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Autore: BeaterNightFury    16/11/2020    0 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Okay, facciamo schifo. Ma questo capitolo ha preso un po' di pezzi da parti già scritte della stesura iniziale e scene tagliate, e la musa ispiratrice a volte lega alla tastiera. E niente, sperando che anche il prossimo capitolo venga ispirato tanto in fretta!
 

Guardians – Capitolo 6
La Strada Verso Casa
 
Il cielo sopra di loro era in penombra e coperto di nuvole, e dal paesaggio brullo sembrava quasi di essere ancora nel Reame Oscuro, ma davanti a Sora, Paperino e Pippo, Aqua camminava con passo spedito e a testa alta.
Shiro e Riku chiudevano la fila, il ragazzo dietro alla bambina. Entrambi si muovevano come se conoscessero il posto, cosa che in effetti era vera.
«Siamo tutti stati qui, anche se te ne sei dimenticato, Sora.» Riku commentò. «Naminé ha dovuto cancellare i tuoi ricordi di questo posto perché la tua mente ne era uscita troppo ferita.»
Questo posto è spettrale…” Roxas commentò nella testa di Sora. “Perdi la strada… l’orientamento… io non riuscii nemmeno ad entrarci senza perdere i sensi. Il Castello dell’Oblio, lo chiamavamo. Xemnas cercava qualcosa lì.
Aqua si fermò davanti al portone ed evocò Tutore del Maestro. Dall’edificio partì un bagliore accecante, e delle sagome di luce balenarono sulle pareti. Quasi come seguendo un diagramma, le torri si riarrangiarono e le pareti divennero bianche, e finalmente il deserto semibuio attorno a loro divenne un prato, e nel cielo spuntò il sole.
Mi vorreste dire che questo è il vero Castello dell’Oblio?” Roxas esclamò, sbigottito.
Oblio?” Ventus, che era rimasto in silenzio quasi tutto il tempo, si azzardò finalmente a commentare. “No… questa è casa.”
Sora si guardò intorno – riconosceva quel luogo. Aveva visto le montagne nel sogno di Shiro – ricordava ancora Ephemer in piedi su uno dei muretti – e lo spiazzo di fronte al castello… non lo aveva visto in uno dei suoi sogni?
«Aqua, tu hai mai sentito di Custodi del Keyblade che avessero sogni premonitori?» Sora chiese, cercando di sembrare quanto più possibile calmo e distaccato.
«Dovresti farla a Ventus questa domanda.» Aqua aprì il portone, accennandogli un sorriso. «Di punto in bianco, gli capitava di fare domande, spesso appena sveglio. A volte passavamo anche un’ora a rimettere insieme i pezzi di quello che aveva sognato.»
… e la maggior parte delle volte finivo con più domande che risposte.” Ventus concluse la frase, e Sora sentì un nodo salirgli su per la gola.
Shiro gli passò davanti mentre varcavano il portone, visibilmente impaziente di rivedere quella che era stata casa sua. Un corridoio illuminato si estendeva davanti a loro, sovrastato da una balconata che secondo i ricordi di Ventus portava ad un salone.
«Non sembra la scuola media al giardino. Quando mi vedo con Yuna e i gemelli devo raccontargli tutto.» Shiro commentò facendo alcuni passi nel corridoio, precedendo tutti quanti.
«Shiro, non ti allontanare.» Aqua la raggiunse e la prese per un braccio. Il rumore dei loro passi sul pavimento di marmo e le loro voci echeggiavano nel corridoio vuoto. In basso sul muro, dei segni colorati, probabilmente lasciati da un pastello, e c’erano persino gli stessi pastelli, sparsi sul marmo, alcuni spezzati a metà.
«Questo posto mi fa sentire strano,» Sora confessò, facendo una smorfia. «Sembra quasi che il tempo si sia fermato.»
Non me ne parlare, Sora. Io ci vivevo, qui.” Ventus ribatté.
Attraversarono il corridoio fino a una scalinata, e dalla scalinata passarono al salone. A Sora tornò immediatamente in mente la navata della Cattedrale a Parigi – lo spettacolo era lo stesso, lo spazio della sala combinato con la luce colorata da fuori.
«Riku, ricordi Notre Dame?» Si girò verso l’amico con un sorriso. «Che spettacolo, eh?»
Riku, che fu l’ultimo ad entrare, fissò la predella della sala con aria preoccupata.
«Già, la cattedrale.» Commentò. Aveva una smorfia in volto.
«Cosa c’è?» Shiro si girò verso di lui.
«Non lo so. C’è qualcosa che puzza.» Riku scosse la testa, guardandosi ancora attorno.
«Pensi sia oscurità?» Sora si incrociò le braccia dietro la testa. «Non preoccuparti troppo, Riku. Ci sono uno, due, tre, quattro, cinque, sei di noi. Non dovrebbe essere un problema.»
Corsero verso la predella, il rumore dei loro passi moltiplicato dall’eco del salone.
Ventus era lì, addormentato su uno dei troni, come non avesse voluto far altro che approfittare del pomeriggio assolato per chiudere gli occhi qualche minuto.
«Sora, sai cosa fare.» Riku gli diede una pacca sulla schiena, spingendolo in avanti.
«Ed eccoci qua, Ven.» Sora prese a salire gli scalini e si fermò davanti al corpo del ragazzo. «Finalmente… ci conosciamo.»
Possiamo vedere di parlarne faccia a faccia? Grazie.”
«Sora, muoviti!» Riku sibilò tra i denti.
Sora evocò il Keyblade – aveva ottenuto un altro portachiavi a Mostropoli, ma lo aveva riportato a Catena Regale – e fece per chiudere gli occhi quando sentì nuovamente l’eco di passi in avvicinamento.
Riku fu ancora più rapido e girò immediatamente i tacchi, portando Via per l’Alba alla mano.
«Un trucco niente male
Era la voce di Vanitas.
«Ecco perché nessuno riusciva a trovarlo!»
Aqua portò istintivamente Shiro dietro di sé, e Paperino e Pippo le si pararono davanti.
«Pensa a lui, tu! A Shiro pensiamo noi!»
«Oh, sono di disturbo?» Vanitas continuò a camminare imperterrito verso la predella. «E io che volevo solo parlare con mio fratello.»
Il gruppo si strinse di istinto attorno al trono, Sora e Shiro i più vicini, il primo davanti alle ginocchia di Ventus e la ragazzina aggrappata al bracciolo. Shiro in particolare stava guardando Vanitas in cagnesco, come se lo conoscesse già. O era Ephemer?
«Sora, hai sentito Riku, muoviti!» Shiro lo prese per la giacca, e Sora sospettò ancora di più che ci fosse l’influenza di Ephemer nelle sue parole e nelle sue azioni.
Sora non voleva dare le spalle al nemico, ma Paperino e Pippo si pararono davanti a lui. Riku e Aqua lasciarono la predella, le loro lame alzate contro l’intruso.
Sora tirò un respiro… sentiva la preoccupazione di Ventus unirsi alla sua… ma non c’era tempo da perdere… si girò e chiuse gli occhi.
 
Attorno a loro era buio.
Sora era in piedi sulla sua Stazione del Risveglio.
E Ventus era là, in piedi davanti a lui.
«Me lo aspettavo diverso, questo momento.» Sora ammise.
Attorno a loro c’era silenzio, ma i rumori del salone arrivavano come un’eco distante.
Ventus si strinse nelle spalle e forzò una risata. «Benvenuto nella mia vita, suppongo.»
«Sta’ pronto. Sto per lasciarti andare.» Sora alzò il Keyblade, poi lo puntò sul vetro sotto i loro piedi. Ventus girò i tacchi e prese la rincorsa verso il bordo.
 
Ventus prese a correre, senza voltarsi indietro. Riusciva a vedere con la coda dell’occhio una luce bianca dietro di sé, sagome bianche di uccelli in volo… continuava a correre, e la luce invase il suo campo visivo… non vedeva più nulla, solo bianco…
Chiuse gli occhi, tirò un respiro…
… e spiccò un salto.
 
Ventus si sentì improvvisamente pesante, come se qualcosa lo stesse comprimendo. Qualcosa dentro di lui sembrò scattare, come di istinto, e sentì la sua gabbia toracica alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente.
Andò quasi in panico fino a che non si rese conto che aveva semplicemente ripreso a respirare.
Era seduto su qualcosa. Duro, forse legno. Si sforzò di aprire gli occhi, e una mano calda e ruvida prese la sua.
«Stai bene?» Sora era davanti a lui, e alla sua sinistra, Shiro gli prese l’altro braccio. La bambina non sembrava quasi sapere cosa dire, e passava lo sguardo da lui al centro della sala…
… Vanitas era ancora lì, e Aqua e Riku stavano resistendo, ma erano visibilmente affaticati. Le loro ferite erano state curate, ma non erano guarite completamente.
Non c’era tempo di pensare.
Si scrollò Sora e Shiro di dosso – avrebbe chiesto loro scusa dopo – portò i piedi sul trono e usò le gambe piegate per scattare come una molla, evocando il Keyblade mentre era in aria.
Con l’aria che gli fischiava nelle orecchie, riuscì a stento a sentire Sora che sbottava: «Ma che…?», poi atterrò sul pavimento con una capriola, e si infilò tra Vanitas e Aqua proprio mentre lui stava menando un fendente dall’alto, rispondendo con un colpo laterale.
«Non hai imparato niente dall’ultima volta?» Schernì Vanitas mentre quest’ultimo veniva sbalzato indietro. «Tocca di nuovo i miei amici e… sei… morto
Prese un momento per riprendere fiato. Era tutto familiare ed alieno allo stesso tempo… era di nuovo sé stesso, quel che sentiva era suo… il fiato corto, il rumore del sangue nelle orecchie, il marmo sotto ai suoi piedi, il peso di Evocavento nella sua mano…
«Pensi davvero di potermi uccidere?» Vanitas si rimise in piedi. Sembrava illeso, ma Ventus riusciva a intravedere una crepa nella sua maschera. «Di volermi uccidere, idiota? Credevo tu fossi pura luce.»
Ventus non gli lasciò la soddisfazione di una risposta, limitandosi a rigirare il Keyblade nella mano. Ci aveva già provato una volta, e non aveva bisogno di farglielo presente. Ci aveva già provato una volta, e ci era pure riuscito.
Se era vero che l’Organizzazione barava, come Roxas aveva detto, doveva solo capire come questo Vanitas facesse ad essere rimasto in vita – il suo stesso trucco lo avrebbe portato alla rovina senza che lui portasse Ventus con sé. O, se il loro legame era rotto…
«Beh, non voglio sapere cosa potrebbe accadermi contro quattro Guardiani della Luce,» Vanitas scosse la testa con aria sprezzante, e un Corridoio Oscuro si aprì ai suoi piedi. «Ma tanto ci vediamo presto, fratello
Senza dire altro, sparì.
Sora e Shiro raggiunsero Ventus, fermandosi da un lato e dall’altro. Lui si girò verso di loro e si passò una mano tra i capelli.
«Scusate lo spintone. Dovevo fare in fretta.»
Né Sora né Shiro sembravano offesi, anzi Sora sorrideva. Dopo un primo momento d’imbarazzo, Shiro invece gli si lanciò al collo.
«Zio Ven! Zio Ven, sei qui!»
«Come sta la mia cucciola grande?» Ventus le ricambiò l’abbraccio e la sollevò di qualche centimetro. Non ricordava di aver mai sollevato bambini di quell’età… «Ora non posso più tenerti in braccio, heh…» Non pensava si sarebbe stancato troppo presto, ma la lasciò andare.
«Prima o poi ti supero!» Shiro ridacchiò.
«Continua pure a dirlo e forse lo farai nei tuoi sogni!» Ventus si diede una sistemata ai capelli e guardò le altre persone nella stanza. Paperino e Pippo non erano cambiati affatto, e conosceva Riku tramite Sora… si sentiva un po’ in imbarazzo davanti a lui, aveva sedici anni e Ventus gli arrivava alle orecchie… aveva tanto da dire, tanto da sistemare, e iniziava persino a sentire che lo stomaco gli brontolava (c’era sempre stato un vaso di frutta secca e cioccolato nella cucina, sarebbe stato ancora pieno…?).
«Ven, qualcosa non va?» Aqua gli chiese. Alle solite. Era sempre stata capace di leggergli in faccia come fosse un libro aperto.
Tanto meglio sistemare subito le cose – quello che le aveva detto nel Reame Oscuro, con la voce di Sora, non contava realmente.
«Aqua, volevo solo dirti che… mi dispiace.» Era tentato di abbassare lo sguardo, ma rimase a testa alta, guardandola negli occhi. «Mi dispiace per tutto.»
Aqua si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla testa.
«Va tutto bene, dormiglione. Sei qui. Siamo a casa
 


Lea si addossò alla parete di una delle case. Dopo che Elsa aveva deciso di consegnarsi agli uomini venuti là per cercare Anna, il principe Hans – gli stava sempre meno simpatico, per la cronaca – lo aveva congedato con una stretta di mano e gli aveva caldamente raccomandato di andare in città e soccorrere la gente, e che avrebbe pensato lui a tenere la regina al sicuro.
Lea si sarebbe ribellato, ma l’ultima cosa che voleva fare – specialmente dopo che aveva esortato Elsa a non mostrare resistenza per non rendersi la gente ancora più ostile – era mettersi in cattiva luce. Se fosse rimasto libero di andare, sarebbe anche rimasto libero di intervenire se le cose avessero preso una brutta piega.
E aveva il presentimento che così sarebbe stato, ma fino a quando non avesse avuto notizie di Kairi, Kristoff e Anna non poteva che aspettare. Tanto valeva aiutare la gente di Arendelle – che eroe della luce sarebbe stato, se avesse lasciato della gente in pericolo?
Aveva finito di accendere dei fuochi in punti strategici della città, poi si era messo in disparte e aveva aperto il suo telefono. Sperava che quella brutta tempesta potesse cessare, che Elsa e Anna si riconciliassero… voleva solo tornare a casa e rivedere Shiro e raccontarle tutta quella brutta storia come non fosse altro che una vecchia favola…
ah no, Shiro aveva di nuovo sua madre adesso.
Un momento, chi era quel ragazzo biondo in foto con lei…? Lea dovette ritornare alla foto di prima, gli sembrava quasi di aver visto Roxas… no, non era Roxas, era VENTUS, il tag sulla fotografia portava il suo nome, avevano ritrovato Ventus e il ragazzo non era cambiato di una virgola!
«Kristoff, dovremmo tornare al castello secondo me.»
Kairi? Era in città? Cosa ci faceva in città? Le aveva chiesto di tenere Anna d’occhio…!
«Cosa?» Il tono di voce del montanaro sembrava seccato, quasi adirato.
«Senti, mio fratello ci ha chiesti di tenere Anna d’occhio, e non mi va di dovermi spiegare davanti a lui, già litighiamo abbastanza senza essere in situazioni come questa.» Kairi ribatté, e Lea si appiattì contro la parete. Se non altro, sembrava che la decisione di lasciare Anna al castello non fosse dipesa da lei. «E quell’Hans non me la contava per niente giusta.»
«Anna dice di amarlo.» Kristoff mugugnò.
«E se lui amasse lei, non credo l’avrebbe lasciata andare su per la montagna da sola.» Kairi ribatté.
«Beh, quali altre possibilità abbiamo per salvarla?» Kristoff sbuffò. «Hai sentito i troll… le si sta gelando il cuore. Soltanto un atto di vero amore può salvarla. Se fosse successo a te, a chi avresti pensato?»
«Mi accadde qualcosa di simile un anno fa. Non avevo neanche compiuto quattordici anni, e non avevo un fidanzato… neanche adesso ce l’ho. Furono i miei due migliori amici a salvarmi, ed entrambi quasi ci lasciarono le penne. Sora aveva solo quattordici anni, e Riku quindici, eppure entrambi misero la loro vita a repentaglio perché potessi fuggire dalle stesse persone che stanno minacciando Elsa adesso. Forse è la cosa più vicina a un atto di vero amore che io possa ricordare.»
Cos’è l’amore?
L’amore è per persone che hanno un legame molto speciale
Il pensiero di Lea tornò a quella notte nel castello – quando aveva chiesto a Kairi di chiudersi nella biblioteca e invece lei lo aveva seguito, affrontando Xehanort con un pastello a cera nel tentativo di salvare lui. Affiorò nei suoi ricordi anche il momento in cui Shiro aveva quasi manifestato il Keyblade la prima volta, nell’arena della sabbia, cercando di evitare che Roxas venisse aggredito.
Il Corridoio Oscuro, l’esplosione, per salvare Sora e Roxas da morte certa.
«Kairi ha ragione.» Disse girando l’angolo. «È molto più complesso di quanto non sembri. Kristoff, hai portato Anna con te su per la montagna, e ora l’hai portata a casa…»
«E prima l’ha portata dai troll della foresta per cercare di rompere la maledizione…» Kairi incrociò le braccia. «Lea. Cosa è successo a Elsa? Ci hai parlato?»
«Hans l’ha riportata a casa.» Lea abbassò la testa. «L’ho convinta a smettere di lottare… forse… ma al momento mi sento solo un imbecille.» Spazzò via la neve da una panca e vi si sedette.
«Beh, se hai lasciato quel cappotto da qualche parte ora che fa davvero freddo, non ti voglio contraddire.» Kristoff si grattò la testa. Parlava lui? Lea non vedeva più il suo berretto. Beh, non aveva importanza. Finì di spazzare via la neve dalla panchina, poi accese una fiammella davanti ai suoi piedi.
Elsa aveva ragione – se era vero che i segreti avevano fatto male a lei e Anna, era la stessa cosa per Lea e Kairi. Se soltanto avesse immaginato, se solo avesse saputo, che la ragazzina adottata dal sindaco, la migliore amica di Sora, era la piccola peste mordace che lui aveva creduto persa per sempre, molto del dolore che aveva passato non sarebbe stato così forte.
Se la verità gli avesse fatto male, sarebbe stato comunque meglio che tenersi in corpo quel veleno.
«Kairi, potresti sederti vicino a me, per favore? Non so come potresti reagire a quello che ti sto dicendo.» Il vento continuava a soffiare forte e gelido attorno a loro, ma il calore della fiamma creava quasi una sorta di bolla. Anche Kristoff e Sven si stavano avvicinando al fuoco, ma Lea decise di non importarsene. Avrebbe risposto alle loro domande, se fosse stato necessario.
«Senti, Lea, avrei anche io qualcosa di importante da dirti.»
«Va bene, ma prima io. Non sono stato onesto con te. Avrei dovuto dirti tutto quanto dal primo giorno nella foresta, da quando abbiamo imparato a conoscerci.»
«Aspetta, voi due non eravate fratelli?» Kristoff obiettò.
Tutto si sarebbe aspettato Lea di sentire, tranne che Kairi ribattere: «Lo siamo, infatti!»
«Aspetta, che?» Lea scosse la testa. Guardò Kairi negli occhi, cercando spiegazioni. Stava ancora recitando… o sapeva la verità?
Kairi si mise la mano in una delle tasche del vestito, tirandone fuori una fotografia stropicciata. Era il giardino di casa della nonna, il loro pupazzo di neve colossale. Loro due, davanti alla vecchia altalena di Papà, Kairi che sembrava ancora più piccola nel suo vecchio cappotto.
«Edith Hightower. Nonna si chiamava così. Non è vero?» Kairi strinse un angolo della foto, mentre la mano le prendeva a tremare. «Lavorava alla biblioteca del castello. I vicini avevano un figlio della tua età che si chiamava Zack. La mia migliore amica all’asilo si chiamava Yuna. Si ricorda ancora di me
Chiuse gli occhi e riprese fiato.
«Ti eri dimenticato?»
«No… credevo di averti persa.» Lea appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si nascose la faccia con le mani. «La prima volta, quando l’ultima cosa che vidi fu Xehanort che ti teneva per il polso. La seconda, quando mi resi conto che eri tu e che mi odiavi
«Perché non me lo hai detto?» Kairi gli chiese, con gli occhi che le si facevano lucidi.
«Ti sarebbe andato bene, un simile beota per fratello maggiore?»
Kairi fece per dire qualcosa, ma una raffica di vento più forte delle altre spense la fiamma che li teneva al caldo. Kristoff fu il primo a girarsi verso il castello.
«Ma che cosa… Anna
Anche Lea e Kairi scattarono in piedi, Kairi che infilava la loro fotografia nelle tasche del vestito. La tempesta si stava intensificando… faceva sempre più freddo
«Qualcosa è andato storto. Di nuovo!» Lea cercò di capire la direzione del vento – sembrava arrivare dal castello, o forse dal fiordo sottostante. «Elsa è fuggita, probabilmente. O forse è ancora più spaventata.»
«O entrambe le cose!» Kairi ribatté, correndo in avanti. «Quell’Hans non me la conta giusta. E hai detto che è stato lui a riportarla al castello?»
Si tirò su il cappuccio del vestito, nonostante il vento facesse subito per portarglielo via.
«Pensaci un momento, Lea. Un principe straniero che inizia subito a corteggiare una principessa che non sembra aver molti contatti con la gente. E adesso ha la vita di entrambe le ragazze nelle mani!»
«Non c’è tempo da perdere. Andiamo!» Kristoff montò in sella a Sven e partirono al galoppo verso il castello. Lea e Kairi evocarono i loro Keyblade e gli corsero dietro. La neve era sempre più alta, e più volte Lea dovette lanciare una fiammata davanti a loro per scavarla e farsi strada… era sempre più difficile guardare in avanti, il vento l’unica direzione possibile per orientarsi…
«Kairi, prendimi la mano. Non perdiamoci nella tempesta!» Lea le disse a un certo punto, passandosi Fiamma Liberatrice dalla mano destra alla sinistra. Era tutto attutito – i rumori, il paesaggio attorno a loro, non si vedeva che il bianco, e delle ombre indistinte in lontananza.
Quanto doveva essere terrorizzata la regina?
Si resero conto di essere sul fiordo quando sentirono sotto le loro scarpe il ghiaccio anziché la neve.
«Stammi vicino, Kairi, stammi vicino.» Lea non si sarebbe mai perdonato se si fosse fatta male di nuovo, mentre lui era lì.
Kairi si strinse a lui. Stava tremando a vista d’occhio, ma sentendo la voce portata dal vento, Lea capì che si trattava di paura.
«Tua sorella è tornata dalla montagna debole e fredda. Ha detto che le hai gelato il cuore!»
Il Custode riconobbe la voce del principe Hans. Era andato tutto storto?
«No!» Il vento portò anche la voce di Elsa.
«Ho tentato di salvarla, ma era troppo tardi. La sua pelle era ghiaccio, i capelli bianchi. Tua sorella è morta per colpa tua
«Tu, lurido…!» Kairi sibilò tra i denti. «Era da te che sperava soccorso!» Doveva aver dedotto che i suoi sospetti erano fondati.
La neve si fermò di colpo, e tornò la calma piatta. Senza più la paura che Elsa provava, il vento gelido si era fermato.
E ora la regina non sentiva più niente.
«BUGIARDO!» Kairi lasciò andare la mano di Lea e puntò il Keyblade addosso al principe fedifrago. Ma erano lontani, troppo rispetto all’esigua distanza tra Hans ed Elsa.
Lea si guardò intorno… no, non poteva usare il fuoco. Troppo vicini. Avrebbe fatto del male a Elsa…
… e Anna?
Anna era lì, pochi passi lì dietro! Sembrava a stento in grado di muoversi, ma era lì… si mise a correre, prendendo di nuovo la mano a Kairi, forse erano ancora in tempo, forse potevano prendere tempo… Hans stava alzando la spada sulla regina…
Anna fu più veloce. Balzò in avanti, una mano tesa a fermare la lama, ma qualcosa stava andando orribilmente storto, perché il suo colorito era così bluastro…?, e perché era così rigida, e stava letteralmente congelando davanti ai loro occhi!
Per un momento, sembrò che la spada fosse rimbalzata sulla mano ghiacciata della principessa, ma un secondo più tardi si sbriciolò per il gelo, e la forza dell’impatto mandò Hans a cadere all’indietro. Elsa parve accorgersi di quello che era appena successo e si buttò al collo della sorella.
Lea fece per raggiungerla, ma Kairi lo fermò. Si stava mordendo il labbro.
«Yen Sid ci uccide, dopo un fallimento del genere.» Lea commentò in un bisbiglio. «Se non lo farà direttamente Aqua.»
«No, non può essere.» Kairi scosse la testa. «Doveva essere un atto di vero amore, quello era un atto di vero amore
«Cosa?» Lea girò la testa verso di lei.
«Non può andare a finire così.» La ragazza gli strinse la mano nella sua.
«Così va il mondo, Kai.» Lea la strinse a sé, il silenzio attorno a loro rotto soltanto dai singhiozzi di Elsa. «Quando avevi cinque anni… facesti la stessa cosa, per me. Xehanort aveva attaccato gli occupanti del castello. Ero riuscito a barricare te e la nonna nella biblioteca… o almeno così mi era sembrato, forse il portone non avrebbe nemmeno resistito. Io e Isa andammo a cercare Shiro, ma Xehanort ci mise all’angolo. Non lo sapevo, ma tu mi avevi seguito.» Si prese un momento per riprendere fiato. «Iniziasti a lanciargli addosso i tuoi pastelli a cera. A urlargli di lasciarmi stare. Gli mordesti la mano. L’ultima cosa che vidi fu lui che ti teneva in aria, per il polso.»
Sentì quasi il fiato mozzarglisi quando Kairi ricambiò il suo abbraccio, stringendolo forte.
«Mi dispiace,» gli mormorò lei contro i vestiti, e Lea non disse nulla, alzando di poco lo sguardo, e… che stava succedendo lì davanti?
«Kairi!» Lea le diede un colpetto sulla spalla con una mano. «Girati… girati, devi vedere!»
Era Anna. Non era più prigioniera del ghiaccio – era viva e stava bene, e stava abbracciando sua sorella. Kairi scosse la testa e sgranò gli occhi, sollevata ma forse troppo sorpresa per parlare.
«Volevi sacrificarti per me?» Elsa stava chiedendo alla sorella minore, sciogliendo l’abbraccio. Kristoff, Sven e Olaf le avevano raggiunte sul mare ghiacciato.
«Io ti voglio bene.» Anna le prese le mani.
 


Aprì gli occhi. Dov’era finito?
Era sdraiato sulla schiena su quello che probabilmente era il materasso più morbido che avesse mai avuto, e sentiva un cuscino sotto la testa e coperte sul suo torso e sulle sue gambe.
Tutto pesava. La testa, le braccia, le gambe… persino le sue stesse palpebre.
Come se adesso ci mancava anche questa… avrebbe voluto soltanto ficcare un pugno in una parete, ma sembrava che anche quello fosse al di là delle sue possibilità, in quel momento.
«Sei sveglio?» Una voce rauca e stanca, dall’altra parte della stanza. Un uomo coperto da un cappotto lungo fino alle caviglie, con capelli bianchi mossi che spuntavano da sotto alla larga tesa di un cappello e il volto coperto da una barba corta e ispida arrancò verso di lui. «Credevo più nessuno apparisse qui alla Città di Mezzo. Men che meno ragazzi della tua età… ritieniti fortunato che io abbia un nipote poco più vecchio. Sono riuscito a trovare dei vestiti che gli vadano piccoli.»
Probabilmente, in passato l’uomo aveva avuto i capelli rossi, ma gli erano schiariti con l’età. Un tonfo sul pavimento tradiva la presenza di un bastone.
«Chi… siete?» Se c’era una cosa che doveva fare, era capire cosa gli fosse successo – e tutti i suoi sforzi andarono nel comporre quelle due parole. Partendo da chi fosse il suo ignaro soccorritore, poteva rimettere assieme i pezzi e sparire.
«Un uomo di nessuna importanza. Adesso pensa a riposare, o finisco di stenderti.»
 


Kairi fu la prima a scendere dalla navetta. Il posto di cui avevano ricevuto le coordinate da Sora e Riku era un castello tra le montagne, illuminato dalla luce delle stelle. Una brezza dolce faceva ondeggiare l’erba e l’aria era pervasa dal profumo dell’autunno.
Lea aveva mugugnato qualcosa a proposito di un Castello dell’Oblio, ma quello forse era la cosa che poteva somigliarvi di meno. No, quel posto aveva quasi l’aria di un tempio… forse un tempio della conoscenza.
«Ora aspettiamoci le facce di tutti quanti quando dovremo spiegare tutto quanto.» Lea le diede una pacca sulla spalla. «Uff… quante altre volte dovrò ripetere questa storia?»
«Quello, e di cosa è successo con Elsa e Anna. Piuttosto, mi sarei aspettata che quella Larxene riapparisse. Che cercasse di mettere le mani su di loro.» Kairi si sistemò il vestito.
«Non ne avrebbero più il motivo.» Lea si infilò le mani in tasca. «Aqua è tornata a casa, e se devo credere a Kingstagram, anche Ventus. Abbiamo le nostre Sette Luci, suppongo. A proposito, sei davvero sicura della tua ipotesi? Qua abbiamo un rapporto da fare, sorellina.»
Mentre si avvicinavano al portone del castello, il solo rumore attorno a loro era il frinire dei grilli, e sull’erba fluttuavano le lucciole.
«Ne sono certa, Lea. Anna magari non domina un elemento, ma l’ho vista mostrare una forza di carattere straordinaria.» Kairi appoggiò una mano al portone. «E Ienzo non ha trovato altre Principesse sulle mappe. Potrebbe anche essere che ci fosse una settima fuori portata, ma allora perché il segnale da Arendelle veniva doppio? Ricordi? Stiamo parlando di una ragazza che emerge. Direi che Anna corrisponda alla descrizione pienamente.»
Spinse la porta ed entrò. Il corridoio davanti a loro era illuminato, anche se non erano visibili lampade o lumi, e dal piano superiore si sentiva la voce di una donna che parlava. Percorsero il corridoio fino a imboccare una scalinata, e raggiunsero il salone, dove un gruppo di persone sembrava impegnato a fare il punto di qualcosa.
«… ora, la situazione delle Principesse sembra coperta per adesso, ora che siamo in sette non dovrebbero andarle a cercare. Ma se le notizie da Yen Sid e Ienzo sono vere, e ancora loro non hanno il loro numero tredici, possiamo fare uno sforzo e prendere tempo in modo da arrivare pronti.» La madre di Shiro, la maestra Aqua, era in piedi al margine di un cerchio, mentre gli altri erano tutti seduti su cuscini poggiati sul pavimento.
«Hai un piano, Aqua?» Re Topolino era seduto tra Pippo e Riku, all’opposto di un cerchio immaginario.
«Dopo aver ascoltato tutta la storia, mi viene da pensare che chiunque sia questa persona misteriosa, probabilmente è quello che l’Organizzazione cerca.» La Maestra si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Accanto a lei, un ragazzo biondo che Kairi non aveva mai visto stava trafficando con un barattolo di biscotti. Ne estrasse uno e se lo infilò in bocca tutto intero.
Shiro, seduta alla sinistra di Aqua, lo fissò chiedendogli: «Anche io, zio!»
«Okay, stai pronta!» Il giovane estrasse un altro biscotto dal barattolo e lo lanciò gentilmente, facendolo atterrare in mano alla bambina. Si udì lo scatto di un otturatore, e Kairi non poté evitare di ridere vedendo che Sora, seduto davanti al ragazzo, lo aveva appena fotografato.
«Ven, fa’ attenzione.» Aqua lanciò un’occhiata al ragazzo alla sua destra, ma sorrideva.
«Quindi serve qualcuno che possa aiutare Ienzo a recuperare dei ricordi perduti…» Sora mise giù il telefono. «Beh, non io, suppongo. Sono una frana con i computer.»
«Guarda che dovrebbe essere Axel. Lui sicuramente conosceva la persona di cui parliamo.» Shiro lo redarguì, poi alzò lo sguardo – li aveva visti. «AXEL!»
Scattò in piedi e corse fuori dal cerchio, approfittando di uno spazio libero tra Riku e Ven. Arrivò da loro e si buttò al collo di Lea.
«Funghetto!» Lea la prese e la tirò su. «Allora, che mi racconti? Hai fatto la brava?»
«Avevi dubbi? Sai che sono brava!» Shiro lo lasciò andare, e Kairi poteva vederla arrossire. «Zio Ven mi ha dato un biscotto e soprattutto… guarda, somiglia a Roxas!»
Lea stava per rispondere qualcosa quando anche Sora e Riku attraversarono la stanza, quasi facendo a gomiti e manate tra loro. Riku aveva parti delle braccia coperte da garze, ma anche Sora sembrava visibilmente stanco. Kairi prese un po’ di rincorsa e li abbracciò entrambi.
«Non credereste mai a tutto quello che è successo!» disse loro mentre ricambiavano il suo abbraccio.
«Beh, puoi cominciare a raccontare!» Riku le fece il solletico con una mano.
Anche il nuovo arrivato, Ven, si era avvicinato a loro, e stava squadrando Lea con aria curiosa. Kairi non poté evitare di notare che suo fratello sembrava quasi triste nel fissarlo… poi il ragazzo parlò.
«Ciao, Lea.»
Lea fece un balzo all’indietro.
«Ti ricordi di me
«Ma certo! Siamo amici o no?» Il ragazzo si strinse nelle spalle e sorrise. «Non riesco a crederci… anche tu un Custode!»
Lea tirò il fiato e sorrise.
«Oho! Guardate chi si è cambiato d’abito!» Sora lasciò andare Kairi e Riku e guardò Lea. «Allora, Kairi, chi lo ha convinto a buttare la cappa?»
Ci vollero un paio di richiami all’ordine da parte di Aqua affinché tutti tornassero al centro della sala, e Kairi e Lea presero posto nello spazio vuoto tra Riku e Ventus. Sora divenne pallido come un fantasma e si mise a boccheggiare come un pesce rosso quando Lea ammise che Kairi e lui fossero fratelli, e Kairi arrivò a chiedersi se la reazione fosse veramente la sua o se Roxas ne fosse entrato in merito.
«Dai, Sora, non fare quella faccia. Non avevi mai notato che si somigliano?» Ventus commentò ridendo, poi Aqua riprese la parola.
«Va bene, come stavamo dicendo prima che Lea e Kairi arrivassero, abbiamo tre piste per contrastare l’Organizzazione, e prendere tempo in modo da non lasciarci trovare impreparati.» La Maestra fu l’unica a rimanere in piedi nonostante avesse raccomandato ai fratelli di sedersi. «La prima è la persona che nessuno ricorda. Dobbiamo capire chi sia, e per farlo è necessario che ci pensi qualcuno che potrebbe averla conosciuta. Lea, sei il nostro uomo. In secondo luogo, in due mondi non lontani da Arendelle e Mostropoli sono state segnalate presenze oscure. In uno c’è stato un massiccio attacco di Heartless, mentre in un altro sono presenti due membri dell’Organizzazione… tra cui uno che Ienzo potrebbe aver identificato come Vexen, e potrebbe essere anche una possibilità di salvataggio per Roxas. Abbiamo volontari?»
 


La stanza di Terra non era cambiata per niente.
Il letto a una piazza e mezza era ancora contro la parete destra, sotto l’enorme finestra che dava sui giardini. Vecchie foto erano appese ai muri – in una Terra aveva sei anni e mostrava due incisivi mancanti all’obiettivo, in un’altra c’era il primo incontro tra lui e Aqua, un’altra ancora era la stessa che Ventus teneva in camera sua – quella in cui Terra lo teneva in braccio e lui non aveva che dodici anni e mezzo. Nella più recente, Terra era chino nel salone, e una piccola Shiro camminava verso di lui.
Ventus sfiorò lo stipite della porta. Anche lì c’erano una serie di tacche, ma partivano da molto più in basso e arrivavano molto più in alto rispetto a camera sua. C’era la calligrafia del Maestro Eraqus su quelle in fondo.
Il letto era disfatto, c’era un paio di calzini abbandonato sul pavimento che ancora puzzava di piedi, e – Aqua sarebbe stata inorridita se lo avesse visto – un libro di magia aperto, con un orecchio a una pagina.
Era calata la notte sul castello, ma Ventus non riusciva a dormire. La mattina dopo sarebbe dovuto partire assieme a Sora – sarebbe andato con lui a cercare di catturare Vexen per liberare anche Roxas – ma aveva quasi paura di andare a letto. Non era nemmeno tornato nella sua stanza, da quando aveva riaperto gli occhi.
Non ci era più tornato, da quando Vanitas vi era entrato per minacciarlo.
Capiva i ragionamenti di Aqua, la sua intenzione di prendere tempo per poter arrivare pronti al giorno della battaglia, ma dall’altro lato gli bruciava il pensiero che prendere tempo avrebbe voluto dire lasciare Terra ancora più tempo nelle grinfie delle Oscurità.
Quanto sarebbe durata ancora?
Non voleva fare il bambino – aveva quasi ventisette anni, era nel suo corpo di sedicenne e come se non bastasse era a prescindere piccolo per la sua età, e nel suo passato c’erano ancora i buchi neri – ma in quel momento avrebbe soltanto voluto che il suo migliore amico – suo fratello – varcasse quella porta, lo sollevasse in aria, gli grattasse la testa con le nocche del pugno chiuso, e gli dicesse che tutto sarebbe andato per il meglio.
«Ven?»
Una voce dal corridoio lo fece girare. Era Aqua.
«Non riesco a dormire.» Ventus disse immediatamente. Non era nemmeno una bugia. Aqua gli rivolse un sorriso di comprensione.
«Vuoi una cioccolata calda? Neanche io me la sento di andare a letto.»
Ventus non rispose, ma fece sì con la testa e seguì Aqua in cucina. Riusciva a sentire il russare di Riku da una delle stanze vuote che i nuovi ospiti del castello avevano approntato. Aveva insistito per dormire con Sora e Kairi, cosa che all’inizio aveva lasciato Ventus perplesso – Kairi non avrebbe voluto dormire con suo fratello, invece?
«Aqua, perché sembra tutto così sbagliato?» Ventus trovò finalmente il coraggio di chiedere, non appena furono fuori portata d’orecchio.
«Questo posto è pieno di ricordi,» La Maestra disse al ragazzo. «E gli ultimi ricordi che ci restano di questo posto, forse sono anche i peggiori. Ven… quando tornammo qui, i miei peggiori timori erano diventati realtà. Non sapevo nemmeno se potevo sperare di parlarti di nuovo un giorno, come sto facendo adesso.»
Ventus si sforzò di sorridere.
Anche in cucina sembrava nulla fosse cambiato dal giorno dell’esame, a parte il barattolo dei biscotti che Ventus e Shiro avevano razziato qualche ora prima. Ventus prese immediatamente lo sgabello dall’angolo in cui era sempre stato e ritrovò il barattolo del cacao su uno scaffale, mentre Aqua cercava il latte nella ghiacciaia e lo metteva a bollire.
Una vita prima, c’era stato anche Terra, a cercare i marshmallow in un’altra credenza e protestare perché non sapeva come facessero, loro due, a zuccherare la loro cioccolata e riempirla con “quello che era letteralmente altro zucchero”.
«Fa quasi strano essere di nuovo a casa. Siamo rimasti senza tutto questo per troppo tempo.» Ventus ammise quando la cioccolata fu pronta, prendendo la sua tazza e sedendosi al suo solito posto a tavola.
«Lo so.» Aqua ammise, andando al suo posto. Il suo sguardo andò al vecchio seggiolone di Shiro, in un angolo della stanza – quello andava messo via, ormai. E avrebbero dovuto prendere altre sedie…
«Ricordo… di aver sognato molto, prima di iniziare a vedere tutto con gli occhi di Sora.» Ventus rimase a fissare il vapore che saliva dalla sua tazza. «Te e Terra, e Shiro, e anche Sora e i suoi amici. E c’erano anche altri… molti che non riconoscevo, ma credo che uno fosse Ephemer. Prima o poi dovrò parlarti di lui. Sostiene di essere un mio amico d’infanzia… dice che sono molto cambiato.»
Alzò lo sguardo.
«In meglio, da quanto ho capito.»
Aqua prese in mano la sua tazza, ma neanche lei bevve subito.
«Presto, sarà tutto normale un’altra volta,» lo rassicurò abbozzando un sorriso.
Ventus la conosceva troppo bene per non sapere che gli stava parlando così per farlo sentire meglio. Guardò di nuovo la sua tazza e poi prese a bere, poi prese il cucchiaio dal tavolo e cercò di pescare i marshmallows prima che si sciogliessero.
«Tu cosa pensi direbbe il Maestro? Se mi vedesse adesso?»
Aqua alzò lo sguardo, e quella che poteva essere, forse, una risposta seria, venne intercettata da una risata.
«Direbbe che ti sei sporcato come mai nella tua vita, Ven!» Aqua si coprì la bocca mentre rideva.
«Huh?» Ventus cercò di guardare il suo riflesso nel cucchiaio, poi lasciò perdere e prese un tovagliolo per pulirsi. Quando fu sicuro di aver pulito via tutto, Aqua si indicò la punta del naso a mostrargli dove invece era ancora sporco.
Forse le cose non sarebbero mai tornate com’erano, ma erano di nuovo a casa. Presto sarebbe tutto finito, e Ventus intendeva fare tutto il possibile per riportare Terra indietro. E il nuovo normale sarebbe arrivato – sì, i loro migliori ricordi dovevano ancora venire.
«Avremo tanto da raccontare, quando Terra sarà tornato.»
 
   
 
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