Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
Segui la storia  |       
Autore: Redferne    08/11/2020    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 9

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il vecchio maestro era immobile, in una posa plastica. Col braccio destro e la gamba sinistra entrambi in posizione avanzata rispetto al resto del proprio corpo.

Come se si fosse bloccato all'improvviso dopo aver sferrato un attacco, decidendo di rimanere fermo al termine della sua esecuzione invece di ritirarsi subito in posizione di guardia, come sarebbe stato più saggio ed opportuno fare.

Sul pavimento alla sua sinistra le piastrelle in cemento erano in frantumi. E proprio nel punto in cui, fino ad un istante prima, si trovava Kenshiro. Completamente svenuto.

Il giovane, in quel momento, si trovava alle sue spalle. Fermo in una postura più o meno simile alla sua, con l'unica differenza che le braccia si trovavano ambedue protese in avanti, anziché una sola.

I suoi occhi erano ancora completamente chiusi, ed i lineamenti del viso sereni e distesi. Chiari indici di una calma e di una compostezza che all'interno di quel preciso contesto figuravano quasi innaturali, visto che anch'egli sembrava aver appena fatto qualcosa.

Anche lui aveva tutta l'aria di chi aveva appena sferrato un colpo o una tecnica. E di averla portata pienamente a segno.

Di qualunque cosa si trattasse, o qualunque cosa avesse fatto, dava proprio l'impressione di essersi trattato di un contrattacco. E ben riuscito pure, visto che almeno dal punto di vista fisico il ragazzo appariva perfettamente incolume.

Ne era uscito miracolosamente illeso. E sembrava avesse pure risposto a dovere.

Ma c'era dell'altro. C'era di più.

Il ragazzo, non si sa come, si trovava a torso completamente nudo.

La parte superiore della sua divisa non c'era più.

Essa era sparita. Come volatilizzata, dato che nemmeno ne si poteva trovare traccia in nessun angolo o anfratto del minuscolo cortile, neanche ad aguzzare sino allo spasimo la vista per tentare di cercare con la massima attenzione di cui si poteva disporre.

Ma dove poteva essere finita?

Sembrava davvero essersi disintegrata. Tramutata in polvere.

Ryuken si ricompose, lentamente. Riallineando i piedi e le gambe e riportando le braccia lungo i fianchi.

Si voltò verso Kenshiro e lo raggiunse, con passi lenti e cadenzati.

Gli pose quindi una mano sulla spalla, con molta delicatezza. Come a voler guidare un sonnambulo fino alla sua camera da letto per rimetterlo poi sotto alle lenzuola, al sicuro. Senza nemmeno provare ad interrompere il suo sonno poiché potrebbe essere estremamente pericolosa, come manovra.

“Risvegliati, figliolo” gli sussurrò.

Le palpebre di suo figlio tremolarono lievemente, a quel richiamo. Ma seguitarono a rimanere chiuse.

“Risvegliati, forza” insistette l'anziano maestro, sempre con dolcezza.

Il giovane riaprì finalmente gli occhi.

“...Mh?!”

Aveva un'espressione a dir poco sorpresa. Come se non riuscisse a capacitarsi minimamente né del luogo in cui si trovava, né del perché il suo corpo si trovasse disposto in quel modo. E nemmeno pareva ricordarsi di ciò che aveva fatto l'istante prima.

Per quanto fosse incredibile a dirsi, dava proprio l'aria di essersi appena destato. Di essere reduce da un lungo, lunghissimo assopimento.

Il suo era il comportamento di un animale selvatico reduce dal consueto letargo stagionale.

Abbassò entrambe le braccia, e si girò verso il suo vecchio maestro.

“Padre” gli disse, con stupore. “Io...io...ma cosa...”

Ryuken gli posò di nuovo la medesima mano sulla medesima spalla. Ma questa volta mettendola leggermente più in basso, in prossimità del punto in cui essa confluiva nel braccio. E impiegandoci un poco in più di forza, arrivando fin quasi a stringerla.

“Sei stato...sei stato bravo, figlio mio” proclamò, con vistoso orgoglio. “Hai superato la prova. Hai...superato l'esame, e a pieni...a pieni voti. Sono...sono fiero di te. Davvero fiero di te.”

“Padre! Ma voi...voi...”

La preoccupazione da parte del ragazzo era più che giustificata e legittima. Nonostante la contentezza che lasciava trasparire dall'espressione e dalle parole in entrambe vi si poteva scorgere un'evidente nota di sofferenza, nonostante l'anziano tutore stesse cercando di occultarlo in tutti i modi.

Si, il vecchio appariva visibilmente in stato di affanno.

“Non...non preoccuparti per me, figliolo” gli rispose quest'ultimo, tentando prontamente di rassicurarlo. “Ed ora...ora và. Adesso và via, per favore. Ho bisogno...ho bisogno di stare da solo.”

Cercava di far finta di nulla, ma era fin troppo chiaro che ogni farse del discorso che stava imbastendo gli doveva costare sforzo.

Una gran sforzo. Ed infatti il giovane, a quella richiesta, fece tanto d'occhi.

“M – ma...ma padre!” insistette, alzando pure la voce. “Voi...voi mi sembrate...mi sembrate piuttosto affaticato, forse...f – forse dovreste...dovrei...”

“Sto bene” intervenne Ryuken, troncando di netto l'accenno di discussione. “Ho detto di non preoccuparti. Ed ora và. Voglio stare da solo, devo riflettere. Lasciami qui per conto mio, te ne prego.”

Il ragazzo parve indugiare ancora per un istante, poi...

“V – va bene, padre” disse, esitante. “Come desiderate. Volete...volete forse che vi mandi...che vi faccia chiamare qualc...”

“No” lo interruppe prontamente il vecchio. “Ti ho detto...ti ho appena detto che voglio stare da solo, per conto mio. Non mi serve l'aiuto di nessuno. E adesso...adesso và.”

“Ma...”

“Và, Kenshiro” insistette il suo maestro. “Forza.”

E per meglio chiarire il concetto appena espresso gli rifilò una decisa pacca all'altezza delle scapole, per incitarlo ad allontanarsi. E con una certa sollecitudine, anche.

Suo figlio, con un sospiro sconsolato, decise di eseguire l'ordine. Se pur a malincuore.

Non era tranquillo, nonostante le continue rassicurazioni.

No. Proprio non gli riusciva di esserlo.

Raggiunse lentamente la piccola porta da cui erano sopraggiunti. Ne afferrò la maniglia e, dopo averla riaperta, si fermò ancora per un attimo ad osservare suo padre con lo sguardo ricolmo di preoccupazione e senza proferire più una sola parola.

Subito dopo proseguì, richiudendosi la porta alle proprie spalle e scomparendo definitivamente alla vista del vecchio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era di nuovo da solo. Non c'era più anima viva a tenergli gli occhi puntati addosso.

Perciò...non doveva più trattenersi. Non aveva più alcun motivo per farlo.

Ryuken si portò la mano destra all'altezza del cuore.

Si artigliò quindi il pettorale sinistro che lo racchiudeva e proteggeva, come se avesse di colpo deciso di strapparselo di dosso per proprio conto.

Come se volesse tirarselo via di sua iniziativa, e successivamente afferrare sempre da solo il muscolo cardiaco ed iniziare a pomparlo furiosamente in una sorta di sincopato auto – massaggio a torace aperto.

Si accasciò al suolo, mentre stava facendo tutto questo.

Lo sapeva. Lo sapeva che sarebbe potuto accadere, ne era più che consapevole.

Sapeva fin troppo bene che sarebbe potuta finire così.

Era troppo malato. Le precarie condizioni in cui versava il suo cuore malridotto non gli consentivano di sostenere la tensione di una battaglia. Specie se era all'ultimo sangue come quella che aveva appena finito di affrontare.

Così come non gli permettevano certo di sprecare le poche energie residue, quelle che ancora gli erano rimaste, per impiegarle nell'esecuzione delle tecniche più potenti e micidiali. Ma anche più dispendiose, dal punto di vista psico – fisico.

Aveva corso un grosso rischio ad utilizzare quel colpo, malandato com'era.

Usando il SHICHISEI TENSHI, era quasi giunto sul punto di ammazzarsi particamente con le sue stesse mani.

Ma non gli importava. Doveva...VOLEVA sapere.

E cosa può essere mai...che cosa potrà essere mai la vita di un sol uomo, fosse anche il sommo depositario e reggente della più grande arte marziale mai concepita sulla faccia della terra?

Cos'era mai la sua vita, paragonata ALLA RISPOSTA?

ALLA RISPOSTA DI TUTTE LE RISPOSTE?

Terminò la sua rovinosa caduta bocconi e sulle ginocchia, riuscendosi a sorreggere all'ultimo istante sulla mano che gli era ancora rimasta libera.

Ad occhi estranei avrebbe potuto persino apparire come una scena piuttosto buffa. Sembrava un vecchio rimasto vittima di qualche improvviso ostacolo che lo aveva appena portato ad incespicare.

E poi...accadde tutto insieme.

La sua tunica coi colori del bianco e dell'ambrato si lacerò e si strappò in più punti. Proprio come se una miriade di attacchi invisibili ed impalpabili lo avessero raggiunto tutti quanti nel medesimo istante, e senza che lui avesse potuto minimamente rendersene conto.

L'istante successivo toccò al grosso rosario di legno marrone scuro.

Il voluminoso ornamento si spezzò di netto, e i grani si frantumarono in una pioggia di schegge acuminate simili a pietruzze puntute.

In contemporanea, a meno di un metro dal punto del pavimento in cui si trovava fino ad un attimo prima, e da cui si era mosso, partirono una serie di fitte crepe che presero ad avanzare intrecciandosi ripetutamente tra di loro. A guisa di molteplici e rabbiose spire di un nido o di un groviglio di serpenti che si ritrovavano a strisciare, per puro caso oppure per precisa scelta di volontà, nella medesima direzione.

Ma la cosa singolare la costituiva il puntodi partenza, di origine di quella sorta di micro – sisma tellurico.

Era alla sua destra. Nella zona opposta e corrispondente a quella dove, fino al momento precedente alla sua mossa, il più giovane e piccolo tra i suoi allievi e figli giaceva sdraiato e ventre a terra. Giusto un istante prima di decidere a muoversi e fare qualcosa.

Già. Ma...cosa?

Cosa diavolo aveva fatto, di grazia?

Zolle e ciottoli si alzarono, lungo quella scia.

Pareva uno smottamento in miniatura provocato da una talpa di dimensioni alquanto insolite, che avesse preso di colpo a scavare come una forsennata al di sotto di esse.

La striscia di devastazione proeseguì in linea perfettamente retta, nonostante le molteplici traiettorie zigzaganti ed irregolari delle varie crepe che la componevano, per poi arrestare prevedibilmente la sua corsa contro lo spesso muro verticale che aveva di fronte. O almeno all'apparenza.

Perché non appena la saetta di pietra e terra smosse di fresco entrò in contatto con la parete la sbrecciò al volo e la fece esplodere, gettandone i resti tutt'intorno.

Una vera e propria pioggia di cemento e calcinacci che si riversò in tutta la zona circostante, imbiancando e ricoprendo le varie superfici a disposizione come e quanto avrebbero potuto fare i fiocchi di un'abbondante nevicata. O i lapilli di una spaventosa eruzione vulcanica. O le ceneri di un fall – out radioattivo con conseguente inverno nucleare.

Ammantarono tutto quello su cui poterono riuscire a posarsi. Comprese le vesti dell'anziano monaco. O almeno quanto ne era ancora rimasto.

Infine, al culmine di tutto quello sfacelo, Ryuken vomitò una copiosa boccata di sangue, imbrattando le piastrelle che si trovavano ai suoi piedi.

E fu fin troppo chiaro che ad avergli causato quella cascata, quello sversamento improvviso ed abnorme di liquido ematico non era stata certo la malattia, anche se stava minando il suo fisico da ormai parecchio tempo.

Era stata piuttosto la stessa cosa che aveva appena ridotto in frantumi una consistente porzione sia di pavimento che di muraglia.

Era stato colpito.

Eppure...nonostante il dolore che gli stava torcendo ed infiammando sia il petto che le viscere, e nonostante i rivoli rosso acceso che gli scendevano uniformi da entrambi gli angoli della bocca, il vecchio sorrideva.

Stava davvero sorridendo. E non gli riusciva proprio di smettere.

Stava sorridendo di cuore. Per suo figlio.

Ed era felice, nonostante la sofferenza.

Era felice per lui.

Ce l'aveva fatta.

Si, ce l'aveva fatta. Kenshiro ce l'aveva fatta.

Aveva trovato la contro – tecnica adatta a neutralizzare LA POSIZIONE DELL'ATTACCO AL CUORE SEGRETO DELLE SETTE STELLE. E così facendo gli aveva dimostrato coi fatti di essere in possesso dell'ultimo segreto di Hokuto.

Gli aveva dimostrato di custodire dentro di sé la tecnica definitiva. Lo stadio finale di coloro che si addentrano nei misteri della millenaria arte marziale protetta dalla costellazione dell' Orsa Maggiore.

Non era dunque solamente orgoglioso del più giovane tra i suoi eredi, ma anche di sé stesso.

Dunque ci aveva visto giusto. Anche se le cose erano andate un po' diversamente da come le aveva pianificate.

Ancora non sapeva spiegarsi con certezza il perché di certe scelte e di certe azioni.

Aveva davvero fallito quel primo attacco contro Kenshiro, o lo aveva deviato di proposito?

Non sapeva proprio rispondersi se con quel colpo che gli aveva inflitto in pieno petto avesse voluto soltanto metterlo in condizioni di incoscienza, invece di volerlo veramente uccidere.

Oppure se avesse davvero avuto l'intenzione di attivare lo tsubo letale animato da reale ed autentico intento omicida, e solamente per puro caso Kenshiro era stato in grado di spostare impercettibilmente la sua traiettoria. Almeno di quel poco sufficiente per mitigarne le gravissime conseguenze.

O magari era stato lui stesso a modificare inconsciamente la potenza e la direzione del suo attacco.

Ma per quale motivo?

Forse per pietà improvvisa. O per altrettanto improvvisa misericordia.

Forse gli aveva fatto semplicemente pena.

Gli aveva fatto pena a vederlo così. Svenuto ed inerme, senza alcuna possibilità di contrattaccare o di potersi difendere. Ecco la verità.

O forse lo aveva fatto addirittura per amore.

Era un maestro, indubbiamente. E sommo depositario della Sacra Tecnica dell' Hokuto – Shinken, la più micidiale tra le tecniche di combattimento. Ma...

Ma prima di tutto, prima di ogni altra cosa era pur sempre un padre.

Forse non lo era sempre stato.

Forse, almeno all'inizio, era il più rigido, inflessibile e spietato dei tutori. Ma anche se non lo era dal principio...per certe cose aveva dovuto giocoforza calarsi in quel ruolo, anche se non sentiva di esservi particolarmente portato.

E a forza di esercitare quel compito quotidianamente...aveva fintio col diventarlo sul serio.

Un padre.

Aveva giurato sul buon nome del suo casato e su quello dei suoi illustri predecessori che li avrebbe allenati fino a portarli ad un passo, un solo passo dalla morte.

Qualunque cosa, pur di poter riuscire a tirare fuori il massimo delle capacità da ognuno di loro.

Così come aveva giurato e spergiurato di eliminarli uno ad uno, con le proprie mani, nel caso avesse fallito nell'impresa. O nel caso si fossero dimostrati inadatti o indegni delle sue speranze ed aspettative.

Ma adesso, solo di recente, aveva capito che non se sarebbe stato capace.

Un tempo, fosse stato quello di tanto tempo addietro, lo avrebbe fatto senza pensarci su due volte. Senza la benché minima esitazione, e senza mostrare il minimo rimorso.

Ma ora...adesso come adesso...

Ora non ne era più capace.

Non sarebbe stato più in grado di farlo, nemmeno se lo avesse voluto. Nemmeno se vi fosse stato costretto.

Si era affezionato, ecco tutto. E non poteva davvero desiderare la morte di nessuno di quei quattro ragazzi che ormai considerava a tutti gli effetti come figli suoi.

Era un segno di debolezza, ne conveniva.

Si stava senza alcun dubbio ammorbidendo. Ma sentiva di non poter più fare altrimenti.

Persino gli ultimi suoi allievi che aveva scartato nel corso della sua spietata selezione, persino quelli...si era limitato a metterli alla porta, a scacciarli per sempre dalla sua dimora.

Proprio come aveva fatto con il giovane Kim, tanto tanto tempo fa.

Lui era stato il primo, ad inaugurare il nuovo corso. Il primo, tra i tanti rifiutati, ad uscirsene dal suo dojo con le proprie gambe anziché disteso. Se non addirittura completamente ridotto a pezzettini, coi resti raccolti mediante una pala e messi dentro ad un apposito secchio di legno. Di quelli che di solito venivano usati dagli allievi al termine delle lezioni insieme ad un'abbinata composta da uno spazzolone unito ad uno straccio, per lavare e tirare a lucido le listarelle di legno della pavimentazione della palestra.

Alle volte si chiedeva cosa ne avrebbero pensato i suoi illustri predecessori, di un simile cambio di rotta. Se per un attimo, come per una sorta di magia avessero comparire davanti ai suoi occhi, magari lo avrebbero biasimato con i loro sguardi severi. E gli avrebbero detto con sommo disprezzo che più che affezionato si era intenerito troppo. O che si era addiritura rammollito.

E avrebbero avuto ragione, a dirgli così. Ragione piena, ad accusarlo.

Per la prima volta, nel corso, della lunga e millenaria tradizione di Hokuto, aveva contravvenuto alle regole. Che di norma contemplavano e prevedevano il sopprimere gli studenti che non si dimostrassero abbastanza capaci. E senza alcuna eccezione di sorta.

La tecnica di cui la famiglia Kasumi era depositaria era sin troppo potente e pericolosa.

E proprio per tale motivo non poteva, non doveva assolutamente finire in mani sbagliate.

Così come non si poteva permettere di praticarla a chi non fosse dotato della sufficiente abilità. O che non avesse ricevuto la benedizione, il benestare da parte del precedente depositario.

Proprio come facevano una volta nell'antica Cina, quando il monastero di Shaolin ancora esisteva e solo chi otteneva il permesso da parte del supremo abate del tempio poteva usare gli stili che venivano impiegati, insegnati e tramandati al suo interno.

Così si era sempre fatto, prima di lui.

Ma, nel suo specifico caso e con i suoi studenti...si era accontentato dell'abiura.

Coloro che non riuscivano nemmeno a terminare l'apprendistato dovevano rinnegare le loro conoscenze. Dimenticarsi di quanto avevano appreso, persino di quel poco.

Avevano dovuto auto – imporsi un sigillo, sulla loro arte. Per quanto di infimo e misero livello fosse. Pena la vita, con esecuzione immediata.

Ma anche così, il rischio rimaneva. Vi era comunque il pericolo che non prestassero fede all'obbligo, per quanto avessero giurato e spergiurato pur di salvarsi.

Indubbiamente era cambiato, nel corso degli anni.

Non aveva avuto nemmeno la forza di uccidere nemmeno uno come Jagger, dopotutto. Nonostante fosse l'unica soluzione attuabile, per uno ridotto nelle sue condizioni.

Persino con Kenshiro aveva deciso di agire diversamente, quella volta. Quando lo aveva sottoposto alla prova di ammissione alla Sacra Scuola, facendolo precipitare nel profondo di una rupe per poi costringerlo ad uscire da lì affidandosi alle sue sole forze di bambino.

Con Raoul non aveva fatto una sola piega. Era pronto ad abbandonarlo, quando aveva visto che tardava a risalire. Men che meno per Toki, nonostante avesse una gamba schiacciata e maciullata a causa della frana che aveva provocato con uno dei suoi calci, facendo crollare l'intero costone di una montagna.

Ma proprio quando Toki si era gettato nel crepaccio senza pensarci due volte per aiutare il più piccolo tra i suoi fratelli, lo aveva lasciato fare. Limitandosi ad ammonirlo per aver disobbedito, e mettendolo semplicemente in guardia. Sul fatto che ogni compagno o fratello che salvava oggi sarebbe stato un avversario, un rivale in più che si sarebbe ritrovato nel domani sulla strada per diventare successore.

Ma forse era proprio per merito di Toki che aveva deciso di cambiare. Per via della risposta che gli aveva dato.

E cioé quando gli aveva detto, con la massima semplicità e naturalezza di questo mondo, che per lui in quel luogo non esistevano rivali o avversari da sconfiggere e togliere di mezzo. Ma solo fratelli. Fratelli da aiutare.

In quel momento...in quel preciso momento, il più dotato tra i suoi studenti gli aveva rivelato un piccolo barlume della sua più intima essenza. Gli aveva dato un saggio della sua infinita grandezza.

Ryuken era il maestro, lì. Ed era il padre di tutti quei ragazzi. Ma il secondo dei suoi figli adottivi gli aveva impartito una lezione memorabile.

Toki non voleva diventare il migliore. O, meglio, lo voleva diventare. Ma non per essere l'unico ed il solo, che era ciò che invece desiderava suo fratello maggiore Raoul.

Voleva diventarlo per aiutare tutti gli altri a diventare migliori a sua volta. Subito dopo, come se fosse quasi un'ovvia quanto la più scontata delle conseguenze.

Lì aveva capito, per la prima volta. Aveva capito che la forza può non risiedere solamente nella durezza, o nella severità. Ma anche nella magnanimità e nella solidarietà. Nell'empatia.

Aveva capito che simili barbarie come quelle compiute dai precedenti maestri non erano più necessarie.

Tutto si evolve, tutto cambia. Sempre in meglio. Per via di quella spinta al miglioramento continuo e progressivo che si trova insita nella natura stessa delle cose. E dell'essere umano.

Anche il Buddha lo aveva compreso, ad un certo punto. Che non erano più necessarie le pratiche ascetiche, le privazioni e le punizioni e le mortificazioni corporali.

Contava molto di più la tranquillità, lo spirito di gruppo, ed il mettere a proprio agio ed in sicurezza sia sé stessi che gli altri.

La fiducia la si dona con la comprensione, non con le minacce.

Non si può ottenere nulla col ricatto. L'allievo deve decidere di obbedirti e di seguirti per scelta spontanea, non per imposizione.

E non solo.

Aveva capito anche un'altra cosa molto importante.

Aveva capito che era Toki, quello giusto.

Suo figlio Toki aveva colto in pieno lo spirito della Divina Arte dell' Hokuto – Shinken.

La Divina Arte intesa come mezzo per far migliorare e progredire l'uomo. Mettedo a capo di esso un'insegnante, un maestro, piuttosto che un condottiero o un generale.

Una nuova visione della Divina Arte. Moderna, evoluta e al passo coi tempi. Ma che non dimenticasse le radici in cui sprofondava, e da cui aveva avuto origine. Ed il motivo per cui quelle radici erano state piantate nel fertile terreno della storia.

Ed in tal modo Toki aveva dimostrato di aver assimilato anche l'essenza della filosofia che sta alla base della Sacra Tecnica dell' Orsa Maggiore.

Un'arte che fosse duttile ed adattabile, in modo da poter sopravvivere e permettere di sopravvivere a chiunque la pratichi. In ogni situazione e circostanza che si possa venire a creare.

Perché potesse dare frutti fecondi che l'uomo potesse raccogliere.

Frutti luminosi provenienti dritti dritti dall'albero della conoscenza. Con cui saziare la propria fame e sete, ed uscire finalmente dalle tenebre dell'ignoranza.

Toki, una volta guadagnato il titolo di successore, sarebbe diventato il maestro dell'umanita intera.

Se solo non avesse deciso di rinunciare di proposito, mettendosi da parte per proprio conto dalla lotta per la candidatura...e tutto per via di una semplice stella.

Ma anche se era solo un astro...gli astri, e di conseguenza il loro volere, non vanno mai presi sottogamba. Specie uno, in particolare. Quello che affianca la penultima stella del gruppo del Grande Carro.

No. Quello era un genere di astro di cui non era lecito prendersi gioco.

Stava divagando. E tutto perché non riusciva a trovare una risposta. Anzi, delle risposte.

Sia al comportamento di Toki che al suo comportamento. Così come a quello del giovane Kenshiro.

Nel suo modo di fare in generale, nel suo specifico caso. Non solo alla condotta tenuta durante i combattimenti.

Il vecchio maestro trovava ancora estremamente nebulosi il motivo, i motivi che lo avevano spinto a scegliere di fare così. Di risparmiarlo.

Difficile dirlo. Era difficile stabilirlo con chiarezza.

Indipendentemente dalle proprie abilità e dalle proprie capacità di valutazione...uno scontro rimane per sempre uno scontro. E quindi di natura per sé imprevedibile, nonostante i grandi saggi e strateghi al soldo e al servizio dei signori della guerra sostenessero che esso é deciso e stabilito sin dal principio. E che conoscendo tutte le variabili e le possibili diramazioni e svolgimenti é possibile, persino naturale riuscire a prevederne e persino ad anticiparne l'esito.

Ma la sua conclusione resta e continua a rimanere sfuggente. Per sua stessa natura.

Dicono che il finale sia una pagina già scritta ancor prima che la si cominci a leggere. E che la vittoria finisca per arridere a colui che é abbastanza saggio ed avveduto da aver soppesato nel modo adeguato ogni evoluzione, mutamento ed eventualità che ci si possa trovare davanti.

Ciò é sicuramente, indubbiamente vero.

Forse le cose stanno così. Ma solo fino ad un certo punto.

Alla fine, é e resta una mera questione di fortuna. Ma non nel senso di buona sorte.

Nel senso che il finale é si già scritto, ma da qualchedun'altro.

Non possiamo essere noi a scriverlo, di nostro pugno. Mai.

E forse non lo possiamo nemmeno prevedere, visto che esso ci rimane celato fino all'ultimo.

Di conseguenza l'unica, vera abilità del comandante é costituita dal riuscire a prendersi per sé i meriti nel caso di trionfo, ed affibbiare e scaricare le colpe sugli altri in caso di sconfitta o di disfatta.

Meriti e colpe che in realtà non appartengono a nessuno.

Ma perciò...chi lo decide, l'esito?

Chi é che decide tutto?

Ma forse il vero punto non é tanto il combattere. Quanto il riuscire a capire perché, per qual motivo si combatte.

Non il duello in sé, quanto le ragioni che ci hanno spinto a volerlo intraprendere.

E, almeno da quel punto di vista, Ryuken poteva dire di aver raggiunto in pieno il suo scopo.

Aveva voluto mettere Kenshiro alle strette per costringerlo a tirare fuori la sua vera forza, la ve abilità di cui poteva disporre e di cui era capace. Ed in un modo o nell'altro...

In un modo o nell'altro ci era riuscito. Anzi...

Forse era scritto anche quello.

Forse era scritto che suo figlio dovesse perdere i sensi e rimanere privo di conoscenza. Perché era stato proprio grazie a ciò che il suo maestro aveva potuto intuire una cosa fondamentale. La cosa fondamentale di cui adesso, a volerci ripensare, era così felice.

La cosa di cui era tanto orgoglioso.

Era accaduto tutto quanto in un solo istante. In meno di un istante. Nel lasso di tempo che normalmente si impiega per respirare o per effettuare un battito, un unico battito delle proprie ciglia. In occasione del suo secondo attacco.

Nel corso della seconda volta in cui aveva fatto ricorso alla sua tecnica omicida. E questa volta, a differenza della precedente appena trascorsa, niente e nessuno lo avrebbe fermato o distolto dai suoi propositi.

Sarebbe andato fino in fondo, costi quel costi. Avrebbe fatto ciò che andava fatto.

Le sue dita erano ormai in procinto di immergersi nelle membra del suo avversario per vibrare l'affondo decisivo. Ed erano ormai a meno di un palmo di distanza dalla base della sua nuca e del suo collo, dove risiedevano alcuni tra i punti segreti di pressione più letali e micidiali. E poi...

E poi, proprio quando era sul punto di toccarne uno, il più prossimo, per porre fine alla sua esistenza...il corpo era misteriosamente sparito.

Proprio così. Kenshiro non c'era più.

Svanito. Dissolto.

Nell'arco di pochissimi secondi lo aveva visto progressivamente sbiadire e perdere sempre più consistenza, fino a scomparire del tutto. Così come la sua energia combattiva.

Invece di lui, la punta delle sue quattro falangi esclusa quella opponibile avevano finito con l'incontrare il pavimento. E, ancora più sotto, il nudo terreno. Mandandoli entrambi in minuscoli pezzi col solo spostamento dell'aria.

Erano carichi, pregni di forza spirituale. Pronta per essere concentrata e diretta in un punto vitale per poi, una volta lì dentro, scatenarsi e causare la massima potenza distruttiva possibile. Lacerando muscoli, tessuti e vasi sanguigni e dare il via ad un'emorragia letale.

Invece...nulla. Niente. Aveva colpito il niente.

Il corpo di suo figlio non si trovava più lì. Sembrava lo avesse inghiottito l'aria circostante, di colpo e senza alcun preavviso. Ma...

Ma com'era possibile?

Com'era stato possibile, tutto ciò?

Ma proprio mentre Ryuken si stava formulando da solo e dentro di sé queste domande senza alcuna possibilità di risposta, qualcosa aveva catturato la sua attenzione e lo aveva di fatto obbligato ad interrompere la sua catena di ragionamenti e deduzioni.

Una sensazione.

Aveva sentito una scossa lungo la parte destra. A metà tra la parte anteriore del fianco e la schiena, nella striscia di porzione che separa le due zone corporee e dove tuttavia esse quasi si fondono.

Si era voltato. E a quel punto aveva quasi spalancato gli occhi e a momenti anche la bocca, per o stupore. E la fronte gli si era imperlata di una patina di sudore ghiacciato.

Quasi non aveva creduto, a quel che aveva visto.

Aveva visto Kenshiro ritto in piedi, proprio nelle direzione in cui il vecchio aveva percepito quel brivido freddo e raggelante. Ma non si era spostato. Non fisicamente, almeno. Non con le sue gambe.

Si era come rimaterializzato, quasi alle sue spalle. Ma i suoi occhi erano ancora chiusi, segno tangibile che non si era ancora ridestato. Non del tutto, per lo meno. Ma non per questo aveva deciso di rinunciare all'azione. Cosa che aveva deciso di volergli dimostrare sin da subito, dato che si era immediatamente messo in posizione di guardia.

Ma la cosa più pazzesca era quella che era avvenuta subito dopo quel movimento.

Non aveva nemmeno fatto a tempo a trascorrere una mezza frazione di secondo. Nemmeno quella.

Dietro di lui...dietro al corpo del ragazzo aveva cominciato a comparire una sorta di alone simile a quello prodotto dalla nebbia quando circonda le abitazioni, i boschi, le auto o gli oggetti e le cose più disparate.

Una sottospecie di foschia, di ammasso di vapore acqueo che mutava e cangiava in maniera a dir poco continua ed incessante.

Pareva agitarsi e ribollire senza pace e sosta alcuna.

Poi, poco a poco ed inesorabilmente, quella sorta di bruma serale o mattutina aveva cominciato ad assumere una forma parzialmente definita. Anzi...un insieme di forme parzialmente definite. E di aspetto vagamente umanoide.

Si. Era proprio così, per quanto assurdo che fosse.

Alle spalle di Kenshiro c'era qualcuno. C'erano delle persone. Un gruppo di gente era giunto in suo aiuto e soccorso, per impedire che gli venisse fatto del male.

E le figure avevano cominciato ad acquistare mano a mano sempre più spessore, contorno e colore.

Rimanendo comunque impalpabili, e mantenendo un certo grado di incosistenza.

Sembravano eteree, evanescenti, pur dimostrando una certo grado di presenza e fisicità.

Sembravano...erano come fantasmi.

Fantasmi. Ecco quello che sembravano. Fantasmi. Però vivi. Viventi.

Ombre che vivevano e che forse addirittura respiravano, alla pari di un normale organismo perfettamente sano e funzionante. E vitale, non andava certo dimenticato.

Perché i loro sguardi, le loro espressioni ed i loro occhi erano vividi e accesi, tutt'altro che simili a quelli delle anime o degli spiriti persecutori appartenenti ad individui già trapassati a miglior vita. Se non fosse...se non fosse che quelle persone che avevano fatto improvvisamente cerchio e capannello attorno a Kenshiro trapassate lo erano per davvero. E da tempo immemore, per giunta.

Eppure da quegli occhi incavati essi lasciavano intuire, a chiunque avesse potuto riuscire a scorgerli in quel preciso e dato momento, che fossero per davvero dotati di pensieri. Di intenzioni. Di emozioni.

Anche se non erano altro che ombre. Spiriti, e basta.

Spiriti che però stavano rivivendo in Kenshiro.

Era come se Kenshiro li avesse evocati. Permettendo loro di tornare per un breve, brevissimo attimo. E usando il suo stesso corpo come soglia, come tramite. Come un punto di transito o di passaggio. Un ponte di collegamento tra questo e l'altro mondo.

Una testa di ponte tra il regno dei vivi e quello dei morti.

Gli aveva prestato il suo corpo. Concesso la propria carne e il proprio sangue per trovare un nuovo e temporaneo alloggiamento alle loro anime, e dar loro l'opportunità di fare ritorno. Fosse anche solo per un breve lasso di tempo.

Era come un sogno.

Sembrava un sogno. Però effettuato a mente sveglia, lucida e ad occhi bene aperti.

Ryuken li aveva potuti riconoscere uno ad uno, mentre le loro figure e sembianze diventavano via via più nitide e definite.

I suoi maestri. I suoi predecessori.

Il primo fu Riyusho.

Il sessantaduesimo reggente, quello antecedente a lui.

Il suo diretto precettore, che lo aveva iniziato ai reconditi misteri ed alle strabilianti tecniche della Divina Arte.

Lo aveva identificato subito, per via del rapporto che li aveva indissolubilmente legati nel corso degli anni della giovinezza.

Era stato il suo tutore, lo aveva tenuto con sé ed allevato come un vero e proprio figlio. E come tale lo aveva sempre trattato e gli aveva voluto bene. Oltre ad addestrarlo e prepararlo lungo la perigliosa e difficile via del Kenpo, delle arti da combattimento.

Colui che era succeduto al suo vero e reale padre, Tesshin Kasumi.

Ryuken ci avrebbe davvero tenuto. Lo voleva davvero tanto.

Avrebbe desiderato prima e sopra ad ogni altra cosa di ricevere l'investitura direttamente da suo padre, una volta completato il duro e rigoroso addestramento.

Ma Tesshin era ormai troppo vecchio, e spesso poco lucido a causa dell'età.

Aveva fatto giusto a tempo ad insegnargli i primi rudimenti. Ma per la parte finale, la più avanzata e complessa, aveva ritenuto più saggio e conveniente incaricare il più esperto e valente tra i suoi discepoli.

Dopo averlo nominato reggente, s'intende. Anche se per breve tempo.

Tesshin non aveva nemmeno fatto a tempo a trasmettergli il colpo che aveva ideato personalmente e di cui si vantava in ogni occasione, specie dopo un'abbondante libagione a base di liquore di riso che soleva distillare lui stesso, per diletto e per far passare il tempo quando non aveva nulla di meglio di cui doversi occupare.

L' HOKUTO SHINKEN HI – SHO KEI – KOH.

IL BALZO ISTANTANEO. Che permetteva di giungere a ridosso o alle spalle del proprio avversario con una velocità paragonabile a quella della luce, in modo da potergli raggiungere i punti segreti di pressione senza che se ne potesse minimamente rendere conto. E senza che potesse in alcun modo difendersi.

La cui spinta durante l'esecuzione era talmente possente da imprimere l'impronta del piede sulla superficie che veniva impiegata come improvvisato ma provvidenziale trampolino. Fosse stata anche d'acciaio.

Quella tecnica, suo padre se la portò con sé nella tomba senza insegnarla più a nessun altro.

Perché vi fu un'eccezione.

Solamente una persona riuscì a carpirgliela. E la perfezionò, addirittura. Arrivando ad effettuarla persino con le mani, se occorreva.

E a seguire aveva potuto scorgere tutti gli altri. Coloro di cui aveva letto gli scritti, e visto le immagini. E che aveva anche solo sentito nominare, dato che la loro esistenza risaliva a quando la parola scritta nemmeno era stata inventata. E nemmeno era un'idea presente nella mente degli uomini, dato che si provvedeva a tramandare le cose affidandosi unicamente al metodo orale.

Shen Long, il primo successore a non essere giapponese, sia di nascita che di origine, dato che era un discendente diretto dei gloriosi Ming. E che portò la Divina Arte nel suo paese, mettendosi a servizio della famiglia reale.

Il grande filosofo e dotto Huo Kuo, consigliere diretto dell' Imperatore. Che tentò senza successo di far uscire la Divina Arte di Hokuto dal continente per riportarla da dove era venuta, dato che la situazione da quelle parti si era fatta fin troppo caotica e turbolenta dopo l'invasione delle tribù mongole e l'instaurazione delle dinastia Qing. Sfavorevole ed ostile per principio a tutte le arti marziali autoctone, figuriamoci a quelle straniere.

Il prode Kukai, che invece vì riuscì sotto diretto incarico di Huo Kuo, suo maestro.

Detto anche Kobodaishi, quando mise piede sul suolo dell'arcipelago. E quando decise, proprio come avrebbe fatto lui secoli dopo, di abbracciare la fede buddhista.

E poi Kei, Keiji, Ryuhsei, Gouken, Gouki, Aiken...e da lì a ritroso, in una sorta di immaginifico viaggio fino agli albori del tempo. Fino agli inizi della Sacra Scuola. Fino ad arrivare...

Fino ad arrivare al capostipite. A colui il quale i monaci custodi della splendente arte primigenia avevano affidato il prestigioso incarico di dare vita ad un nuovo, terribile ma al contempo magnifico stile marziale.

Il Divino Pugno di Hokuto.

Colui che da bambino, secondo la leggenda, era stato salvato dall'amore tragico e sconfinato di due donne, Shume ed Ouhka.

Che erano insieme sorelle e madri, entrambe sventurate.

Il suo nome era Shuken.

Ryuken aveva visto Shuken in persona, al fianco di suo figlio Kenshiro.

Lui e i suoi discendenti erano i rappresentanti diretti del ramo prescelto della dinastia principale. Erano i predestinati, scelti in ogni luogo ed in ogni tempo per rappresentare al resto dell'intero mondo quel virtuoso quanto glorioso casato.

Erano il frutto, il risultato di un'attenta, scrupolosa quanto spietata selezione.

Erano il fiore all'occhiello della dinastia nonché dell'intero ordine. Ne incarnavano le mete, gli ideali, gli obiettivi e le aspirazioni.

Erano le trasfigurazioni viventi di un'utopia che si era fatta uomo. E a misura d'uomo.

E poi, in mezzo a quella moltitudine...vide anche chi non si sarebbe mai aspettato di vedere, dato che le cronache ufficiali riguardanti la storia della successione non ne narrano minimamente.

Una persona che aveva finito per appartenere al lato oscuro della storia, e che da esso aveva finito col lasciarsi inghiottire, in modo che non potesse rimanere più nulla di lui. Nonostante fosse il più forte. E nonostante fosse il più grande.

Nessuno se ne ricordava più. Nessuno ne parlava più. Ma per Ryuken era impossibile dimenticarlo.

L'unica persona che suo padre Tesshin aveva fatto a tempo a preparare personalmente, prima di rimbambirsi del tutto.

Ed il cielo solo sa se la sua scomparsa ed il suo allontanamento volontario non avessero inevitabilmente influito, sulla perdita progressiva delle sue facoltà mentali.

L'intontimento può essere una forma di difesa come un'altra dal dolore, dopotutto.

Per non sentire più il male che ci divora si può arrivare a scegliere e a preferire di diventare ciechi, muti e pure sordi. E si arriva a chiudere persino il proprio cuore ed il proprio cervello.

Qualunque cosa, pur di non percepirlo ancora. Perché si soffre troppo.

Ma nonostante ciò, nonostante tutto non gli serbava il benché minimo rancore, a quell'uomo.

Non avrebbe mai potuto farlo.

Non avrebbe mai potuto arrivare ad odiarlo, perfché gli doveva tutto. Gli doveva qualunque cosa.

Si trattava della persona che, almeno in principio, avrebbe dovuto prendere il posto che adesso era suo.

E niente sarebbe stato più giusto, dato che quel titolo gli apparteneva di diritto. Poiché era il più forte ed abile. E molto ma molto più di quanto non fosse lui, nonostante da ragazzino fosse già in grado di battere gli allievi adulti ed i compagni di allenamento più anziani.

L'uomo che avrebbe dovuto ricevere il titolo di maestro, di sessantatreesimo reggente. Ma che invece aveva deciso di abdicare e di consegnargli tale riconoscimento. Per poi lasciare l'arcipelago e tornare nel continente, a Shangai, per aiutare i propri amici fraterni e mettersi in cerca del grande amore della sua vita. Rimanendo così coinvolto in una guerra tra mafie e tra scuole di arti marziali che si appoggiavano ad esse, tre delle quali discendevano nientemeno che dalla dinastia principale del clan di Hokuto e avevano dato vita alla Divina Arte, una volta che i suoi discendenti avevano deciso di varcare i confini della Cina per fare scalo in Giappone.

Tre scuole la cui origine risaliva ai tempi in cui la Divina Arte apparteneva e risiedeva negli sconfinati domini del Celeste Impero, che come già accennato era stato governato prima dalla dinastia Ming o poi dai Qing, di origine mongola.

La scuola Sun, la scuola Cao e la scuola Liu.

Tre scuole, come tre erano i grandi regni prima una spaventosa, sanguinosa e sconvolgente guerra li portasse ad una sofferta ma necessaria quanto fondamentale riunificazione.

L'uomo che aveva fatto a ritroso il viaggio compiuto secoli addietro dai suoi antenati, per regolare i conti una volta per tutte con le altre tre scuole, per sancire e stabilire una volta per tutte la supremazia della sua disciplina marziale. L'unica e la sola che doveva ancora esistere.
L'uomo conosciuto come IL RE DELL' INFERNO.

L'uomo da cui il ragazzo che aveva di fronte sino ad un momento fa aveva ereditato il nome, oltre che il colore degli occhi.

E guarda caso, per una curiosa quanto bizzarra coincidenza era apparso in contemporanea con lo spirito di Tesshin, suo padre. Quasi come se avesse voluto ripresentarlo al suo cospetto, dopo un così lungo ed interminabile periodo di assenza.

Dopo che gli era stato così lontano. Sia dagli occhi che dal cuore.

Quasi come se quei due si fossero finalmente potuti ricongiungere e riappacificare. Da qualche parte ed in qualche modo a lui ignoti.

Kenshiro.

L'uomo che era suo fratello maggiore.

Che era stato suo fratello maggiore, e che dentro di lui lo era tuttora.

Colui che, secondo la leggenda, aveva superato per ultimo il RITO DEL DONO CELESTE.

La suprema prova ancestrale al termine della quale si diceva che la Dea Madre in persona discendesse dal cielo per consegnare al vincitore della singolar tenzone con il campione, il prescelto tra il più potente dei tre stili di Hokuto di origine cinese. E che di conseguenza diventava l'unico, il solo ed autentico successore della Divina Arte delle Sette Stelle e del ramo supremo della dinastia principale. Quello a cui donare il suo lascito finale.

Il testamento comprendente tutte le parole promulgate dalla gloriosa stirpe degli Hokuto. Sin dal giorno della sua fondazione ed origine, con tutto quel che ne era conseguito negli anni a venire.

Un'eredità immane.

Non doveva, non poteva assolutamente distrarsi. Specie in un simile momento. Ma...

Ma non poteva fare a meno di pensarlo.

Forse...forse era quella.

Forse era davvero quella, la prova che cercava. Come se tutte le altre presenze non fossero già da sole più che sufficienti.

Un segno del destino.

E se é vero che il destino di un uomo sta nel suo nome, allora suo figlio...

Era accaduto un miracolo. Ed era stato affascinante e terribile al tempo stesso, come un insetto o una rana in fondo ad un pozzo avrebbero potuto pensare del mare o dell'oceano, messi di fronte alla sua vasta e sconfinata immensità.

Una cosa bellissima e spaventosa.

Per un attimo, un solo ma lunghissimo attimo...Ryuken era regredito, davanti a quella visione.

L'uomo più forte del mondo si era ridotto al rango del più miserabile dei bifolchi, costernati all'apparizione di un santo o di un'analoga entità divina. Talmente atterriti da potersi solo prostrare per poi mettersi a pregare, in silenzio.

Resi stupefatti ed inermi da qualcosa di talmente grandioso che la loro mente limitata e gretta non può certo pretendere o sperare di concepire. Tanto meno capire o comprendere.

Aveva compreso la sua inferiorità. E come gli animali davanti a qualcosa di più grande e forte di loro...in simili frangenti possono solo fuggire. O attaccare alla cieca, come disperati. O rimanere completamente paralizzati. O gettarsi a terra per fingersi morti o implorare pietà e clemenza.

Per un istante Ryuken aveva provato vergogna ed imbarazzo. Si era vergognato di sé stesso, e della sua vigliaccheria e viltà.

Poteva forse cedere il passo ad un suo allievo, per quanto forte?

No, assolutamente. Forse Kenshiro era davvero quello designato a succedergli. Ma questo era ancora tutto da dimostrare.

Per quanto suggestive, quelle non erano altro che apparizioni illusorie. E se quel ragazzo doveva davvero diventare il nuovo reggente, era coi fatti che avrebbe dovuto dimostrarlo.

Col suo pugno e con la sua forza, non certo coi miraggi e gli artifici. Per quanto ben fatti che fossero.

Alla fine il suo vecchio istinto di guerriero aveva avuto la meglio sulla paura che attanagliava le sue stanche e malate membra.

Aveva fatto ricorso di nuovo al suo colpo segreto. LA POSIZIONE SEGRETA DELL' ATTACCO AL CUORE DELLE SETTE STELLE.

Si era scisso quindi per la terza volta in innumerevoli, impalpabili copie di sé stesso. E poi si era scagliato di nuovo all'attacco, con l'intento di sferrare il colpo risolutore e decisivo.

Ma questa volta...

Questa volta Kenshiro non si era limitato a difendersi.

Era partito all'attacco a sua volta, con il chiaro intento di contrastarlo.

Un improvviso moto di orgoglio scosse il maestro. Dandogli una stilla di calore, una sensazione benefica in mezzo a tutto quel mare di acuto dolore.

Suo figlio aveva capito al volo. Ed aveva applicato i suoi consigli alla lettera e alla perfezione. E dire che ne avevano parlato non più di qualche minuto fa.

Colpire l'avversario proprio nel momento in cui egli si fa sotto per attaccare. Perché e proprio in quell'istante, proprio nell'attimo in cui sta per far partire la sua tecnica, che é maggiormente vulnerabile.

Colpirlo, ed al contempo impedire che il suo attacco andasse a segno. Anzi...impedire proprio che si possa anche solo svolgere.

Questa é la vera, autentica essenza e via del COLPO CHE INTERCETTA.

Colpire senza essere colpiti. Non sprecare un solo grammo di forza di energia in più rispetto a quelle che sono necessarie a raggiungere il proprio scopo, ottenere il proprio obiettivo. Perché solo gli sciocchi o quelli con una preparazione precaria, carente e mediocre si attaccano e fanno sfoggio di inutili stilismi.

Conta solo l'efficacia in battaglia, non certo il bel vedere o l'appagamento in chi osserva.

Ottenere il massimo col minimo. E senza nemmeno versare una sola goccia di sangue in più di quello che serva.

La Divina Arte dell' Hokuto Shinken é un'arte mortale, omicida.

Ma la sua essenza più intima non risiede affattto nella violenza, contrariamente a quanto si possa credere e a quanto si narra sul suo conto. E contrariamente all'impareggiabile potenza che riesce a sviluppare e che sviluppa in coloro che la praticano assiduemente e con profitto.

Non bisogna uccidere l'avversario. Ma solo costringerlo alla resa, privandolo e disinnescando tutte le sue armi. E neutralizzando ogni sua risorsa.

Metterlo con le spalle al muro. E solo allora, se non si decide a riconoscere la superiorità di chi ce lo ha messo, e di conseguenza la propria inadeguatezza ed inferiorità...solo allora lo si può privare della vita concedendogli una morte onorevole.

La Divina Arte di Hokuto...é uno specchio che mette a confronto sé stessi. E chi ci sta davanti.

Le sette stelle della costellazione dell' Orsa Maggiore sono da sempre associate alla morte. E tramite essa tirano fuori i timori e le ansie più intime e recondite di un individuo. Per poi superarle, e migliorarsi. Oppure...accogliere la fine.

Evolversi, o morire. Tramite la suprema arte da combattimento nata direttamente sui campi di battaglia, dove adattarsi al contendente e capire il suo modo di lottare, di ragionare, persino di esistere...é fondamentale per sopravvivere. Almeno tanto quanto il rispondere ad una minaccia.

Nella tecnica di Hokuto le tecniche passive, di attesa e difensive sono importanti tanto quanto lo sono quelle attive basate sul movimento, l' offesa e i colpi.

E solo quando le due cose riescono a coincidere e collimare, solo quando le si sublima facendole combaciare alla perfezione...si ottiene la tecnca definitiva.

Suo figlio Kenshiro aveva capito. E aveva reagito. E, cosa ancor più inaudita, si era diretto da subito nella direzione in cui si trovava per intecettarlo prontamente.

Era riuscito a percepire la sua presenza. E al volo, anche. E a quanto sembrava senza nemmeno il bisogno di dover guardare, visto che aveva continuato a mantenere le palpebre serrate.

Davvero assurdo. Quando usava quel colpo, l'anziano maestro riusciva a cancellare ed annullare ogni traccia di sé. Il suo corpo reale diventava come invisibile per come veniva protetto, nascosto e mascherato da decine e decine di impalpabili copie e cloni illusori. Eppure...

Eppure il ragazzo ci era riuscito. Lo aveva trovato, neanche si fosse messo a fiutare il suo odore nell'aria come il più abile dei segugi.

Forse ne aveva percepito lo spirito combattivo, e si era basato unicamente su quello per scovarlo e stanarlo.

Ma poco importava. Non per questo il vecchio si era arreso.

Non era bastato nemmeno quello, a fermarlo. Nonostante fosse l'ennesima quanto schiacciante riprova che il Kenshiro che aveva di fronte...non era certo il Kenshiro di poco più di cinque minuti addietro.

No, non era più lui. Ma c'era davvero troppo, in gioco.

Niente lo avrebbe fatto cedere o desistere. Niente.

Aveva quindi adottato l'unica opzione ancora disponibile, l'unica che gli era ancora rimasta.

Proseguire il proprio assalto. Portare a termine la tecnica con cui gli si era lanciato addosso e prenderlo così d'anticipo in modo da stroncare e rendere vane le sue intenzioni sul nascere, di qualunque genere esse fossero.

Dopotutto...anche il più potente colpo di questo mondo diventa inefficace, se non si dà il tempo a chi lo sta effettuando di poterlo portare a compimento.

Avrebbe dovuto essere molto veloce, e fare in fretta. Ma proprio a quel punto, mentre stava effettuando l'affondo vincente...

A quel punto era accaduto qualcosa di ancora più assurdo. E poi un'altra cosa ancora.

Per un attimo, un solo attimo...aveva auto come l'impressione che il corpo di suo figlio avesse iniziato ad espandersi.

Le braccia, il collo ed il torace avevano preso a contrarsi, con i muscoli che gradatamente avevano cominciato ad acquistare sempre più diametro e volume. I due tendini ai lati della gola erano comparsi in modo vistoso, dandogli un aspetto quasi taurino. Anche i bicipiti, così come i muscoli appena più sotto che viaggiavano in coppia ad essi, si erano gonfiati fin quasi a raggiungere il doppio delle loro consuete e normali dimensioni. E lo stesso aveva fatto il torace, con la stoffa della giubba che aveva iniziato a sfigolare e a gemere, mentre si lacerava ormai in più punti sotto a quella pressione a dir poco tremenda, cercando ormai di ritardare l'inevitabile.

Ancora una manciata di secondi e l'intera parte superiore della divisa era esplosa, finendo in mille brandelli tutt'intorno. E poi...

E poi Kenshiro si era finalmente mosso. E gli era...

Gli era sembrato assurdo. E gli sembrava assurdo anche adesso che ci stava ripensando. Ancora non riusciva a crederci. Eppure...

Eppure era proprio così che erano andate le cose.

Kenshiro gli era...

Gli era PASSATO ATTRAVERSO.

Proprio così. Per quanto assurdo, non esisteva altro modo per meglio descrivere ciò che era accaduto. E che gli era accaduto.

Si. Kenshiro gli era passato attraverso. Sia al suo colpo che al suo corpo. Era come se fosse diventato improvvisamente intangibile, a sua volta completamente privo di qualunque massa e spessore.

Impalpabile ed inconsistente come un'ombra. Come le ombre che fino all'istante prima si agitavano e ribollivano senza sosta al suo fianco.

Anch'esse. Anche loro lo avevano attraversato, e proprio subito dopo colui che le aveva generate. Una dietro all'altra.

In quel momento aveva percepito solamente una sorta di tocco lieve, e nulla di più.

Un tocco che gli si era esteso dalla punta dei piedi sino alla sommità del capo. Ma quel semplice tocco era stato più che sufficiente a riempirlo di colpi devastanti, in ogni angolo delle sue vetuste membra.

Sembrava che Kenshiro fosse riuscito a raggiungerlo contemporaneamente in tutti i settecentootto tsubo conosciuti.

Sembrava che le cellule, lo spirito, se non addirittura l'anima di suo figlio fosse entrata in comunione con la sua, fino a fondersi completamente per poi rilasciarla. Ma ciò che aveva rilasciato non era più quello che aveva preso giusto l'istante precedente. Non era più uguale a prima.

Doveva averlo per davvero raggiunto in ogni sua singola particella.

In ogni singolo, minuscolo atomo.

Aveva usato una tecnica a dir poco terrificante, spaventosa. Una tecnica che colpiva l'avversario fin nel profondo del suo essere, fino a scuoterlo dalle fondamenta più intime e recondite.

I segni erano più che eloquenti. Già solo il fatto che i grandi maestri del passato avevano fatto la loro inaspettata se pur breve e temporanea ricomparsa su questo mondo, e che gli erano giunti in aiuto schierandosi a sua difesa, era di per sé una prova inconfutabile.

La prova del suo lignaggio. Tutti quei grandi uomini provenivano dal ramo principale della grande dinastia di Hokuto. E quindi...quindi anche l'ultimo tra i suoi figli adottivi ne faceva parte.

Le loro ombre altro non erano che gli echi, i riverberi del suo sangue glorioso. Che appena poco prima si era risvegliato, anche se solo per il lasso di tempo necessario ad emettere un soffio di fiato, o che intercorre tra un battito e l'altro delle ciglia. O del cuore.

Ma non era solamente quello.

La stella della morte. Quella che aveva preso a sovrastare Kenshiro nella parte finale del loro duello. E che si trovava proprio sopra alla sua testa fino ad un istante prima che suo padre avesse deciso di vibrare il suo attacco più letale. Giusto un attimo prima, mentre il suo affondo era stato quasi sul punto di andare a segno, e di porre fine alla sua giovane esistenza.

Gli astronomi sia antichi che moderni la chiamavano ALCOR.

Proprio quella che sta accanto alla penultima stella che compone il Grande Carro. Denominata invece MIZAR.

Alcor e Mizar.

Ma c'é una cosa che non tutti sanno. E cioé che Alcor e Mizar, in realtà...sono stelle DOPPIE.

Stelle GEMELLE. Che si rubano le ripettive energia e la propria luce a vicenda, in alternanza continua.

Sono in perenne conflitto. Danno sempre l'impressione di volersi esaurire, spegnere, uccidere l'un l'altra. Ed invece...invece si sostengono reciprocamente. Perché é proprio quella loro lotta così accesa ed accanita a farle esistere, anche se non lo sanno.

E' così, anche se loro stesse lo ignorano per prime.

Le loro esistenze sono congiunte. Senza la prima non può esistere la seconda, e viceversa.

Mizar e Alcor. Alcor e Mizar.

Morte e vita. Yin e Yang.

Morte, vita e rinascita.

Yin, Yang e Tao.

Il ciclo continuo del mutamento. E dell'evoluzione mediante esso.

E se Alcor rappresentava da sempre la stella della morte, incarnava la morte stessa...allora si poteva dichiarare senza timore che, per contro...Mizar era la stella che incarnava LA VITA.

Ryuken alzò lo sguardo e lo rivolse al cielo stellato, come colto da una fulminea ispirazione. O forse voleva più che altro trovare riscontro e conferma alle sue deduzioni.

Trasalì. Era proprio come pensava.

Adesso era lui a trovarsi sotto l'ombra mortifera proiettata da Alcor. Mentre Mizar...Mizar si trovava proprio nel punto esatto in cui Kenshiro si era fermato dopo aver risposto al suo attacco. Ed eseguito la sua misteriosa quanto potentissima tecnica.

Il ragazzo si era ritrovato ad un passo, un solo passo dal precipizio. Ad un solo soffio dalla morte incombente.

Se fosse rimasto lì dov'era, sarebbe andato incontro ad una ben triste e misera sorte. Sarebbe piombato nel burrone e il nero demone dell'oltretomba dallo sguardo spento e dagli occhi fiammeggianti lo avrebbe inghiottito tra le sue fauci. Dopo averlo soffocato col suo alito di fetido gelo ed averlo straziato coi suoi acuminati artigli di ghiaccio. E invece...

Invece aveva compiuto quel passo in più. Aveva trovato il coraggio, e lo aveva fatto senza tentennamenti di sorta o la benché minima esitazione.

Aveva scelto la vita.

Si era spostato dalla morte alla vita. Si era spostato da Alcor a Mizar. Era riuscito a tornare dal luogo da cui, di solito, nessuno torna.

Nessuno di quelli a cui la piccola stella dalla bianca luce che orbita attorno all' Orsa Maggiore decide di imprimere il suo marchio.

Ci era riuscito. Aveva scampato il pericolo.

Era risorto dall'oblio in cui aveva rischiato di finire confinato. E di rimanerci per sempre, in eterno. Ed aveva quindi fatto ritorno all'esistenza. Ed essa lo aveva accolto e riabbracciato. Ridonandogli tutto il suo profumo ed il suo tepore.

E quale miglior modo, qual miglior dono poteva esistere per celebrare al meglio ed in maniera degna tale rinascita se non...ottenere l'ultima tecnica?

Kenshiro gli aveva dimostrato di aver acquisito appieno la mossa finale e definitiva della Divina Scuola di Hokuto.

L' HOKUTO – SHINKEN MOUHSOOUH TENSEI.

LA TRASMIGRAZIONE DEL CORPO E DELL' ANIMA TRAMITE LA RIGENERAZIONE LIBERA DA OGNI PENSIERO.

Poter ottenere una vita nuova. Riuscire a ricreare la vera, autentica vita tramite il SATORI, il vuoto. Poiché nulla é più potente del vuoto, nell'intero universo.

Il vuoto contemporaneo sia della mente, che del corpo che dell'anima. Che insieme si annullano completamente, muoiono e poi rinascono. Ancora e ancora e poi ancora. In una ripetizione senza fine che dura fino a che l'intero creato esisterà, e respirerà. Ma accelerato a disimisura, con pochissimi secondi che intercorrono tra un ciclo e l'altro. Fino ad esaurirsi,e ad ottenere il NIRVANA.

L'assenza e la presenza di ogni cosa. Tutto e niente nel medesimo istante. Nello stesso tempo e nello stesso spazio.

Yin e Yang che finalmente smettono di combattere, muoversi e danzare. E che d'improvviso si ricongiungono, si abbracciano. Si fondono in un unico essere, in un'unica realtà. Con le ere che smettono di scorrere. E i secondi che si fermano, guardano ed infine vedono...

Il Mouhsoouh Tensei rappresenta la tecnica ultima proprio per questo motivo.

Chi la ottiene giunge alla fine del percorso. Di quel carico opprimente di sofferenza e cordoglio che sembrano stare alla base, che compongono la stessa esistenza umana. Va al di là di esse. Va oltre. Per non fare mai più ritorno. Per non essere mai più ciò che era prima.

Egli ora E', grazie a quella tecnica. Ed insieme...NON E' PIU'.

E' quello di prima, ma non é neanche più quello di prima.

La scienza sostiene che non si possa ricavare e trarre energia dal nulla. Va contro le più elementari regole della natura e della vita stessa. Ma il Mouhsoouh Tensei rende ciò possibile.

Il Mouhsoouh Tensei rende possibile l'impossibile. Poiché solamente nel vuoto, nel nulla interiore ed insieme cosmico che si genera la massima potenza distruttiva.

Solo un corpo completamente svuotato della vita si può riversare un'intera vita. Un'altra vita. Decine, centinaia, migliaia, milioni, miliardi di vite. Di altre vite.

Poter colpire senza essere in alcun modo colpiti.

E' il principio che costituisce la tecnica perfetta, definitiva. E Kenshiro l'aveva acquisita.

O meglio, l'aveva portata alla luce. Perché, in realtà...in realtà non aveva acquisito proprio un bel niente di niente.

Esiste una prerogativa che é propria della arti omicide di grado superiore. E che le differenza in modo sostanziale da tutti gli altri stili di combattimento.

A vantarsi di questa caratteristica così unica sono solo quelle discipline che si possono foggiare delle conoscenze e delle origini più profonde. Quell che si possono ottenere solo dopo aver oltrepassato tutti i gradi delle comuni arti marziali per elevarsi quindi ad un livello superiore.

Come la Divina Scuola di Hokuto, per l'appunto. O il Sacro Pugno di Nanto. O la Sublime Arte di Gento, la tecnica imperiale dai prodigiosi poteri. Che si dice che un tempo fosse addirittura superiore al pugno dell'Orsa Maggiore e della Stella del Nord.

Si tratta della conoscenza per trasmissione diretta.

E quel che di norma avviene con tutti coloro che sono destinati a diventare grandi maestri.

Sono il talento naturale, le doti innate a distinguerli dal resto degli altri praticanti.

Conoscere sin dal principio ciò che gli altri sono costretti a guadagnare dopo anni di durissimi addestramenti.

Conoscerlo per puro istinto, senza alcun bisogno di insegnamenti, precetti o interferenze esterne. E ciò vale soprattutto per la Divina Arte di Hokuto. Più che per qualunque altra scuola che tramanda tecniche di stampo omicida.

E' la dote che la rende unica ed inimitabile al mondo.

Le tecniche di Hokuto non si imparano. E nemmeno vanno insegnate.

Giacciono come addormentate, sepolte sul fondo e nel profondo della coscienza e della conoscenza dei prescelti, dei predestinati.

Il successore della Sacra Scuola di Hokuto...non diventa un assassino. Lo é da quando nasce. Lo é ancora prima di esser nato.

Quindi non si tratta tanto di interiorizzare, quanto di riscoprire. Di riportare alla luce. Estraendolo da sé stessi, come si potrebbe fare con un tesoro prezioso che giace sepolto nelle viscere e nei meandri della madre Terra. O un forziere di analogo valore, recuperato dagli abissi marini.

E questa qualità risaltava maggiormente in coloro che erano i discendenti, gli eredi diretti per linea di sangue della gloriosa dinastia tutelata dalle sette stelle del Grande Carro.

Certo, la strada era ancora lunga.

Kenshiro aveva dimostrato di possedere la tecnica finale, dentro di sé. Ma sul fatto che un giorno avrebbe potuto risvegliarla e padroneggiarla appieno...questo, purtroppo, era ancora tutto da vedere. E da stabilire.

Aveva dovuto perdere i sensi, per poterla utilizzare. E non che per pochi istanti.

Da quel che aveva potuto vedere Ryuken, il più piccolo tra i suoi figli non era ancora in grado di usarala in maniera volontaria e cosciente. Però...

Però ce l'aveva. Era con lui. Era dentro di lui.

E questo era più che bastante, ai suoi occhi. Era ciò che gli occoreva per riconoscerlo come legittimo pupillo del grande e glorioso casato degli Hokuto. E come destinatario dell'immenso patrimonio e testamento, con relativo lascito, composto dal Divino Pugno dell' Hokuto Shinken.

La TRASMIGRAZIONE DEL CORPO E DELL' ANIMA TRAMITE LA RIGENERAZIONE LIBERA DA OGNI PENSIERO lo aveva ampiamente dimostrato, del resto.

E glielo aveva ampiamente dimostrato. Lui compreso.

In un duello basato sulle tecniche di Hokuto, la tecnica segreta con cui aveva attaccato il giovane poteva venire sconfitta solo dall'ultimo segreto della loro scuola.

Solo la tecnica finale era in grado di annullare e vanificare il colpo speciale che aveva appena usato.

Era proprio a questo, che serviva. Lo scopo per cui era stato ideato.

La POSIZIONE DELL' ATTACCO AL CUORE SEGRETO DELLE SETTE STELLE veniva impiegata con l'unico compito di accertare se chi si aveva di fronte fosse dotato o meno dell'ultimo segreto.

Se colui che la subiva era in grado di usarla...aveva una possibilità di uscirne incolume.

In caso contrario...non gli rimaneva che soccombere.

Ma era anche un colpo estremamente potente, se lo si decideva di adoperare pure in battaglia. Un colpo che non aveva né temeva rivali, a cui era difficile se non addirittura impossibile riuscire a sfuggire.

E lo era anche il suo altro colpo preferito.

L' HOKUTO – SHINKEN SENSHI RAIDAN.

IL TUONO DELL' AURA FULMINANTE DELL' EREMITA SOPRANNATURALE.

L'attacco decisivo con cui, molto tempo addietro, aveva sconfitto e messo fuori combattimento il depositario di un pugno a dir poco maledetto.

Si trattava nientemeno che di Jukei. Il successore dell' HOKUTO – RYUKEN, il PUGNO DEMONIACO DELL' ARCANA ARTE DI HOKUTO.

Con un solo, rapido e preciso colpo di fendente alla testa e per la precisione alla base della nuca, aveva disperso il suo spirito combattivo diabolico ed era riuscito ad ammansirlo, riconducendolo alla ragione.

In quell'occasione decise di non sigillare le sue abilità. In quanto lo rispettava troppo e ne riconosceva l'indubbio valore e l'animo onesto, nonostante praticasse un'arte innominabile. Ma riuscì comunque, tramite la pressione di un apposito tsubo segreto, a cancellare qualsiasi traccia all'interno del suo corpo di quell'energia così malvagia, che sfuggiva a qualunque tentativo di controllo.

Jukei avrebbe ancora potuto combattere, ed addestrare. Ma mai più avrebbe potuto attraversare l'ingresso che conduceva al regno degli inferi.

Era stato necessario. Dopo che, a causa di essa, Jukei aveva finito col perdere la ragione e si era trasformato in un autentico mostro. In un diavolo scatenato e assetato di sangue.

Lo aveva salvato. Anche se purtroppo era intervenuto troppo tardi. E non aveva potuto in alcun modo sventare la quasi totale distruzione dell'accademia dove insegnava, e nemmeno la brutale uccisione di decine e decine di allievi innocenti. Così come non aveva potuto impedire che il maestro dell' Arcana Arte di Hokuto lordasse le proprie mani, usandole per trucidare la propria moglie ed il proprio figlio in un impeto di rabbia e follia omicida portate all'estremo.

Era proprio vero, dunque.

Quando te ne finisci nel regno di Satana e vendi la tua anima al suo oscuro signore e padrone, che regna incontrastato su ogni angolo di quegli oscuri domini...presto o tardi devi ripagarlo per il dono che ti dà. Per tutto il potere che ti offre.

E lui, quando viene a riscuotere...lui vuole il tuo stesso sangue.

Devi essere costretto a ripagarlo col sangue e con la vita delle persone che ami e che ti sono più care.

E' il nefasto principio, l'atroce contrappasso su cui si fondano gli stili di combattimento basati sull'odio, sul rancore e sulla vendetta.

Le pulsioni, i sentimenti negativi si basano sul dolore e sulla disperazione. Ma anziché accoglierlo, per tramutarlo così in compassione...ce ne si nutre.

Non lo si elabora, e lo si lascia a stagnare. Illudendosi di poter assorbire forza da esso.

Ma la forza che si può trarre da quella fonte...é esigua. Molto esigua. Tanto quanto quella dell'ambizione.

E a quel punto...il fuoco va ravvivato. Gettandoci dentro altre vittime sacrificali. In modo che la crepa che scorre all'interno del proprio cuore, e che lo spacca letteralmente in due...si allarghi ancora di più, sempre di più, fino ad inghiottire e trascinare a fondo tutto quanto. Compreso l'artefice di tale odio, e di un meccanismo tanto perverso e malato.

Davvero una tecnica infame.

I suoi due colpi segreti più rinomati avevano davvero una potenza incommensurabile. Questo era fuori da ogni dubbio.

Ma al confornto dell'ultima tecnica segreta, della RIGENERAZIONE LIBERA DA OGNI PENSIERO...sparivano del tutto. Totalmente.

Non potevano reggere il benché minimo confronto.

A paragone non erano che delle pallide imitazioni, delle copie malriuscite.

Delle ombre, nulla di più.

Quella tecnica cosituiva lo stadio finale. Quello a cui può aspirare soltanto l'unico e degno successore di Hokuto. E Kenshiro...

Kenshiro lo era.

Certo, non era ancora in grado di utilizzarla in maniera volontaria e cosciente, visto che l'aveva usata praticamente da svenuto. Ma il giorno in cui avrebbe finalmente imparato a padroneggiarla secondo il suo volere, non avrebbe più avuto alcun rivale in grado di ostacolarlo.

Avrebbe avuto tra le proprie mani l'arma con cui riportare e mantenere la pace e l'ordine nel mondo.

Ryuken non aveva più alcun dubbio su chi scegliere, a quel punto. Ma...

Ma si era reso ben conto, e sin da subito, che non si trattava certo di una decisione facile. E che avrebbe finito con lo scatenare una serie di conseguenze e di reazioni a catena. Difficilemente valutabili, e ancor meno governabili. E di sicuro potenzialmente infauste.

Kenshiro era il predestinato. E su questo non aveva mai avuto alcun dubbio.

Lo aveva sempre saputo. Lo aveva sempre sospettato. Ma di questo, purtroppo, ne era al corrente solo e soltanto lui.

Agli occhi degli altri suoi figli, nonché fratelli maggiori del prescelto, e di due in particolare...egli non era altro che il più giovane, ingenuo, inesperto e sprovveduto tra tutti i quattro allievi del sacro pugno.

Di sicuro con Toki non ci sarebbero stati grossi problemi. Con lui aveva già parlato. Ed avrebbe senz'altro accettato di buon grado la sua decisione e le sue volontà. In fin dei conti lui e Kenshiro erano molto simili, più di quanto immaginassero e più di quanto fossero disposti ad ammettere. Erano due spiriti affini, di eguale bontà e di identica indole generosa, caritatevole e compassionevole. Che si capivano e comprendevano a vicenda senza che vi fosse il bisogno di tante parole e spiegazioni inutili e superflue.

Ma Raoul...no, c'erada ritenere che Raoul non avrebbe accettato di buon grado questo verdetto. Per niente.

Lui era convinto di essere il candidato ideale. Da sempre. Da quando era bambino. E poi...

E poi vi era anche Jagger. Che odiava Kenshiro, con tutte le sue forze. Al punto che, per giustificare la tremenda invidia che nutriva per lui, era arrivato addirittura a non volerne assolutamente riconoscere il valore pur di non comprendere ed accettarne la manifesta superiorità.

Jagger non era alla sua altezza ed al suo livello, non di certo. Ma se non poteva competere da quel punto di vista...avrebbe potuto comunque giocare una gara al ribasso. Cercando di superarlo in campi dove suo fratello minore non avrebbe mai avuto il coraggio o la follia di avventurarvisi. O magari per una pura questione di decenza, poiché possedeva troppa dignità per decidere di mettervi piede.

Come qualunque altro essere umano che si potesse definire normale.

Di certo avrebbe covato un enorme rancore, nei suoi confronti. E solo il cielo sapeva cosa avrebbe fatto, pur di sfogare quel rancore.

Solo il cielo poteva sapere di cosa sarebbe stato capace. Visto che ogni giorno che passava stava diventando sempre più pazzo, scriteriato e fuori controllo.

No, quei due non avrebbero mai sentito né voluto sentire ragioni, in tal proposito. E si sarebbero opposti in ogni modo alla sua scelta, senz'altro. E quindi...

Quindi spettava al loro padre adottivo, che era ancora l'attuale reggente, rimetterli al proprio posto.

Riportarli sulla retta via, e restituirgli il loro giusto ruolo. Che era quello di coadiuvare, supportare ed aiutare il nuovo e futuro maestro. Ed in caso contrario...

In caso contrario li avrebbe eliminati. Avrebbe dovuto farlo. O avrebbe dovuto porre sotto sigillo le loro abilità e facoltà, per il resto dei loro giorni.

Avrebbe dovuto farlo.

No, invece.

Doveva farlo. Perché era il loro padre e maestro. Anche se era ormai vecchio. Ed il suo povero cuore stava diventando sempre più malandato ed indebolito.

Doveva riuscirci, ad ogni costo.

Kenshiro era il predestinato, ma non era ancora pronto.

Doveva ancora affinare le proprie abilità e capacità, ed acquisire le tecniche più segrete, potenti e letali. E nonostante disponesse di un'attitudine sensibile e votata alla pietà e alla comprensione, non era tuttavia ancora riuscito a trasformare quelle doti in rabbia.

Non aveva ancora saputo completare il cerchio.

La tristezza e la rabbia estreme sono la quintessenza, costituiscono i pilastri su cui si fonda la meravigliosa e mortale arte dell' Hokuto – Shinken. Componenti fondamentali di quel cordoglio senza fine che é la summa di tutte le afflizioni e i patimenti che può sperimentare un individuo, nel corso della sua vita. E che per certi versi rappresenta la condizione stessa dell'esistenza umana.

Il rammarico, il dispiacere, la tristezza senza fine da cui si origina l'ira che dalla terra sale fino ai cieli, per poi farli tremare.

Fino a far rabbrividire di timore e spavento persino gli Dei.

Quei due sentimenti erano gli elementi che creavano il Kenpo perfetto di Hokuto.

Il Kenpo di Raoul, invece, si fondava solo sull'ira e sullo sdegno. Rafforzati dalla pura ambizione. E ben presto, nonostante l'apparente possenza ed imponenza, avrebbe col mostrare impietosamente tutti i suoi limiti e contraddizioni. Specie se messo ad un confronto diretto con quello di Kenshiro. Ma occorreva tempo. Ed il tempo non era certo un lusso che ci si poteva permettere, specie in un momento simile.

Avrebbero potuto passare interi lustri, prima che loro due arrivassero ad incrociare i pugni in singolar tenzone. E fino ad allora...fino ad allora Raoul avrebbe potuto compiere anch'egli innumerevoli danni, se lasciato libero di agire.

Era quello, il suo compito. Il compito che ancora gli rimaneva.

Doveva troncare i rami corrotti, ribelli e malati dell'albero. Altrimenti, avrebbero finito col far morire l'intera pianta.

Se così non avesse fatto, inimmaginabile sarebbe stato il dolore che il minore tra i suoi quattro figli sarebbe stato costretto a dover patire e sopportare.

Lo avrebbe atteso il peggiore degli inferni, e proprio su questo mondo. E da cui non si poteva sapere con alcuna certezza se ne sarebbe uscito ancora saldo ed in forze. Ma soprattutto vivo.

Ma forse...

Forse anche quello faceva parte del destino del successore.

Solo attraversando da solo quell'inferno ed uscendone incolume, contando unicamente sulle sue sole e proprie forze, Kenshiro avrebbe potuto trasformare e plasmare la sua tristezza per forgiarla e tramutarla in rabbia.

Sarebbe diventato il crogiuolo ardente da dove sarebbe colato fuori il prezioso metallo con cui poter riportare finalmente il sorriso a quell'epoca, ed alla gente che la abitava e che la viveva.

Alla fine...si nuota pur sempre tutti nello stesso, medesimo mare. E si percorre lo stesso, eguale sentiero. E come i fiumi e i mari, ogni fiume ed ogni mare, confluisce nello stesso oceano, tutti sentieri dell'esistenza conducono al medesimo luogo. Chi per la via più stretta, chi per la via più larga. Chi per quella più corta, chi per quella più lunga.

Ma se per davvero si fosse avverata la peggiore e più lugubre tra tutte le ipotesi...il cammino del nuovo maestro rischiva di essere oltremodo periglioso e tormentato. E almeno questo...

Almeno questo avrebbe voluto risparmiarglielo. Avrebbe voluto tanto.

Voleva evitargli un ulteriore, supplementare martirio. Almeno quello.

Doversi ritrovare a combattere e forse anche uccidere i suoi stessi fratelli, l'uno dopo l'altro.

Voleva risparmiargli tutto questo. Almeno quello. Soltanto quello... sempre ammesso che fosse stato possibile.

Dopotutto, quante scuole maggiori avevano subito nel corso dei secoli la medesima, triste sorte dell'ARTE LUNARE DI SEITO, dell'antica tribù e stirpe degli YEH – ZHIN?

Sterminata, distrutta in una sola notte. Dall'ultimo degli allievi al sommo maestro. In quanto custodi di una prodigiosa arte della digito – pressione e della manipolazione degli tsubo, da cui poi avrebbero estrapolato la tecnica offensiva tipica del Sacro Pugno della Stella del Nord?

Quante, avevano fatto la stessa fine?

Quante erano state cancellate o inghiottite nelle tenebre e nel lato oscuro della storia umana proprio per opera del divino Shuken, il capostipite, per carpire la loro essenza ed i loro segreti in modo da poter dare vita all'invincibile tecnica di cui era ideatore e depositario?

Una tecnica che, almeno agli albori, aveva un potenziale di crescita e sviluppo pressoché infiniti. Ma era tutt'altro che infallibile, specie per quanto concerneva la parte dedicata all'attacco.

Decine, centinaia di tecniche vennero assorbite per colmare le evidenti lacune, dalla prima all'ultima.

Ma una volta che le si era rubate, una volta che ci si era impossessati di quei colpi, essi non potevano più venire condivisi o spartiti con nessun altro. Nemmeno con coloro che li avevano inventati.

Andavano tolti di mezzo. Ne doveva rimanere soltanto uno.

Anche il Dio guerriero della Divina Arte dell' Hokuto – Shiken, terribile ed insieme misericordioso...non doveva esitare a sporcarsi le mani di sangue. A lordarsene da capo a piedi immergendosi in un mare rosso fin sopra la testa se necessario, pur di garantire un futuro all'intero genere umano.

Era questo, il destino di Kenshiro. E non ci si poteva far nulla.

Ma forse, almeno una volta, almeno per questa volta...almeno qualcosa si poteva fare.

Almeno qualcosa, se pur piccola, la si sarebbe potuta cambiare.

Era l'unico sollievo che avrebbe potuto donare a colui che era chiamato a dover governare la morte.

L'ultimo dono di un padre nei confronti di un figlio obbligato ad assolvere il compito più gravoso che fosse mai esistito, e che avesse mai potuto esistere. E che avrebbe dovuto caricarsi sulle proprie spalle il peso del mondo intero.

E non esistono spalle abbastanza forti per poter essere in grado di sorreggere un carico simile. Non tra gli uomini.

Solo un Dio, può farlo. Oppure un uomo che decide di diventare tale, per la salvezza e la salvaguardia di tutti. Ma, in ogni caso...ogni scelta comporta qualcosa da pagare.

E qui, la tariffa...rischiava di essere fin troppo alta. E salata.

Doveva tentare.

Ad ogni costo. E a qualunque prezzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va? Spero bene.

Purtroppo l'incubo é ricominciato.
Temo proprio che tra non molto avremo di nuovo restrizioni e paletti di ogni genere. Che da una parte forse impediranno al virus di dilagare, ma dall'altro daranno il definitivo colpo di grazia ad un'economia già precaria.

Qui la vera tragedia non é più tanto il virus, quanto ciò che verrà dopo.

C'é gente che davvero rischia di finire in mezzo a una strada, dopo anni e anni di sacrifici.

Come ai tempi della guerra, proprio.

Certo, dopo é arrivata la ricostruzione con il boom economico.

Ma i primi anni i sopravvissuti se la sono vista davvero brutta.

Chi riusciva a scampare a bombe e pallottole rischiava di finire ammazzato dalla fame e dalla carestia.

Io mi ritengo fortunato, dato che opero nella farmaceutica e la mia azienda produce articoli strettamente legati ai farmaci anti – Covid.

Di cretinate e sbagli ne ho fatti tanti, ve lo assicuro. Almeno sul posto di lavoro (quando non rischi di perdere le braccia, come vi raccontavo la volta scorsa) l'ho azzeccata.

E adesso, al confronto di tanta altra gente...quasi mi sento un miracolato.

E' il caso di dirlo, ragazzi...NON ABBIAMO CAPITO NIENTE.

E non mi riferisco certo a voi, eh. Tranquilli.

So che qui su EFP ci sono persone assennate e di buon senso.

Mi permetto di unirmi anch'io, al gruppetto.

Ma proprio perché mi ritengo una perosna di buon senso non mi piace cercare scuse o giustificazioni di sorta.

Certo, la colpa é principalmente da attirbuire a chi se n'é infischiato ed ha continuato a fare i propri comodi senza badare alle conseguenze.

Ma evidentemente...spiace dirlo, ma anche noi persone di buon senso non siamo state in grado di farci capire.

Ma adesso come adesso il virus non é più fuori controllo come sei mesi fa.

Ora, se lo pigli...é TUTTA COLPA TUA.

Dal canto vostro, ragazzi...mi raccomando. Tutti voi sapete già quel che dovete fare, per evitare problemi e proteggervi.

Continuate a farlo, e non avrete nulla da temere.

Ma ora veniamo al capitolo.

Allora? Che ve ne pare?

Il duello tra Ryuken e Kenshiro é terminato...ed il nostro Ken ha avuto la meglio, uscendone vincitore!!

E come molti tra voi avevano già ipotizzato...non esisteva che un colpo, per avere la meglio sull'invincibile tecnica dell'anziano maestro.

Il Mouhsoouh Tensei.

La Rigenerazione Libera da Ogni Pensiero.

A quanto pare, Ken possiede già questa tecnica.

Solo, non é in grado di usarla in maniera cosciente.

Almeno per ora.

Come già vi dicevo in passato, ritengo che Kenshiro fosse fortissimo anche da giovane. E perfettamente in grado di competere con Raoul.

Ma prima di un duello diretto ne passerà, di tempo. E nel mezzo succedono tante di quelle cose...

Ma c'é un problema, perfettamente evidenziato da Ryuken. E cioé che il giovane ancora non é in grado di controllare pienamente il proprio potenziale.

E poi...ne ho approfittato per elaborare una teoria su come gli adepti di Hokuto riescono ad imparare le tecniche.

In fin dei conti...dove cavolo avrebbe imparato Ken dei colpi come la stessa rigenerazione, oppure l' HOKUTO SHINKEN TEN – HA KASSATSU, ovvero IL SACRO MOVIMENTO DEL POTERE ASSASSINO DISTRUTTORE DEI CIELI?

Non credo che Ryuken abbia fatto a tempo ad insegnargliele, prima di morire...

E allora, com'é possibile?

La mai idea é che a differenza delle tradizionali arti da combattimento, dove le tecniche vengono tramandate mediante la ripetizione e l'imitazione da parte di un allievo nei confronti del proprio maestro...nelle arti mortali le cose funzionino in maniera un po' differente.

Forse un po' meno nelle tecniche di Nanto, dove lo spirito combattivo e l'aura non vengono utilizzate poi molto, dato che i colpi si basano sull'eccezionale agilità e velocità dei movimenti, che permettono di spiccare balzi di incredibile altezza e di muoversi a mezz'aria come se si stesse fluttuando. Senza tralasciare il fatto di riuscire a generare un vuoto d'aria in grado di tagliare ogni cosa.

Forse l'unica eccezione la costituisce la Scuola della Fenice Immortale di Souther, visto che si tramanda ad un unico discendente. Però lui non era il figlio naturale di Ogai...

Per Hokuto e per Gento le cose sono un po' diverse. Almeno credo.

Dato che usano spesso l'energia spirituale (Gento per agire direttamente sull'avversario, Hokuto sugli tsubo e su sé stessi per aumentare le proprie capacità), immagino che la trasmissione delle tecniche avvenga soprattutto dal punto di vista del sangue.

Nel manga e nell'anime non lo dicono, ma penso che il predecessore di Falco fosse suo padre.

E questo discorso vale soprattutto per gli esponenti di Hokuto che derivano dal ramo principale della dinastia.

Non va dimenticato che lo scopo era quello di dare vita al guerriero perfetto, definitivo.

Ne consegue che sia stato fatto in modo che i vari discendenti potessero diventare ad ogni generazione sempre più forti, mediante (scusate il termine un po' schietto) incroci ed accoppiamenti mirati tra uomini e donne appositamente scelti.

Era una sorta di allevamento e di selezione indirizzata.

Perciò, ho modo di ritenere che le tecniche, oltre a venire apprese all'esterno dal proprio maestro, fossero già presenti nel profondo della coscienza dell'individuo che veniva sottoposto ai rigidi addestramenti.

Come una sorta di corredo genetico, non so se mi spiego.

Dopotutto...si dice che un essere umano possegga nel suo DNA tutte le tracce relative agli esseri viventi che sono esistiti prima di lui, no?

Addirittura si sostiene che essendo l'uomo il tassello più recente dell'evoluzione (sul fatto che sia quello finale non ci metto la mano sul fuoco), dentro al suo DNA contenga le tracce di tutti gli esseri nati ed apparsi prima di lui.

In realtà é palusibile, se si considera l'evoluzione della vita come se partisse da un'unica matrice sviluppatasi nel corso delle ere.

Quindi dentro di noi dovremmo avere tracce dei pesci, degli anfibi, dei rettili, degli uccelli e dei vari mammiferi, fino a giungere ai primati.

Non abbiamo forse noi il DNA dei nostri genitori, dei nostri nonni, dei nostri bisnonni fino a risalire ai nostri avi?

In altre parole, il discendente della dinastia principale nel suo DNA possiede tutte le tecniche della Divina Arte di Hokuto. E con l'allenamento assiduo poco a poco le riporta alla luce.

Non si tratta dunque di apprendere qualcosa che non si ha, quanto di riportare in superficie qualcosa che GIA' SI POSSIEDE, ma che non si é ancora in grado di usare.

Se uno apprendeva la Divina Arte di Hokuto...era molto probabile che un suo ipotetico figlio, se si rivelava sufficientemente dotato, potesse già praticarla di natura.

Guardate Ryu, ad esempio.

Si, il figlio di Raoul.

Ken non gli insegna nulla, a parte mostrargli la rabbia e la compassione.

Per il semplice motivo che Ryu possiede lo stesso sangue di suo padre, e di conseguenza la sua tecnica. Ed essa si risveglierà da sola una volta che lui raggiungerà l'età adulta.

Prima di concludere, chiedo scusa per il leggero ritardo a pubblicare, ma é un periodo alquanto incasinato.

Più del solito, aggiungo.

E passiamo all'angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a innominetuo, vento di luce, Kumo no Juuza e a Devilangel476 per le recensioni all'ultimo capitolo.

Bene, per questo mese credo di aver finito. Conto di pubblicare ancora una volta prima di Natale.

Grazie ancora per tutto e alla prossima!!

 

See ya!!

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken / Vai alla pagina dell'autore: Redferne