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Autore: Dalybook04    18/11/2020    0 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Lo sapete: accenni a tematiche delicate.

Trovarono Francis in uno sgabuzzino delle scope.
Gilbert sospirò, aspettò che entrasse Antonio e si chiuse dentro con lui, piombando nell'oscurità quasi totale -si può sapere che hai combinato, freund?
-ti lasciamo solo per due minuti e scompari per ore- aggiunse Antonio, sedendosi accanto a lui e circondandogli le spalle con un braccio. Gilbert fece la stessa cosa dall'altra parte.
Francis rimase immobile a fissare davanti a sé.
-Fran? Francis?- Gilbert lo scosse leggermente per le spalle -sei vivo?
Francis si strinse le ginocchia al petto, ci posò sopra il viso e scoppiò finalmente a piangere.
-no, no, non fare così- Antonio gli accarezzò la schiena, lentamente, per calmarlo, infondendoci un po' del suo potere per aumentare l'effetto.
Francis singhiozzò, con la voce tremula -perché dovunque vada finisco sempre per essere la puttana di turno?!
L'albino sospirò -che è successo?
Il biondo non riusciva a parlare, per via del groppo in gola che lo lasciava appena respirare. La sua risposta fu quasi un singhiozzo.
-A-Arthur.
-giuro che la prossima volta che lo vedo gli distruggo quella faccia da cazzo con un pugno, a quel pezzo di mierda- ringhiò Antonio.
-di solito non ti incito al britiscicidio, ma in questo caso concordo pienamente con te.
Francis scosse la testa -non, mes amis.
-daaaaaai. Non dico di ucciderlo, solo di dargli un paio di pugni su quella boccaccia sputa sentenze...
-se vuoi puoi dargli qualche botta anche tu- propose Antonio
-non- ribadì Francis. Si asciugò gli occhi con aria infastidita -così non sareste migliori di lui.
-saremmo peggiori, ma almeno ci toglieremmo la soddisfazione.
Gilbert indicò lo spagnolo -non hai tutti i torti.
Francis scosse la testa -no, non... non mi interessa. Abbiamo troppi problemi per crearcene altri cercando vendetta.
Gilbert sbuffò -odio quando hai ragione.
-che ti ha detto quel cretino?
Francis tirò su col naso e fece una piccola risata -in realtà non... non è che abbia detto granché. Mi ha visto con i preservativi...- li raccolse da terra e glieli passò -a proposito, tieni. Dentro c'è anche del lubrificante, male non fa.
Antonio si prese la testa tra le mani e sospirò, a metà strada tra la furia e la tristezza -Dios, non avrei dovuto...
-la colpa non è tua- lo interruppe il francese -né di Gilbert, né di nessun altro. È... è che gente come me non è accettata. Non posso... andare in giro come voglio, vivere una vita tranquilla senza fingere di essere quello che non sono, perché avrò sempre e comunque il marchio della zoccola addosso, anche dato senza sapere che effettivamente lo sono.
-lo eri- lo corresse Gilbert -e non eri lì per tua volontà. Dirti che sei una puttana per quello che hai passato è come dare la colpa di uno stupro alla vittima. Non ha un fottuto senso.
-concordo- Antonio strinse a sé l'amico -e ora non lo sei più.
Il tedesco fece un verso di scherno -anzi, tra tutti e tre sei il più casto. Tra Antonio che si deprime per la mancanza delle sue pomiciatine segrete con uno che abbiamo letteralmente mandato a mentire a manetta per qualche mese...
-ehi!
-...e io che ogni tanto vado ancora a letto con Rod...
-tu cosa?!
-...tra i tre sei il più simile a una suora. Una suora che mette jeans aderenti e magliette con lo scollo a v, ma comunque...
-dopo torniamo sulla questione Roderich- promise Francis. Poi sbuffò una risata, che era molto simile al suono di un palloncino che si sgonfia -ma in ogni caso è ovvio che...- si interruppe di colpo.
-che?
-Fran? Tutto bene?- Antonio lo scosse leggermente per un braccio, cominciando ad allarmarsi.
-n... non respiro- rantolò, a voce bassissima.
-mierda!- insieme lo tirarono in piedi, poi Gilbert corse fuori a chiamare aiuto mentre Antonio prendeva in braccio l'amico e si precipitava il più velocemente possibile verso l'infermeria. Non era la prima volta che succedeva una cosa del genere, sapevano come comportarsi.
Abbassò lo sguardo su Francis, bianco come un lenzuolo, che con il fiatone cercava di riprendere aria. Gli infuse un po' del suo potere, sperando lo aiutasse almeno a soffrire un po' meno.

Arthur si stava dando dell'idiota in tutti i modi che conosceva. Persino in scozzese.
Era stato uno stronzo. Okay. Se n'era reso conto. Ora l'unica cosa decente da fare era andare da Francis a chiedergli scusa e ammettere ad alta voce di essere stato un...
Unico problema. Non sapeva dove si fosse cacciato Francis. E per questo stava girando come una trottola per tutto il Punto Omega per cercarlo.
Ad un certo punto incrociò Gilbert, che stava correndo come un pazzo. Lo trattenne per un braccio.
-sai mica dov'è Fr...
Quello si liberò con uno strattone, guardandolo in cagnesco -Francis? Si sta sentendo male. Per colpa tua. Quindi, se non ti dispiace, vado a chiamare aiuto. Sei pregato di riprovare... vediamo... mai più.
E corse via senza dargli il tempo di replicare.
Francis stava male? Oh porco...
Fu Antonio a passargli davanti questa volta, reggendo un Francis mezzo svenuto tra le braccia. Arthur ebbe appena il tempo di registrare pochi dettagli, come le labbra blu del francese, il modo in cui si appoggiava all'amico, come se avesse bisogno di quel contatto per sopravvivere, e l'occhiata truce che gli rivolse lo spagnolo un attimo prima di superarlo.
A quel punto Arthur fece la cosa più naturale di tutte. Gli corse dietro.

Lovino era stanco. Ne aveva passate tante in un giorno solo. Aveva logicamente bisogno di dormire. Eppure, anche dopo cena, anche dopo che si era ritirato nelle sue stanze, rimase sveglio a pensare, pianificare, ipotizzare. Creava piani su piani, per poi scartarli alla minima falla. Ipotizzava strategie, piani di guerra, per poi cestinarli in un bidone immaginario nella sua testa quando si rendeva conto di quanto stupidi e banali fossero. E fu quella notte che si rese conto di quanto fosse inesperto e inadatto a tutto quello. Era un ragazzino, che non aveva mai visto un campo di battaglia, una guerra; non aveva neanche mai toccato una granata! Non sapeva niente di strategie militari, piani di guerra, combattimento, spionaggio... sapeva a mala pena come non farsi sgamare! Cosa aveva pensato di fare? Forse, per un colpo di fortuna, pensò, sarebbe riuscito a scappare. Che mandassero qualcuno più capace. Avrebbero avuto João come spia, e forse anche quell'altro di cui gli aveva parlato. Controllava le onde radio, no? Un modo per comunicare con loro lo avrebbe trovato. Sarebbe bastata una radio, anche vecchia, e avrebbero trovato una via di comunicazione. Se fosse... se fosse riuscito ad andarsene, sarebbe potuto tornare da suo nonno, da Feliciano, da Antonio...
Quel pensiero lo colpì come uno schiaffo. Basta autocommiserarsi. Doveva trovare una soluzione. Doveva creare un futuro migliore per le persone che amava.
Si morse il labbro. Forse se... se fosse riuscito a cogliere Sadiq di sorpresa, avrebbe potuto ucciderlo. Probabilmente sarebbe morto per via del suo potere, ma...
No. Ma un cazzo.
A quel pensiero, per la prima volta si sentì prendere dal panico. Per la prima volta in vita sua, si rese conto, voleva disperatamente vivere. Voleva uscirne vivo, e possibilmente vegeto. Solo un anno prima non vedeva l'ora di morire, anche solo per provare qualcosa di nuovo. Adesso invece voleva continuare a vivere. Ma perché?
In un lampo gli balenarono in testa le facce di Romolo, Feliciano e Antonio. Voleva vivere per loro, si rese conto. Voleva riabbracciarli. Voleva stringerli e pensare che ce l'aveva fatta, che aveva combinato qualcosa di buono nella vita, che per una volta il suo potere non era stato un danno ma un dono. Voleva stare con suo nonno, per tutto il tempo che gli sarebbe stato concesso. Voleva vedere suo fratello crescere, vederlo diventare l'uomo che meritava di diventare, ed essere al suo fianco nei momenti brutti e in quelli belli. E voleva passare il resto della sua vita al fianco di Antonio, svegliarsi tutte le mattine al suo fianco, magari in una grande casa tutta loro. Voleva vedere suo nonno riposarsi, suo fratello laurearsi e il suo ragazzo trovare un buon lavoro, e dirsi "tutto questo è stato merito mio". Voleva far avere loro una vita bella, piena, felice almeno per quel che ne rimaneva. Non poteva cambiare il passato, ma avrebbe provato a dare loro un futuro. E se fosse riuscito a restare al loro fianco per vedere di persona i loro successi, bene. Altrimenti pace, ma avrebbe combattuto fino alla fine, con le unghie e con i denti, sia per sopravvivere, e sia, soprattutto, per realizzare il suo obbiettivo.
Era egoistica come cosa, lo sapeva. C'erano milioni di persone che morivano di fame, e lui pensava solo alle tre persone che amava. Ma non gliene poteva fottere di meno. La gente era egoista da sempre. Le persone davvero altruiste erano poche, e lui non era una di queste. Almeno lo riconosceva e ci conviveva. Certo, non gli faceva piacere sapere in che merda vivessero le persone, non era un sadico, ma quanti nella sua posizione si sarebbero messi a rischio per salvare il mondo, e quanti semplicemente per salvare se stessi e i propri cari?
Sbadigliò e si stropicciò gli occhi. Di solito quando cominciava a filosofeggiare significava che stava per crollare per il sonno. Si sdraiò sul letto, probabilmente il più morbido su cui avesse mai dormito, e chiuse gli occhi, addormentandosi all'istante.

Francis si risvegliò all'una e cinquantaquattro di notte. Arthur lo sapeva perché non aveva fatto altro che osservare l'orologio e il ragazzo svenuto davanti a sé, non riuscendo a decidersi su quale delle due visioni fosse più dolorosa: se il tempo che passava sempre più lentamente, segnando sempre più ore da quando era arrivato lì, o direttamente il motivo per cui era lì e non a dormire come avrebbe dovuto essere.
-mhh... maman... papa...- brontolò quello, riaprendo gli occhi. Vedere quell'azzurro dopo tanto tempo fu un sollievo che l'inglese non si seppe, o volle, spiegare. Francis si mise seduto e si stropicciò gli occhi -dove... che è successo?
-sei...
-ti sei sentito male- lo interruppe Gilbert, seduto dall'altra parte del letto con Antonio, che sonnecchiava sulla sua spalla -dopo che l'infermiera ha finito con te, hai dormito per ore. Ci hai fatti preoccupare.
L'albino diede una gomitata all'amico per farlo svegliare.
-sì, Lovi, sono sveglio!- esclamò Antonio, stropicciandosi gli occhi. Poi crollò di nuovo sulla spalla dell'amico -ah, ti sei svegliato, Fran- sbadigliò -come stai?
-riposato- rispose con un sorriso. Sembrò accorgersi in quel momento di Arthur, e il suo sorriso vacillò -Gilbért, Antoine, potresti lasciarci soli per qualche minuto?
Antonio era così stanco che si alzò senza protestare, barcollando leggermente con gli occhi socchiusi, ma il tedesco esitò -sei sicuro?
-certo. Porta Antoine a dormire, sta crollando.
I due si guardarono ancora un po', avendo una qualche specie di conversazione muta, poi Gilbert sospirò e circondò le spalle di Antonio con un braccio -forza, bell'addormentato. È ora della siesta.
E uscirono. Non appena la porta si fu chiusa, Arthur espresse l'unica cosa che era riuscito a pensare in quelle ore.
-scusa. Scusami, mi dispiace, sono stato tremendo, ma non me ne rendevo conto.
Francis sembrò stupito -da quando in qua Arthur Kirkland, re dell'orgoglio e delle sopracciglia, chiede scusa a qualcuno, e soprattutto a un membro della feccia come me?
Normalmente avrebbe risposto all'insulto, ma pensava non fosse il caso -sono abbastanza maturo da riconoscere quando sbaglio. Ti ho giudicato senza conoscerti a fondo, basandomi su stereotipi e dicerie, e mi dispiace di averti fatto stare male.
Francis alzò le spalle -okay. Scuse accettate.
Non riusciva a crederci -davvero?
Il francese ridacchiò. Una risata leggera, un po' addolorata per via del suo stato, ma comunque elegante e raffinata, che per qualche assurdo motivo gli fece sbatacchiare il cuore un po' più forte. Come aveva potuto pensare che Francis fosse una puttana da tangenziale? Una risata come quella era, al minimo, per una prostituta d'alto borgo, una dama da compagnia che sfrutta la sua bellezza e la sua eleganza per accompagnare ricchi uomini ad eventi mondani, spillando soldi dal loro portafoglio un po' per volta, fino ad arricchirsi ed essere lei, alla fine, a organizzare uno di quegli eventi, per metterli in ridicolo.
-se anche non ti perdonassi- replicò, risvegliandolo dalle sue fantasie -che ci guadagnerei? Solo qualche rancore e un motivo in più per arrabbiarmi, e sinceramente non ho né il tempo né la forza di litigare con tutti quelli che mi danno della troia, e neanche lo vorrei. Quindi sì, accetto le tue scuse, ora puoi tornare a sparlarmi dietro con i tuoi amichetti o fare quello che facevi prima.
-ma non...- gli girava la testa, e non sapeva il perché -non voglio farlo. Ero sincero. Mi dispiace veramente.
Francis roteò gli occhi -certo. Dici così perché mi vedi qui, in un letto d'ospedale, e dopo che ti ho urlato un po' contro ti senti in colpa e vuoi preservare la tua coscienza. Bene: ti perdono. Ora vai in pace. O a fanculo, la cosa non mi interessa.
-veramente penso che... che tu avessi ragione. Davvero. Volevo chiederti scusa anche prima che tu finissi qui- prima vi ho mentito. Arthur non stava pensando solo a delle scuse mentre Francis dormiva. Pensava anche ad un'altra cosa -perché ti sei sentito male, a proposito?
-calo di pressione. Mi capita spesso. È di famiglia.
-quindi tu sei svenuto per ore, avevi le labbra blu e non respiravi per un... calo di pressione?
Francis fece una smorfia; aveva le labbra leggermente screpolate. Di solito erano di un bel color pesca un po' tendente al rosso, come se avesse bevuto sangue e si fosse ripulito, ma ne fossero rimasti dei segni. In quel momento però erano quasi bianche -è calata tanto.
-mi... mi dispiace- si sentiva un po' stupido a scusarsi e basta. Con delle scuse non cambiava ciò che aveva fatto -non volevo che ti sentissi male per colpa mia.
Quello fece un gesto di non curanza con la mano, come per scacciare una mosca fastidiosa. Le vene erano incredibilmente blu sul suo polso, come a sfidare gli occhi su chi avesse la tonalità migliore -nah, non è colpa tua. Te l'ho detto, mi capita spesso, anche se di solito cerco di evitare che lo veda qualcuno. Certo, urlarti addosso non ha certo fatto un favore ai miei polmoni, ma questo non...
-polmoni? Che c'entrano i polmoni?
-ho... l'asma.
-non avevi i cali di pressione?
-ho l'asma e i cali di pressione.
Arthur inarcò un sopracciglio -si può sapere quante problemi hai?
-ah, sapessi...- scrollò le spalle -ora, se non ti dispiace, sono stanco, e immagino lo sia anche tu.
-certo, certo, me ne vado. Buona notte.
-bonne nuit, mon ami!- esclamò mentre quello se ne andava, salutandolo teatralmente -adieu.

   
 
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