Anime & Manga > Sousei no Aquarion
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Autore: MorganaAngel    21/08/2009    0 recensioni
Questa é la terza parte che ho immaginato, dopo "Wings of Betrayal" e "Wings of Glory. E' il proseguimento e lo sviluppo futuro di quanto é stato visto in "Wings of Glory".
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Notte serena, fatta di luna piena ed un pugno di stelle timide.
Aria tiepida, che trasportava i suoi profumi fin nei dormitori, dalle finestre lasciate aperte per via del caldo.
Nella camera, tre figure dormivano, chi cullato da sogni pacifici, chi invece tormentato da incubi.
Silvia, nel suo sonno agitato, aveva scostato tutte le coperte, rigettandole alla fine del letto.
Rannicchiata su sé stessa, non manteneva la medesima posizione per più d’una manciata di minuti, prima di scattare, con movimenti nervosi.
Ed era proprio in quell’universo onirico che affrontava, per l’ennesima volta, la sua agonia.
Si trovava immersa in una strana oscurità, che non riusciva a turbarla, anzi.

Tutto era buio, ma stranamente trasmetteva calore e serenità.
Ed in quel limbo fatto di nulla, echeggiava, lento e regolare, il battito del cuore... TU-TUM... TU-TUM...TU-TUM...
Avvolta da una sorta di luce perlescente, Silvia si guardava attorno, senza timore...
Sapeva che qualcosa sarebbe accaduto... ed     attendeva...
Fino a quando la figura di Apollo non affiorò dalla tenebra, davanti a lei.
Sembrava fluttuare, anche lui abbracciato da quel tenue riverbero. Sorrideva dolcemente, guardandola negli occhi e tendendole la mano.
-    Apollo! –mormorò incredula, incerta se avvicinarsi o meno.
Ma quel sorriso, quella mano... erano così invitanti!
-    Apollo... Apollo, sei tu? Sei proprio tu? Sei tornato? Allora non mi hai abbandonata? –chiedeva, con voce tremula di speranza, mentre il volto si rigava di lacrime.
Il ragazzo si avvicinò per cancellare, con il dorso delle dita, quei solchi brucianti che il pianto sembrava scavare sul viso.
Silvia trasalì, socchiudendo le palpebre, inebriandosi di quel tocco, tanto bramato e così reconfortante.
-    Oh Apollo... ho creduto veramente di perderti... mi sentivo così male... e tu non c’eri...–continuò mentre d’istinto le mani salivano per afferare quella che la sfiorava.
E lì, i suoi polpastrelli non afferrarono che aria, facendole spalancare gli occhi e gettare uno sguardo incredulo verso quell’illusoria visione.
-    Ma allora... ma allora tu... –balbettò, mentre stille adamantine riprendevano con foga a scendere sulle gote.
Apollo non disse una parola, mentre la sua mano sembrò affondare nell’oscurità, scomparendo del tutto.
In preda al dolore, Silvia serrò gli occhi, urlando con tutto il fiato che aveva in gola:
-    Ti odio, Apollo! Ti odio!!! Come hai potuto lasciarmi sola??? Pensavo che a me ci tenessi... e invece... E INVECE NON TE NE IMPORTA NIENTE!!! –sbottò frustrata e furiosa, ormai accecata da lampi di vivido dolore e dal pianto.
Ed il cuore accellerava il suo battito... TU-TUM..TU-TUM..TU-TUM..TU-TUM..
Solo allora, la voce del ragazzo risuonò, bassa e dolce.
-    Tu ed io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi.
Silvia, scossa dai singhiozzi, a quelle parole si bloccò, sollevando di scatto le iridi azzurre verso il giovane.
-    A...Apollo... –riuscì soltanto a mormorare, mentre si sforzava d’inseguire l’apparizione..
Ma l’adolescente, lentamente, si allontanava... e la sua immagine si stemperava, assorbita sempre più dalla tenebra.
-    No... no, ti prego... Apollo... non te ne andare... non... APOLLO!!! –gridò disperata mentre la visione diveniva sempre più sfuocata.
Il cuore le batteva all’impazzata, talmente forte da assordarla e stordirla, mentre ad ogni ispirazione aveva l’impressione che stesse per scoppiarle in petto .
E fu quello il momento del brutale risveglio...
Stava urlando come una pazza, tanto che Chibiko e Sabi, preoccupate, la scuotevano per risvegliarla.
Sgranò di colpo gli occhi e fu soltanto la sensazione della pelle madida di sudore ed il respiro affannato a riportarla alla realtà.
Era seduta nel suo letto, con le due bimbe che la guardavano, ognuna da un lato del materasso, decisamente in pensiero.
Silvia tentò di riavviarsi i lunghi capelli biondi, scompigliati ed incollati alla fronte sudata.
-    Stai bene, Silvia? –chiese con sincera premura Chibiko, mentre nella luce pallida della luna che inondava la stanza, la osservava attentamente.
La giovane stava ancora riprendendo fiato, lottando contro quel senso di giramento che la coglieva, ogni volta che si trovava catapultata dai sogni al mondo reale...
Un sorriso tirato, stanco, rivolto alle due.
-    Sì, non preoccuparti, Chibi...
-    Sei sicura? Sei veramente sicura? –domandò Sabi, strattonandole il tessuto dei calzoncini corti, per attirare tutta la sua attenzione.
-    Ma sì... sicura... non preoccupatevi... era solo un sogno...
-    Ma veramente sembrava un incubo, visto come ti muovevi e gridavi! –aggiunse Chibiko, scrutando Silvia, quasi avesse paura di venir sgridata.
-    Ma no che non era un incubo, Chibi! Altrimenti perché avrebbe chiamato così tante volte Apollo, eh? –affermò ingenuamente Sabi.
Silvia sorrise ad entrambe, mentre, lentamente, i battiti del cuore rallentavano e ritrovava le forze necessarie per mettersi in piedi, titubante, scendendo così dal letto.
-    Sù... venite... meglio non restare in piedi. E’ tardissimo! Vi rimetto a letto... –le prese per mano e si avviò verso i lettini gemelli sistemati nella stanza, poco lontani dal suo.
Mentre rimboccava le coperte a Chibiko, la piccola le chiese:
-    Ma tu lo hai sentito quando ti ho accarezzato la guancia perché stavi piangendo? –le sussurrò mentre una parvenza di speranza le scivolava nella voce.
Silvia trasalì, per un attimo delusa dal sapere che era stata lei a sfiorarla... e non Apollo, come aveva sperato.
Ma alla fine, sorrise comunque alla piccolina, passandole una mano fra i capelli.
-    Sì che l’ho sentito... grazie... –rispose, prima di chinarsi e posarle un delicato bacio sulla fronte.
Si accertò che anche Sabi fosse a posto, dopodiché si alzò, dirigendosi verso la finestra.
Liberò un lungo sospiro, osservando il paesaggio immerso nel candore lunare mentre la tristezza tornava a farsi sentire.
Apollo... lo aveva sognato di nuovo.
Reclinò il capo, in modo da sfiorare il vetro con la fronte.
Per quanto ancora lo avrebbe visto nei suoi sogni? Per quanto avrebbe continuato a sperare di poterlo toccare, anche solo una volta?
Per quanto avrebbe covato la certezza che lui non poteva essere morto così... lasciandola sola, senza neppur suo fratello su cui contare?
Trattene a stento un singhiozzo mentre stringeva i pugni lungo i fianchi.
Doveva andare avanti... doveva superare quel dolore capace di annichilirla e svuotarla d’ogni energia... doveva farlo... se non per lei stessa, almeno per Sabi e Chibiko, per cui era diventata come una sorella maggiore...
Un amaro sorriso fece capolino sulle labbra mentre pensava a quanto poteva essere cambiata, in così poco tempo...
Un paio di mesi fa, alla sola idea d’una situazione simile, sarebbe inorridita.
Non permetteva a nessuno di toccarla, senza il suo consenso e chiunque ci avesse provato, aveva assaggiato la sua furia.
Non andava certo per il sottile e quel fisico gracile ed acerbo nascondeva una forza insospettabile.
Apollo ne sapeva qualcosa!
Fece per sghignazzare, ma tacque di colpo.
Ecco... aveva di nuovo pensato a lui.
Sospirò ancora, scuotendo il capo sconsolata.
Quella notte non sarebbe riuscita a chiudere occhio... troppi pensieri le vorticavano in testa... ed il loro fulcro non voleva saperne di lasciarla in pace.
Indecisa, rimase ancora accanto alla finestra aperta, in silenzio, ascoltando semplicemente il respiro cheto e regolare delle piccole.
Attese, fino a quando, sicura del loro sonno, si avviò l’armadio.
Con molta cautela, ne estrasse una vestaglia di cotone leggero, rosa confetto... il suo colore preferito.
Le venne da sorridere, pensando che se Apollo l’avesse vista...
Scosse il capo con foga, rigettando il pensiero.
Basta pensare a lui! Non ne poteva proprio più!
Doveva prendere aria.
Facendo attenzione, uscì dalla stanza, assicurandosi che le bambine non si svegliassero e felina, attraversò i corridoi bui, immersi nel silenzio.
Scivolò come un fruscio verso l’esterno e fu con un sospiro di sollievo che accolse la carezza dell’aria fresca sulla pelle.
Si strinse nella vestaglia mentre lo sguardo fuggiva verso il cielo.
La luna dominava ancora ma lentamente, iniziava a declinare verso l’orizzonte... segno dell’alba prossima, a cui mancavano solo un paio d’ore.
Si guardò attorno, assaporando la quiete che regnava... era quella l’atmosfera giusta per ritrovare la calma e la serenità a cui anelava.
Si mise a vagare, senza meta, lasciando che i piedi scalzi sfiorassero il terreno, senza far rumore.
Fu quindi con enorme stupore che si ritrovò in mezzo alle rovine, in fondo al giardino.
Che strano posto... anche questo carico di ricordi, ma stranamente questi non sembravano piegare l’animo al dolore.
Rimase ferma lì, pronta a voltarsi e tornare ai dormitori, quando colse un dettaglio, prima mai notato.
Una stele... una sorta d’obelisco che spiccava nel chiarore lunare.
Altro quasi 3 metri, issato sul suo piedestallo, si ergeva accanto al piccolo laghetto dove era solita andare a ripescare Sabii e Chibiko, quando andavano a pescar rane e finivano puntualmente a mollo.
Ma allora... perché non l’aveva mai notato?
Si accigliò e mosse pochi passi verso quell’insolita scultura.
Mentre avanzava, il gracidio placido dei batraci cessò di colpo, tanto da far sussultare la ragazza.
Un rumore alle spalle la fece voltare e si stupì nel vedere, a breve distanza, Pierre.
-    Pierre! –mormorò osservando il ragazzo che le veniva incontro, sorpreso quanto lei- E tu che ci fai qui?
-    Potrei chiederti esattamente la stessa cosa, Silvia! –asserì lui, schermando uno sbadiglio.
-    Beh... –abbassò lo sguardo, con lieve imbarazzo- A dire il vero, non riuscivo a prendere sonno. Ho deciso di prendere una boccata d’aria... e... mi sono ritrovata qui, senza farlo apposta... –spiegò, quasi timidamente, mentre si voltava, per osservare nuovamente la stele- Tu l’avevi mai vista? –gli chiese, indicando l’obelisco.
Il ragazzo scosse il capo, dopo essersi stropicciato gli occhi.
-    No, a dire il vero no... ma non é che vengo qui molto spesso.
-    Ma che cosa...?
Silvia stava per parlare ancora, quando la voce di Reika sorprese sia lei che Pierre.
-    Reika! Anche tu qui? –domandò incredulo il ragazzo.
Reika annuì mentre si avvicinava a sua volta.
-    Già, stavo dormendo così bene! Poi, di colpo, quello strano sogno e da allora... impossibile chiudere occhio! –sbuffò, stiracchiandosi.
-    Quale sogno? –chiese Silvia curiosa.
-    Un sogno in cui vedevo...-Reika stava per raccontare, ma si bloccò, guardando Silvia con apprensione, mordendosi il labbro inferiore, incerta sul da farsi.
L’amica se ne accorse e subito, tentò di rassicurarla.
-    Per caso c’era Apollo nel tuo sogno? –domandò, studiando Reika con estrema attenzione.
La luce lunare era tale da rischiarare il buio mentre l’approssimarsi dell’alba illuminava via via il cielo, scolorendo il blu intenso e spegnendo le stelle una ad una.
-    Beh... no... non proprio... ecco... –Reika abbassò lo sguardo, con evidente imbarazzo.
-    Andiamo Reika... da quando fai la timida? –la canzonò Pierre- Se continui così, potrei scambiarti per Tsugumi! – concluse ridendo-
-    Eh? Che ho fatto ancora, Senpai?
Pierre, Reika e Silvia strabuzzarono gli occhi, nell’accorgersi dell’arrivo di Tsugumi, seguita poco distante da Jun, visibilmente assonnato.
-    E voi, da dove venite fuori? –si stranì Pierre.
-    Beh, noi... ecco... –Tsugumi arrossì come un peperone, prima di abbassare lo sguardo, facendo sorridere Reika.
Anche Jun sembrava visibilmente in difficoltà ma trovò comunque il coraggio di parlare, balbettando.
-    Noi stavamo giocando al computer...e... senza accorgercene... ci siamo... ecco... addormentati...
-    Sì ma io stavo sul letto e Jun invece sulla poltrona! –si affrettò ad aggiungereTsugumi, ancora imbarazzatissima.
-    Ehi... non c’é mica bisogno di puntualizzare... a meno che... –sghignazzò Pierre mentre si avvicina a Jun, dandogli delle piccole gomitate e facendogli l’occhiolino, con fare malizioso.
-    Oh no, Pierre... ma cosa vai pensando?! –sbottò Jun, sprofondando nella vergogna.
Silvia e Reika non poterono fare a meno di scoppiare a ridere.
-    Perché invece di prenderlo in giro, non ti fai gli affari tuoi?
-    Kurt!!
Le voci dei due gemelli raggiunsero i presenti.
-    Non voglio nemmeno immaginare il come del perché... –sospirò Reika.
-    Ma... si può sapere che succede? –si stupì Silvia- Non ditemi che anche voi... il sogno...
-    E tu come lo sai? –chiese Chloe, avvicinandosi a Pierre ma non eccessivamente, per evitare qualsiasi frecciatina da parte del fratello.
-    Già, Silvia... come fai a saperlo? –domandò Jun, sistemandosi gli occhialetti sul naso.
-    Perché il legame che esiste fra gli Elements é qualcosa che trascede la ragione ed i sentimenti.
Di scatto, tutto il gruppo si voltò verso l’obelisco da cui proveniva la voce.
L’inconfondibile tono di Fudo, che non si palesò subito, comparendo poi, di punto in bianco, al fianco della colonna di pietra.
Uno scricchiolio di passi sul selciato li raggiunse.
-    Sophia! Jean Jerome! Rina! –Silvia non poteva crederci.... erano tutti presenti... e in pigiama!
Rina era seduta sulla sua sedia automotrice, conservando sempre quell’imperturbabile sorriso e lo sguardo fisso nel vuoto.
-    Ma come fa a spuntare sempre dal nulla? –sussurrò Jean Jerome a Sophia, indicando Fudo e sistemando gli occhiali sbilenchi, in perfetto accordo con i capelli completamente in disordine.
Fudo rimase in silenzio, tenendo le mani dietro la schiena e le palpebre abbassate. Era il solo ad essere vestito.
-    Per ricordare chi non é più presente, ma sempre fra noi... –spiegò Rina.
-    Eh?! Ma non si poteva organizzare un funerale degno di questo nome? Era proprio necessario venire qui in piena notte? –sbuffò Jean Jerome, alquanto scontento.
Fu Pierre a girarsi e posare un’occhiata severa sul vice comandante, ora che era riuscito a cogliere gli intenti di Fudo.
-    Non siamo qui per ricordare degli eroi... siamo qui per salutare prima di tutto degli amici.
Quella semplice affermazione coinvolse tutti gli Elements, trasmettendo loro una grande emozione... forse la prima in comune che provavano, dopo settimane passate rinchiusi nel perfetto individualismo.
-    Quando una delle frecce si spezza nel colpire il bersaglio, non dobbiamo privare le altre due del loro scopo primario, con la sola scusa che la paura di vederle rotte blocca la nostra mano... –mormorò Fudo.
Tacque per lunghi istanti, in cui nessuno osò fiatare.
Poi, di colpo, gli occhi vennero riaperti, nel momento stesso in cui il sole sountava dietro alle cime montagnose, rosicchiando via via il velo del buio e dando così vita al giorno.
-    Riflettiamo raramente a quanto abbiamo... ma pensiamo sempre a quello che ci manca. Per i cuori generosi, milioni di parole non hanno alcuna utilità.
Le parole risuonarono nell’aria, dove già si spandeva il canto degli uccelli mattutini e la luce avanzava nella vallata, come un’onda pigra ma inesorabile, raggiungendo infine il gruppo e la stele.
Fu solo allora che, visibile agli occhi di tutti, sulla pietra, apparve il simbolo scolpito in basso rielievo.
Un antico kanji... “Eternità”.
Quello che il sacrificio di tre amici e compagni aveva donato al pianeta ed agli esseri umani, sconfiggendo la minaccia degli Angeli.
Quello che il loro ricordo rappresentava nel cuore di ogni presente.
Quello che sarebbe rimasto, malgrado tutto, del vincolo che li univa, come persone e come Elements.
Rimasero in silenzio, fino a quando Silvia non distolse lo sguardo dalla scultura, posandolo su un cespuglio di rose, poco distante.
In disparte rispetto agli altri, questo era diverso: la corolla era bianca ma i petali, alle loro estremità, si tingevano d’un rosso profondo, come se i boccioli fossero stati immersi nel sangue, assorbendone il colore.
Accanto crescevano dei gigli selvatici, d’un candore immacolato.
Senza riflettere, la ragazza si mosse sino ad avvicinarsi ai due cespugli e cogliere un fiore da ciascuno, prendendo cura a non pungersi con le spine del roseto.
In silenzio, li depositò ai piedi della stele.
Tutti i compagni, dapprima sorpresi da quel gesto, non poterono fare a meno d’imitare, mossi dal medesimo sentimento.
Una volta offerto il loro ultimo saluto agli amici caduti, i ragazzi si allontanarono lentamente, lasciando soltanto Fudo e Silvia accanto alla scultura.
Fudo si mosse a sua volta, pronto ad allontanarsi, ma giunto ad altezza di Silvia, si fermò e delicatamente, posò una mano sulla spalla della ragazza.
-    Non piangere per il sole che tramonta... le lacrime t’impedirebbero di vedere nascere le stelle... ricordalo, Principessa de Alicia.
E così dicendo, se ne andò.
Silvia rimase colpita dal gesto, come dalle parole... ma poi, alla fine, si ritrovò a sorridere.
Aveva capito cosa le stava suggerendo il Comandante... ed ora, le sembrava di essersi liberata d’un enorme peso che le gravava sul cuore.
Un ultimo sguardo alla colonna di pietra, prima di girarsi e tornare anche lei alla base.

Nota dell'autrice: Allora??? Piaciuto??? *_*
Ho cercato di non farlo troppo "strappalacrime" ma ammetto che mi ha commosso, alla rilettura.
Forse adesso capite perché ci ho messo un pò... dovevo rendere l'effetto scenografico, senza scadere.
Sù sù... ditemi che con questa lettura, un pò più lunga del solito, riuscite a perdonarmi...
Vero? *_*
Ringrazio tutti dell'attenzione e vi dico... al prossimo capitolo, sempre ricco d'emozioni! ;)
  
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