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Autore: Dalybook04    04/11/2020    2 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il bambino osservava la mamma scrivere qualcosa al computer. Le dita pallide si muovevano rapide sulla tastiera, e gli occhi azzurri erano fissi sullo schermo, dal quale partiva una luce azzurrognola che le illuminava il viso di un pallore spettrale. La cosa un po' lo spaventava, ma non lo avrebbe mai ammesso. Lui era forte, non aveva paura di nulla!
-mamma- dovette chiamarla più volte per avere la sua attenzione. Quella neanche staccò gli occhi dal PC.
-lo sai che non mi devi disturbare mentre lavoro. Cosa c'è?
-che cos'è l'amore?
-un sentimento- ci mise un po' a rispondere. Non perché stesse pensando, ma perché era arrivata una nuova mail dall'ufficio.
-che tipo di sentimento?
-uno bello- rispose secca. Dopo poco, per togliersi dai piedi il figlio, aggiunse -quello che c'è tra me e tuo padre.
-quindi l'amore è baciarsi e vivere insieme?
-mh, sì- rispose leggendo la mail.
Il bambino se ne andò, rimuginando. Ne aveva sentito parlare in un libro, ma da quello che aveva detto la mamma sembrava un sentimento molto più superficiale di quanto avesse letto. A chi doveva dare retta, allora? Mah, la mamma di solito aveva ragione, e nei libri si tende ad esagerare. Avrebbe riportato quella schifezza in biblioteca al più presto, stabilì deciso.

Lovino era teso, ma si stava sforzando di mostrarsi rilassato. Per fortuna suo nonno aveva insistito per dargli qualche lezione di recitazione, e i due soldati davanti a lui sembravano ancora più agitati di lui. Uno sembrava avere sessant'anni, l'altro non raggiungeva i quindici. Tremavano come foglie. Quando si era presentato, quei due avevano appena avuto il coraggio di puntargli contro i fucili, che erano diventati cenere dopo una sua occhiata. Si era detto disposto a collaborare ad alcune condizioni. Primo, quella di essere spedito nella capitale, le altre le avrebbe spiegate ai loro superiori.
Era lì da due ore. Uno dei due aveva scritto via computer alla capitale, spiegando la situazione. Dopo meno di un quarto d'ora era arrivata una risposta, ovvero che avrebbero mandato dei mezzi per portare Lovino da loro. Nel frattempo si erano raccomandati di trattarlo nel migliore dei modi.
A quanto pareva, per i due soldati il migliore dei modi era farlo accomodare su una panca e offrirgli del caffé di merda, che per altro rifiutò. Già era nervoso di suo, ci mancava il caffé, sempre che potesse essere definito tale.
Finalmente un boato annunciò l'arrivo dei carri armati. I due soldati si misero sull'attenti quando entrarono i loro superiori. Lovino si limitò a un cenno del capo, senza neanche darsi la pena di alzarsi in piedi. Dalle finestrelle sporche intravide una ventina di soldati schierati fuori dalla caserma, decisamente meglio equipaggiati dei due che lavoravano lì. Dentro la caserma entrò uno che chiaramente era un generale, con due guardie pesantemente armate alle sue spalle. Il generale era alto, pallido, con i capelli chiari, gli occhi viola e un sorriso affabile. Non era armato, ma indossava un paio di guanti e aveva l'aria di uno in grado di ammazzare un uomo anche senza un fucile. Lovino non si fece intimidire, o almeno non glielo diede a vedere, e si alzò in piedi spolverandosi i pantaloni. Il generale aumentò il suo sorriso e gli tese la mano.
-mi è stato detto che ti sei finalmente deciso a collaborare.
Lovino osservò la sua mano tesa. I guanti erano di pelle scura, spessi, e all'apparenza dovevano tenere un caldo insopportabile, ma quel tipo indossava una sciarpa rossa intorno al collo dall'aria altrettanto pesante, quindi doveva esserci abituato. Doveva stringergli la mano o no? Forse era meglio mostrarsi collaborativo, ma quel tizio aveva l'aria di uno che rispettava la forza.
Il generale sembrò mal interpretare la sua esitazione. Si lasciò sfuggire una mezza risatina -non preoccuparti, i guanti sono progettati per proteggere chi li indossa dal tuo... talento- aveva l'aria invidiosa, come se lo avesse voluto lui quel "talento" -non mi farai niente.
Lovino annuì e gli strinse la mano. Quello aveva una stretta potente, che per poco non gli ruppe qualche dito.
-sono Ivan Braginski. Spero che la nostra collaborazione sarà proficua- dal sorriso con cui lo disse, sembrava intendere "spero che tu ti renda utile prima che io ti uccida".
-ho alcune condizioni.
Quello sembrò divertito -altrimenti che farai? Ci sono cento soldati qui fuori. Non puoi toccarli tutti prima che almeno uno ti spari, e sono tutti coperti dalla testa ai piedi dello stesso materiale dei miei guanti.
Lovino distrusse i fucili dei due soldati dietro di lui -non mi serve toccarli per ucciderli- di questo non ne era così sicuro -e le pallottole non mi fanno niente- questo invece era vero -quindi o ascoltate le mie condizioni, o vi uccido tutti e me ne vado.
Ivan lo scrutò per qualche secondo, senza il sorriso di prima. Lovino sostenne il suo sguardo. Se c'era una cosa in cui eccelleva, quella era la testardaggine. Alla fine quello tornò a sorridere -benissimo. Quali sono le tue condizioni?
-primo, essere portato nella capitale.
-sono qui a posta.
-secondo, voglio essere messo al corrente di tutti i risultati degli esperimenti che mi avete fatto e di quelli che mi farete. Voglio essere trattato come un vostro pari, non come un topo da laboratorio.
-va bene.
-terzo, voglio la libertà di entrare e uscire quando voglio, avere una stanza privata ed essere trattato come un fottuto essere umano.
Ivan inarcò un sopracciglio -perché vuoi uscire?
Lovino incrociò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio -mi avete tenuto in cella per anni. Secondo te?
Si fissarono in cagnesco per qualche altro secondo, poi quello annuì -poi?
-quarto- quella era la richiesta più difficile -voglio incontrare il supremo.
Si aspettava di dover combattere per quest'ultimo punto, invece Ivan alzò le spalle -certo. Ti voleva incontrare lui stesso. Lo affascini, sai?- Lovino cercò di non mostrarsi troppo stupito -ci sono altre condizioni o possiamo andare? Siamo in ritardo.
-per ora è tutto.
-perfetto. Andiamo allora- sorrise ai due soldati della caserma, facendoli sobbalzare, si voltò e se ne andò, con Lovino al seguito.

Il viaggio fino alla capitale fu lungo. Certo, i furgoni erano veloci, ma la distanza era quello che era, e la compagnia non era certo delle migliori. Lovino avrebbe voluto avere qualcosa da leggere a sua disposizione, ma non aveva potuto portarsi nulla.
Ivan parlava, seduto davanti a lui, sempre con quel sorriso affabile, ma l'italiano non gli prestava molta attenzione. A un certo punto si era messo a parlare al telefono, a voce troppo bassa perché lui potesse sentire, senza più cagarlo, e a Lovino la cosa non era dispiaciuta granché.
Gli parlò di nuovo solo dopo aver chiuso la chiamata -il supremo è già lì- questo invece attirò la sua attenzione -non vede l'ora di incontrarti e ha accettato tutte le tue condizioni, con delle modalità che ti spiegherà direttamente lui.
Lovino annuì, con lo sguardo puntato sul finestrino. I vetri erano oscurati, in modo che nessuno potesse guardare dentro e lui non potesse guardare fuori, per cui stava essenzialmente guardando il suo riflesso. Sembrava molto meno spaventato di quanto si sentisse. Bene. Non doveva mostrarsi debole. Stava andando nella tana dei lupi, e i lupi sbranano quelli troppo deboli.
Il blindato si fermò. Ivan si voltò verso di lui. Sembrava curioso di studiare le sue mosse -siamo arrivati.
-bene- gli scoccò un'occhiataccia e scese dal blindato, sbattendo la porta. Nonostante la sua spavalderià, però, davanti allo spettacolo che aveva davanti restò a bocca aperta.
La capitale era immensa. In mezzo ad una valle circondata da alte montagne, la città era circondata da mura altissime, con una sola entrata, ovvero due enormi porte di ferro dalle quali Lovino era entrato. Oltre, c'erano alcuni magazzini, dove probabilmente venivano conservati alimenti e munizioni. E poi c'era l'edificio principale, una... non sapeva come definirla. Sembrava una sorta di castello, con cinque torrette, ma detta così sembra molto più principesca di quanto non fosse. Era un enorme struttura in acciaio, con poche finestrelle, talmente grande che Lovino non riusciva a distinguerne i limiti. C'erano guardie ovunque: sulle torri, sulle mura, davanti alle porte. Entrando Lovino si rese conto che gran parte di quell'enormità era adibita a dormitorio per l'esercito. La Restaurazione usava le sue truppe per tutto: controllare i cittadini, i luoghi di lavoro, le spedizioni... ma lì, nel centro, tenevano il grosso dell'esercito, quei reparti adibiti principalmente in caso di sommosse, guerre o per difendere la capitale stessa. Era, per farla breve, una città completamente militarizzata. Con tono pratico, Ivan gli spiegò mentre entravano che il piano terra era, appunto, in gran parte usato per far dormire le truppe. I piani sotterranei erano usati come prigione per quei pochi sciocchi che avevano osato tentare di entrarci, o per quelli che avevano commesso crimini contro lo stato, e che quindi erano quasi sempre vuote. Tre delle cinque torri invece erano degli ufficiali, amministrativi o dell'esercito, una era interamente per il supremo e l'altra per le ricerche di importanza nazionale. Suo malgrado, Lovino ne rimase colpito. L'ingresso era pratico: un'enorme stanza rettangolare, con cinque scale, ognuna contrassegnata da un cartello luminoso che ne indicava il numero, e sui lati centinaia di porte in metallo, sempre contrassegnate da cartelli luminosi, che portavano presumibilmente ai dormitori o agli spazi di allenamento. Infine, in un angolo, quasi dimenticata, una scala che portava in giù, verso le prigioni. I lampadari gettavano una triste luce a led sul tutto, illuminando ogni singola porta alla perfezione. La maggior parte di queste erano aperte, e i soldati facevano avanti e indietro, chi con un fucile in mano, chi chiaccherando con un collega.
-la torre numero uno è quella del supremo- spiegò Ivan, godendosi la sua espressione stupefatta -fino alla quattro sono per gli ufficiali. La cinque è per gli scienziati e gli studiosi. La porta quarantadue è la mensa- Lovino la individuò a metà della parete davanti a lui, perfettamente uguale a tutte le altre -il supremo vuole parlarti ora, nella torre cinque. Ti accompagno.
Lovino annuì, sovrapensiero, e lo seguì verso la scalinata. Anche le scale erano pratiche, grigie e tutte uguali. Le guardie si fermarono alla loro base.
-non sono autorizzate a vedere il supremo- spiegò Ivan, camminandogli affianco. In cima alla scalinata c'era un lungo corridoio, con decine di porte tutte uguali. Senza esitare, quello lo condusse fino all'ultima, quella in fondo -questa è la stanza che da ora in poi verrà dedicata agli studi sul tuo dono- Lovino si trattenne a stento dal correggerlo -come hai richiesto, niente esperimenti invasivi o violenti, verrai messo al corrente di tutto ciò che è stato scoperto su di te e potrai uscire dalla caserma e girare liberamente per la capitale. Sei soddisfatto?
Annuì. Ivan annuì a sua volta -allora possiamo andare- e spalancò la porta.
Dentro, la stanza sembrava perfettamente ordinaria. Alcuni macchinari strani facevano capolino dalle pareti. Un lungo tavolo con attrezzi altrettanto strani e liquidi colorati dominava tutta la parete opposta alla porta. Nel complesso sembrava il laboratorio di uno scienziato pazzo molto ordinato. Ma l'uomo che lo aspettava al centro attirava tutta l'attenzione.
Il supremo era alto, almeno quanto Romolo. Doveva avere almeno una trentina d'anni, forse anche un po' di più. Aveva la pelle abbastanza scura, particolare che per qualche motivo lo stupì. I capelli scuri erano tagliati corti, e si arricciavano ai lati delle orecchie. Gli occhi verdognoli avevano un taglio vagamente orientale, altra cosa che lo sorprese, e facevano pensare che stesse ideando almeno dieci modi diversi di ucciderti contemporaneamente. Aveva un sorriso malizioso, con un non so che che di malvagio sembrava tutt'altro che rassicurante. Indossava un vestito scuro, che completava il look da malvagio da film d'azione. Con ironia, Lovino pensò che Alfred avrebbe adorato un cattivo così.
Quello vedendolo aumentò il suo sorriso. Non indossava guanti né nulla che potesse proteggerlo dal potere di Lovino, eppure non sembrava il tipo che si metteva a rischio a caso.
-sono Sadiq- aveva la voce bassa, secca, e il tono di uno che non era abituato a sentirsi dire di no, con un lieve accento orientale che Lovino non riuscì bene a identificare -nel caso te lo stessi chiedendo, il motivo per cui non sto indossando protezioni è molto semplice. Grazie agli studi su di te, abbiamo trovato il modo di instillare dei poteri su persone con determinate caratteristiche genetiche, tra cui il sottoscritto. Tali poteri non si possono scegliere, ma si adattano in base al proprietario. Il mio consiste nel restituire al mittente qualsiasi attacco alla mia persona- porca merda. Il sorriso di Sadiq aumentò -per cui, se tu dovessi usare il tuo potere su di me, ti verrebbe restituito, e l'unico a morire saresti tu.
Che splendida notizia. Tutto il piano su come assassinare il supremo era appena andato a puttane.
-spero che la nostra collaborazione sarà fruttuosa per entrambi- concluse, porgendogli la mano. Lovino gliela strinse, sforzandosi di non mostrare il panico che gli stava serrando lo stomaco. Perfetto, tutto il piano era andato completamente a farsi fottere. Doveva improvvisare. Fantastico.
-immagino che tu sia stanco per il viaggio- Sadiq continuava a sorridere, come se fosse entusiasta della sua disperazione. Ma lui non ne sapeva niente, no? -prima però vorrei farti qualche domanda, se non ti dispiace- dal suo tono sembrava che non gli importasse minimamente del suo dispiacere -so che sei andato in una base ribelle, o sbaglio? Ti ci ha portato... com'è che si chiamava? Antonio?
Ivan annuì -da, signore. Antonio.
-grazie.
A sentire quel nome Lovino non riuscì a impedire al suo cuore di sobbalzare, ma riuscì a trattenere un sorriso -sì, mi ha condotto in quella base con i suoi amici.
-mh...- Sadiq schioccò le dita e Ivan scattò verso il tavolo dietro al supremo, versò del liquido ambrato in un bicchiere e glielo porse -parlamene un po'. Della base, di cosa hai fatto in questi mesi, di cosa ti ha riportato sulla retta via...
Lovino sospirò mentalmente di sollievo. Con suo nonno si era accordato sulla versione da raccontare -la base è aerea.
-i nostri radar la intercetterebbero all'istante.
-il loro capo ha dei poteri di...- esitò -non so di preciso, non mi dicevano quasi nulla, ma so che grazie al suo potere riusciva a rendersi invisibile ai radar.
-mh- gli fece cenno di continuare, bevendo un sorso dal suo bicchiere.
-all'inizio ero troppo spaventato per rifiutarmi- spiegò -volevo solo uscire dalla mia cella. Loro hanno un piano per abbattere la Restaurazione, ma è talmente disperato e fallimentare che ho deciso di scappare per non morire con loro.
Sadiq sembrò compiaciuto e divertito allo stesso tempo -quindi sei saltato sul carro del vincitore. Una decisione saggia.
-lo so. Grazie ad Antonio- la sua voce si fece un po' più dolce nel pronunciare il suo nome, un riflesso che non era riuscito a controllare. Sperò che non se ne accorgesse -ho imparato a controllare il mio potere anche sulle persone.
-eravate... intimi?
Cazzo, se n'era accorto -era il mio unico amico lì. Non ho potuto fare a meno di affezionarmi a lui.
Sadiq schioccò la lingua in segno di disapprovazione -l'affetto... un istinto stupido. Non è venuto con te?
-no. Era troppo fedele alla loro causa.
-quindi preferisce morire che stare dalla tua parte?- sembrava divertito -immagino tu ci stia male.
Lovino trattenne l'istinto ti prenderlo a calci -se è uno stupido non posso farci nulla.
-immagino di sì- finì il bicchiere in un solo sorso prima di continuare -all'ingresso sei passato sotto uno scanner, anche se non te ne sei accorto. Non hai addosso né armi né microcip o trasmettitori di alcun genere, ma hai una croce d'oro al collo, con dietro inciso il cognome di Antonio- porca merda -posso chiederti perché mai porti un oggetto simile?
Doveva inventarsi una scusa plausibile, che piacesse al supremo. Cazzo cazzo cazzo -gliel'ho rubata prima di andarmene. Come un monito per non farmi condizionare da cose stupide come i sentimenti, cosa che invece lui ha fatto.
Sadiq parve compiaciuto -vedo che la pensiamo in maniera simile- sospirò e passò il bicchiere a Ivan, che lo rimise al suo posto -bene, suppongo che tu possa tenerla, non mi sembra una cosa importante.
-vuoi sapere il piano di quei disperati?
-sì, se non ti dispiace. Voglio sapere tutto.
-l'ho origliato, mi hanno tenuto all'oscuro di tutto per mesi, ma me ne sono fregato. Hanno intenzione di rivoltarti contro il popolo e fare un qualcosa stile rivoluzione francese.
Sadiq fece una smorfia -puoi evitare riferimenti ad avvenimenti passati? Immagino tu conosca la politica della Restaurazione in merito.
Ovvio. Distruggere il passato, in teoria per creare un futuro nuovo, in pratica per distruggere anche quello.
-certo. Comunque, la cosa è stupida. Il popolo è stanco e affamato, troppo sottomesso per ribellarsi, lo era prima ancora che mi prendeste, figurati adesso, e non hanno la minima idea di dove sia la capitale.
-sai quando hanno intenzione di attuarlo?
-no.
-mh. Bene- restò in silenzio per un po', camminando avanti e indietro davanti a lui -ti farò portare nei tuoi alloggi da un mio uomo, a cui dovrai fare un resoconto dettagliato di tutto quanto.
-okay.
-bene- esitò, poi sogghignò e si voltò verso Ivan -vai a chiamare João.
Il biondo lanciò un'occhiata a Lovino -ne è sicuro, signore?
-il tuo compito non è discutere i miei ordini, ma eseguirli. Ora vai. A chiamare. João.
-certo, signore.
E corse via.
Sadiq gli fece l'occhiolino -non dire a João del tuo... amico- pronunciò la parola come se potesse avere molteplici significati, uno più stupido dell'altro -non sa di chi si tratti, e temo che potrebbe prenderla male- dal suo tono si poteva intendere facilmente cosa ne pensasse a riguardo, cioé che quelli fossero sentimentalismi inutili e senza senso.
Lovino aggrottò la fronte, ma annuì.
Pochi minuti dopo la porta alle spalle del ragazzo si aprì.
-mi ha fatto chiamare, signore?
Lovino si voltò e... oh. Per poco non gli venne un infarto. Quello che aveva davanti era Antonio.
No, aspetta. Non era Antonio, ma una sua riproduzione molto, ma molto fedele. Questo Antonio aveva i capelli poco più lunghi, legati in un codino dietro la nuca, e gli occhi leggermente più tendenti al marrone.
Adesso capì perché Sadiq gli aveva detto di non parlare di Antonio. Quello era suo fratello.
Gli tornarono in mente le parole del suo ragazzo.
Avevo già fatto coming out con mio fratello, e con lui era andata bene.
-sì. Occupati di lui. Ti ho spiegato come.
A stento trattenne un sorriso.
Forse aveva trovato un alleato.

 

NdA: okay, chiariamo alcune cose molto spassose ma neanche tanto. Io questo capitolo l'ho scritto una vita fa (settembre se non sbaglio). E indovinate che succede nel frattempo? Guerra tra Azerbaijan (spero si scriva così) e Armenia. E voi forse penserete: okay. Che c'entra con la storia? C'entra perché Azerbaijan è sostenuto dalla Turchia, e l'Armenia dalla Russia

Già. E ovviamente si aggiungono tante belle tensioni sempre tra Turchia e Francia, perché il 2020 non si smentisce mai. Chiariamo: ho scelto come cattivo Sadiq ripensando all'episodio di Hetalia in cui Spagna protegge Chibiromano da Turchia (o più che altro da quello che era all'epoca Turchia, diciamo). Quindi: no, non è per quello che sta succedendo in questo periodo. Non sono contro la Turchia, contro la Russia o che ne so. Sono la Svizzera (neutrale). Lasciatemi scrivere le mie fanfiction gay in santa pace, graziepregociao.

Bene. Fine della nota. Alla prossima!

 

   
 
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