Quindi, eccolo qui. Un piccolo esperiemnto, un momento ambientato tra il capitolo 181 e 182....
Una piccola nota: questa storia nasceva come una storia erotica a rating rosso, ma man mano che andavo avanti nella scrittura ha preso un'altra piega, perchè sembrava quasi che un atto consuamndo a quella viigglia sapesse di "per sempre", di "fine"- e quindi... è diventata questo.
Buona lettura!
“Quando
sarà il momento, andremo insieme, Kaori…
perché tu sei la mia partner!”
Nella
penombra della camera da letto, Ryo afferrò il polso destro
di Kaori, e la tirò
a sé. La giovane donna ricadde, come peso morto, tra le sue
braccia, e con gli
occhi velati di lacrime cinse la vita di quell’uomo che aveva
scoperto di amare
già da tempo, beandosi della pace che le dita di lui che le
massaggiavano la
nuca le donavano, il calore delle labbra che si erano posate sulla sua
fronte e
sembravano non volerla lasciare più.
Parlarono-
una cosa rara, per loro, soprattutto per Ryo, e si confidarono,
aprendosi,
condividendo i rispettivi pensieri, tutte le loro più
recondite emozioni. Kaori
lo strinse forte, calde lacrime che le bagnavano le pallide gote,
quando ammise
che no, non era per vendicare suo fratello o Mick che desiderava
incontrare
Kaibara e supportare Ryo nel tentativo di fermare l’uomo che
gli aveva donato
un’identità.
Era
per lui. Per rimanere al suo fianco. Per perire, se quello fosse stato
il
destino dell’altra metà di City Hunter –
aveva anche indossato l’anello
all’anulare destro, la reliquia di famiglia che Hide avrebbe
voluto donarle ai
vent’anni, non come un portafortuna ma perché
dentro di sé sentiva che quella
sarebbe stata l’ultima occasione di metterlo al dito.
“Sembra
quasi che pensi che andiamo a morire!” Ryo la
sgridò, tentando di essere serio,
prendendo la manina di lei tra le sue e sfilando il gioiello dal dito,
stupendo
Kaori, che osò immaginare Ryo che quell’anello
glielo metteva al dito, ma alla
sinistra, davanti ai loro amici, quella sgangherata famiglia che si
erano
scelti. “Dai, lo rimetterai quando torniamo, hai
capito?”
Kaori
accennò un lieve sorriso, e sospirò un
sì, poi, si lasciò nuovamente guidare
dalle braccia di Ryo, che, senza mai lasciarla andare, la
tirò nel letto.
Vestiti, si coricarono, col capo di lei che poggiava su
quell’ampio torace,
cullata dal battito del cuore straziato di Ryo, che, pur sapendo cosa
avrebbe
dovuto fare, ne era devastato.
Piano,
lentamente, Kaori avvertì il battito ed il respiro di Ryo
acquietarsi, mentre
l’affascinante uomo cadeva vittima delle braccia di Morfeo,
ma a lei questo
lusso non sembrava voler essere concesso; le lancette
dell’orologio si
muovevano, ticchettando inesorabili, il loro pacato rumore come un
frastuono
nelle orecchie della donna ed in quella insolita notte silenziosa di
Shinjuku.
“Guarda
che dovresti riposarti. Cosa credi di poter combinare se domani, nel
bel mezzo
dell’azione, ti addormenti?” Ryo la
redarguì, con la voce impastata dal sonno,
ma con un tono che era un misto di serio e faceto. “Tra
l’altro, stai pensando
così intensamente che quasi mi sembra di sentire gli
ingranaggi che
girano!”
“Scusa.”
Sussurrò lei arrossendo, stringendosi forte a lui.
“Non volevo disturbarti.”
“Preferirei
che mi parlassi.” Le disse. Ryo stava fissando il soffitto,
mentre faceva
scorrere una mano lungo un fianco di Kaori, l’altra sotto al
capo come fosse un
cuscino. “Non
mi piace quando te ne stai
in silenzio. Va sempre a finire che capita qualcosa di
brutto.”
“Non
voglio parlare, Ryo.” Voglio solo
stare
qui con te, stanotte.
“Dovresti
riposarti…” Sospirò lui.
Voltò gli occhi nella direzione di Kaori, e la
osservò, attento, cauto, con intento, i suoi occhi scuri
avevano una profondità
che le fece mancare il fiato. La mano di Ryo aveva fermato quel curioso
viaggio, e i polpastrelli le sfioravano la pelle sensibile tra collo e
spalla,
lasciata scoperta dall’ampia camicia da uomo e dalla tutina
aderente,
bruciandola.
“Ryo,
cosa….” Kaori non ebbe il tempo di terminare la
frase, che le labbra dell’uomo
si erano posate sulle sue, delicate, per un brevissimo bacio, poco
più che una
carezza. Ryo si scostò, e cercò una riposta ad
una domanda che non era in grado
di fare a voce in quegli occhi color nocciola.
Non
rispose a voce- Né con lo sguardo.
Socchiuse
gli occhi- come lui le aveva insegnato- e cercò la bocca di
Ryo, prima incerta,
quasi spaurita- non dall’atto, ma dalla
possibilità di un rifiuto- e poi sempre
con maggiore foga. Ryo le afferrò la nuca, spingendola verso
di se, mentre con
una mano stringeva la tenera carne del fianco, lasciando rossi lividi,
e
assaporava quelle labbra dalla consistenza di petali di rosa come se
lei fosse
il nutrimento di un uomo malato, l’ultima cena del
condannato, l’oasi in mezzo
al deserto del cacciatore sperduto.
La
bocca di lui viaggiava, come se fosse pazzo, fuori controllo, ovunque-
il
collo, le guance, le palpebre, la fronte, il naso, le labbra e poi di
nuovo
dall’inizio incessantemente ancora e ancora e ancora
– mentre ancora la
stringeva con forza e disperazione, come non avesse mai voluto
lasciarla
andare, ed entrambi piangevano, in silenzio, le loro calde lacrime che
si
mischiavano le une alle altre in quel frenetico cercarsi, consolarsi,
desiderarsi, amarsi…
Ryo, oh Ryo…. Kaori afferrò il viso di lui tra le
mani, e lo guidò
verso le proprie labbra, affinché la baciasse di nuovo. Il
contatto sembrò
placare l’uomo, che coprì la mani di lei con le
sue, e sospirando assecondò il
desiderio della sua compagna, baciandola lento, sensuale, un incontro
di corpi
e anime occhi negli occhi.
Si
scostò da lei, e mosse una mano, andando al nodo della
camicia, e le sorrise,
indugiando mentre la guardava curioso, e Kaori gli sorrise, mordendosi
il
labbro gonfio per quei peccaminosi baci che si erano scambiati.
Arrossì,
ma la luce nel suo sguardo gli disse tutto ciò che Ryo
doveva sapere.
Sì. Mi fido di te. Lo voglio
anch’io.
Sciolse
il nodo con un solo movimento di polso, e la camicia, quasi per magia,
scivolò
da sola dalle spalle della giovane donna. Ryo si inginocchiò
sul letto, riprese
a stuzzicarle le labbra, mordicchiarle, mentre con una mano le
sorreggeva il
capo, e con l’altra cercava la cerniera della tutina sulla
schiena, e la
abbassava, lentamente, godendosi i sospiri di Kaori nella sua bocca, i
sussulti, il modo in cui a mano a mano che la sua pelle veniva liberata
alla
sua vista e al suo tocco, si copriva di pelle d’oca.
La
fece distendere sul letto, e, puntellandosi su gomiti e ginocchia,
ancora
perfino col giubbotto addosso, riiniziò a baciarla,
lasciando un’umida scia
lungo il collo, le spalle, e man mano che faceva scivolare via la
stoffa, il
resto del corpo. Mentre inspirava il profumo vanigliato del corpo di
lei,
sorridendo, Ryo prese a farle il solletico, sfiorandole la pelle
sensibile
dell’addome con la punta delle dita. Kaori si morse le
labbra, tentando,
invano, di contenere la risata, mentre gli massaggiava lo scalpo,
facendo
scorrere le dita in quei meravigliosi capelli scuri.
Lo
riportò a sé, cercando al contempo di eliminare
ogni qualsivoglia spazio tra i
loro corpi. Ryo le ricadde addosso mentre la baciava di nuovo, deciso,
ruvido,
bisognoso, e lei emise un gemito, un sospiro sognate quando
avvertì la potente
erezione dell’uomo premere attraverso i jeans.
Le
lacrime aumentarono. Lacrime di Gioia. Forse non aveva il suo cuore.
Forse, non
la amava. Ma… ma Ryo la desiderava, lei lo eccitava, e
questo, per lei, era
abbastanza. Forse non un giorno, ma per quel
giorno… sì, poteva farselo bastare.
“Ryo….”
Sospirò il suo nome come fosse una preghiera.
“Io…” ti
voglio.
“Non…”
le morse la spalla, lasciando una profonda indentazione rossastra sulla
pelle
bianca. “Ancora.”
Ryo
chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Di nuovo
passò le sue labbra sul corpo
di quella bellissima donna, ma senza concederle alcun contatto;
tuttavia, respirava su di lei, e a
Kaori parve di
avvertire la condensa del respiro di lui sulla pelle.
Nella
battaglia, Ryo era forte e determinato, concentrato, sicuro di
sé; quello stesso
controllo lo stava esercitando ora sul proprio corpo, e Kaori poteva
vedere i
muscoli tesi come corde di violino, le vene che palpitavano, cariche di
sangue,
in quel collo statuario. Gocce di sudore cadevano dai capelli e
percorrevano il
collo di Ryo prima di nascondersi sotto alla maglietta ed impregnarla,
e Kaori
desiderò con un’intensità a lei
sconosciuta poter leccare quella scura pelle
salata ed assaporarla, desiderò appartenere a Ryo e Ryo
solo, fino alla fine
dei loro giorni….
“No…
adesso no, Kaori…” sospirò, cercando
gli occhi della rossa, quasi le avesse
letto nel pensiero. Le tornarono alla mente parole di altre persone,
sorrisetti
degli amici…Siete due tipi ben
ingranati,
non avete nemmeno bisogno di parlare. A volte nemmeno di uno sguardo.
Sapete
cosa passa per la mente dell’altro, così.
Fece
scivolare via il tessuto lucido, liberando alla sua vita stupita il
petto della
bellezza che lo lasciò senza fiato- non indossava il
reggiseno. I suoi seni,
pieni, del color del latte, morbidi, erano piedi e sodi, e svettavano
con i
capezzoli turgidi. Ryo fece un lieve sorriso, di un’estrema
dolcezza, e le si
avvicinò.
Kaori
si irrigidì, chiedendosi cosa avrebbe fatto: Ryo aveva fama
di essere una
amante focoso, selvaggio, ben più di un’ochetta
negli anni aveva cinicamente
amato raccontarle nei dettagli cosa fosse in grado di fare, quando alla
mattina
se le trovava mezze nude che giravano per casa pretendendo che lei
preparasse
loro la colazione, neanche fosse stata la servetta.
E
lei… beh, lei era vergine. Non era una questione di aver
paura di lui, il
temere di non essere all’altezza o altro, solo….
Era l’inaspettato.
Come
inaspettato fu il gesto che fece quello che sembrava destinato a
divenire il
suo amante.
Si
accoccolò contro il seno di Kaori, con il sorriso sulle
labbra, un sorriso
delizioso di pace e tranquillità, e lei lo guardò
colma di tenerezza,
massaggiandogli lo scalpo. Ryo sembrava un bambino che riposava sul
grembo
della madre, e con una lacrima, la donna si rese conto che quella era
forse la
prima volta che si sentisse così- non aveva ricordi della
sua infanzia, e chi
lo aveva cresciuto lo aveva tradito nel modo più meschino,
trasformando una
creatura indifesa in una macchina da guerra, sfruttando il bisogno di
amore di
un ragazzino.
“Non
voglio fare l’amore con te stanotte,” le disse lui,
con un tono un po’ triste,
sentendola irrigidirsi temendo un rifiuto. “Perché
sarebbe come dire che non
potrà succedere mai più. Sarebbe come ammettere
che andiamo a morire. E io… io
credo di voler vivere.”
Finalmente. Kaori, quella notte, pianse di gioia, mentre Ryo
si
addormentava placido sul suo grembo, sognando per la prima volta il
futuro,
chiedendosi se quel circolo viziosa di violenza avrebbe mai avuto fine.
Lo
voleva, oh, se lo voleva! Gli era stata negata un’esistenza
normale, ma ora,
che stava per rischiare la sua stessa esistenza e avrebbe visto in
faccia la
morte ed affrontato i fantasmi del suo passato, la desiderava
più di qualsiasi
altra cosa al mondo. Voleva un futuro, invecchiare in una casetta in
riva al
mare, starsene seduto sulla sabbia mentre guardava i suoi figli- aveva
perfino
già in mente i nomi se fossero stati maschi- prima, e dei
nipoti poi, sguazzare
nell’acqua e costruire castelli e piste per le biglie, mentre
la sua sposa –
Kaori, lei e lei sola avrebbe potuto domare l’angelo della
morte, facendolo
camminare nella luce e riportandolo alla vita, uomo per la prima volta
nella
sua esistenza -lo chiamava dalla cucina dicendo che era pronto.
Nel
sonno, le strinse la mano sinistra, dove, presto o tardi, avrebbe
infilato quel
delicato rubino, che custodiva a nome delle due persone che
più avevano amato
quella donna, il fratello e la sorella di Kaori. E adesso…
adesso, quell’anello
era sul suo comodino- il comodino dell’uomo che le donava il
suo cuore per proteggerlo
e averne cura, ora e per sempre.