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Autore: Serpentina    09/11/2020    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Innanzitutto, grazie di cuore a chi sta seguendo questa storia, che spero sia di vostro gradimento, e a elev per le sue recensioni. * lancia caramelle *
Prima di augurarvi buona lettura, due parole (non di numero): prendete tutto quello che credete di sapere su William e Frida.... e buttatelo nella spazzatura. Fatto? Perfetto, potete proseguire!
 
Rivelazioni con contorno di cioccolato
 
“Dimenticate i diamanti. È il cioccolato, credo sarete d'accordo, il miglior amico delle ragazze.”
Carole Matthews
 
Era in trappola.
Era in trappola, nonostante si trovasse a pochi metri da una via di fuga, pure bella grossa.
Che ironia.
“Se non è scalogna questa…”
Certo, avrebbe potuto liberarsi dalla presa, assestare un calcio o un pugno al marrano che aveva osato metterle le mani addosso senza permesso e scappare, ma le circostanze glielo impedivano: non poteva aggredire fisicamente qualcuno in un luogo pubblico, al cospetto di testimoni, soltanto perché le aveva afferrato una spalla; ad occhi esterni e inconsapevoli, la sua reazione sarebbe risultata sproporzionata rispetto all’evento che l’aveva provocata. Decise perciò di “congelarsi” sul posto, attanagliata da una nauseabonda sensazione di disgusto; se avesse potuto, si sarebbe disinfettata il punto in cui avvertiva la sua presa su di lei.
–Cos’è, non si salutano più i vecchi amici?
Di bene in meglio: tra tutte le persone sgradite che avrebbe potuto incontrare sulla sua strada, si era imbattuta nella più sgradita di tutte.
Quella frase, in apparenza innocente, la fece ribollire di rabbia, dandole la forza di “scongelarsi” e controbattere –Noi non siamo amici, Bryce. Gli amici non si baciano, e non approfittano di momentanee perdite della capacità di giudizio dell’altro provando a farlo ubriacare, sapendo che questi non ha mai bevuto in vita sua, quando si rifiuta di andare oltre.
Bryce spostò una ciocca castano chiaro dal viso e rispose –Fino a prova contraria, sei stata tu a cominciare. Le mie intenzioni erano nobili. Dicevi di voler “fare pratica”… perché non darti il pacchetto completo?
Frida si sentì andare a fuoco: quel dannato Schwanzlutscher1 aveva la faccia tosta di rinfacciarle il peggior errore della sua vita? Meritava di mangiare Kamelscheiße2 per il resto dei suoi miserevoli giorni sulla faccia della Terra (che, se non si fosse allontanato da lei al più presto, sarebbero stati ben pochi)!
–Spero di aver inteso male- sibilò Frida, pentendosi di non averlo ancora colpito con i mezzi contundenti di cui l’aveva dotata Madre Natura. –Stai per caso insinuando che me la sono cercata?
–Dico solo che un altro, al mio posto, non si sarebbe fermato. Ti è andata di lusso- osservò lui, scrollando le spalle.
–Cos’è, vorresti una medaglia al valore? Un ringraziamento?- ruggì Frida di rimando, rendendosi conto di aver alzato pericolosamente il volume della voce quando si accorse che diversi astanti li stavano osservando con pettegolo interesse.
Avrebbe tanto desiderato urlargli contro che avrebbe dovuto ringraziarla di non aver detto niente a suo padre, ma non voleva passare per una viziata cocca di papà (che in realtà era), incapace di difendersi da sola. Non ci avrebbe fatto una bella figura e non ne valeva la pena; Bryce non era un avversario alla sua altezza. Era ottuso quanto bello (molto), motivo per cui aveva ingenuamente creduto di potersi approfittare di lui impunemente, usandolo come “cavia” per non arrivare del tutto impreparata al fatidico momento in cui Aidan le avrebbe dichiarato amore eterno, baciandola come mai nessuna era stata baciata. Col senno di poi, era stata una pessima idea.
–Se fosse in natura…
Frida chiuse le mani a pugno, pronta a sferrare un gancio letale dei suoi, ma tempo due respiri profondi e riuscì a calmarsi. Non poteva dare spettacolo, doveva mantenere un basso profilo: se suo padre avesse scoperto cosa stava combinando, l’avrebbe murata viva fino alla fine dei suoi giorni. D’altro canto, non poteva neppure starsene zitta e buona a lasciarsi molestare.
–Ghiaccerà l’inferno, prima che io te la dia!
Bryce diede prova di quali abissi potesse raggiungere la sua idiozia (insieme al suo ego) grattandosi il mento mentre le domandava –Non sembravi pensarla così, quando hai provato a usarmi come uomo-oggetto! Comunque, scusa, ma… se non sei venuta per vedere me, cosa ci fai qui?
La ragazza non si scompose; impiegò solo pochi secondi per elaborare una scusa convincente.
–Oh, ehm… Giornata di orientamento. Per quelli all’ultimo anno delle superiori ancora incerti sulla strada da intraprendere.
–Uhm… ha senso. Stai pensando di seguire le orme di mamma e papà?
“Sei matto? Verrei a letto con te, piuttosto che fare Medicina!”
–Potrei averci fatto un pensierino, sì- mentì lei, ostentando un sorriso fintamente entusiasta che avrebbe insospettito chiunque, ma non Bryce, che le offrì con irritante insistenza un tour delle sale operatorie.
Frida dovette appellarsi a tutta la propria razionalità per rifiutare pacificamente, e con un minimo di cortesia, quella “gentile offerta” e l’invito alla festa di Halloween organizzata da lui e alcuni amici. A riprova della incrollabile tenacia di Bryce, questi riuscì comunque a infilarle in borsa degli inviti per la festa, nella speranza che i suoi amici, di fronte alla prospettiva di folleggiare in un contesto più “adulto”, la convincessero a partecipare. 
Una volta liberatasi, a fatica, dall’ingombrante presenza dell’aspirante chirurgo col fisico da surfista californiano, si guardò intorno in cerca del suo socio, che però parve essersi volatilizzato.
Scheiße! Wo zum Teufel ist er hingegangen?3
 
***
 
–Ehi, tu! Burnett! Fermati!- intimò William con voce resa leggermente ansante dalla corsa e dall’ansia.
Si era reso conto troppo tardi di aver perso per strada la sua socia, ma a quel punto non poteva più tirarsi indietro. Conoscendo Frida, era sicuro che se avesse rinunciato a braccare l’amica della defunta Aisling Carter per cercare lei, lo avrebbe evirato con un bastoncino di zucchero spezzato a metà.
Era il suo momento: avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Nita si voltò di scatto e strabuzzò gli occhi - che sembravano grandi il doppio, incastonati in quel viso allungato, dagli zigomi alti e aguzzi - respirando affannosamente, le labbra pallide e screpolate socchiuse quel tanto che bastava al passaggio dell’aria.
–Tu?- esclamò, esterrefatta, poi, letto il nome sul camice, aggiunse –Credevo ti chiamassi William.
L’australiano si rese conto di avere ancora addosso il camice di Sebastian Fraser, l’uomo che la sua socia aveva paragonato a un cagnolino scodinzolante; riuscì però a non tradirsi.
–È il mio secondo nome- rispose con studiata noncuranza.
–Cosa ci fai qui? Cosa vuoi da me?
Di fronte alla risolutezza della ragazza, William smise i panni del poliziotto buono, optando per un approccio diretto.
–Innanzitutto, sapere perché hai tenuto nascosto il fatto che hai portato in Pronto Soccorso la tua amica il giorno della sua morte. Poi, se ci sarà tempo, varie ed eventuali.
La reazione di Nita lo sorprese: dopo un fugace attimo di autentico sbalordimento, gli rivolse una strana occhiata, un misto di stupore e sollievo, quasi come se non vedesse l’ora di vuotare il sacco; difatti, pur lasciando trasparire un certo disagio, non esitò a dargli una risposta onesta.
–Non è ovvio? Aisling è stata uccisa e io, probabilmente, sono l’ultima persona ad averla vista viva… a parte l’assassino, è chiaro. Non volevo che la tua ragazza si facesse un’idea sbagliata. Ora, se vuoi scusarmi, ho appuntamento per una visita.
William non si arrese: la seguì dentro l’ascensore, schiarendosi nervosamente la voce varie volte, prima di puntualizzare –Frida non è la mia ragazza, e quasi mai si fa delle idee: secondo lei è sbagliato teorizzare a vuoto, perché, senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il contrario*. Lascia che siano i fatti a parlare da sé, traendone le sue deduzioni. Cercò di ricordare l’espressione latina che suo padre usava per esprimere lo stesso concetto - così, perlomeno, avrebbe mostrato di possedere una discreta cultura - ma non gli sovvenne. Maledicendo la sua scarsa memoria episodica, si soffermò a osservare il linguaggio del corpo di Nita: aveva assunto una posizione di difesa, con le braccia conserte e il capo leggermente piegato in avanti a coprire il collo, zona notoriamente vulnerabile. Non gli stava mentendo, ma era innegabilmente sulla difensiva: nascondeva qualcosa di grosso. –Credimi, è stato stupido, da parte tua, non rivelarle qualcosa di così importante. Non mi riferisco solo alla faccenda del Pronto Soccorso: c’è dell’altro, lo intuisco dal tuo atteggiamento. Qualcosa che, alla luce della morte di Aisling, ti sembra sospetto. Ho ragione?
–Io… io… beh… non proprio sospetto. Strano, ecco.
–Qualcosa che hai sentito? Qualcosa che ti ha detto Aisling? Oppure… qualcosa che hai visto? Anzi, qualcuno- la vide irrigidirsi ulteriormente, e capì di aver colto nel segno. –Chi, Nita? Chi hai visto?
–Ti prego, no! Non farmelo dire. Ti prego.
Non ebbe difficoltà ad arrivare da solo alla soluzione: la Burnett era convinta che Aisling fosse vittima di omicidio, aveva chiesto a Frida di indagare per cercare prove a sostegno di questa ipotesi; non avrebbe perso l’occasione di fornirle indizi utili, a meno che questi non facessero emergere il coinvolgimento di una persona che lei avrebbe protetto a ogni costo.
–Non sarà necessario- sospirò. –Era Andrew, vero? Il fratello di Aisling.
–I-Io … io … sono sicura che non stesse facendo niente di male! S-Solo…
Uscirono dall’ascensore e camminarono lungo un dedalo di corridoi. Concentrato sul ricordare il percorso, William attese che l’altra si fermasse davanti a un ambulatorio, per incitarla a raccontargli cosa fosse successo.
–Quando e dove hai visto Andrew Carter il 25 settembre scorso, Nita?
–Lui non c’entra niente con questa storia!
–Può darsi di sì… e può darsi di no- asserì William, per poi giocare il tutto per tutto con un po’ di psicologia spicciola. –Ascolta, Nita: comprendo benissimo il tuo desiderio di proteggere qualcuno a cui tieni, al tuo posto mi comporterei esattamente allo stesso modo; però so quanto tu tenessi ad Aisling. Non ti interessa più sapere cosa le è capitato di preciso, e per colpa di chi? Qualsiasi cosa, anche la più insignificante, può aiutare Frida a far luce sul caso, perciò non avere timore a dirmi tutto quello che ricordi di quella sera. Fallo per Aisling, perché merita che sia fatta giustizia. Chi le ha tolto la vita merita di marcire in galera, non sei d’accordo?
–No. Se, come credo, è stata assassinata, il colpevole farà la stessa fine, parola mia!- esclamò lei, per poi accasciarsi su una sedia in plastica dura di un abbacinante color arancione, cedendo definitivamente allo stress. –Hai ragione, è stato sciocco tenerlo segreto. Andy era a Villa Conworthy, quella sera. Una volta lasciato il Pronto Soccorso, ho riportato Aisling a casa: non era in condizione di guidare, ovviamente, stordita com’era dai sedativi. Sembrava stare bene, però, quindi l’ho affidata al fratello e me ne sono andata.
–L’hai portata su per le scale da sola?
–Aisling è… era magra, e io meno debole di quanto immagini. Lo ammetto: ho faticato a trascinarla su per le scale - sai com’è, non era molto collaborativa - ma era tardi, non volevo rischiare di svegliare i suoi nonni. A parte che sono anziani, non gli avrei mai chiesto di darmi una mano a trasportarla, so che sono molto severi. Una volta hanno minacciato di diseredarla, se non si fosse messa in riga. Volevo evitarle l’ennesima ramanzina, o peggio.
–Quindi hai cercato Andrew, per farti dare una mano.
–Andrew non abita alla villa da anni!- ridacchiò Nita. –I nonni lo invitano di continuo, ma lui ci va il minimo indispensabile, alle feste comandate o poco più. Ecco perché non ve lo avevo detto: lì per lì non ci ho dato peso - mi premeva soltanto che Aisling stesse bene - però, col senno di poi, la sua presenza mi è sembrata… insolita.
–Dove lo hai visto, esattamente?
–Stava impalato davanti alla porta del lazzaretto… la camera di Rory, una sottospecie di ospedale a domicilio, invaso da macchinari e tubicini. Aveva un’aria strana, depressa e un po’ colpevole, come se avesse fatto qualcosa di imperdonabile. Appena si è accorto di me è accorso ad aiutarmi, assicurandomi che se la sarebbe cavata da solo, e che potevo andare a casa a riposare. Sinceramente? Non me lo sono fatto ripetere due volte. Questo fa di me una brutta persona, vero?
–Fa di te un essere umano- la rassicurò l’australiano. –Non essere troppo dura con te stessa. Senti, a proposito di Aurora…
Un’infermiera dall’aria materna informò Nita che il dottor Patterson era pronto a riceverla, stroncando sul nascere il proposito di William di apprendere, da una fonte esterna alla famiglia, qualcosa sul carattere della tentata suicida Aurora Carter.
Ripercorse quindi i propri passi alla ricerca della socia perduta, nutrendo il segreto timore che lo avesse abbandonato per tornarsene a casa. Con suo enorme sollievo, la trovò nell’atrio, e decise di coglierla di sorpresa: si appropinquò con passo felpato alle sue spalle e le tappò gli occhi con le mani, esclamando –Indovina chi è?
William non si aspettava certo salti di gioia da parte della Weil, ma mai e poi mai avrebbe pensato potesse reagire con violenza a quello scherzo innocuo: gli afferrò una mano, conficcando le unghie nella cute più a fondo che poté, e si liberò, ribaltando le posizioni; forse gli avrebbe tirato il braccio fino a spezzargli un osso o lussargli una spalla, se non avesse realizzato di stargli facendo male. La sua espressione gli sembrò simile a quella di chi esce da uno stato di trance; lo lasciò andare immediatamente, scusandosi per il suo comportamento.
–Tranquilla, ci vuole ben altro per mettermi k.o.! Tu, piuttosto, sicura di stare bene?
La ragazza chiuse gli occhi per qualche secondo, e quando li riaprì era tornata la solita Frida fredda e impassibile.
–Ho creduto fossi… non importa. Sto bene. Benissimo. Alla grande. Mai stata meglio! Vogliamo andare?
 
***
 
–Andrew Carter era alla villa la notte in cui è morta sua sorella?
–Per la terza volta: sì, Weil- esalò William, sull’orlo dell’esasperazione.
Come promesso, aveva portato Frida a casa sua. Li aveva accolti un silenzio di tomba; suo padre non era ancora rientrato dal lavoro. A lui non era dispiaciuto più di tanto avere la casa tutta per sé; la Weil, invece, si era lamentata più volte di non poter conoscere di persona il “quasi marito” (come si divertiva a definirlo) di sua madre. Ci aveva pensato il suo cane, Dylan, a rallegrare l’atmosfera, assalendola tra abbai e scodinzolii entusiastici, sovreccitato dalla nuova presenza in casa. Lei non aveva battuto ciglio, anzi, si era chinata a coccolarlo, squittendo deliziata quando le aveva permesso di accarezzargli la pancia.
Messo a cuccia il cane, le aveva mostrato la sua camera, restando sulla soglia ad osservarla con apprensione mentre lei si guardava intorno. Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma aveva temuto un giudizio negativo sul suo habitat. Dopo un tempo che gli era parso infinito, Frida aveva asserito, con una serietà paradossalmente comica –Hai la stanza più ordinata che abbia mai visto. Quelle di Nate e Kev sembrano campi di battaglia!
–Mi stupisci, Weil: entri impunemente nelle stanze dei ragazzi? Da te non me lo sarei mai aspettato! Aidan lo sa?
La sua replica pungente non aveva tardato ad arrivare.
–Mi stupisci, Wollestonecraft: sei uno di quelli che pensa che una ragazza entra nella stanza di un ragazzo soltanto per fare certe cose? Da te non me lo sarei mai aspettato! Devo prendere lo spray urticante dalla borsa?
–Touché! Ti chiedo scusa.
La Weil, abbandonata la parte della brava ragazza beneducata, seguendo alla lettera la formula di cortesia “fa’ come se fossi a casa tua” si era gettata di peso sul letto, accavallando le gambe lunghe e muscolose senza pudore alcuno e offrendogli, seppur involontariamente, una visuale che non gli dispiacque affatto. Naturalmente, William non riuscì a godersi in santa pace il panorama senza rovinare tutto stuzzicandola con l’ironia che lo contraddistingueva.
–Sai che avevi proprio ragione?
Ich habe immer Recht4- replicò lei seccamente. –Su cosa, di preciso?
–Le tue mutande. Sono inguardabili!
Frida, dopo un attimo di sbigottimento, si mise a sedere guardandolo in cagnesco. William ci avrebbe giurato: lo stava insultando in tedesco nella sua testa mentre immaginava a quali e quanti supplizi medievali avrebbe potuto sottoporlo. Era talmente livida di rabbia che quasi riusciva a scorgere delle fiamme in quelle iridi di ghiaccio, il che gli procurò un masochistico senso di soddisfazione. Irritare la Weil era diventato il suo nuovo scopo nella vita: lo divertiva da morire vederla perdere le staffe, trasformandosi da algida principessina in dragonessa sputafuoco. La sua impeccabilità, la sua smania di perfezionismo gli davano sui nervi; la preferiva di gran lunga passionale, ardente, spontanea… in parole povere, come quando si arrabbiava con lui.
–Come osi guardare la… le mie… parti private?
–Parti private? Sei proprio una puritana! Ho letto romanzi vittoriani con linguaggio e contenuti decisamente più espliciti. Inoltre, vorrei farti notare che le tue “parti private” sono ben coperte. Da un paio di mutandoni pescati direttamente dall’armadio degli orrori di Bridget Jones, ma comunque coperte- replicò William, sul punto di scoppiare a ridere. –Cos’è, i tuoi non ti passano abbastanza soldi da comprare dell’intimo decente? Oppure lo tenevi da parte per Aidan?
Furibonda, Frida si avventò su di lui, mancando di notare le pantofole abbandonate disordinatamente sul pavimento; incespicò, mulinando le braccia nel tentativo di mantenere l’equilibrio, e solo il tempestivo intervento di William le impedì di cadere.
Lungi dall’essergli grata, Frida si rimise in piedi, scostandolo con fare altezzoso, stirò il tessuto della gonna - perfettamente liscio - con le mani e sbuffò –Cos’era, un patetico tentativo di guardarmi le tette?
–No. Troppo coperte- rispose lui, senza curarsi di nascondere quanto se la stesse spassando. –Dai, non fare quella faccia: non ho mai fatto mistero di quanto ti trovi sexy. A differenza di molti non ho peli sulla lingua, non mi vergogno di dirti che, se me lo concedessi, ti farei di tutto.
–Piccola lezione di corteggiamento: una frase del genere è inquietante, non eccitante. A meno che tu non voglia provarci con Kimmy; in quel caso, però, credo sarebbe lei a farti di tutto- replicò Frida.
–Qualcosa mi dice che, in quel caso, poi vorrebbe farmi di tutto anche Nate… e non in senso buono- ridacchiò William. –Fortuna che un simile scenario è puro fantasy: la tua amica non è il mio tipo.
A quella notizia, Frida si sentì inspiegabilmente felice… e sollevata, ma si sforzò di non darlo a vedere, reprimendo il sorriso che stava facendo capolino sul suo volto.
“Sei ammattita, Frida Weil? Sei un cervello, ricordi? Dovresti fregartene di come appari ad occhi altrui, senza contare che dovresti patire per la partenza di Aidan, che quasi certamente non sarà mai tuo, non rallegrarti di essere l’oggetto dei sogni a luci rosse del tuo socio. Contegno, ragazza! Lascia uno spiraglio all’irrazionalità, e lei prenderà il sopravvento!”
–Perchè?
–Cosa?
–Perché Kimmy non è il tuo tipo?
William le rispose con disarmante sincerità –Lo stesso motivo per cui ad alcuni non piace il cioccolato: gusto personale!
–Esistono persone a cui non piace il cioccolato?- pigolò Frida, sconcertata, poi gli puntò l’indice contro lo sterno e sibilò –Ti avverto, Wollestonecraft: se fai parte di questa categoria, io e te potremmo avere grossi problemi!
–Vuoi scherzare? Lo adoro! La cioccolata calda è la mia specialità!
Bitte! Tutti sanno preparare una cioccolata calda!
–La mia è speciale- ribatté lui, la prese per mano e la trascinò in cucina per una dimostrazione pratica. –Ogni volta che gliela preparavo, mia madre diceva che le si aprivano tutti i chakra.
–La propensione a pronunciare frasi dai risvolti inquietanti è ereditaria, a quanto pare. Preferisco che i miei chakra rimangano chiusi- replicò Frida con sussiego, salvo poi accettare con malcelato piacere la tazza fumante piena fino all’orlo che William le porse, il cui contenuto emanava un profumo paradisiaco. Non poteva farci niente: la gola era il suo peccato capitale. Cercava di non indulgervi troppo, ma finiva quasi sempre col cedere: perdeva la testa, di fronte ad un buon dolce. Tuttavia, assaporò la bevanda con una certa diffidenza: dubitava esistesse al mondo una ricetta per la cioccolata calda migliore di quella tramandata da Beatrice, la sua bisnonna italiana dall’indiscutibile talento culinario (prima di lasciare l’Italia insieme al marito, un soldato inglese conosciuto durante la guerra, aveva raccolto un centinaio di ricette che Faith, negli anni, aveva pazientemente tradotto, di modo che Franz e Frida, più abili di lei ai fornelli, potessero replicarle). A malincuore, dovette ammettere che era la migliore cioccolata calda che avesse mai gustato. –Mein Gott, es schmeckt sehr gut!5 Rimangio tutto: non so che effetto abbia avuto sui miei chakra, ma di sicuro ho provato qualcosa di… indescrivibile.
“Ottimo! Anche se indirettamente, sono riuscito a regalarti un orgasmo!... Questo è quello che direi se non tenessi alla mia vita, ma, dato che ci tengo moltissimo, eviterò una morte lenta e dolorosa per mano della mia permalosissima socia”.  
–Un successo su tutta la linea, insomma.
La Weil rigirò un paio di volte il cucchiaio nella tazza, quindi riesumò l’argomento della discussione che il suo socio aveva interrotto per colpa della sua totale mancanza di filtri.
–E così… Andrew Carter era alla villa, la notte in cui è morta sua sorella.
–Per la quarta volta: sì, Weil, se prendiamo per buono il racconto di Nita.
–Noi non dobbiamo prendere per buone o cattive le cose, Liam, dobbiamo indagare per confermare o smentire. Perché se si inizia a teorizzare a vuoto…
–Senza accorgersene, si finisce col deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il contrario- concluse lui al suo posto. –Lo so.
–Ad ogni modo, non vedo perché non credere al racconto di Nita, fino a prova contraria- concesse Frida. –Finora, l’unico movente valido per l’omicidio di Aisling, ammesso non mi stia sbagliando - eventualità altamente improbabile, ma non del tutto impossibile - è un’esplosione di gelosia fraterna. Ergo, al momento Andrew Carter è il principale sospettato. Ergo, devo assolutamente interrogarlo.
–Ergo, prova a chiamarlo, mandagli un messaggio, un piccione viaggiatore…
–Mi sta evitando manco avessi la lebbra, il bastardo! Ma lo stanerò, prima o poi!
In quel preciso istante, risuonò nella stanza il tema del film “Halloween” di John Carpenter. I due, colti alla sprovvista, sobbalzarono, dopodiché Frida si mise a frugare nella borsa in cerca del cellulare, maledicendo il suo vizio di ficcarci dentro l’inverosimile, neanche fosse Mary Poppins.
Scheiße! Wo ist mein Handy?6 Mio padre si incazza da morire, se non rispondo subito!
–Come sai che è tuo padre?
–È la sua suoneria-gli spiegò con semplicità.
–Hai messo il tema di Halloween come suoneria personalizzata per tuo padre?- ridacchiò William, tra l’incredulo e il divertito. –E per tua madre cosa, la colonna sonora de “L’esorcista”?
–Come hai fatto a indovinare?- esalò la Weil, sbalordita.
Ancora più sbalordito di lei, William esclamò –Cos… Sei seria? Guarda che scherzavo! Santo cielo, non oso immaginare quale suoneria abbia riservato a me, allora!
–Elementare, Wollestonecraft: la sigla di “Sherlock”!- replicò Frida, stroncò ogni suo tentativo di replica con un elegante movimento della mano destra e accettò la chiamata in arrivo.
Si allontanò parlando fittamente in tedesco e William, approfittando della sua distrazione, seppure conscio di stare sbagliando, sbirciò il contenuto della borsa, da cui facevano capolino dei rettangoli di cartoncino color blu navy.
Spinto dalla curiosità, ne afferrò uno, lo lesse, e per poco non si lasciò sfuggire uno strilletto eccitato degno della più oca delle protagoniste dei più beceri film horror. Non appena la Weil ebbe finito di tranquillizzare il padre che sarebbe tornata a casa prima possibile, ed ebbe ripreso posto al tavolo della cucina, glielo sventolò davanti al naso, esclamando –Guarda chi è tra gli organizzatori della festa!
–Andrew Carter. Bel colpo, socio! Abbastanza da perdonarti per aver rovistato nella mia borsa- esultò lei. –È l’occasione perfetta per torchiarlo! Incredibile, ma vero: Bryce si è dimostrato utile, per una volta.
–Chi è Bryce?
Avrebbe dovuto pazientare qualche giorno per scoprirlo, perché, prima che la Weil potesse aprir bocca, si aprì la porta d’ingresso e suo padre Cyril entrò in casa reggendo un ombrello gocciolante.
–Mamma mia, che giornata! Solo il temporale ci mancava! Non vedo l’ora di farmi una doccia- appese l’impermeabile all’attaccapanni, poi, sentendosi osservato, si girò e vide, sulla soglia della cucina, suo figlio in compagnia di una ragazza. –Bene, bene, bene… buonasera, ragazzi. Will, avresti potuto avvisarmi che eri in dolce compagnia.
–Ancora per poco, Mr. Wollestonecraft- celiò Frida e andò a stringergli la mano. –Frida Weil. Vado a scuola con suo figlio. Lieta di incontrarla di persona, finalmente. Liam mi ha parlato talmente tanto di lei, che praticamente già la conosco!
Cyril rimase interdetto dalla grazia felina e dalla sicurezza con cui quella che per età considerava una ragazzina gli si era avvicinata per presentarsi. Aveva un’aria familiare che non sapeva spiegarsi: era certo di non averla mai vista prima, né di aver mai conosciuto qualcuno con quel cognome. La squadrò da capo a piedi, ricavandone l’impressione di avere davanti una persona estremamente sveglia, che non si lasciava intimidire o mettere all’angolo facilmente e che era meglio non contrariare. Mai. Tutto sommato, una frequentazione dalla quale William avrebbe potuto ottenere qualcosa di buono. Ricambiò la stretta di mano con calore e, data l’ora, le propose di restare per cena.
–Non sarò uno chef provetto, ma ti assicuro di non aver mai avvelenato i miei ospiti!
–Grazie, ma non posso. I miei genitori mi hanno richiamata al nido e vorrei approfittare della tregua meteorologica per arrivarci asciutta.
Cyril si voltò verso la finestra, constatando che aveva appena smesso di piovere. Represse a stento un’imprecazione.
–Comprensibile- concesse. –Un’altra volta, magari.
–Volentieri. Arrivederci, Mr. Wollestonecraft, è stato un piacere. A domani, Liam. Grazie per la compagnia e la cioccolata- cinguettò Frida, per poi rivolgergli una fulminea strizzata d’occhio e aggiungere –Oh, e fammi sapere per la festa. Spero verrai, sarà assolutamente memorabile!
 
***
 
Una volta a casa, Frida non fece tempo a chiudere la porta che venne letteralmente stritolata da suo padre.
Insospettita da quella inconsueta quanto plateale esternazione di affetto, gli chiese –Was passiert?7 Non è da te comportarti da orsacchiotto coccoloso!
–Ho pensato che un abbraccio avrebbe addolcito la pillola, Fröschlein- rispose lui, per poi mordicchiarsi il labbro nervosamente, abitudine che aveva trasmesso alla figlia. –Deine Mutter hat beschlossen, heute Abend zu kochen.8
Was? E tu non ti sei opposto?- sibilò Frida, talmente sconcertata dalla notizia da tornare ad esprimersi nella sua lingua madre. –Ti avverto: non ho intenzione di visitare la sala della lavanda gastrica perché tu - quanto mi detesto per ciò che sto per dire - non sei riuscito a controllare la tua donna!
Franz si limitò a scuotere il capo, e sospirò mestamente –Deine Mutter ti sembra il genere di donna che si lasci comandare a bacchetta? E poi ci teneva talmente tanto a cucinare lei, stasera, che non ho avuto il coraggio di negarglielo. Era così entusiasta, mentre spignattava… come quando fa un’autopsia! Avanti, su, sforzati di mostrare un po’ di apprezzamento per l’impegno e la buona volontà… a prescindere dai risultati.
I due si scambiarono un’occhiata complice, prima di entrare in cucina. Faith, intenta a controllare la cottura delle pietanze, non si accorse di loro. Si muoveva freneticamente tra i fornelli e l’antistante penisola, dove troneggiava una torta al cioccolato apparentemente commestibile. Frida pensò, malignamente, che l’avesse acquistata al supermercato (un dolce di pasticceria l’avrebbe sbugiardata all’istante) e decorata alla buona in un secondo momento per spacciarla come fatta in casa.
Franz si avvicinò di soppiatto a Faith e le fece il solletico, facendola sobbalzare. Per tutta risposta, lei lo colpì col mestolo, rimproverandolo aspramente quando lo vide intingere un dito nello spesso strato di glassa che ricopriva la torta; ma si vedeva lontano un miglio che era divertita quanto lui: difatti, lo afferrò per un polso e leccò via la glassa dal dito, prima di baciarlo con passione (e altrettanta lingua).
Frida osservò con un misto di imbarazzo e invidia quel siparietto comico e romantico al tempo stesso, domandandosi se avrebbe mai trovato qualcuno con cui condividere momenti simili. La partenza di Aidan aveva inferto un duro colpo alle sue certezze: era convinta fosse lui la sua anima gemella, ma era stata costretta a ricredersi. I recenti avvenimenti avevano insinuato in lei il dubbio che la sua anima gemella fosse come il suo talento artistico: inesistente. Per questo le maldestre avance di William l’avevano spiazzata: finora non aveva avuto occhi che per Aidan, non riusciva a concepire che qualcun altro potesse essere attratto da lei e avere l’ardire di dirglielo in faccia. Soprattutto, non qualcuno capace di far vacillare la sua granitica razionalità; quando si trovava in sua compagnia, faticava a tenere nell’ombra la parte di lei che reprimeva costantemente. Inconsciamente, il suo socio non le era indifferente; comprensibile: era oggettivamente un bel ragazzo (escludendo il naso, troppo a patata per i suoi gusti, e il solco tra gli incisivi), dentro e fuori. Ciononostante, si era imposta di non perdere la testa, innanzitutto per non rischiare di compromettere un promettente sodalizio investigativo; in secondo luogo, per evitare di scottarsi: sebbene non avesse avuto occasione di approfondire l’argomento, aveva capito che, se lei era il Babbo Natale del romanticismo, William era il Grinch. Desideravano cose troppo diverse per poterle realizzare insieme, e si augurava che, prima o poi, avrebbero trovato ciascuno la propria strada e la persona giusta con cui percorrerla.
Si riscosse da quei pensieri e decise che l’attacco di adolescenza tardiva dei suoi genitori era durato abbastanza. Si schiarì rumorosamente la gola per attirare la loro attenzione e disse –Datevi una calmata, voi due, prima che lo spettacolo diventi vietato ai minori!
Faith le puntò contro il mestolo e rispose –So che tu sai che io e tuo padre abbiamo fatto di molto peggio… altrimenti non saresti qui.
–Preferirei non pensarci… potrebbe passarmi la fame- ribatté l’altra, prima di sedersi a tavola. Il suo gatto, Moriarty, le balzò in grembo, nella speranza di ricevere coccole e qualche bocconcino extra. Come di consueto, Frida non lesinò su carezze e grattini, ma fu irremovibile nel negargli spuntini poco sani, se non dannosi. –A cosa è dovuto il tuo inedito estro culinario, Mutti?
La madre si limitò a posarle un bacio delicato sulla fronte, per poi mettere in tavola uno dei frutti delle sue fatiche: un rotolo di pasta sfoglia ripieno di salmone, salsa verde ed erbe varie.
Franz e Frida ispezionarono e annusarono il piatto con circospezione, prima di assaggiarlo.
–Non posso credere alle mie papille- esclamò la ragazza. –È buono!
–Certo che è buono!- uggiolò Faith, indignata. –Le ricette di nonna Beatrice sono una garanzia!
–Infatti non dubitavamo della ricetta, bensì della cuoca- replicò Franz, a testa bassa per non scoppiare a ridere. –Il tuo massimo, di solito, sono pancake e muffin. Ci scuserai, per aver temuto che ci avresti avvelenati tutti!
–Questa poi! Begli ingrati, siete: per una volta che mi cimento a cucinare con amore per la mia famiglia, questo è il ringraziamento che ricevo. Benissimo. Prima e ultima volta che perdo mezzo pomeriggio a preparare qualcosa di più sostanzioso di pancake e muffin!
Gli altri due eruppero in una sonora risata, seguita da un profluvio di scuse e rassicurazioni sul gradimento del piatto. Il resto della cena venne consumato in religioso silenzio, finché, al momento di servire il dolce, Frida non chiese alla madre quale fosse l’occasione da festeggiare.
–Sei finita sulla televisione nazionale? Vater ha pubblicato su Nature? Abbiamo vinto alla lotteria? Ci trasferiamo a Boston? Quale straordinario evento merita una torta, per di più al cioccolato?
Faith scambiò un cenno d’intesa con Franz, quindi ammise –Ecco, tesoro… a dire il vero, questa cenetta è il mio modo per scusarmi.
–Scusarti di cosa?
–Beh, ecco… della figura che ti ho fatto fare con il tuo ragazzo. Mi dispiace. È solo che William somiglia molto a qualcuno che conoscevo, e…
Frida colse la malinconia nello sguardo e nel tono di voce di sua madre, e avvertì il fastidioso tarlo del senso di colpa per la piccola vendetta infantile che aveva messo in atto. Come al solito, però, preferì scaricare la responsabilità su qualcun altro: lei era infallibile, non poteva essere in torto.
“Dannati siano Wollestonecraft e il suo ferreo senso morale! Di questo passo, diventerò una kantiana del cazzo come lui! Ma non cederò, nossignore! Non senza combattere. Il cinismo è il profumo della vita!”
–Qualcuno di sgradito, a giudicare dalla reazione: sembravi Macbeth davanti al fantasma di Banquo!
Faith avvampò e bevve un paio di sorsi di vino per temporeggiare; infine, rispose –Sì, beh… ad ogni modo, mi scuso per il mio comportamento e ti comunico che approvo. Sembra un ragazzo decente.
Frida, sul punto di confessare di averla intenzionalmente messa di fronte alla prole dell’uomo che l’aveva lasciata a pochi giorni dal matrimonio, si bloccò giusto in tempo: dato che sua madre sembrava voler continuare a tacerle avvenimenti cruciali del suo passato, l’avrebbe ripagata con la stessa moneta.
–Liam? Anche troppo- “È un kantiano del cazzo col pallino dell’onestà a tutti i costi, ma, ehi, nessuno è perfetto! A parte me e Mary Poppins.” –Sarebbe stato meglio un teppista: la disapprovazione dei genitori è la benzina che alimenta l’ardore di quasi tutte le passioni giovanili. Pazienza, me ne farò una ragione!
Keine Sorge, Fröschlein: io non approvo affatto- replicò freddamente suo padre.
Vielen Dank, Vater. Mi sento molto meglio, adesso- trillò garrula Frida.
Franz provvide a raffreddare immediatamente il suo entusiasmo.
Ich bin nicht fertig9. Sebbene non approvi l‘idea che meine geliebte Tochter10 se la faccia con quel… putto troppo cresciuto, devo ammettere che ha un influsso positivo su di te: nell’ultimo periodo sei stata sensibilmente meno turbolenta. 
–Vero- annuì la figlia, pronta a volgere quella dichiarazione a suo vantaggio. –Potresti premiare la mia buona condotta permettendomi di andare con i miei amici alla festa di Halloween di Bryce Martin. Che ne dici, Vater? Abbiamo un accordo?
 
Note dell’autrice:
Morale del capitolo: anche Frida può sbagliare. Con Bryce ha toppato alla grande! William non è da meno: quel commento sulle mutande avrebbe potuto tranquillamente evitarlo. Non si può dire, però, che gli manchi il coraggio di dire ciò che pensa, anzi, qualche filtro verbale gli farebbe bene!
Come avrete potuto notare, non ho resistito alla tentazione di inserire un omaggio a due dei miei horror preferiti e alla serie “Sherlock”, che ho adorato dalla primissima scena. Vi consiglio di ascoltare i meravigliosi main themes che Frida ha scelto come suonerie per i suoi genitori… probabilmente per incentivarsi a rispondere alla velocità della luce!
Ma veniamo alla trama gialla: Andrew era alla villa, la notte della morte di sua sorella Aisling. Questo cambia le carte in tavola: se prima era sospettato pari merito con Nita, adesso è balzato in pole position. E voi? Cosa ne pensate? Let me know!
Informazioni di servizio: la memoria episodica è la memoria di tutti gli avvenimenti della nostra vita, ed è un tipo di memoria a lungo termine. Insieme alla memoria semantica costituisce la categoria della memoria dichiarativa, una delle due principali divisioni della memoria (l'altra è la memoria implicita). A differenza della memoria semantica è personale: per esempio, il ricordo "l'uomo è un mammifero" fa parte della memoria semantica, mentre il ricordo "alle elementari ho imparato che l'uomo è un mammifero" fa parte della memoria episodica (in particolare, della memoria autobiografica).
*citazione di Sherlock Holmes
1liberamente tradotto in testa di cazzo
2Merda di cammello
3Merda! Dove diavolo è andato?
4Io ho sempre ragione
5Mio Dio, ha un sapore delizioso
6Merda! Dov’è il mio cellulare?
7Che succede?
8Tua madre ha deciso di cucinare, stasera
9Non ho finito
10La mia adorata figlia
   
 
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