al più presto.
Spinse
all'indietro Joe, scostandolo con dolcezza prima di attraversare rapidamente la
stanza. Scivolando con i piedi nudi sul freddo pavimento di linoleum.
Si
fermò a pochi centimetri da Kevin, fissandolo dritto negli occhi.
Cercando
di comunicargli silenziosamente, nella misura di un battito di ciglia, tutto
quello che aveva da dire.
Ti ricordo.
Non ti ho lasciato indietro. Anche se sei l'ultimo... Senza di te non sarebbe "completa".
Sei importante per me, esattamente allo stesso modo.
E,
forse, non lo era nemmeno, tutto.
Lui
capì perfettamente. Entrambi sapevano bene che l'avrebbe fatto, ancor prima di
guardarsi.
Le
poggiò una mano sulla nuca, attirandola delicatamente in avanti per posarle un
bacio leggero sulla tempia e prima di chinarsi a sussurrarle all'orecchio,
quando fu abbastanza vicina. Qualcosa di veloce, che le strappò un sorriso
luminoso e che era destinato, può darsi,
a rimanere un segreto fra loro due.
Aggrappata
al suo braccio, Gabrielle tornò accanto al letto e si sedette sulle coperte
ruvide, leggermente stropicciate. Le furono subito accanto, tutti e tre.
Era
stato tutto assurdamente, incredibilmente veloce: la sua vita era di nuovo piena.
***
-
Domani. - Pigolò, torcendo fra le mani la carta plissettata di un sottotorta
vuoto.
-
Ti veniamo a prendere...! - Replicò Joe, lanciando uno sguardo ai fratelli che
erano già sulla porta.
L'infermiera
che li aveva praticamente sbattuti fuori stava ancora raccogliendo i resti
della cena, sui tavoli dei propri pazienti. Lanciava brevi occhiate torve nella
sua direzione, con cadenza regolare di pochi minuti.
Nessuno
avrebbe creduto che non volesse mettergli una certa pressione.
-
Mi dispiace di avervi fatti stare qui, oltre l'orario... Avete anche dovuto
mangiare come i malati. - Mormorò Coco, con aria colpevole. Lui sbuffò,
esasperato.
-
L'avremmo fatto comunque, lo sai. - Replicò. - E poi ci è andata di lusso, il
dolce di ricotta era quasi più che
mangiabile...! - Ironizzò, strappandole un sorriso.
La
baciò di nuovo, per almeno la quarta volta da quella che aveva spergiurato essere l'ultima, tuffando
una mano fra i capelli scuri e facendo, quasi, per appoggiarsi al materasso con
l'altra.
L'infermiera,
spazientita, lo agguantò all'improvviso. Strattonandolo con decisione per un
orecchio, come si fa con i bambini troppo capricciosi.
-
Fila via, Dongiovanni! - Abbaiò,
spingendolo verso l'uscio. - Sono stufa di sentirmi dire "solo un
minuto". - Lo bloccò, prima che potesse ribattere.
Gabrielle
soffocò una risata, scambiandosi un'occhiata complice con il suo Joe. Era felice, luminosa come lui
non l'aveva mai vista. Le sorrise, non potè farne a
meno.
-
Dormi bene, cucciola. E' già quasi domani...!
- Mormorò, soffiandole un ultimo bacio in punta di dita che riuscì a scavalcare
le massicce spalle dell'infermiera... Poi fu obbligato ad andarsene davvero.
-
Era ora...! - Brontolò Agnes, raddrizzandosi la camiciona
verde ospedale. - E adesso a nanna! Marsch...!
- Agitò un braccio, spingendo impettita il carrello pieno in corridoio, quasi a
passo di marcia.
Coco
osservò la porta chiudersi di slancio, prima di scivolare morbidamente sotto le
lenzuola. Qualcosa di ruvido si era insinuato sotto il suo braccio... Sorrise,
nel trovarsi in mano due foglietti da dolce larghi e triangolari, identici a
quello che aveva avuto in mano poco prima.
Quello
di Joe aveva ancora qualche briciola attaccata sopra, quello di Kevin era
metodicamente strappato lungo i bordi frastagliati e quello di Nick era integro. Del tutto perfetto.
Li
avvicinò, ricomponendo sulla coperta arruffata la forma della tortina che
avevano mangiato. Un cerchio completo. Compiuto.
Lo picchiettò con le dita, appoggiando la testa al cuscino, improvvisamente
rilassata e pesante di sonno.
Attraverso
le ciglia socchiuse, umide, sembrava uno di quei grafici che si usano a scuola
per imparare più facilmente le frazioni. La carta sottile scrocchiò, sotto la
sua leggera pressione.
Lei
aveva imparato, sì.
Un
intero... Tre terzi. Così li aveva definiti.
Tre
irrinunciabili parti di quella "lei" che credeva di aver smarrito e sapeva di aver ritrovato. Per sempre.
Si
rannicchiò su un fianco, raccogliendo la forza di formulare un altro, unico
pensiero per sè stessa, prima di crollare
addormentata. (Era, davvero, già
quasi domani...)
Bentornata, Coco. Ti stavano
aspettando.