Natsu
Quando Lucy
aprì gli occhi, quella mattina, ebbe un attimo di
smarrimento: aveva la testa leggera e uno strano vuoto nel petto. Poi,
con un
sospiro, calciò via le coperte e si alzò. Non si
lasciava molto tempo per
pensare, da quando viveva a Crocus – preferiva agire. I
pensieri li metteva
tutti da parte nel retro della mente, lasciandoli liberi solo la notte,
quando
rimirava la bacheca piena zeppa di fogli e di foto dei suoi
ex-compagni. Solo
allora si concedeva un po’ di tristezza, sempre in piccole
dosi ovviamente, e
ripensava ai “bei tempi”, quando il sole sembrava
splendere più luminoso e la
solitudine era lontana. E poi pensava a lui, e
sentiva il petto
bruciarle. Rabbia e tristezza erano una brutta accoppiata, soprattutto
se messe
tutte lì, proprio vicino al cuore, con il rischio di farlo
esplodere.
Non aveva mai
pensato a Natsu come a una persona codarda; lo
aveva anzi ammirato svariate volte perché, nonostante il suo
carattere irruento
e impulsivo, non si tirava mai indietro. Ma da quella sera, un anno
prima,
l’immagine nitida di quel ragazzo sempre sorridente e con lo
sguardo sicuro si
era incrinata, nella sua mente.
Era per quel
motivo che cercava di non pensare mai a lui;
preferiva parlare alle foto di Levy, o di Elsa, piuttosto che
concedersi anche
solo un istante di visualizzare la sagoma del suo…
Ex-compagno. Perché in quei
malaugurati casi Lucy finiva sempre per piangere.
Eppure, Natsu
aveva un modo tutto suo di emergere dalla
cortina della sua memoria, manifestandosi nei suoi sogni. A volte era
un drago,
enorme, fiero, molto simile ad Igneel; altre era un principe,
evidentemente a
disagio in quel ruolo così strano per lui; e altre ancora
era semplicemente se
stesso, impresso a fuoco nell’ultimo gesto che Lucy
immaginava avesse fatto: di
spalle, correva via. E la ragazza puntualmente lo rincorreva in quei
casi,
gridando il suo nome a gran voce, fino a perdersi nel fitto di una
foresta
dagli alberi fitti e contorti – una foresta oscura
e spoglia, immersa
nel silenzio più totale.
Ogni volta che
faceva quel sogno, Lucy finiva sempre persa nel
buio, sfinita dalla corsa estenuante. Non riusciva mai a tenere il
passo di
Natsu, che a quel punto tornava indietro – il volto sempre in
penombra – e le
strappava violentemente il cuore dal petto, stritolandoglielo
convulsamente.
Da lì
le strane sensazioni che sentiva molto spesso al
mattino, appena sveglia. Era triste dirlo, ma sentiva di essersi
abituata al
vuoto. L’assenza di Natsu, alla fin fine, era solo un modo
alternativo con cui
il ragazzo le stava vicino; ché con la sua assenza riempiva
ogni luogo in cui
andasse, illudendola con la vana speranza di un ritorno inatteso.
Quella mattina,
però, c’era qualcosa di diverso
nell’aria
della capitale. E mentre camminava velocemente tra la folla insieme al
suo
mentore, Jason, riusciva chiaramente ad avvertire sulla pelle qualcosa.
Un qualcosa
che non avrebbe saputo definire lì per lì, ma che
avrebbe assunto significato
qualche ora dopo quando, attonita e con i vestiti ridotti a brandelli,
avrebbe
riconosciuto una chioma rosa nell’arena dei Grandi Giochi
Magici.
Natsu.
Angolo dell'autrice:
buonasera! Volevo tanto partecipare alla #naluweenweek2020
ma... Sono in ritardo. In terribile ritardo. Ma! Pubblicherò
comunque le mie one-shot relative all'evento, perché
sì :D E inizio con questa, che come prompt ha 'dark forest'
(foresta oscura). È una introspettiva dal POV di Lucy
(perché a me piace un sacco scrivere introspettive) anche se
devo ammettere che mi porto dietro strascichi di Vampire Knight (chi lo
ha letto/visto forse capirà) quando si parla di foreste buie
:')
Detto questo vi saluto e vi ringrazio se avete letto, mi rendete
davvero molto felice♥
Alla prossima!
Frix