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Autore: Marydb13    13/11/2020    0 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 11- Ritrovarsi e doversi già dire addio
Parte seconda- Un nuovo lato di Mercer
 
Anno 2019, 19 gennaio, h 02,00
Genova, Italy (caruggi di Genova)
 

Nonostante Maria Vittoria si fosse fermata solo per pochi secondi, già si sentiva gli inseguitori addosso, come cani da caccia che inseguono la preda. Quando aveva spiegato ad Emanuela che si sarebbe nascosta finché non l’avessero sorpassata, non stava mentendo, ma se questi le stavano così addosso, non ne avrebbe avuto la possibilità. Provò, allora a seminarli, ma pur spingendo il proprio corpo ai limiti estremi, la sua velocità era quello che era. I suoi inseguitori, al contrario, erano veloci e, soprattutto, non parevano avvertire il peso della fatica. E poi dicevano che le droghe erano dannose per gli sportivi… Seriously? Ma se questi correvano come delle lepri!

Mary provò a svoltare in un vicolo un po’ più stretto dei precedenti, sperando di rallentarli. Non che avesse molta altra scelta, dato che doveva comunque avvicinarsi alla strada principale, se voleva sperare di farsi individuare dalla polizia prima che avvenisse il peggio. La tattica sembrò, effettivamente funzionare, dato che li sentì imprecare e rallentare visibilmente. Accorgendosi di non essere più inseguita, cadde preda dei dubbi, come suo solito: non avrò sbagliato strada? Avrò preso un vicolo cieco? Avranno chiuso la strada per dei lavori?
Colta da un’improvvisa insicurezza (Strano… Nd: Marta, Francesca e Lucia), fomenta tra l’altro dal panico per la brutta situazione in cui si era cacciata, fece la cosa peggiore da fare in questi casi: si voltò per controllare. L’astuta fanciulla pensò che non sarebbe stato un peccato capitale, se mentre si voltava avesse continuato a correre, ma non aveva calcolato né la possibilità di spaventarsi ulteriormente (cosa che avvenne, dato l’aspetto inquietante dei suoi assalitori), né quella di andare a sbattere contro un ostacolo inaspettato. Non fece nemmeno in tempo a voltarsi per accertarsi della natura dell’impedimento, che fu spintonata in avanti e per poco non cadde a terra. A quanto pare l’ostacolo era un energumeno non particolarmente alto, ma ben pizzato. Come avevano fatto a prevedere i suoi movimenti?

Non fece in tempo a pensare ad un piano di fuga, che si ritrovò la strada sbarrata da ambo i lati. Non che ci volesse molto, dato che si era andata a rintanare in una stradina secondaria strettissima. Mannaggia a lei e alle sue idee stupide! In una situazione normale avrebbe anche potuto sperare di sfruttare il poco spazio per mettere in difficoltà i suoi inseguitori, dato che erano molto più grossi di lei, ma andiamo: non era mica Rambo! Sette uomini sarebbero stati troppi per lei anche se fossero stati disarmati. E poi, persino gli Ateniesi nella battaglia dell’isola di Salamina erano riusciti a sfruttare questo stratagemma solo perché le navi nemiche li attaccavano solo da un lato.
Si guardò intorno per vedere se ci fosse una scaletta d’emergenza, una finestra nascosta o, per lo meno, qualche sporgenza delle pareti, ma anche lì non ebbe fortuna. Perché nei film americani c’era sempre qualcosa di utile per filarsela sui tetti e lì niente? Persino Fantozzi aveva più fortuna di lei!

Il primo colpo arrivò dopo meno di tre secondi, ma Maria Vittoria era già pronta, con i riflessi tesi per schivarlo, mossa che, però, la portò a sbilanciarsi e ad essere più vulnerabile per un prossimo. Mary sapeva che la mossa più sicura per evitare di farsi male sarebbe lasciarsi colpire, ma scaricare la potenza dell’impatto il più possibile, grazie al movimento del corpo. Il problema è che, per quanto potesse avere i sensi all’erta, non era perfettamente in grado di stabilire in che punto l’avrebbe colpita o se, in realtà, si trattasse di una finta per afferrarla e bloccarla. Il rischio era troppo elevato e, in più, sperava di utilizzare a proprio favore il fatto che la stessero evidentemente sottovalutando, per riuscire a scansare l’unico che l’attendeva alla sua sinistra e fuggire. L’uomo in questione, tuttavia, non si fece cogliere impreparato e dopo la sorpresa iniziale, fece uno scatto in avanti e, con una poderosa manata, la sbatté di faccia contro una parete.
Mary non fece nemmeno in tempo a dire “Ahi”, che un secondo soggetto le tirò due pugni ed una gomitata al centro della schiena, spezzandole il respiro. Il dolore era talmente forte che rischiò seriamente di svenire, tant’è che quando si sentì girare verso di loro, iniziò a vedere tutto nero.
La banda dovette accorgersene, perché quello un po’ più altro la tenne sollevata per i capelli e le ringhiò nelle orecchie: ‹‹Non osare svenire, se non vuoi vederci i*******e ancora di più››.
L’unico lato positivo di sentire così tanto dolore era che non aveva più la forza per piangere o spaventarsi, ragion per cui riuscì perfino a rimanere immobile ed in silenzio.

‹‹Dov’è’››
‹‹Che cosa?›› domandò lei, con fare confuso. A sua discolpa possiamo dire che essere sballottata in quel modo non doveva giovare particolarmente alle funzioni cerebrali.
Gli altri, però, non parvero pensarla allo stesso modo, perché le arrivò subito uno schiaffo talmente forte da farle sanguinare zigomo e labbro. “Tranquilla” le dicevano a Karate, “Tranquilla: lo schiaffo è una mossa che non crea nessun danno”, dicevano, “Se lo utilizzano i genitori ci sarà un motivo!”, dicevano… Tranquilla un corno: a momenti le spezzava l’osso del collo! Quanti miti dell’infanzia sfatati in un’unica notte.
‹‹L’altra ragazza!›› le urlò di nuovo lo stesso di prima, non facendo altro che accrescere il suo mal di testa.
‹‹Non lo so: ci siamo separate poco fa… non so nemmeno se sia di qua e conosca le nostre strade›› cercò di essere il più convincente possibile e, del resto aveva anche detto una mezza verità.
La risposta non piacque all’“addetto alle mazzate” (come l’avrebbe poi soprannominato lei, in seguito), che la scagliò a terra con un calcio, strappandole alcune ciocche di capelli, nel mentre, dato che quello che la tratteneva non si aspettava tale mossa da parte sua. Il “volo” le fece sbattere la testa contro la parete, ma del resto poteva anche aspettarselo, dato il pochissimo spazio che intercorreva tra questa e quella di fronte. Nemmeno un bambino avrebbe avuto lo spazio sufficiente per sdraiarsi completamente a terra.

Il suo tentativo di rialzarsi e portare le mani alla testa, nella vana speranza che potesse smettere di girare, fu preso come un atto di ribellione e l’uomo di prima la bersagliò di calci alle costole e allo stomaco. I colpi le impedirono ancora una volta di respirare e fu costretta ad iniziare la respirazione tramite diaframma che utilizzavano nella lotta a terra. Questa, tuttavia, era stata studiata per tutt’altre situazioni, ragion per cui, ad ogni ondata di dolore particolarmente violenta, faceva sempre più fatica. Fu, però in quell’attimo di disperazione che comprese che assecondarli ed essere remissiva l’avrebbe, comunque, portata alla morte. Tanto valeva reagire: al massimo sarebbe morta comunque, ma almeno, presa dal combattimento, avrebbe sofferto meno il trapasso. Ben che andasse, invece, la polizia sarebbe arrivata in tempo per salvarla.
Quando meno se l’aspettava, Mary afferrò di scatto la gamba che l’aveva colpita con entrambe le mani e, trainandosi con le braccia, ruotò con il corpo di circa novanta gradi e sfrutto la torsione del corpo per colpirgli la caviglia della gamba portante con le proprie. L’uomo perse, irrimediabilmente l’equilibrio, cadendo a terra e dandole l’occasione per alzarsi in piedi e colpirlo con un calcio alla nuca, facendogli perdere i sensi. Non vedendolo più muovere, Maria Vittoria tornò immediatamente in sé e si domandò, terrorizzata, se non avesse impresso troppa forza nel calcio e gli avesse fracassato il cranio. No, non era possibile: non poteva averlo fatto davvero. Non poteva aver ammazzato un uomo. Era andata a Karate proprio per imparare a controllare la forza che le derivava dalla rabbia e non voleva credere di essere finita, ancora una volta, preda dei più bassi istinti. Che le assenze accumulate nell’ultimo mese, sommate alla pausa delle vacanze di Natale, avessero causato questa regressione del proprio autocontrollo? Non voleva crederci. Ormai non era più una bambina: erano cose che non dovevano succedere, indipendentemente dalla gravità della situazione.

Lo shock le impedì di reagire alle nuove raffiche di colpi che partirono dai compagni della vittima e, la fine della “botta di adrenalina” non fece altro che ampliare il dolore straziante che stava provando in quel momento. Proprio quando pensava di essere tremendamente vicina allo svenimento, tuttavia, udì delle grida e, un attimo dopo, i due che la stavano colpendo smisero improvvisamente. Mary non aveva il coraggio di aprire gli occhi, ma, udendo nuovi grida ed echi di colpi, si costrinse a farlo e, per l’ennesima volta, si sentì mancare il respiro. Mr. Mercer era proprio lì, davanti a lei, e stava facendo a pezzettini tutti coloro che osavano avvicinarsi. Beh, davanti si fa per dire: dato che il carugio era troppo stretto, si mise di lato, ma il senso della sua presenza era quello. “Sembra la scena de La bella e la bestia in cui lui salva lei dai lupi” il pensiero riuscì, in qualche modo, a strapparle un debole sorriso.
Poco dopo si udirono le sirene delle auto delle forze dell’ordine e persino lo sgherro di Beckett comprese che fosse meglio non farsi beccare di nuovo da Bianchi e Rossi. Questa volta avevano come la vaga impressione che non se la sarebbero cavata solo con qualche torta.
‹‹Andiamocene da questo c***o di posto›› sentenziò il poeticissimo Mercer. Notando che, però, la ragazza non dava segni di vita, si voltò verso di lei, guardandola per la prima volta da quando arrivato. ‹‹Mocciosa! Che cosa stai aspettan…do…›› non si può dire che provò dolore o dispiacere: non era nel suo personaggio. Ma ci rimase male e molto. Vuoi perché non aveva mai preso in considerazione che qualcun altro oltre a lui potesse pestarla, vuoi perché l’aveva vista dieci minuti prima in perfetta salute ed ora la ritrovava in quello stato pietoso, fatto sta che per un attimo non seppe come reagire.

Il grembiule, ormai divenuto inutilizzabile, sembrava quello di un macellaio (potete immaginare di che colore fosse, ormai, tinto) ed anche la parte superiore dei vestiti non era, certo, in condizioni migliori. Per quanto riguarda le ferite, già a prima vista poteva stimare una frattura alla mandibola e forse anche al setto nasale, a giudicare dal colore e dal gonfiore, e temeva anche un buon numero di costole incrinate. Mani e braccia erano piene di tagli ed immaginava che presto si sarebbero coperte di lividi, così come buona parte del busto e del volto, in cui spiccava tra l’altro, una profonda ferita che, partendo dallo zigomo, arrivava fino al mento.
Ma a sconvolgerlo non fu l’entità delle ferite, quanto piuttosto lo stato catatonico in cui la ragazza sembrava caduta. Non piangeva, né tremava (e già lì poteva preoccuparsi, conoscendola): semplicemente stava. Era lì, seduta per terra in maniera quasi disinvolta e, se non fosse stato per il suo sguardo vuoto, la si sarebbe potuta dire un’adolescente stravaccata sugli spalti del campo sportivo in attesa del proprio turno. I suoi occhi, sempre accesi e pieni di vita ed emozioni, erano ora spenti e fissi davanti a sé. L’uomo era proprio davanti a lei, ma non pareva vederlo: il suo sguardo andava oltre, andando a posarsi su un corpo steso, immobile, a terra.
Come a voler confermare i suoi pensieri, la fanciulla sentenziò con un tono neutro che, però nascondeva un turbine di emozioni a cui, al momento, non riusciva ancora a dare un nome: ‹‹E’ morto. L’ho ucciso io››

Mr. Mercer analizzò la scena del crimine e non gli ci volle molto per capire che il tale era ancora vivo e vegeto. Non sentendosela, però di farle notare che se fosse stata appena più attenta, si sarebbe accorta che stava russando come un trombone, si limitò a dire: ‹‹E’ solo un po’ stordito e la robaccia che deve aver preso deve avergli dato il colpo di grazia. Dormirà ancora per qualche ora come un angioletto››
La rivelazione non sembrò, però, sollevarla un gran che: ‹‹Resta il fatto che ho perso il controllo ed ho seriamente rischiato di uccidere un uomo. Non è per questo che ho preso lezioni di karate››
‹‹E meno male, altrimenti saresti morta›› constatò lui con un tono talmente serio da far uscire la fanciulla dal suo stato di trance ‹‹Iniziavo quasi a pensare che andassi in palestra solo per vedere il tuo amato››
L’ultima frase, ebbe l’effetto di sbloccarla definitivamente, tant’è che si lasciò perfino scappare un debole sorriso.
‹‹Andiamo a casa›› mormorò lui, ancora mezzo scocciato per la piega imprevista degli eventi.
‹‹Andiamo a casa›› concordò lei, sospirando. L’espressione imbronciata dell’uomo che si apprestava a raccoglierla da terra, per poco non le fece scappare un altro sorrisetto divertito. Certe volte sapeva essere davvero un bimbo adorabile.

‹‹E solo perché dopo domani dovrai prepararmi la torta di mele con la cannella›› mise in chiaro lui, mentre iniziava la lunga camminata verso casa con lei tra le braccia (Sììì! A me la gioia e la gloria delle Mary Sue! Finalmente posso dire di essere stata trasportata a “mo’ di sposa”! Nd: Mary. Se vuoi ti trasporto come meglio ti si addice, un bel sacco di patate, e ti incrino definitivamente le costole, facendogli bucare i polmoni e morire tra atroci sofferenze. Nd: Mr. Mercer. Nooooo! Nd: Mary).
“Vuole fare il duro, ma poi si propone implicitamente di portarmi fino a casa in braccio e mi condona le faccende domestiche per i prossimi due giorni e le torte da due passano a una” pensò lei, mentre scuoteva la testa, seriamente divertita. Forse non era poi così crudele come pensava.
‹‹Non vorrei mai che guidare ti arrecasse dei danni permanenti… Poi chi lo spiega a Lord Beckett che non puoi più girare con quei libri giganti?››
Forse.
*****
 
Anno 2019, 19 gennaio, h 04,00
Genova, Italy (Casa di Mary)
 

Erano ormai le quattro quando le stanche membra di Maria Vittoria toccarono finalmente il letto. Appena arrivati a casa, Mr. Mercer l’aveva scaricata in bagno e le aveva portato la famosa cassetta del pronto soccorso, comprata per karate, ma utilizzata solo per feriti gravi al di fuori della palestra (come succede sempre quando una persona compra un oggetto specifico per uno scopo, ma si ritrova ad utilizzarlo solo in altre occasioni). L’uomo non le offrì aiuto per lavare e medicare le ferite, né lei glielo domandò. Non voleva fare come i personaggi di libri e film che, anche se feriti lievemente, si fanno toccare da mezzi sconosciuti a caso. E poi era quasi certa di riuscire a completare l’opera anche da sola, sebbene con grandi difficoltà e tempistiche allucinanti.
Quando ebbe finito, si diresse lentamente verso la sua stanza, con Mr. Mercer al seguito che non perdeva un solo movimento. Per quanto stentasse ancora a capire che cosa potesse averla spinta a rischiare la propria vita in maniera così stupida, non poté fare a meno di stimare questo suo nuovo atteggiamento battagliero. Ora che aveva smesso di piangersi addosso, aveva lasciato spazio ad una grinta che non era certo una donna potesse possedere. O, almeno, non le donne occidentali che conosceva lui e, soprattutto non una nobile viziata (A tal proposito, doveva ricordarsi di indagare su questo punto. Prima aveva lasciato perdere solo perché non aveva voglia di arrabbiarsi e finire con il ridurla in maniera tale da non renderle più possibile cucinare un dolce). Questa era la chiara dimostrazione che, se datagli le giuste opportunità, anche le donne potevano sviluppare caratteristiche caratteriali interessanti (Brutto maschilista, misogino depravato! Nd: donne).

Assicuratosi che fosse giunta a letto sana e salva, fece per uscire dalla stanza, ma fu bloccato dalla sua flebile voce: ‹‹Signor Mercer...››
‹‹Sì?›› domandò lui, a metà tra il confuso e lo scocciato. Se voleva seriamente che le raccontasse una favola della buona notte, poteva anche scordarselo. Non l'avrebbe fatto nemmeno se fosse stata in punto di morte.
‹‹Grazie›› una semplice parola, unita ad un sorriso ebbe l'effetto di scaldargli il cuore, tant'è vero che le rispose, accorato: ‹‹La prossima volta li lascio fare e poi ti dò il colpo di grazia››
Perché doveva essere sempre così senza cuore?
Vedendo la sua espressione terrorizzata, tuttavia, pensò che fosse ancora traumatizzata dalla brutta esperienza e si decise ad intervenire, volendo evitare che il suo capo lo punisse per così poco: ‹‹Però, se volete, per UDITE BENE: solo questa volta, posso restare con voi finché non vi addormentate››
Il solo udire quella frase le fece venire un colpo. No, no, no, Signore, ti prego: aiutami tu. Io non ce la faccio a sopravvivere all'idea che questo tizio inquietante mi fissi nel buio. Per non destare sospetti sulla vera natura dei suoi pensieri, tuttavia, si costrinse a dire: ‹‹NO! Hem, volevo dire no, grazie. Non potrei maaai sopportare l'idea di avervi tenuto sveglio tutta la notte solo per colpa delle mie assurde paure››
Vedendola irrigidirsi e sbiancare, l'uomo si convinse che la sua presenza all'interno della stanza non fosse sufficiente a rinfrancare il suo povero animo straziato e, di conseguenza, si sentì in dovere di proporre: ‹‹Mi rendo conto che, forse, dopo una situazione del genere una ragazza si possa sentire confortata solo se qualcuno veglia su di lei da vicino e le tiene la mano›› Si costrinse perfino ad esibire un sorriso tirato, in modo da apparire il più possibile confortante.
Odddio, questo ora aspetta che mi addormenti per strapparmi il cuore dal petto e portarlo a Davy Jones come souvenir! Lo si capisce solo guardando il sorriso sadico che ha stampato in volto.

‹‹M-ma non sarebbe conveniente... Nella vostra epoca passare la notte nella stessa stanza è considerato uno scandalo gravissimo: non potrei maaai sopportare l'idea di vedere il vostro onore macchiato di cotale onta!›› Se non fosse stata terrorizzata all'idea di trascorrere la notte con uno che poteva sgozzarla nel sonno, sarebbe scoppiata a ridere a metà frase.
Dev'essere più coinvolta di quanto pensassi. Non l'ho mai sentita straparlare così. ‹‹E va bene, ma solo per questa notte... e se lo dici a qualcuno ti faccio pentire di essere nata›› minacciò lui, mentre... sollevava le coperte?
Aiutooo! Io lo sapevo che questo voleva farmi fuori! Lo dicevo che si stava comportando in maniera troppo strana. Devo assolutamente fare qualcosa, e alla svelta! Saltò giù dal letto ad una velocità che non credeva nemmeno di possedere e mise praticamente "alla porta" l'uomo: ‹‹Vi dico che non è assolutamente necessario! E poi sto benissimo: sono più scattante di una Ferra... Ahi!›› Manco a dirlo, sfiorò le costole di sinistra col gomito, provando un dolore atroce.
‹‹A me non sembra proprio›› rispose, infatti, lui. Se avesse giudicato male l'entità delle ferite e le sue condizioni si fossero aggravate durante la notte, preferiva essere presente. Se non fosse intervenuto per tempo, avrebbe dovuto passare un brutto quarto d'ora con Lord Beckett.

‹‹Vi dico che sto bene!››
‹‹Insisto!››
‹‹NO. GRAZIE.›› e con queste parole chiuse la porta. Stremata, si lasciò scivolare a terra contro la superficie liscia che la divideva dall'uomo dei suoi incubi.
"Però questa volta ti ha salvata" le fece notare una vocina nella sua testa. "Già, anche se lo ha fatto solo per non avere guai con il suo superiore" rifletté lei, scuotendo il capo. Tuttavia, ciò non toglieva il fatto che le avesse effettivamente salvato la vita e trasportata per dei chilometri in salita, dopo la fatica fatta nel pomeriggio per raggiungere l'Olandese Volante. La paura che provava nei suoi confronti non era una scusa sufficiente per trattarlo male e non ringraziarlo.
E lei sapeva bene come impiegare quelle ore in cui, tanto, non sarebbe riuscita a prendere sonno a causa delle forti emozioni provate in quella giornata...
*****
 
Anno 2019, 19 gennaio, h 08,30
Genova, Italy (Casa di Mary)
 

Dato che la sera prima avevano fatto tardi, Mr. Mercer si concesse il lusso di alzarsi addirittura alle sette del mattino. La prima cosa che fece, come da routine, fu controllare l’orologio che lasciava sempre sul comodino accanto al letto e, quando vide l’orario si depresse non poco. Da quando in qua dormiva più di tre ore ogni due giorni? Sconsolato, diede la colpa all’imminente arrivo della vecchiaia e decise di consolarsi con una bella colazione all’Italiana. Carpe diem*.
Immaginatevi, dunque, la sua delusione quando, giunto proprio davanti alla porta della cucina, si ricordò che la mocciosa non era, certo, in condizioni di cucinare di prima mattina. Arrabbiato col mondo, si diresse a passo marziale in salotto per dedicarsi all’unica attività che lo aiutava a rilassarsi: scuoiare mocciose rompiscatole lucidare le armi. Giunto di fronte alla sala da pranzo, tuttavia, fu attirato da un profumino invitante (alla Tom e Gerry, per intenderci) che lo spinse ad entrare. Mele, cannella, brioche appena sfornate, limone e cos’altro? Un insieme di odori dalle mille sfumature invase le sue narici e, come in uno stato di trance, si ritrovò a camminare lentamente verso di loro.

“Vieni, Ianiro, vieni da noi! Siamo così dolci e croccanti… Non vorrai aspettare che ci raffreddiamo o che qualcuno ci mangi al posto tuo?” quando si sentì, perfino chiamare per nome (con la storpiatura che gli aveva affibbiato una bidella piuttosto anziana che lavorava nella scuola della mocciosa, per giunta), comprese di essere definitivamente impazzito. Ma, come Ulisse tentato dalle sirene, la consapevolezza di aver scoperto la propria debolezza più grande non fu sufficiente a dissolvere l’illusione.
Quando, finalmente, dando fondo a tutta la propria forza di volontà, riuscì a riprendere (in parte) possesso delle proprie facoltà mentali, era già seduto di fronte alla tavola imbandita, con la tovaglia direttamente legata al collo a mo’ di tovagliolo ed i pugni serrati sulle posate. E a quel punto che fai, te ne privi? Eh, no! In 45 minuti riuscì a mangiare quello che un friulano adulto avrebbe faticato in due settimane. Torte, pasticcini, pancake, omelette, brioches, panini imbottiti alla Scooby Doo, pane appena sfornato con marmellata fatta in casa, salumi toscani e chi più ne ha, più ne metta. Se lo Spirito Santo aveva previsto un momento in cui permettere anche alla sua povera anima di convertirsi, doveva essere proprio quello. Nessuna legge fisica poteva spiegare come una mocciosa ferita ed imbranata oltre ogni limite fosse riuscita a preparare tutto quel ben di Dio prima di andare a letto e, soprattutto, come fosse possibile che cibi cotti almeno tre ore prima fossero ancora caldi. Di forno in casa ce n’era uno solo, se si escludeva il forno a legna nel cortiletto e, non essendo lei nemmeno capace di accendere un accendino, sicuramente, non aveva potuto accendere dei falò nel giardino come l’altra volta. E poi vi era la questione tempo: non era scientificamente possibile cuocere tutta quella roba nella mezz’ora in cui era rimasta sveglia, ufficialmente per auto-medicarsi in bagno. Ed era praticamente impossibile che avesse lasciato la stanza durante la notte: i suoi riflessi eccezionali lo avrebbero fatto svegliare immediatamente.

E, parlando della mocciosa, dove si trovava in quel momento? Poteva dire con certezza che non si trovasse nel piano superiore, dato che era appena passato in tutte le stanze, e poi di solito lo salutava sempre, appena lo sentiva passare nel corridoio. L’unica spiegazione era che fosse ancora nella sua stanza e il suo istinto gli diceva che qualcosa non andava. Nel mese in cui avevano convissuto pacificamente, l’aveva quasi sempre trovata in piedi entro le sette per preparare la colazione e ripassare prima delle lezioni. E comunque, non l’aveva mai vista dormire per più di tre ore di fila (Chissà come mai! Non ho un essere insensibile che mi tira giù dal letto nel cuore della notte perché ha voglia di torta alle mele, no, no! Nd: Mary) e dubitava seriamente che avesse deciso di cambiare abitudine proprio il giorno in cui poteva riabbracciare le sue amichette rompiscatole.
Stava ancora male: non c’era altra spiegazione. Aveva dato per scontato che, trattandosi di una donna, se la sua salute fosse stata anche minimamente grave, avrebbe fatto scene a non finire, ma forse aveva sottovalutato la sua testardaggine per l’ennesima volta. Quando aveva visto che riusciva a camminare da sola, aveva deciso di accontentarla e concederle i suoi spazi, ma forse non era stata una buona idea. Ed alla luce delle nuove considerazioni, si pentì anche di non essersi imposto quando lei aveva affermato di essere in grado di medicarsi da sola.
Senza perdere un solo istante, si precipitò giù dalle scale, per accertarsi delle sue condizioni, consapevole che, se le fosse successo qualcosa, Lord Beckett non ne sarebbe stato affatto felice.
Ciò che l’uomo non poteva prevedere era che Mary fosse stata alzata tutta la notte per cucinare, in modo da ringraziare l’uomo per averle salvato la vita la sera precedente. Era riuscita a finire giusto in tempo per il suo risveglio ed era stato solo un caso se i due non si erano incrociati sulle scale, mentre lui saliva verso il soggiorno e lei scendeva per andare, finalmente a riposarsi un po’. Immaginatevi, dunque, la gioia immensa che provò la fanciulla, quando, appena addormentatasi, fu strappata al mondo dei sogni da un colosso urlante che la scuoteva come se stesse lavando i panni al fiume.

‹‹C-che succede?›› mormorò lei, con la voce ancora impastata dal sonno.
‹‹Sono quasi le otto e mezza e tu ancora dormi!›› esclamò lui, con voce preoccupata oltre ogni dire (per i suoi livelli, intendiamoci).
‹‹E quindi?›› fece per rispondere lei, sempre più confusa, ma poi, notando l’espressione visibilmente preoccupata dell’uomo (aveva increspato gli angoli della bocca di ben tre millimetri e mezzo ed aveva inarcato entrambe le sopracciglia), fu colta da un dubbio atroce: ‹‹Oh no, la VERSIONE DI GRECO! Sono in ritardo… se non mi materializzo a scuola all’istante la prof mi uccide!›› Il suo cervello stava già progettando macchinosi piani per sfuggire all’ira del suo docente, quali fuggire in Messico, acquistare un gregge di pecore e darsi alla macchia in Molise, o addirittura tornare in Toscana e cancellare la sua falsa identità. E, se non fosse stato per il pronto intervento di Mr. Mercer, avrebbe certamente compiuto un gesto estremo.
‹‹E’ sabato›› le fece notare lui, scocciato dal fatto che, di tutto ciò che era capitato nei giorni precedenti, l’unica cosa che la preoccupasse fosse una stupida iscrizione in una lingua inutilizzata da secoli.

‹‹Ma voi non capite! Se arrivo in ritardo quella mi ucci… Cos… E’ sabato? Non è venerdì?›› domandò lei, ancora piuttosto disorientata.
‹‹Ieri e la versione l’hai già fatta, tra pianto e stridor di denti›› la corresse lui, facendo riferimento all’atteggiamento irrazionale dei suoi compagni di classe, che avevano passato l’ora di inglese a scongiurare tutto il Pantheon greco e buona parte di quello fenicio. Quando Mrs. Parker aveva cortesemente domandato il perché stessero legando il professor Fellegara sulla cattedra, dopo averlo bendato, avvolto in un asciugamano color porpora e cosparso di farina1, l’“amato” della mocciosa aveva eroicamente risposto: ‹‹Mio padre mi ha fatto giurare sull’altare di Baal2 che avrei lottato fino alla morte per sconfiggere i nemici del mio popolo››. E quando quest’ultima gli aveva domandato di che cosa diavolo stesse parlando, lui aveva proseguito pronunciando una filippica contro il milanese imbruttito, visto come piaga del placido popolo ligure. La restante parte dell’ora era trascorsa cercando di persuadere i classicisti disperati del fatto che, da circa duemila anni a questa parte, sacrificare un uomo per propiziarsi una buona versione non era conforme ai testi di legge. E pensare che, quando aveva fatto irruzione nell’aula per sequestrare Maria Vittoria, si erano dichiarati tutti atei.

‹‹Ah, già, è vero hehehe›› ricordò lei, portando una mano dietro il capo, con fare imbarazzato.
‹‹Non stai dimenticando qualcosa?>>
‹‹No, non mi sembra prop… Ah, no, aspetta... il registro elettronico! La prof avrà già caricato i voti delle versioni…›› si rese conto, terrorizzata all’idea di non aver ottenuto un risultato decente.
‹‹E’ davvero l’unica cosa che ti preoccupa al momento?››
‹‹Beh, sì… c’è forse qualcosa che non ricordo?›› domandò lei, imbarazzata.
‹‹Che ne dici di ieri sera?›› le diede un indizio lui, alquanto seccato.
‹‹Ieri sera, ieri sera… Oddddio, le mie amiche! Come ho potuto dimenticarmene? Saranno state messe sotto torchio per tutta la notte ed io mi sono messa a dormire come se niente fosse!›› esclamò lei disperata ‹‹Mi vesto immediatamente!››
Probabilmente scese dal letto troppo in fretta, perché le gambe cedettero e cadde a terra come una pera cotta. Mr. Mercer, che avrebbe tranquillamente potuto sorreggerla, fece un passo più in là e si spostò dalla sua traiettoria, non avendo nessuna intenzione di sprecarsi per una deficiente che non riusciva nemmeno a centrare il punto di una discussione.
‹‹Le ferite, mocciosa, le ferite›› le ricordò lui alla fine, esasperato. Perché di tutti proprio a lui?

‹‹Ferite? Quali feri… Ahio! Ah, queste ferite! Ma allora non era un sogno›› constatò lei, riuscendo finalmente a rimettere tutti i pezzi del puzzle nel giusto ordine.
‹‹Mi spieghi come diavolo è possibile dimenticarsi una cosa del genere? Se non fosse stato per me a quest’ora saresti…›› la mossa successiva di Mary trasformò la sua rabbia in stupore.
La ragazzina l’aveva infatti abbracciato di slancio, completando la frase: ‹‹Morta, lo so. Grazie Signor Mercer, mi avete salvato la vita›› concluse lei, sorridendo. Notando l’espressione scioccata dell’uomo riuscì a soffocare a stento una risata, cosa che non sfuggì al diretto interessato. Quest’ultimo non impiegò più di tre secondi a scollarsela di dosso e indirizzarle un bel pugno in testa.
‹‹Se hai la forza per esibirti in tali scandalose manifestazioni di affetto, allora potevi anche alzarti ad un orario decente ed evitarmi un infar…to›› troppo tardi, si rese conto dell’errore, che, per sua sfortuna, non sfuggì alla mocciosa.
‹‹Eravate preoccupato?›› domandò lei, incerta. Che novità era mai questa?
‹‹Di perdere il posto›› la frenò lui, dandole un altro colpo, secondo il principio “semper melius abundare quam deficere”.
‹‹Grazie: non ci ero arrivata!›› gli rispose lei scocciata, per poi borbottargli un “ricordatemi di farvi vedere Quo vado quando torniamo a casa”. ‹‹E comunque, giusto a titolo informativo, mi ero appena addormentata›› sospirò lei, col la tristezza nel cuore. Ma era mai possibile che da quando quell’uomo insostenibile era entrato nella sua vita non riuscisse mai a dormire decentemente? Già c’erano la scuola e i problemi in Toscana a farle perdere preziose ore di sonno: un altro elemento di disturbo era decisamente troppo.
‹‹Ma se sei andata a letto alle quattro›› le fece notare lui. Ma che mocciosa viziata.
‹‹E mi sono alzata alle quattro e cinque per cucinare›› completò lei.
‹‹Impossibile, ti avrei sicuramente sentita salire le scale›› la bloccò lui, convinto.

‹‹Ho cercato di fare il più piano possibile per non disturbarvi e, comunque sarete stato stanco dopo la giornatina di ieri. Per non parlare di quando mi avete trasportato per dei chilometri in salita per arrivare fin qui. Mi sarei preoccupata se vi foste svegliato, semmai›› cercò di spiegargli lei in maniera diplomatica, cosa che però non impedì all’uomo di afferrarla per il colletto del pigiama e sollevarla da terra: ‹‹Stai forse insinuando che sto invecchiando?!?!?››
Notando le fiamme ardenti all’interno delle sue pupille, la ragazza si affrettò a rispondere: ‹‹Ma se vi ho appena detto che avete percorso dei chilometri in salita su un terreno dissestato nel cuore della notte con un peso morto di 60 chili… Ma di cosa stiamo parlando?›› Ma era serio?
Soddisfatto dalla risposta, l’uomo la lasciò ricadere a terra, per poi domandarle, con un ampio ghigno: ‹‹Si può sapere per quale motivo ti è venuta l’ispirazione culinaria alle quattro del mattino? Perché se le carneficine ti danno questa carica, la prossima volta ti porto sul posto di lavoro e mi impegno per fare una buona impressione…››
‹‹NO, NO, NO! Per carità!›› esclamò subito lei, terrorizzata, per poi affrettarsi ad aggiungere: ‹‹E’ solo che dopo quello che è successo ieri mi sono venute in mente delle cose e, insomma, non era che riuscissi a dormire un granché…›› ammise lei, imbarazzata oltre ogni modo. Mr. Mercer era certamente abituato ad affrontare pericoli ed a convivere con fantasmi ben peggiori dei suoi. Le dispiaceva fare scenate per così poco di fronte a lui.
‹‹E allora perché non avete voluto che rimanessi con voi?›› sospirò lui, alzando gli occhi al cielo.
“Perché mi fate ancora più paura dei tizi di ieri sera non è la cosa migliore da dire, vero?” pensò lei, nervosa, per poi decidere di rimanere sul vago: ‹‹Mi dispiaceva disturbarvi per così poco, hehehe››

‹‹Hmm…›› si limitò a constatare lui, poco convinto, per poi borbottare il classico “donne”.
Sollevata, Mary si affrettò a cambiare argomento: ‹‹Io vado a prepararmi, anche se temo che oggi impiegherò più del solito, hehehe… Scusatemi›› concluse con un’espressione decisamente demotivata.
‹‹Mezz’ora in più o in meno non cambia un granché: voi donne siete sempre così luuunghe›› acconsentì lui sospirando, mentre lei si scusava nuovamente e si dirigeva a passo mal fermo verso il bagno.
L’uomo si sedette sul suo letto, fingendo uno sguardo annoiato, ma, non appena la vide sparire dietro l’angolo, non riuscì a soffocare un sorrisetto divertito. Maria Vittoria era quasi più veloce di lui nel prepararsi, il che la rendeva la più svelta di tutte le donne che avesse mai avuto la sventura di incontrare. Era pur vero che gli abiti moderni erano più semplici da indossare, ma era quasi certo che la maggior parte delle mocciose della sua età impiegassero almeno il quintuplo del tempo per scegliere l’outfit (termine che aveva imparato a fuia di ascoltare i discorsi senza senso delle femmine che andavano a scuola con lei. Ora sì che la sua esistenza era davvero completa!), truccarsi, acconciarsi i capelli ed ammirarsi nello specchio. Il fatto era che adorava prenderla per il c**o.
*****
 
Anno 1729, 19 maggio, h 09,00
Port Royal, Giamaica (sotto il letto di Beckett)
 

Fortunatamente, contro ogni più rosea aspettativa, l’interrogatorio di Francesca e Lucia non si protrasse oltre le dieci di sera. Cutler Beckett non vi prese parte, ufficialmente perché troppo impegnato nel progettare i nuovi attacchi contro i pirati, anche se in realtà tutti sospettavano che volesse rimanere qualche ora da solo per autoelogiarsi davanti allo specchio e dire cose del tipo “Alla faccia tua!” alle foto di suo padre e dei suoi due fratelli maggiori. E, conoscendo il suo ego smisurato, probabilmente non erano troppo lontani dalla realtà. Il Lord tuttavia prima di rinchiudersi nel suo antro muschioso (come la servitù aveva preso a riferirsi al suo ufficio, dato che ultimamente tendeva a rinchiudervisi anche per giorni interi, manco fosse un eremita solitario), aveva ordinato che si trattasse solo di qualche domanda di routine e che, poi, fossero scortate nelle stanze degli ospiti. E non utilizzò tali delicatezze nei loro confronti solo perché erano molto carine, erano le uniche a sapere dove si trovava la rossa (Ebbene sì, anche se non se ne rendeva ancora conto, si era preso una bella cotta per Marta, ma non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura) o perché voleva dimostrare quanto fosse superiore a quello squilibrato e maleducato di Sparrow.

Ad ogni modo, dopo una serata fatta di bagni con petali di rosa (dove le avessero trovate, non si sa), massaggi, manicure, pedicure e trattamenti a capelli e viso che non avrebbero ricevuto manco alla spa, le due poterono finalmente godersi un bel sonno ristoratore su un vero letto dopo quasi un mese da quando si erano imbarcate sulla Perla Nera. La mattina seguente ebbero addirittura il coraggio di lamentarsi del fatto che in Giamaica a maggio facesse caldo. Ma davvero? Se a fare tale affermazione fosse stata una persona qualunque, probabilmente sarebbe stata linciata dalla servitù, ma dato che erano state due ragazze incredibilmente carine, l’intera guarnigione si fece in quattro per risolvere il loro problema. Ecco spiegato il motivo per cui, quando Theodore Groves andò a chiamarle per scortarle sotto il letto di Lord Beckett (all’epoca, come abbiamo già detto, serviva uno chaperon anche per questo), le trovò spaparanzate su due poltrone rivestite di fine broccato, con quattro soldati che le sventolavano con foglie di palma e altri due che gli servivano delle bevande fresche.
Troppo buono per esprimere anche il più lieve commento, il tenente si limitò a riferirgli gli ordini di Beckett ed a scortarle nelle sue stanze private. I tre stavano gattonando sotto il letto (sì, non esiste un termine più signorile per descrivere il tragitto attraverso le due epoche), quando udirono un discorso che li fece impietrire sul posto.
 
*Da ora i pensieri e commenti di Lucia, Fra e Theodore verranno riportati in corsivo negli intermezzi del dialogo tra Mary e Mr. Mercer*
 
‹‹Allora?›› la voce dell’uomo lasciava presagire che la sua pazienza aveva ormai quasi raggiunto il suo (minuscolo) limite.
‹‹E’… è proprio necessario?›› domandò Mary, con fare titubante. Chiaramente non era una di quelle situazioni in cui sentirsi a proprio agio.
‹‹Tu cosa dici?›› le rispose lui, sempre più impaziente.
‹‹M-ma non so se sia il caso, insomma… ci conosciamo da poco e… e io…››
‹‹Per la miseria: è quasi un mese che ti sopporto e viviamo insieme 24 ore su 24 e tu ancora non ti fidi di me?›› sbottò lui, incollerito.
 
“Mio Dio, sarà meglio intervenire, prima che faccia del male a quella poveretta!” ma il tentativo cavalleresco di Groves fu brutalmente interrotto da un placcaggio congiunto di Lucia e Fra.
“Fermo, stupido!”
“Ma siete forse impazzite? Non volete salvare la vostra amica?”
“Sei tu che non capisci: questa è un’ottima opportunità per Mary” gli sibilò Fra in un orecchio, mentre ancora non mollava la presa.
“Continuando ad aiutarla non fai il suo bene. Mary ha bisogno di sciogliersi un po’ con i ragazzi e quale occasione migliore di questa?” le fece eco Lucia.
“Ma di che cosa state parlando?” domandò lui a metà tra lo sconvolto e l’inorridito.
 
‹‹N-non è che non mi fidi… cioè, in realtà non proprio, ma non è questo il caso… E’ solo che non ho mai condiviso una cosa del genere nemmeno con le mie amiche, figuriamoci con un maschio›› balbettò lei, in evidente imbarazzo.
‹‹Dubiti forse della mia esperienza? Hai una vaga idea di quello che ho visto nei miei viaggi in Cina e Giappone? Io conoscevo queste pratiche quando tu non eri ancora nata››
 
“Visto? Lui ha esperienza!” gli tirò una gomitata Francesca.
“Sì, esperienza nel trucidare la gente” borbottò Theodore, sempre più in imbarazzo per la piega che stavano prendendo gli eventi. Il suo commento, tuttavia, fu totalmente ignorato, dato che Lucia si apprestò subito a sostenere l’amica: “Marta l’ha sempre detto che il problema di Mary era che i ragazzi della nostra età non sono abbastanza maturi. Quando l’ha detto pensava, probabilmente a Cutler Beckett, dato che i nostri due piccioncini condividono l’amore per libri polverosi e pietre dimenticate, ma immagino che anche il suo sottoposto possa andare bene”.
 
‹‹No, no, va bene: mi fido, mi fido!›› strillò la poveretta, terrorizzata dalla voce alquanto incollerita dell’uomo. Seguì un fruscio di tessuti che fece temere al povero Groves il peggio.
Il discorso che seguì, tuttavia, ribaltò completamente le teorie dei tre spettatori indesiderati: ‹‹Allora, è molto grave?››
‹‹Si può provare con una cucitura alla buona, ma nemmeno io so dire per quanto reggerà›› rispose l’uomo con fare di chi se ne intendeva.
“Oh mio Dio! Altro che fidanzato: le occorre l’aiuto urgente di un medico!” pensarono tutti simultaneamente, ipotizzando che stessero parlando di una ferita piuttosto grave.
‹‹Mr. Mercer, vi prego: guardatemi negli occhi e ditemi la verità. Quanto mi resta?››
‹‹Pochi giorni, così come poche ore… difficile a dirsi››
‹‹Ciò non toglie che ormai sono rovinata: la mia vita è finita! Se gli altri mi vedessero così…››
 
‹‹COSI’ COME?!?!?›› gridarono i tre in coro, saltando fuori da sotto il letto e facendo quasi venire un infarto a Maria Vittoria. Quest’ultima, compreso infine che si trattava solo di Groves e delle sue amiche, divenne rossa come un peperone e si nascose velocemente dietro alla schiena dell’uomo.
‹‹Ci mancavate solo voi! Avete una vaga idea di quanto tempo ho impiegato per convincerla ad uscire dal bagno stamattina? Donne e i loro stupidi complessi!›› sbottò Mr. Mercer irritato.
‹‹Più che stupido complesso si tratta di realtà oggettiva›› ribatté lei, picata ‹‹Vorrei proprio vedere cosa fareste al mio posto››
‹‹MI STAI FORSE DANDO DELLA DONNICCIOLA?››
‹‹Perché dovete sempre travisare tutto!›› piagnucolò lei, intenta a massaggiarsi la testa dolorante, dopo l’ennesimo colpo ricevuto dall’uomo.
 
‹‹Si può sapere di che state parlando?›› domandò Francesca che, come i due compari, ormai non ci capiva più niente ‹‹Prima sembrava che stessimo rovinando un momento intenso, poi che Mr. Mercer stesse diagnosticando una ferita mortale e ora state litigando come due suocere!››
‹‹Da quanto ci state spiando, esattamente›› domandò Mary, ancora più imbarazzata di prima, mentre Mr. Mercer si limitava a sfoggiare un ghigno compiaciuto per la piega che stavano prendendo gli eventi. Mannaggia all’orgoglio maschile.
Poi, notando lo sguardo poco raccomandabile dell’uomo e temendo che potesse orchestrare un qualcosa di allucinante per metterla in imbarazzo, si decise a confessare: ‹‹Ho rotto il pssspsss››
‹‹Cosa?›› domandarono tutti, non riuscendo a capire nulla a causa del tono troppo basso.
‹‹il pssspsss››
‹‹Che hai detto?››
‹‹Il CORPETTO CONTENITIVO!›› urlò alla fine, stufa di girarci intorno.
‹‹Il cosa?›› domandò Theodore Groves, vagamente perplesso.
‹‹Quella manna dal cielo che fa sembrare che i miei pettorali siano di una grandezza umana›› spiegò lei con un sibilo. Ma perché tutte a lei?
Vedendo che, però, il tenente non pareva capire, Mr. Mercer la spinse in avanti, rassicurandola: ‹‹Smettila di fare scene: non si vede quasi la differen…›› Non fece, però, in tempo a terminare la frase che Groves iniziò a strillare: ‹‹Buon Dio! Che cosa diavolo vi è successo? State bene? Vi hanno avvelenata?››
E meno male che non doveva vedersi la differenza. Mai chiedere consiglio ad un uomo su queste cose, mai!
*****
 
Anno 1729, 19 maggio, h 12,00
Port Royal, Giamaica (Olandese Volante)
 

I nostri cinque avventurieri giunsero sul luogo del meeting con “appena tre ore di ritardo, cosa più unica che rara, considerata la componente femminile del gruppo”, come si premurò di far notare il comprensivo e per nulla misogino Davy Jones.
Ciò che il capitano dell’Olandese non poteva sapere era che tre quarti del tempo erano stati impiegati per convincere Groves che l’improvviso ingrandimento dei due “canotti” di Mary non era dovuto ad un’improvvisa malattia, che sì, riusciva a camminare senza inciampare anche se non si vedeva i piedi e che no, cadeva sempre dalle scale perché era imbranata, non per una problematica fisiologica.
Il restante era stato speso nel tentare di uscire dalla magione Swann, dato che le giubbe rosse presenti, cappeggiate dal Tenente Groves, si erano scagliate contro Mr. Mercer, accusandolo di maltrattare Miss. Mary. A onore del vero, l’uomo l’aveva effettivamente trascinata per i capelli sotto il letto, e poi, ancora per tutte le rampe di scale, ma era solito riservarle trattamenti ben peggiori di quello e nessuno (a parte Theodore la sera in cui l’aveva prelevata dall’infermeria) aveva mai dato segno di preoccuparsene. Cos’era cambiato in poche ore?

Avete presente il detto “la bellezza non è tutto”? SBAGLIATO, SBAGLIATO, SBAGLIATO! L’elemento estetico fa eccome e questa ne è la prova evidente. Maria Vittoria quella mattina aveva deciso di truccarsi, vestirsi in maniera elegante ed addirittura acconciarsi i capelli (tantissimo per i suoi standard), in maniera tale da non focalizzare l’attenzione sulle poche ferite che i vestiti non sarebbero riusciti a nascondere. Se c’era una cosa che Mary odiava era truccarsi, dato che non voleva rischiare che un ragazzo le chiedesse di uscire, per poi scappare una volta che si fosse reso conto di com’era realmente. Era ben consapevole del proprio misero aspetto e non aveva nessuna intenzione di prendersi delusioni perfettamente evitabili.
Gli unici momenti in cui violava il suo “voto” erano le gare o gli stage di Karate e il post gare o stage di karate. A lei i lividi e le ferite “di guerra” non dispiacevano: erano la prova evidente della sua fatica e, in tutta onestà, era talmente bella che talvolta finivano persino per migliorarne l’aspetto.
Ciò che non è bello per noi, tuttavia, non è detto che non sia bello per qualcun altro… e questo è esattamente quello che accadde in quel momento. Vuoi perché il dislivello tra il “prima” e il “dopo” trucco e parrucco era incredibile, vuoi perché nel ‘700 le donne formose andavano di moda, fatto sta che improvvisamente l’intero reggimento si fiondò in suo soccorso, manco fosse la principessa intrappolata nella torre dal drago cattivo. Imbarazzante.

In tutto questo Maria Vittoria, non avvezza a quel genere di attenzioni, si imbarazzò come non mai e si avvicinò istintivamente a Mr. Mercer per tutta la durata del tragitto. Tale azione, tuttavia, non sfuggì all’occhio attento del Tenente Gillette che, preoccupatissimo, fomentò la folla, sostenendo che la sua non-figlia fosse, ormai, affetta dalla Sindrome di Stoccolma. Non utilizzò certo quel termine, dato che la psicologia non era ancora diventata una scienza, ma il senso era decisamente quello e seppe rinvigorire i cuori dei novelli paladini della giustizia.
Il risultato fu, ovviamente, tre quarti di reggimento stipato in un ospedale da campo (l’infermeria non era abbastanza grande per contenerli tutti) e il restante ancora disperso lungo le insenature della baia. Maria Vittoria apprezzò, tuttavia, il loro gesto. Non capitava, certo, tutti i giorni che qualcuno osasse sfidare il colosso per aiutarla, quale che fosse la motivazione. “E a proposito del colosso…” sorrise lei dentro di sé “tirarmi i capelli non sarà un goffo tentativo di distogliere l’attenzione dal fatto che le ferite mi impediscono di muovermi in maniera fluida?”. Il bestione parve cogliere il senso dei suoi pensieri, perché le ringhiò in avvertimento, per poi accelerare e distanziarsi da lei di qualche passo. “E questo conferma la mia ipotesi…” confermò lei, divertita. Certo, avrebbe preferito di gran lunga che la trasportasse come la sera precedente, ma in cuor suo sapeva che l’uomo non avrebbe mai fatto una cosa del genere davanti ad un testimone, nemmeno se la persona in questione fosse stata il suo “onorato signore”. Non rientrava decisamente nel personaggio e, in tutta onestà, non se ne dispiaceva completamente. L’immagine dei tre giorni nella stanza buia e dei tentativi di strangolamento erano ancora nitidi nella sua mente e non sarebbe, certo, bastato un mese per cancellarli. Meno entravano in contatto e meglio era, per il momento.
E le cose non fecero altro che peggiorare: la location, curata da Lord Beckett in persona, era una grotta buia, umida, con la “pavimentazione” viscida e il soffitto pericolante. E pensare che in una scena di “Pirati dei caraibi” 3, la Disney aveva osato rappresentare una scena in cui Lord Beckett offriva il tè a Will Turner e Davy Jones in deliziose tazzine di porcellana da collezione… Ma con che coraggio? (Che tra parentesi, avete presente il “Giorno” di Parini, in cui l’autore sottolinea, ironicamente, che, per permettere al nobile di scegliere se fare colazione con il caffè o la cioccolata, una popolazione intera era stata brutalmente sfruttata? Ecco, immaginatevi quanti poveri innocenti potevano aver perso la vita perché il tè indiano e la porcellana cinese avessero potuto giungere fino a lui con poca spesa… Nd: Mary)

Alla faccia del raffinato uomo di cultura, estimatore dell’etichetta e del buon gusto. O la classicità penetrata nella cultura anglosassone aveva perso un po’ di quei toni armonici (il locus amoenus, tanto per fare un esempio! Nd: Mary), oppure l’ambiente tetro si addiceva maggiormente al personaggio. Ogni malvagio che si rispetti necessita di un covo nascosto…
Maria Vittoria scivolò più volte lungo il tragitto, non facendo altro che aggravare le sue già precarie condizioni di salute. La prima volta, vedendola cadere, Mr. Mercer si spostò poco più in là (come suo solito), mentre il tenente Groves lo rimproverava con lo sguardo e si apprestava cavallerescamente a soccorrerla. L’uomo, tuttavia, dovette sottovalutare la pendenza del cunicolo e la pesantezza della ragazza, poiché finì col rovinarle addosso e farli scivolare per una ventina di metri. Questo fu essenzialmente il motivo per cui, una volta giunti nella grotta principale, i suoi abiti erano così mal ridotti che Davy Jones la additò immediatamente, dandole della fanciulla dai capelli sciolti, della donna che presiedeva ai crocicchi, etc.
‹‹Evidentemente la maledizione dell’Olandese gli dà anche il super potere della vista›› borbottò Francesca, parecchio innervosita all’idea che quell’essere maschilista si permettesse di fare certi commenti a priori e trovandosi a più di 200 metri di distanza.

‹‹Zitta, donna!››
‹‹E anche l’udito, vedo… All inclousive, insomma›› gli fece eco Maria Vittoria che, forse complice la stanchezza ed il dolore, per una volta non si era depressa per i commenti maligni. L’unico momento di “baldanza” della sua vita (per i suoi canoni), tuttavia, ebbe breve durata, dato che i presenti nell’arco di due secondi non riuscirono più a trattenere le risate ed esplosero.
‹‹Ragazza dai facili costumi? Mary? Ma se si veste più di una suora!›› si mise a sghignazzare Francesca.
‹‹Hey, non è vero!››
‹‹Si tappa le orecchie e si mette a gridare argomento tabù, quando sente parlare di ciò che accade quando due persone sco…›› la descrizione di Lucia parve, effettivamente, rispecchiare il soggetto, dato che questa non perse tempo a sovrastare la sua voce, strillando: ‹‹ARGOMENTO TABU’!!!››
‹‹Appunto›› constatò Lucia, spostandosi la frangetta, con aria esasperata.
‹‹E poi è troppo ingenua ed infantile›› analizzò Mr. Davis.
‹‹Ma…››
‹‹Per non parlare del fatto che non ha nemmeno un ragazzo›› proseguì Lucia.
‹‹Hey, sono stata con un ragazzo due anni fa!›› protestò lei, con fierezza.
‹‹Che ti ha scaricata dopo un mese perché non volevi concludere›› la bloccò Fra.
‹‹M-ma prima che ci mettessimo insieme mi aveva detto che per lui non era un problema aspettare il matrimonio…››
‹‹Te l’avrà detto solo nella speranza che ti infurbissi man mano che proseguiva la relazione››
‹‹Continuando così non troverà mai un buon partito›› concordò Lord Beckett che, fortunatamente, non aveva ben compreso la motivazione della rottura del fidanzamento. Benedetta sia l’ingenuità degli uomini delle epoche passate.
‹‹E’ ancora una bambina›› per la prima volta l’affermazione di Gillette ottenne un’approvazione generale.
‹‹Ma ho 19 anni!›› si lamentò lei, imbronciata.
‹‹18›› la corresse Mr. Mercer ‹‹e se non la pianti di fare i capricci, l’alba del 15 di febbraio non la vedrai nemmeno con il binocolo››
‹‹NO, per carità!››
E così il delirio si concluse, con estrema gioia del Tenente Gillette, che ancora faticava a sopportare l’accostamento di “la mia bambina” e “matrimonio” nella stessa frase. In tutto questo, Davy Jones era sempre più perplesso, ma non aveva nessuna intenzione di abbassarsi a domandare chiarimenti a quel gruppo di mortali con già un piede nella fossa.
 
*ONE HOURS LATER*
La riunione della setta dei giovani esploratori, fortunatamente, non si protrasse troppo a lungo. Del resto, nessuno dei presenti aveva intenzione di rimanere in quell’ambiente insalubre più dello stretto necessario. E come dargli torto?
Quella messa più a dura prova dal freddo e dall’umidità della grotta era, indubbiamente Maria Vittoria. Le ferite riportate la sera precedente (e il correre di notte a gennaio nei vicoli di una città in cui un giorno c’è “allerta vento” e l’altro pure, senza giacca), sommate alla fatica e alle privazioni di sonno avevano inevitabilmente portato l’acerrima nemica di ogni classicista: la febbre. Quella disgrazia del creato, serpe infida, male supremo del vaso di Pandora che impedisce al “buon studente” di memorizzare le informazioni in maniera corretta (specie quando, dai 39 °C in su, iniziano le allucinazioni). Ad ogni modo, per quanto desiderasse sedersi anche solo per qualche istante, sapeva che l’umidità del terreno non avrebbe fatto altro che aggravare le sue già compromesse condizioni di salute.

Troppo concentrata anche solo per sperare di riuscire a rimanere in piedi, perse quasi completamente il senso del tempo e non ascoltò quasi nulla della conversazione. Non che i nostri poco misogini uomini avessero una considerazione del genere femminile tale da fargli anche solo passare dall’anticamera del cervello l’idea di rendere partecipi le fanciulle. Del resto era solo delle loro vite che si stava parlando.
Notò appena Mr. Mercer che, di tanto in tanto, le arruffava i capelli, con un movimento che ricordava quello con cui il padrone accarezza un cucciolo. Se a farlo fosse stato chiunque altro, avrebbe potuto anche pensare che si trattasse di un’involontaria manifestazione d’affetto, ma conoscendolo era decisamente più probabile che l’avesse scambiata per un cane. Quelle mani, comunque, erano un po’ troppo vicine al suo collo per i suoi gusti… Se non fosse stata stordita dalla febbre, molto probabilmente sarebbe schizzata via senza pensarci due volte. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è senz’altro meglio.
Rimase, invece, lì imbambolata, a bearsi di quel poco calore che il corpo dell’uomo le cedeva. Non era molto, ma al confronto con il freddo umido dell’ambiente era certamente qualcosa, e l’uomo pareva essersene accorto, dato che, con la scusa di controllarla, le stava praticamente incollato. Doveva davvero tenere alla cucina italiana.
Non c’è, dunque, da stupirsi se, nel momento in cui Lord Beckett concluse le trattative, concedendo a Davy Jones di portare Lucia con sé, finché non avessero catturato Jack Sparrow, Mary borbottò, mezza stordita: “Uhm, sì: una bella crociera per Lucia!”

Ai presenti, inizialmente pare strano che la fanciulla avesse reagito così bene alla notizia, ma, pensando che si fosse semplicemente stancata di farsi trattare come una pezzuola da piedi dalle sue amiche. Mr. Davis stava, appunto, per lodare la sua finalmente ritrovata intelligenza, quando quella si precipitò a ritrattare: “Lucia? Crociera? Olandese volante, ma nuotante, nuotante sotto il mare. Mare uguale acqua e acqua uguale umidità. Umidità uguale male per i capelli ricci, che diventano ancora più ricci… Ma tanto Lucia ha i capelli lisci, quindi perché mi stavo preoccupando?”
‹‹Se non lo sai tu…›› le fece notare Mr. Davis, ovvio.
‹‹In effetti, hehehe. Comunque, scherzi a parte, ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo…›› rifletté lei, pensosa.
‹‹Tu dici?›› la rimbeccò la diretta interessata che, ora più che mai, era tesa come la corda di un violino.
‹‹Uhm, direi di sì›› annuì lei, poco convinta. La febbre doveva essersi veramente alzata, se non era riuscita nemmeno ad accorgersi dell’ironia mal celata nella frase dell’amica. Fortunatamente, prima che Lucia la strangolasse, un’improvvisa consapevolezza la pervase: ‹‹Dite che sia il caso di lasciare una ragazza da sola con un equipaggio di soli uomini?››
‹‹Cioè, di tutta questa situazione la prima cosa che noti è l’etica medievale?›› Francesca era senza parole, Lucia ormai aveva perso le speranze. I Settecenteschi, dal canto loro, al contrario parvero prendere sul serio il rimarco della ragazza e, dopo un breve consulto, stabilirono di dare in ostaggio Lucia e il pappagallo di Cotton che, dopo attente ricerche, era risultato essere una femmina.

A quel punto, finalmente, a Mary sorse qualche lievissimo sospetto: ‹‹Hey, aspettate un attimo, ma chi ci garantisce che il Signor Jones non abbia fatto questa richiesta per vendicarsi del fatto di non essere riuscito a giustiziare l’unica donna che è riuscito a trovare dopo chissà quanto tempo a bordo della sua nave?››
‹‹Alleluja!›› esclamarono le amiche in coro. A quanto la relazione simbiotica instauratasi tra Mercer e Mary giovava solo a quest’ultimo, che otteneva la sua intelligenza per osmosi, mentre questa ampliava la propria dose di ottusità.
‹‹Da quanto non sfogate le vostre frustrazioni misogine su qualcuno, precisamente?›› volle indagare Mary, posizionandosi davanti a Davy Jones con gambe larghe, mani sui fianchi e sguardo battagliero. La febbre le aveva dato alla testa: ora oltre ad averle inibiti i ricettori della paura, le ingannava la vista. Perché Davy Jones stava ruotando di 180 ° mentre lei gli stava parlando? O era la stanza a muoversi?
Vedendola comportarsi in maniera strana e, trovandosela all’improvviso davanti agli occhi, Jones fu, per un attimo incerto. Non era abituato ad avere a che fare con le donne. La voce secondo cui “donna a bordo porta male”, che aveva diffuso proprio a seguito della sua grande delusione amorosa, da un certo punto di vista gli si era ritorta contro. Era vero che, da allora, non aveva più dovuto sopportare la sgradevole vista di quelle infide serpi della stessa razza di Calipso, ma non aveva nemmeno più avuto la possibilità di sfogare le proprie frustrazioni personali sull’oggetto della sua rovina. 24 ore ogni dieci anni non erano assolutamente sufficienti e di questo si rammaricava profondamente. Senza volerlo, la mocciosa aveva toccato un nervo scoperto.
Accortisi dell’incertezza dell’uomo-polpo, Mary si convinse maggiormente della sua tesi, e lo stesso parve fare Lucia, dato che impallidì oltre ogni limite e perse i sensi.
‹‹Si è solo addormentata›› tranquillizzò tutti Francesca, dopo essersi assicurata delle sue condizioni. Non che potesse sorgere qualche dubbio al riguardo, dato che fin da subito il suo rissare aveva pervaso la caverna, accrescendo man mano che si diffondeva nei cunicoli e rischiando di far crollare le poco stabili pareti rocciose.
Notando gli evidenti segni di cedimento della struttura, persino Lord Beckett fu costretto a dichiarare chiusa la discussione. Ciò non impedì, comunque, a Maria Vittoria di tampinarlo per tutta la durata del tragitto, implorandolo di ripensarci, oppure di mandare lei al suo posto. Del resto, Lucia la più intelligente del gruppo e, nonostante non conoscesse le lingue antiche, avrebbe potuto assisterlo nel suo lavoro di ricerca, sfruttando le traduzioni degli esperti. Cadde più volte lungo il percorso (Maledetta imbranataggine! Nd: Mary), ma si rialzò sempre, dando sfoggio di un’energia (Testardaggine. Nd: Merce) che nemmeno sapeva di possedere. E i suoi piagnistei accompagnarono il Lord fin nel suo ufficio.

‹‹Hai finito?›› incredibile come riuscisse a risultare calmo nonostante tutto.
‹‹Per favooore! SIG, SOB!››
‹‹Ho detto di no››
‹‹Ma perché? Ahi!››
‹‹Ha detto di no›› Mr. Mercer spiegò con totale naturalezza il motivo che l’aveva spinto a colpirla per l’ennesima volta al centro della zucca.
Vedendo che lacrime e lamentele non portavano da nessuna parte, decise di utilizzare un tono serioso: ‹‹Lucia è gravemente ammalata. Anche il più piccolo sforzo potrebbe costarle la vita e le forti emozioni potrebbero compromettere il suo stato. Per non parlare dell’ambiente insalubre in cui sarebbe costretta a vivere. E questo senza contare la minaccia costante del capitano e della sua ciurma. Se non vi è possibile convincere Jones a rispettare i suoi patti ugualmente, allora vi prego di mandare me al suo posto. Del resto Lucia è ha una mente geniale e potrebbe svolgere il mio lavoro cento volte meglio››
‹‹Una serie di motivazioni eccellenti, non v’è dubbio›› constatò Lord Beckett, mentre prendeva posto alla scrivania.
“Perché non sembra minimamente toccato dalle mie parole?” si domandò Maria Vittoria, sempre più preoccupata.
‹‹Ma…›› Appunto.
‹‹Nel tuo ragionamento c’è una falla››

‹‹Ovvero?›› domandò lei, inquieta. Davvero non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
‹‹Tu sei facile da controllare. Le tue amiche, la tua famiglia, i tuoi compagni di classe, di allenamento, persino i bambini che hai incontrato nelle segrete… hai così tante debolezze che mi lasci davvero l’imbarazzo della scelta››
‹‹Ma Lucia è malata: non forse anche questa una debolezza?››
‹‹Stando a quanto affermi tu. Ma che cosa so io di lei?››
‹‹Non la conoscete ancora, ma sono sicura che…››
‹‹Ti dirò quello che ho visto: quando siete state imprigionate una sola è rimasta e quella non era lei. Potete giurare e rigiurarmi la vostra assoluta lealtà, ma in questo mondo non c’è spazio per gli errori e le incertezze. Quindi la mia risposta resta no. La tua amica bionda può tornare con te, ma Lucia salirà su quella nave e su questo non ci piove.››
“Non so se essere grata che non voglia darmi in pasto a Davy Jones, oppure deprimermi per la poca considerazione che ha della mia persona” questi furono i pensieri di Mary, mentre, rassegnata, seguiva Mr. Mercer verso la camera padronale. Già, quell’insensibile non l’aveva nemmeno lasciata salutare la sua amica.
 
 
Note:
* L’espressione fa riferimento alla celeberrima frase di Orazio (Odi 1, 11). Come ben sappiamo, tale espressione non è propriamente il punto focale dell’ode, scritta (come emerge dal testo) per dissuadere una donna che aveva conosciuto dal consultare indovini, cartomanti (all’epoca non si chiamavano proprio così, ma il senso è quello) dall’interrogarsi su un futuro inconoscibile ed incerto. L’ode si conclude esortando a concentrarsi maggiormente sul presente, tempo che appartiene all’uomo e di riuscire ad apprezzare veramente ciò che si possiede (questa parte è stata, poi, erroneamente interpretata dai più come un invito a cogliere l’attimo, nel senso di godere dei piaceri della vita… Ed ecco perché oggi giorno si sentono tante persone citare quest’espressione a sproposito… Sig!). Ian Mercer deve averla sentita pronunciare da Lord Beckett e anch’egli , non conoscendone l’ubicazione nel contesto dell’opera, la utilizza con una connotazione sbagliata.
1- Riferimento ai versi dell’Orestea in cui si ricorda il sacrificio di Ifigenia, chiamata dal padre Agamennone, con la scusa di darla in sposa ad Achille, per poterla sacrificare per propiziarsi una buona navigazione verso Troia.
2- Francesco si rifà giocosamente alla tradizione secondo cui Annibale bambino sarebbe stato costretto dal padre ad effettuare un tale giuramento proprio sull’altare del dio della pioggia e delle tempeste. Questo sarebbe stato, secondo gli storici dell’epoca, il motivo che aveva spinto il cartaginese a tramare contro Roma finché non esalò il suo ultimo respiro.
  
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