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Autore: Mnemosine__    13/11/2020    3 recensioni
"I tuoi capelli possono prendere fuoco?"
Nico non rispose, limitandosi a guardare Will interrogativo.
"Allora?" insistette il figlio di Apollo mentre chiudeva il manuale di anatomia e lo appoggiava sulle sue gambe, dando al figlio di Ade la sua completa attenzione.
"Perchè mai i miei capelli dovrebbero prendere fuoco?"
"Perchè sei figlio di Ade." Rispose Will, ovvio.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ade, Nico/Will, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E in questa seconda ondata del virus ho deciso di regalarvi questa piccola one-shot per consolarci un pochino a vicenda. Come al solito nelle mie storie non tengo conto di The Trials (SPOILER Jason è Jason ed è vivo nella mia versione) e quindi siamo in un tempo non ben definito dopo la Guerra contro Gea.
Mi sono ispirata ad una fanart che ho visto l'altro giorno smanettando sui social ed è venuta fuori questa one shot. Non è granchè ma ve la lascio lo stesso.

Buona lettura!

 

E' stato un incontro... acceso!

"I tuoi capelli possono prendere fuoco?"

Nico distolse lo sguardo dalla sua spada, per mettere a fuoco il viso lentigginoso di Will Solace che lo guardava intensamente, in attesa.
 

Quella mattina Nico si era svegliato stranamente di buon umore: la sera prima si era ricordato di tirare le tende scure e spesse davanti all'intera finestra grazie ad un post-it sul suo comodino (idea di Will), e quindi era riuscito a svegliarsi nella penombra e non con i raggi di luce accecanti negli occhi, cosa che lo faceva innervosire enormemente, ed era riuscito a riposare senza sogni inquietanti da semidei.

Addirittura, durante la colazione al tavolo dei Pezzi Grossi – gentile concessione di Chirone – né Percy né Jason lo avevano disturbato, troppo presi da non si sa che tipo di scommessa.

Nico sentì distrattamente alcune parole indistinte: "fuoco" e "rabbia".

Chissà, magari quei due volevano far arrabbiare Leo Valdez.

Si trattava sicuramente una cretinata, visti i soggetti.

Nico si chiese perché Annabeth e Piper avessero deciso di andare a New York proprio durante quel weekend. Perché non se li erano portati con loro?

A coronare quella mattina stranamente tranquilla e piacevole, Chirone lo aveva chiamato per chiedergli di accettare la carica di nuovo maestro di scherma insieme a Percy e Jason; il numero dei semidei era aumentato, aveva detto Chirone, quindi c'era bisogno di dividere gli allievi in diversi gruppi e, di conseguenza, servivano più insegnanti.

Era stato quindi presentato ad una decina di ragazzini quasi tutti più piccoli di lui e, dopo aver detto di essere figlio di Ade, il più piccolo aveva spalancato gli occhi e gli aveva chiesto: "Ma quindi anche tu puoi dare fuoco ai capelli?"

Nico lo aveva guardato aggrottando le sopracciglia, non capendo come a quel bambino, a occhio e croce avrà avuto nove anni, fosse potuto venire in mente di chiedergli una cosa del genere.

Fuoco ai capelli? Mica era Leo Valdez.
 

Ora, lui e Will Solace erano seduti sotto un albero da un paio d'ore, entrambi chini sul proprio lavoro. A Nico piaceva quando facevano così, quando stavano insieme ma a fare cose diverse, godendo della compagnia reciproca ma rimanendo in silenzio, un silenzio molto spesso interrotto da commenti, battute o domande del figlio di Apollo, certo, ma se grugnivi qualche risposta o direttamente non aprivi bocca, era pur sempre silenzio.

Nico non rispose, limitandosi a guardarlo interrogativo.

"Allora?" insistette il figlio di Apollo mentre chiudeva il manuale di anatomia e lo appoggiava sulle sue gambe, dando al figlio di Ade la sua completa attenzione.

"Sei la seconda persona oggi che me lo chiede, Solace. Si può sapere cos'avete tutti quanti?"

Will sorrise e Nico si ritrovò molto interessato a quelle due fossette che si erano create sul viso del più grande. Scosse la testa, dicendosi mentalmente di non fare lo stupido.

"Non ti ho mai visto furioso. Irritato o esasperato certo, specialmente con Percy e Jason, ma non ti sei mai arrabbiato così tanto."

Nico sbatté le palpebre un paio di volte. Ok, si era perso qualcosa? Che diamine aveva mangiato il suo ragazzo la sua persona speciale quella mattina?

"Cosa accidenti stai blaterando, Solace?"

Will si sporse verso di lui e lo guardò negli occhi, concentrato. "Nah. Non credo tu ti possa arrabbiare in quel modo, nessuno osa darti così tanto fastidio qui. E non ti arrabbieresti mai così con me, sono troppo fantastico."

Nico sorvolò sul fatto che il suo più che amico credesse di essere protetto dalla sua eventuale collera, per soffermarsi sul discorso senza senso che Will stava portando avanti.

"Hai fatto qualcosa per cui dovrei arrabbiarmi?" tentò di indovinare.

Will sembrò pensarci qualche secondo, per poi scuotere la testa.

"Percy e Jason hanno fatto qualcosa per cui dovrei arrabbiarmi, tu lo sai e hai paura di dirmelo?" riprovò.

"Non ne ho idea. Loro sono i tuoi amici, dovresti saperlo tu."

"Allora... Leo Valdez si è dato fuoco alla testa e 'accidentalmente' ha bruciato anche qualcosa di mio?" chiese Nico non riscendo a trovare nessun'altra spiegazione logica.

A meno che i figli di Ermes non avessero versato qualche strano intruglio nel succo di Will durante la colazione, c'era anche quell'eventualità.

Magari per fare uno dei loro soliti scherzi i fratelli Stoll erano finiti per drogare il povero figlio di Apollo.

"Cosa c'entra Leo?" chiese Will.

"Cosa c'entra il fuoco con i miei capelli?" rispose Nico. "E perché dovrei arrabbiarmi? Che hai combinato?"

Will gli sorrise di nuovo, spostandogli un ciuffo di capelli che gli era finito davanti agli occhi ma, invece di portargli i capelli dietro l'orecchio come era solito fare, si mise a fissarli con curiosità.

Era stato Will a consigliargli di lasciarli crescere e ora Nico era costretto a legarli con un elastico, o uno spago, o quello che trovava, ma alcuni ciuffetti riuscivano sempre a scappare dal nodo e a finirgli dritti sugli occhi.

"Davvero non prendono fuoco?"

"Per gli dei, Solace, certo che no." sbottò Nico tirandosi indietro di scatto e portandosi una mano sulla testa, mentre cercava di sistemare il ciuffo ribelle.

Will fece una smorfia, deluso. "Peccato."

Nico aprì e chiuse la bocca un paio di volte, non sapendo cosa dire.

Il suo ragazzo amico speciale era serio?

Come diamine poteva dare fuoco ai suoi capelli senza ustionarsi? Non era ignifugo e, soprattutto, non era un figlio di Efesto chiacchierone come Leo.

Will riprese in mano il libro di medicina, sfogliandolo svogliatamente.

Nico alzò gli occhi al cielo.

"Will." Lo chiamò.

Il figlio di Apollo alzò lentamente la testa.

"Perché dovrei avere i capelli in fiamme?" chiese cercando di mantenere un tono di voce gentile e serio. Soprattutto serio.

"Perché sei figlio di Ade." Rispose Will.

Nico si accigliò. "E quindi?"

"Non hai visto Hercules?" chiese Will richiudendo piano il libro.

"No. Ti ricordo che ero prigioniero dei giganti in una giara, quando gli altri lo hanno incontrato."

Will spalancò gli occhi, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in piena faccia.

"Hercules. Il cartone animato. Non lo hai mai visto?" chiese di nuovo in modo più specifico.

"Cartone animato? No. Cos'è?"

Il figlio di Apollo si alzò di scatto e in un paio di secondi Nico si ritrovò a correre letteralmente verso la casa dei figli di Ermes.

Adesso, nemmeno un quarto d'ora dopo quella corsa inutile, Nico era seduto sul divano nel salotto della Casa Grande, con Will seduto davanti alla televisione dei fratelli Stoll mentre armeggiava con una videocassetta, leggermente spaesato per la frenesia che aveva colto il figlio di Apollo e alcuni tra i più piccoli semidei che erano corsi da loro quando Will aveva gridato che avrebbero guardato 'Hercules'.

"Hercules è un vero eroe." Disse il ragazzino che gli aveva fatto quella strana domanda durante la lezione di scherma "Sconfigge tutti i cattivi." Poi si rivolse a lui e sembrò ripensarci "Ehm, senza offesa. Tuo padre è simpatico".

Nico, che continuava a non capire niente, si chiese come quel figlio di Iride potesse conoscere suo padre.

Pochi secondi dopo il fiml partì e, tra canzoni gospel e dei dai comportamenti e fattezze largamente discutibili, la risposta arrivò.

Nico si ritrovò a guardare Ade farsi avanti tra gli dei colorati mentre faceva battute per niente divertenti, anche se non così tanto orribili come quelle di Zeus.

Chi aveva fatto suo padre blu e, soprattutto, pelato? I capelli di fuoco, poi, da dove li avevano tirati fuori?

Stava per chiedere a Will, seduto al suo fianco, perché suo padre era il cattivo della storia, quando venne interrotto da una canzone, cantata a squarciagola anche da tutti i presenti, Will compreso.

Nico si chiese come fosse possibile che quel film, inesatto sotto tutti i punti di vista, potesse piacere così tanto.

Ma rimase in silenzio, curioso di vedere la fine – solo per sapere fino a che punto era arrivata l'immaginazione mortale, non perché gli stesse piacendo, nossignore. –

Alla fine del film Nico si accorse che tutti si erano girati a fissarlo, quasi stessero aspettando qualcosa.

"Questo film non è per niente veritiero." Si limitò a dire ma, notando la faccia delusa di Will decise di continuare "Ma le canzoni non erano così male." Disse sfiorandogli la mano.

"Tuo padre non ha i capelli di fuoco?" chiese uno dei fratellini di Will.

"No. E nemmeno io, se ve lo steste chiedendo." Disse Nico alzandosi in piedi.

"Nemmeno se ti arrabbi tantissimo?" riprovò il piccolo.

"Vuoi vedermi arrabbiato tantissimo?" gli chiese Nico di rimando. "No. Chiedete a Leo Valdez di farvi vedere come prende fuoco."

Ai piccoli quello basto, perché si fiondarono fuori dalla Casa Grande in cerca del figlio di Efesto e della sua gentile fidanzata.

"Non vuoi nemmeno provare? Magari tuo padre ci riesce." Riprovò Will.

"Chiudi il becco Solace."
 

Quella sera a cena, Nico vide Percy e Jason avvicinarglisi con delle espressioni non molto rassicuranti.

Quando si sedettero, Nico non perse un solo secondo. "Cosa avete fatto?"

"Niente." Rispose Percy forse troppo velocemente.

Nico si strinse il naso tra due dita, cercando di respirare normalmente.

"Cosa mi avete fatto?" cambiò la domanda, mentre fissava gli occhi chiari del figlio di Giove nei suoi.

"Niente." Rispose Jason non riuscendo a trattenere il sorriso.

"Anche voi due volete farmi arrabbiare?" chiese Nico sbuffando. Ecco che cosa stavano confabulando quella mattina.

"Certo che no." Disse Jason.

"Ma se, per caso, volessi esplodere... potremmo averti dato una mano." Aggiunse Percy.

Nico assottigliò gli occhi fino a farli diventare due fessure.

"Cosa avete fatto, Jackson?"

"Abbiamo solo scommesso sul colore delle tue fiamme." Disse Percy alzando le mani in segno di resa.

"Il colore...?"

"Certo. Ade ha le fiamme blu, tu potresti averle nere perché, sai, viaggi nell'ombra e tutto il resto." Continuò il figlio di Poseidone.

"Secondo me le tue fiamme saranno blu. Quelle di tuo padre sono blu, quindi anche le tue lo saranno."

"Voi siete tutti scemi." Disse Nico alzandosi di scatto e lasciandosi scivolare nell'ombra della panca facendo finta di non sentire le urla del suo ragazzo mentre gli gridava di non fare viaggi nell'ombra.
 

Si ricompose nella sala del trono degli inferi, uscendo dall'ombra che suo padre gettava sul pavimento mentre sostava davanti al calderone delle offerte che Nico gli mandava dal Campo.

Nico si lasciò cadere sulle gambe, mentre riprendeva fiato.

Vide Ade girarsi verso di lui.

Aveva la solita giacca di pelle e la cintura con i teschi dei dannati.

Il dio alzò un sopracciglio.

"Padre." Lo salutò Nico.

"È ora di cena." Rispose Ade facendo un passo verso di lui "Non dovresti nutrirti come dice quel figlio di Apollo, il tuo, aehm, ragazzo?"

"È per lui che sono qui, padre." Disse Nico alzandosi in piedi.

"Nico! Non aspettavamo una tua visita, ti fermi per cena?" chiese Persefone mentre faceva il suo ingresso nella sala del trono.

"Non eri con tua madre nel mondo mortale?" chiese Ade, mentre Nico la salutava con un gesto del capo.

"Inizia l'autunno, mio caro." Rispose lei. "Vuoi qualcosa da mangiare, Nico?"

Lui scosse la testa "No, Persefone. Ma grazie dell'offerta."

"Nico ha già la sua stanza pronta, ma starà qui a tempo pieno solo quando avrà finito la sua esistenza mortale, Persefone. Lo sai." La ammonì Ade.

"Tentar non nuoce." Si strinse nelle spalle lei. "Almeno passa a farci visita più spesso, stare qui da soli è noioso."

"Ci proverò." Rispose Nico.

Ade camminò verso il trono "Hai detto che sei qui per il tuo ragazzo. È morto? L'ultima volta che ho controllato era vivo."

"Hai il tatto di un elefante in una cristalleria." Borbottò Persefone.

"No, padre, Will sta bene solo..."

"Se è vivo cosa posso fare per lui?"

"Invitiamolo a cena." Disse la dea.

Ade le scoccò un'occhiataccia

"Nel mondo mortale, in uno di quei ristorantini carini sulla spiaggia." Aggiunse lei, offesa "Non ho sempre secondi fini, dio diffidente."

"Ehm..." provò a intromettersi Nico.

"E poi è un medico, chi non vorrebbe che il proprio figlio, o figliastro nel mio caso, si accasasse con un medico?" continuò la dea.

"Cara, Nico era qui per un motivo." La interruppe Ade. "Cosa volevi sapere?" chiese al figlio.

Nico sentì le guance imporporarsi.

"Io... forse è una cosa stupida, ma Will ci tiene e quindi... non lo so."

Ade lo guardò intensamente, cercando di capire.

"C'è un cartone animato... Hercules, e..."

"Si, lo conosco. Ti hanno chiesto del fuoco?" chiese Ade.

Nico fece si con la testa.

Persefone di schiarì la voce e il re degli Inferi si ritrovò a combattere una battaglia di sguardi.

Ade e Persefone si guardarono a lungo, mentre lei annuiva e piegava leggermente la testa in direzione del figliastro.

"Va bene!" sbottò il dio dopo un paio di minuti trascorsi in silenzio.

Dalle sue spalle nacquero delle lingue di fuoco che crebbero fino a coprirgli i capelli, senza però bruciarli.

Nico spalancò gli occhi.

Aveva visto giusto o suo padre aveva delle fiamme intorno alla testa?

"Vedi che lo fai anche tu?" chiese Persefone, melliflua. "Quel cartone ti piace"

"Zitta, donna." Borbottò il marito mentre le fiamme intorno al capo piano piano si spensero.

"Mio caro, direi che se lo merita."

"Mi merito?" chiese Nico non capendo di cosa stessero parlando. "Che cosa mi merito?"

"Quel Solace mi sta simpatico. E ti fa felice." Disse Ade schioccando le dita.

Non successe nulla, Nico si preoccupò.

"Cosa... cosa hai fatto?"

"Un regalo per il tuo dottore." Spiegò Persefone.

"Eh?"

"Puoi tornare al campo, figlio." Disse Ade portandosi due dita alla bocca ed emettendo un lungo fischio.

"Cerbero ti accompagnerà con un viaggio-ombra. Dovresti ascoltare il tuo ragazzo, sei ancora debole." Disse il dio mentre un enorme molosso a tre teste faceva il suo ingresso nella sala del trono.

La testa centrale annusò velocemente il padroncino, prima di leccarlo dalla testa ai piedi.

"Che schifo." Si lamentò lui.

"Gli piaci." Ade si strinse nelle spalle.

"Ciao, Nico". Lo salutò la sua divina matrigna.

L'ultima cosa che Nico vide fu la dea sorridere trionfante a suo padre.
 

Quando il mondo smise di girare e tornò a distinguere i colori, Nico si accorse di essere nel campo di fragole, vicino alle cabine.

Una delle teste di Cerbero si voltò di scatto, mentre le altre due lo guardavano in una muta richiesta. Nico annuì. "Vai dalla Signora O'Leary, ma non distruggete niente."

La testa di sinistra gli si strofinò addosso per ringraziarlo, per poi correre in cerca del segugio infernale.

Nico sospirò, era stanco, continuava ad essere leggermente confuso, e l'unica cosa che voleva era farsi una doccia ed andare a dormire.

Camminò verso la sua cabina, immaginando già di trovarsi al caldo sotto le coperte.

Ma, ovviamente, le Parche ce l'avevano con lui. Quando distinse nitidamente la cabina 13 per poco non tirò un urlo.

Era buio, ok, ma non così tanto.

Jackson e Grace erano davanti alla sua cabina con due pennelli in mano. E dai pennelli gocciolava qualcosa di giallo. Giallo.

Intorno alla cabina c'erano alcuni semidei, tra cui Will, che ammiravano il lavoro dei figli di Giove e Poseidone.

"Cos'è?" chiese Nico.

Molti dei ragazzi sussultarono, mentre Will gli sorrise timidamente mimando la parola "scusa" con le labbra.

Lo lasciarono passare e Nico si fermò davanti alla sua cabina, davanti a quei cretini dei suoi cugini.

"Io vi accorcio l'esistenza." Disse.

"Ti piace? Forse ci vorrebbe dell'altro blu." Lo salutò Jason.

"Blu? Bro, il blu non è il suo tipo. Io aggiungerei dell'altro fucsia." Disse Percy aprendo un barattolo di vernice.

Nico chiuse gli occhi per alcuni secondi, sperando che fosse solo un brutto sogno, ma quando li aprì si ritrovò a fissare i muri della sua cabina, dipinti con i colori più sgargianti che vi possano venire in mente (tetto, porta e infissi compresi).

D'accordo, nemmeno a lui piaceva la caprina completamente nera, mica era un vampiro, ma nemmeno quel vomito di un unicorno color arcobaleno shocking andava bene.

Anzi, faceva proprio male agli occhi.

Nico desiderò avere lì con lui, al campo, Annabeth e Piper, sicuramente le ragazze sarebbero riuscite a tenere a freno quei due.

Percy decise di chiudere il barattolo del fucsia, poggiandolo a terra insieme al pennello.

"Sei stato fuori tutto il pomeriggio, abbiamo potuto agire indisturbati." Disse orgoglioso.

Il petto di Nico iniziò ad alzarsi e abbassarsi forse un po' troppo velocemente.

"E non hai ancora visto l'interno." Disse Leo Valdez spuntando da dietro la porta.

"L'interno?" chiese Nico.

Perché la sua voce era così tremolante?

"Oh si. Abbiamo ristrutturato." Disse Leo sorridendogli a trentadue denti.

Nico non aspettò più fece un paio di passi in avanti e palancò la porta.

Dov'erano finiti i suoi libri e i pugnali? E la cintura con il teschio? Ma soprattutto, dov'erano le tende scure davanti alle finestre?

Sentì il suo occhio destro tremare leggermente, mentre alternava lo sguardo tra le coperte gialle e rosa e l'enorme unicorno con le ali che occupava il posto della sua scrivania.

Strinse gli occhi e fece un passo indietro, girandosi verso Valdez, Grace e Jackson.

Sentì uno strano calore espandersi dalle sue spalle fino alla fronte, mentre cercava di regolarizzare il respiro.

"Cos'è?" chiese gridando verso i tre sventurati.

Un fascio di fiamme esplose intorno alla sua testa.

"Cosa...." Nico si guardò intorno, mentre gli altri lo guardavano a bocca aperta.

"Avevo ragione io!" esultò Leo. "Fuoco rosso e giallo, niente blu né nero! Mi dovete dieci dracme a testa."

Nico guardò il suo riflesso sulla finestra. Dei. Suo padre lo aveva fatto davvero.

"Voi." Si rivolse ai tre sventurati, le fiamme crebbero di intensità "Rimettete tutto a posto. Adesso."

"Nico..."

"Ora!"

"Attento con quel fuoco." Disse Leo prendendo la vernice bianca e inforcando un pennello.

Nico si girò verso Will, cercando il suo sguardo per darsi una calmata.

"Ok, mi calmo, mi calmo."

Will gli sorrideva entusiasta, gli occhi gli brillavano felici.

Il figlio di Apollo gli si avvicinò e, quando gli prese la mano, le fiamme di Nico si spensero.

"È stato un incontro... acceso." Citò Will.

Nico sorrise "Taci, Solace."

Il figlio di Ade si girò a guardare i tre semidei suicidi che si stavano affrettando a ridipingere di bianco i muri della casa 13.

Forse sia suo padre che gli amici gli avevano fatto un favore, si sarebbe arrabbiato così altre mille volte per poter vedere quel sorriso sul viso di Will. 

 

   
 
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