Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    22/11/2020    12 recensioni
Uno degli episodi che più ci ha fatto sognare e smagonare, è stato quello di Cenerentola. Ed io ho voluto immaginare una sorta di "E se...", il mio, uno dei tanti
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Tutti conosciamo l’episodio di Cenerentola, e spesso ci siamo sbizzarriti a scrivere un seguito o un finale diverso, be’ci ho provato anche io, e spero che vi piaccia il mio personalissimo punto di vista.
Vi avverto che è abbastanza zuccheroso sul finale, ma… in fondo parliamo d’amore no?
Buona lettura!
Eleonora




CENERENTOLA TORNA A CASA
 
Quella sera, grazie ad uno stratagemma ideato dalla stilista Eriko, la sua amica Kaori e il suo socio, Ryo, erano finiti per trascorrere una sorta di appuntamento al buio.
 
Eriko aveva fatto indossare alla sweeper un elegante vestito alla moda, l’aveva fatta truccare di tutto punto e mettere una parrucca con i capelli lunghi, del suo stesso colore fulvo, giusto per farle vedere come sarebbe stata con una lunga chioma, piuttosto che con il suo solito taglio sbarazzino; voleva che fosse stupenda, diversa dal solito.
 
Alla fine Kaori era quasi irriconoscibile; quasi.
Perché, in realtà, quelle attenzioni avevano solo accentuato la sua naturale bellezza e la sua innata femminilità, troppo spesso nascosta da abiti casual, vagamente maschili, e dal suo atteggiamento combattivo dal piglio energico.
 
Lo scopo dichiarato dalla vecchia amica d’infanzia della sweeper, era quello di poter passare una serata insieme, in un noto locale alla moda, e di guardarsi un po’ intorno, sicura che non sarebbero mancati gli ammiratori a fare la corte alla bella Kaori.
E a forza d’insistere, la ragazza aveva accettato.
 
Per convincere Ryo, invece, a sottoporsi alla grande trasformazione, la stilista aveva fatto finta di accettare di uscire con lui a patto, però, che venisse vestito elegante: per questo gli aveva lasciato da indossare degli abiti molto belli e ricercati.
Ma poco prima dell’ora dell’incontro, a cui si era recata con Kaori, Eriko si era defilata, lasciando lì da sola la sua partner, così meravigliosamente agghindata.
 
Eriko aveva architettato tutto questo per ringraziarli di averla salvata da dei criminali senza scrupoli che, giorni prima, avevano attentato alla sua vita, e anche per spingerli uno fra le braccia dell’altra, avendo riconosciuto il sentimento che li legava e le mille remore che li frenavano.
 
Quando Ryo si era presentato al bar del Sunset Hill, aveva finto di non riconoscere la sua bellissima socia, che si era spacciata per una signorina di buona famiglia, scappata di casa e decisa a godersi soltanto poche ore di libertà.
Lei, che non conosceva il mondo, chiedeva all’uomo di essere protetta da lui, e per quella sera si sarebbero comportati come due fidanzati. 
Da lì avevano dato vita ad una magnifica serata, fatta di divertimento e svago, a tratti anche molto romantica anche se, più passava il tempo, più Kaori si sentiva divisa fra la gioia di vivere finalmente un appuntamento con Ryo –  il quale la trattava come una ragazza normale con cui flirtare e avere una storia – e la consapevolezza struggente che lui non stesse veramente facendo tutto quello con lei, Kaori Makimura, ma con un’altra donna di cui non conosceva nemmeno il nome.
 
Per questo ogni tanto, durante la serata, aveva come dei ripensamenti, dei momenti di profondo scoramento, che peraltro non passavano inosservati all’uomo, e più volte si era chiesta se ne valesse la pena di soffrire in quel modo, piuttosto che parlare chiaro e rivelargli fin da subito la sua vera identità.
 
Era ormai giunta quasi mezzanotte quando, di fronte alla prospettiva di essere portata in un love hotel da Ryo, Kaori si era inventata, seduta stante, che allo scoccare del nuovo giorno si sarebbe dovuta imbarcare su di una nave diretta in America, e che pertanto la loro farsa, quella sorta di fidanzamento temporaneo, sarebbe finito di lì a poco.
A quel punto Ryo le aveva dato il nome di Cenerentola perché, come nella celebre favola, la ragazza doveva scappare, e ritornare al suo mondo, al fatidico scoccare della mezzanotte.
 
L’atmosfera del molo era così romantica, con lo sciabordio del mare sugli scogli, il vento a scompigliare appena i capelli, un cielo stellato e complice e le luci della baia riflesse sull’acqua, che Ryo si era avvicinato alla donna e, prendendole il mento con la mano, si era chinato per baciarla.
Kaori era emozionata ed eccitata dalla prospettiva di scambiarsi il loro primo bacio; amava quell’uomo e desiderava con tutta sé stessa di essere ricambiata da lui, e in quel momento non le sembrava vero: era un sogno che diveniva realtà.
Ma allo stesso tempo era dilaniata dal pensiero che lui non stesse veramente baciando lei, ma questa Cenerentola misteriosa di cui aveva gradito la presenza, e dalla quale sembrava molto preso.
 
Poi le sirene delle navi in lontananza avevano suonato, decretando la fine di quell’incantesimo, e i due lentamente si erano allontanati; gli indugi della ragazza avevano frenato l’uomo, forse, e comunque il tempo a loro disposizione era ormai scaduto.
 
Kaori, profondamente turbata, si era scusata con Ryo per poi scappare via, non prima di avergli detto definitivamente addio; l’uomo dal canto suo non l’aveva né trattenuta né seguita, e quando le era caduto un orecchino, l’aveva recuperato come segno tangibile di quel magnifico sogno.
 
All’inizio Ryo era rimasto a lungo immobile sulla banchina, a fissare il punto in cui era scomparsa correndo la ragazza, impossibilitato a fare altro.
Quel bacio non dato gli bruciava le labbra ed era preda di un forte senso di solitudine, come non gli accadeva da tempo immemorabile, nonostante fosse abituato a stare da solo.
Sapeva benissimo, inoltre, che quella era la sua collega, la sua coinquilina, la sua socia, e che anche quella stessa notte avrebbero dormito sotto lo stesso tetto, anche se non nello stesso letto, eppure un senso smisurato di perdita lo faceva rabbrividire, e dopo un tempo che parve un’eternità si decise a tornare a casa, quantunque non sapesse cosa aspettarsi dal giorno che di lì a poco sarebbe sorto.
 
Per una sera aveva voluto regalarle, e regalarsi, un assaggio di vita normale, come una qualsiasi coppia che si vede per un appuntamento ed è felice di godersi la reciproca compagnia.
In quel momento non erano i soliti Ryo e Kaori, gli sweeper, i City Hunter, e nemmeno gli innamorati di sempre che nascondevano i propri sentimenti dietro scuse e gelosie accanite, baruffe, battutacce, litigi esasperanti.
Perché Ryo aveva deciso per entrambi che per loro non c’era futuro insieme, e che la ragazza avrebbe fatto bene a non legarsi a lui e alla vita pericolosa che la obbligava a vivere.
Lui le aveva fatto credere che non si sarebbe accontentato di una donna soltanto, tacendole il vero motivo, e cioè che non voleva dover soffrire nel caso fosse venuta a mancare, vittima del cattivo di turno, e non poteva pensare di perderla.
E benché i loro sentimenti fossero cresciuti a dismisura, e soprattutto quelli della ragazza fossero più che evidenti, Ryo continuava a combatterli con tutto sé stesso.
 
Ma quella serata gli aveva lasciato l’amaro in bocca, perché non si può recitare una parte quando la finzione è più vera del vero, quando si assaggia la felicità e poi bisogna lasciarla andare.
Lui sapeva che quella donna meravigliosa, che l’aveva piacevolmente stupito e stregato, era la sua partner e l’avrebbe riconosciuta fra un milione, anche a occhi chiusi!
Nonostante gli abiti e il trucco, e perfino la parrucca, era innegabilmente lei: il suo profumo inconfondibile, la sua risata cristallina, la sua voce, il suo sguardo innamorato… come poteva ingannarsi?
Ma aveva retto il suo gioco, aveva lasciato a lei la decisione di palesarsi o meno.
Doveva essere un gioco.
Un gioco che si era rivelato pericoloso e con un finale scottante, perché mentre Ryo sedeva al buio nel divano del salotto, aspettando il ritorno della socia, ancora indeciso se farsi trovare lì o filare a letto appena avesse sentito girare la chiave nella toppa, Kaori aveva vagato senza meta per la città tutta la notte.
 
L’Honda della ragazza era rimasta posteggiata davanti all’atelier di Eriko, e quando vi era ritornata aveva constatato, con un moto di stizza, che i suoi vecchi abiti erano rimasti lì dentro e non poteva cambiarsi. Sarebbe dovuta tornare a casa con i vestiti che ancora indossava, e l’ultima cosa che desiderava era di rincasare conciata in quel modo, col rischio di farsi vedere nuovamente dal partner così.
In preda a sentimenti contrastanti, non faceva che chiedersi se fosse più felice di aver passato quella meravigliosa serata con l’uomo di cui era innamorata, o più affranta per non essere stata riconosciuta, e a tutto questo si aggiungeva la gelosia per questa Cenerentola, che aveva ricevuto tutte le attenzioni che normalmente a lei venivano negate.
E la mandava fuori di testa il pensiero di essere gelosa di sé stessa.
Quindi, più per fare chiarezza nella sua mente, che per dare tempo al socio di rifugiarsi in qualche locale a finire quello che aveva cominciato con lei, si era costretta a guidare per la città semideserta.
Ma ormai si stava facendo tardi, e a quel punto si augurò che lui fosse già rientrato, e che dopo una notte di bagordi alcolici, fosse sprofondato nel sonno.
 
Parcheggiando nel garage interno notò subito la Mini del socio, e appena scesa si avvicinò alla macchina, per controllare da quanto tempo fosse ritornato; mise una mano sul cofano per sentire il calore del motore e il metallo freddo le rivelò che l’uomo era in casa già da un po’.
 
Sospirò affranta.
 
In ogni caso la mattina dopo loro due si sarebbero rivisti, e lei giurò a sé stessa che avrebbe comunque fatto finta di niente; sperava solo di mettere più distanza possibile fra quella strana serata, esaltante e penosa insieme, e il mattino di un nuovo, solito giorno.
 
Salì le scale stancamente, scalza, perché aveva i piedi doloranti e soprattutto perché non voleva farsi sentire da Ryo che però, col suo udito fine, nel silenzio della notte, si era accorto comunque di lei.
Lui aveva riconosciuto i rumori familiari della socia e poteva indovinarne tutti i movimenti, e quando sentì la serratura della porta scattare, contrariamente a quello che aveva deciso, non schizzò via, ma rimase paralizzato sul posto, impossibilitato a muoversi.
Provava un improvviso bisogno di vederla, di sapere che stava bene, che era tornata a casa sana e salva, e che ancora una volta era tornata da lui.
Per il resto era come svuotato e non pensava a niente, né aveva in mente cosa le avrebbe detto o cosa avrebbe fatto.
 
La ragazza aveva già deciso di non lasciare nell’anticamera e in bella vista le eleganti calzature di Eriko, per ovvi motivi, e che le avrebbe nascoste in fondo al suo armadio insieme al resto del vestiario; alla prima occasione, avrebbe restituito tutto all’amica.
Ma proprio a causa di quelle scarpe e della borsa, che scomodamente si passava da una mano all’altra, fece un po’ fatica a infilare la chiave e, successivamente, a girare il pomello della porta, e quando improvvisamente la luce del soggiorno si accese, per un secondo fu più grata che stupita.
Il sollievo però durò la frazione di un secondo, perché realizzò subito che solo una persona poteva aver premuto l’interruttore, e cioè l’altro abitante di quell’appartamento.
 
Si guardarono… e il tempo parve fermarsi.
 
Poi Kaori si portò la mano libera alla parrucca, e sfilandosela sospirò; si scompigliò i corti capelli, ravvivandoli; non smise mai di fissare il socio.
Era un po’ come togliersi la maschera.
 
Ryo stava per dire qualcosa quando lei lo prevenne:
 
“Non. Dire. Niente. Ti prego” scandì.
 
Era una richiesta accorata, col tono di chi si aspetta un rimprovero perché ha già capito di aver sbagliato, ma Kaori era altresì esausta e non aveva nessuna voglia di mettersi a discutere in piena notte.
E comunque, se lui non avesse capito che era lei durante la serata, vederla rincasare in quel modo gli aveva tolto ogni dubbio.
 
Si stupì quando lui le rispose:
 
“Come vuoi.”
 
Bene, si disse, e stava già per salire in camera sua, quando la voce di lui la fece trasalire e la bloccò nell’atto di affrontare il primo gradino:
 
“Cenerentola? Hai perso questo.”
 
La ragazza si voltò stupita e anche un po’ contrariata, perché Ryo le aveva appena assicurato che non avrebbe detto niente e invece… poi però lo vide sorreggere qualcosa di luccicante, che subito riconobbe come il suo orecchino.
Istintivamente si portò la mano prima ad un lobo e poi all’altro, e constatò che da uno non penzolava più il piccolo gioiello.
 
Rimase però ancora lì, ai piedi della scala, indecisa sul da farsi, quando Ryo le fece un gesto con la mano che reggeva il pendente, come a dire: “Tieni, vieni a riprenderlo”.
 
Allora si decise a tornare indietro e ad avanzare verso di lui.
Prendendo il prezioso monile con due dita, mormorò un grazie a mezza voce, ma abbassò subito lo sguardo: non sopportava che lui la guardasse in quella maniera.
 
Gli voltò subito le spalle, decisa a scomparire dalla sua vista, ma trasalì nuovamente quando sentì la sua voce, chiara e decisa, fendere quello strano silenzio che regnava fra loro:
 
“Stasera sono uscito con una donna fantastica. Ho passato una serata indimenticabile, non mi era mai successo di divertirmi così tanto con una donna in un modo che non fosse…” lasciò in sospeso la frase, ma il senso era inequivocabile; ridacchiò appena, poi riprese: “Pensa che non siamo andati nemmeno in un love hotel, e non sono riuscito neanche a baciarla” e lei sentì dalla sua voce che stava sorridendo.
 
“Dovresti conoscerla, sai? Sono sicuro che ti piacerebbe, come è piaciuta subito anche a me.”
 
Kaori continuava a dargli le spalle, ma lui vide chiaramente che alle sue parole aveva sussultato leggermente.
Lei lo interruppe dicendo:
 
“Ryo, ti prego, non parliamone più.”
 
Non voleva proseguire su quella linea, e non avrebbe sopportato di essere presa in giro; la sua ironia, o peggio il suo sarcasmo, l’avrebbe distrutta e non aveva la forza necessaria per subire il suo attacco, né di reagire.
Era solo molto stanca.
 
“Non mi dirai che sei gelosa?” provò a scherzare lui, per alleggerire la tensione.
 
Ma Kaori non rispose.
 
In realtà nemmeno Ryo sapeva bene cosa stava dicendo; aveva solo voglia di trattenerla lì con lui, e capiva che, al contrario, Kaori voleva fuggire e rifugiarsi nella sua stanza.
Una parte di lui, però, era veramente intenzionata a farle sapere come e quanto avesse gradito quel loro particolare momento passato insieme, anche se era consapevole che sarebbe comunque rimasta una piacevole parentesi e nulla più.
 
E Kaori, leggendogli nell’anima, si voltò di scatto, sorprendendolo, e guardandolo intensamente gli si rivolse così:
 
“Ti prego, non torturarmi!”
 
Ryo vide nei suoi occhi un profondo scoramento e un dolore così autentico, che fu colpito come da una staffilata in pieno cuore, e perse all’istante quello strano sorriso, che gli era spuntato agli angoli della bocca non appena l’aveva vista rincasare.
 
Stupito, la guardò con espressione indecifrabile; lei allora rincarò la dose:
 
“So a cosa stai pensando… questo è stato solo un gioco, uno scherzo, in cui entrambi abbiamo finto di essere due persone qualsiasi, che s’incontrano per caso e passano del tempo insieme. Abbiamo recitato tutto il tempo. Ma non eravamo noi. Domani riprenderà tutto come al solito… È meglio così, giusto?” chiese infine con amarezza.
Ma lui scosse impercettibilmente la testa.
 
Sapeva perfettamente che la socia aveva ragione, perché lui non poteva permettere che le cose fra loro cambiassero, che il loro rapporto assumesse i toni più dolci e più teneri di una coppia che si ama ed è felice in questo… No, lui aveva deciso diversamente.
Ma gli occhi della partner, traboccanti infelicità, lo inchiodarono sul posto.
Evidentemente, fra i due, quella che ne avrebbe sofferto maggiormente, anzi quella che già ne soffriva di più, sarebbe stata lei.
 
Perché Ryo, che non si decideva a ricambiare i suoi sentimenti, non si decideva nemmeno ad allontanarla da sé, permettendole di vivere una vita diversa, più piena, come quella di una qualsiasi ragazza della sua età.
Quella che per loro sarebbe dovuta essere e restare un evento unico ed eccezionale, per Kaori sarebbe potuta diventare la normalità, se lei lo avesse lasciato e avesse intrapreso una nuova vita lontano da lui. Allora appuntamenti ed uscite con ragazzi innamorati e gentili, come lo era stato lui per la durata di una sera, sarebbero stati all’ordine del giorno e lei sarebbe stata felice.
 
Quanto era egoista lui, nel volerla tenere accanto a sé e ostinandosi a non dedicarle tutto l’amore che si meritava?
 
Si pentì di aver affrontato il discorso con leggerezza: avevano giocato quella sera, ma ora, al riparo delle mura domestiche, il gioco doveva finire ed era meglio dimenticare.
 
Stava quasi per dire che sì, era meglio lasciar perdere, far finta che non fosse successo niente, come aveva suggerito lei, quando prepotentemente e inaspettatamente, un senso di ribellione lo fece dire un:
 
“No!” che stupì lui per primo.
 
Dannazione, ma cosa aveva detto?
E lo stupore si accrebbe quando la ragazza gli chiese:
 
“No cosa?” e i suoi meravigliosi occhi nocciola si dilatarono ancora di più guardandolo con sgomento.
 
Ryo era ancora in tempo per inventare una scusa, farfugliare qualcosa, qualsiasi cosa per spiegare o giustificare quel NO incomprensibile, ma ancora una volta le parole uscirono da sole senza che lui potesse farci niente:
 
“Ho detto no. Non voglio e non posso dimenticare” e prima ancora che Kaori potesse dire alcunché, proseguì, ormai senza freni:
 
“Non posso far finta che non abbia trascorso una serata meravigliosa, con una donna altrettanto meravigliosa come te. Non posso far finta che non mi sia divertito, né che io sia stato bene come non mi succedeva da… da… praticamente mai. E non era merito dei bei vestiti che entrambi indossavamo, dei locali che abbiamo frequentato, né della parte che abbiamo recitato… perché io non ho mai finto né recitato. Sono stato sempre me stesso, di diverso c’è stato solo che ho rispettato la tua voglia di spacciarti per una ragazza di buona famiglia scappata di casa.”
 
“… mi avevi riconosciuta subito…” sussurrò la ragazza, e si sentì vagamente stupida, come se appunto una parrucca e un bel vestito potessero camuffarla in quel modo agli occhi del suo socio, con cui praticamente viveva a stretto contatto da quasi sei anni!
 
Ryo, vedendo che la socia abbassava lo sguardo in preda allo scoramento, addolcì ulteriormente il tono e riprese:
 
“Kaori… certo che ti avevo riconosciuto, come immediatamente ho capito che Eriko aveva organizzato quell’appuntamento per noi. All’inizio, quando ti ho liberato di quell’omuncolo fastidioso che ti aveva sciolto un sonnifero nel drink, volevo rimproverati per la tua dabbenaggine, ma poi eri così bella e affascinante, eri tu ma eri così, così… diversa, che quando non ti sei comportata come al solito, mi sono detto che sarei stato al tuo gioco, qualunque fosse stato. Il resto poi è venuto da sé.”
 
“Perché non mi hai detto niente, allora? Avresti potuto parlare subito… avremmo potuto trascorrere la serata insieme lo stesso, no?”
 
“E tu? Perché non mi hai detto che eri tu? Perché hai voluto prendermi in giro?”
 
“Ma-ma, ma io non volevo farmi beffe di te! Eri così galante, così gentile con me, che ho voluto per una volta essere io la ragazza indifesa che si fa proteggere da te. Anche tu eri sempre tu, ma eri così diverso. Come mi guardavi, come mi parlavi… era bello sentirsi amata e coccolata da te, l’oggetto delle tue premure. Se ti avessi detto che ero io fin dall’inizio, ti saresti comportato lo stesso in quel modo?” gli domandò Kaori, fissandolo intensamente.
 
“Io… io… be’, sì… no… non lo so!” ammise infine Ryo.
 
“Ecco, vedi? Lo sapevo. Senza saperlo ti ho dato la possibilità di far finta che io non fossi il solito maschiaccio che ti sta sempre intorno, quel travestito mezzo uomo che ti ritrovi come partner di lavoro. Certo, il trucco e gli abiti di Eriko ti hanno reso più facile immaginare di essere uscito con una vera donna, piuttosto che con me!”
 
A quelle parole, Ryo sentì stringersi il cuore in una morsa d’acciaio e tacque.
Kaori, convinta di aver messo fine al discorso, tanto più che l’uomo non aveva ribattuto subito alle sue argomentazioni, si voltò nuovamente, decisa più che mai a lasciare la stanza.
 
“Ma io non ho finto!” proruppe Ryo, e stavolta la raggiunse a grandi passi, e la costrinse a voltarsi: voleva che non ci fossero più fraintendimenti, che lei lo guardasse bene negli occhi quando le avrebbe detto ciò che gli premeva.
 
I due erano ormai uno di fronte all’altra, e quando Ryo posò gli occhi su quelli di lei, vide che già le prime lacrime dispettose si stavano affacciando dalle lunghe ciglia; le rivolse allora un sorriso dolcissimo e, alzando una mano timidamente, le deterse una piccola stilla.
 
“Kaori, io non ho finto di essere con un’altra donna che non fossi tu. Te l’ho detto, sapevo benissimo che ero in compagnia di Kaori Makimura, l’unica vera ed inimitabile casinista, generosa, appassionata sweeper, la mia collega, la mia amica, l’altra metà di City Hunter. Anzi, se possibile ti ho apprezzato ancora di più, perché ho scoperto un altro aspetto di te che non conoscevo affatto; quello che proprio io continuamente costringo a non far venir fuori… e per questo ti chiedo scusa.”
 
La ragazza taceva, preda di un caos emotivo che non sembrava destinato a cessare, nonostante, o forse proprio a causa, dei chiarimenti del socio.
 
“Non ho finto di divertirmi, nella sala giochi o in gelateria; in giro per la città mi sentivo un re con al braccio la sua regina; in discoteca è stato così magico quel lento che abbiamo ballato insieme, peccato si fosse staccata quella lampada sul più bello!” e la guardò sornione.
Si riferiva a quando Kaori gli aveva assestato uno dei suoi martelloni, dopo che lui le aveva detto di sentire chiaramente le forme prosperose del suo seno e i fianchi sottili mentre la stringeva.
Lei si era infuriata perché normalmente la rimproverava di avere al contrario il seno piccolo e i fianchi larghi; aveva perso la testa e lo aveva spiaccicato, facendosi quasi scoprire.
Per rimediare Kaori allora gli aveva fatto credere che un faretto si fosse staccato dal soffitto della discoteca e gli fosse finito in testa, per poi trascinarlo via con una scusa.
 
A quell’accenno, anche Kaori finì per ridacchiare; alla fine era stato carino a prendersi la martellata e fingere che invece era stato un incidente.
 
Ripensare a quell’episodio tragicomico spezzò la tensione che si era venuta a creare fra i due, Ryo allora la prese per le spalle e sempre sorridendole continuò:
 
“Quando ti ho detto di volerti portare al love hotel, lo ammetto, volevo divertirmi alle tue spalle, perché ero sicuro che non ci saresti mai venuta, che avresti trovato una scusa… volevo metterti in imbarazzo, anche se, pensandoci, se avessi accettato mi avresti fatto felice!”
 
“Ryo!!!” esclamò Kaori, arrossendo come un peperone maturo.
 
“E va bene, scherzavo… forse” e le fece l’occhiolino, poi però tornò serio e guardandola intensamente, proseguì:
 
“E non fingevo nemmeno quando ho provato a baciarti…” e le lanciò uno sguardo di fuoco, che incendiò il volto già in fiamme della ragazza, la quale, nonostante tutto, non abbassò gli occhi.
 
“Ma Cenerentola non c’è più, è salpata con la nave di mezzanotte” disse Kaori.
 
“Lo so, ma io voglio Kaori, io voglio… te” e si chinò a sfiorarle appena le labbra con un bacio leggero, quasi aereo.
Sembrava chiederle il permesso di poter osare tanto.
 
Lei socchiuse per un attimo gli occhi e le parve di sognare, poi sorrise felice e fissandolo intensamente, e annegando in quel nero sguardo innamorato, lo provocò dicendo:
 
“Ehi, ma non lo sai che quando ci si bacia bisogna chiudere gli occhi?” e gli regalò un sorriso canzonatorio e divertito, a cui lui rispose a sua volta, con un altro altrettanto divertito e malizioso, che spinse la ragazza ad appropriarsi di quel sorriso e di quelle labbra, e subito lo baciò con passione.
 
Ma ora, al sicuro nell’accogliente tepore della loro casa, non ci sono sirene di navi a disturbare questo incontro di anime, a mettere fine ad un magnifico, per quanto effimero incantesimo, ci sono solo due persone che si amano e che finalmente hanno deciso di lasciarsi andare al sentimento che, tenace, li unisce da tempo.
Senza maschere, senza finzioni, soltanto Ryo e Kaori e nulla più.
   
 
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