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Autore: Aagainst    27/11/2020    2 recensioni
Dal sesto capitolo:
“ La mia testa mi ordina di restare con lei, ma io voglio uscire. Voglio liberarmi di queste catene. Voglio seguire questa melodia. Eliza mi sta chiedendo di lottare per la mia libertà. Io non ne sono in grado. Io sono una schiava e non so come si combatte per riconquistare la propria vita. Eppure, voglio seguire questa promessa. Per la prima volta in due mesi, voglio fidarmi.”
Sono due mesi che Alycia non esce di casa. Due mesi che lotta contro qualcosa di traumatico che le ha devastato la vita. Riuscirà Eliza a riportarla in vita e ad aiutarla ad affrontare il dolore che la trascina, ogni giorno, sempre più a fondo?
[Eliza Taylor x Alycia Debnam-Carey]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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10.

 

Why do these shadows follow me
Whispering at me when I face myself?
[...]
Cold and alone with these
Scars that I'm hiding
(From Ashes To New feat. Anders Fridén-Scars That I’m Hiding)

 

Alycia POV

 

«Mi devi millecinquecento dollari tondi tondi, avanti.»
«Ma Linz, non li ho!» protesto animatamente.
«Allora ipotechi.». Sbuffo. Non sono mai stata brava a giocare a Monopoly, maledizione. Ipoteco alcuni dei miei alberghi, amareggiata. Eliza ride, divertita da quella scena. Lindsey non l’ho mai vista più competitiva di così.
«Non puoi farmi uno sconto?» provo a trattare. Lei mi fulmina con lo sguardo.
«Linz, dai, hai praticamente tutti i soldi che ci sono nella confezione.» cerca di farla ragionare Eliza.
«Nessuna pietà.» risponde Lindsey, secca. La squadriamo, sorprese da quell’atteggiamento. Diamo un’occhiata ai nostri averi. Direi che abbiamo perso.
«Ho vintoooo!» esulta la nostra amica, lanciando soldi finti per aria. Scoppiamo a ridere e per poco non prendo un colpo. Non mi lasciavo andare ad una risata da tanto, tantissimo tempo. Sono quasi spaventata. È come se non sapessi più cosa significhi ridere, essere spensierati, privi di ansia e fatica anche se solo per cinque minuti.
«Ehi, va tutto bene.» mi rassicura Eliza. I suoi occhi azzurri mi guidano, mi riportano alla calma. È come se sapessi che di lei io posso fidarmi. Eliza mi promette la possibilità di una serenità incondizionata e, non so come sia possibile, io ci credo. Inspiro ed espiro, ripetutamente. Mi sento meglio. La testa mi lascia andare e mi beo di quell’ora d’aria.
«Direi che è arrivato il momento di preparare la cena. Aly, la doccia la fai subito o più tardi?» mi chiede Lindsey, distogliendomi dai miei pensieri.
«Io... Ora.» rispondo.
«Cucino io!» si propone Eliza. Mi aiuta ad alzarmi, tendendomi la mano. Nelle ultime settimane, il mio rapporto con il contatto fisico è migliorato. Eliza e Lindsey non riescono ancora ad abbracciarmi, ma una mano sulla spalla o sulla guancia sono in grado di tollerarla. Ormai la mia mente non le concepisce più come una minaccia, ma come figure amiche. Accetto l’aiuto e afferro la mano di Eliza. Rabbrividisco al contatto fra le nostre dita. Non provo a scostarmi, non si tratta di paura o ansia. Al contrario, vorrei non interrompere mai questa stretta. Le sue iridi azzurre mi penetrano, mi sconquassano il cervello. Non capisco cosa mi stia succedendo.
«Aly, andiamo?». Maledizione a te Lindsey, non ora. O, forse, dovrei ringraziarla, non ne ho idea. Vedo Eliza allontanarsi, come se si fosse scottata. Sospira. Sembra combattuta, non capisco perché. Non ho il tempo per riflettere oltre, Lindsey mi prende per mano e mi accompagna in bagno.
«Io resto qua fuori, in caso tu abbia bisogno.» asserisce, mentre chiude la porta. Resto da sola e comincio a spogliarmi. Lo specchio di fronte a me mi rinfaccia i miei dolori e le mie ferite. Una grossa cicatrice attraversa il mio ventre, fermandosi appena prima dell’ombelico. Odio il mio corpo. Detesto questo specchio. Le lacrime cominciano ad appannarmi la vista. Provo a scacciarle con la mano, inutilmente. Faccio per entrare nella doccia, ma scivolo e cado rovinosamente per terra. Subito la porta si apre e Lindsey si precipita ad aiutarmi.
«Aly, stai bene?» mi chiede, preoccupata. Una smorfia di dolore si stampa sul mio viso. Mi giro a pancia in su e faccio leva sulle braccia per alzarmi. Solo quando vedo la faccia inorridita di Lindsey realizzo cos’è successo. Afferro immediatamente l’accappatoio e cerco di coprirmi il ventre, ma è troppo tardi. Non volevo che lo scoprisse così.
«Ti prego, non dirlo ad Eliza.» supplico. Lindsey non risponde. Fissa la mia cicatrice, la bocca aperta e gli occhi scuri carichi di orrore. Non verso il mio corpo, ma verso quella cicatrice. Verso il suo significato. Stringe i pugni.
«Linz...» mormoro.
«Chi è stato?»
«Ti prego...» piagnucolo. Voglio che la smetta, che mi aiuti ad alzarmi e che faccia finta di nulla.
«Aly, chi diamine è stato?» insiste lei. Si accuccia alla mia altezza e mi guarda teneramente. Mi copre con l’accappatoio e attende una risposta che, però, non arriva. Comincio a respirare affannosamente. Non voglio ricordare. Non voglio rivivere quella notte. Non ce la faccio, non sono abbastanza forte.
«No! Vai via!» urlo. Non mi sto rivolgendo a Lindsey, ma lei non può saperlo. Si alza di scatto e indietreggia, spaventata. Mi guarda, ma io non la vedo. I miei occhi non la riconoscono. Vedono solo lui. Le mie orecchie non la sentono. Percepiscono solo lui. Ho paura. Mi schiaccio al muro e mi copro il volto con le mani. Tremo.
«Ti prego, no.» imploro.
Sento due mani afferrarmi delicatamente i polsi.
«Aly, sono io. Sono Linz.». Alzo lo sguardo.
«Lindsey...»
«Sì, sono Lindsey.» conferma lei. Ha le lacrime agli occhi e un sorriso accogliente. Mi carezza una guancia, prestando attenzione a non fare movimenti troppo bruschi. Riacquisto un po’ di lucidità e scoppio in un pianto liberatorio.
«Scusa.» mormoro.
«Non devi scusarti, Aly. Non tu.». Mi irrigidisco. Non so cosa rispondere.
«Io...»
«No, hai ragione, non dovevo insistere.» prova a tranquillizzarmi. Chino il capo. Non so bene cosa devo fare. Parlare? Confessare la verità? Non la conosco nemmeno io.
«Non so chi sia stato.» dico, tutto d’un fiato. Lindsey si morde il labbro. Vorrebbe saperne di più, è comprensibile. Mi vuole bene ed è preoccupata per me. Prendo un bel respiro.
«Quando penso a lui, vedo solo un’immagine nera, un’ombra che mi assale e mi copre completamente. Ricordo solo la sua voce. Quella risata... È stato orribile.». Scoppio a piangere di nuovo. Lindsey si siede accanto a me. Mi posa una mano sulla spalla. Sa che oltre non riuscirei a sopportare. Vorrei raccontarle anche il resto, ma lei mi ferma. È conscia del fatto che crollerei definitivamente.
«Non serve che tu mi racconti altro, Aly. Non so... Non so cosa dire, se non che io ci sono. Puoi contare su di me per qualsiasi cosa. Te lo giuro.». La ringrazio con lo sguardo.
«Ti prego, non dirlo ad Eliza.» le ripeto. Lindsey sospira.
«Perché?» mi chiede. Non c’è pressione nella sua voce, solo onesta voglia di capire meglio cosa mi passa per la testa. Mi osserva mentre mi torturo le mani, indecisa se spiegarmi meglio oppure no.
«Io... Non voglio diventare questo.» sussurro. Lindsey mi accarezza una guancia.
«Non lo sarai mai, Aly. Né per lei, né per me. La decisione è tua, ma sappi che su di noi puoi sempre contare. Parlo per me, ma sono sicura che Eliza la penserebbe allo stesso modo. Tu sei e resti Alycia Jasmine Debnam-Carey, nient’altro. Non sei quello che ti hanno fatto, non pensarlo nemmeno.». Vorrei crederlo. Forse il problema è un altro. Forse il punto è che io stessa non faccio altro che concepirmi come il male che mi è stato fatto. Non sono pronta per scoprire se Lindsey dica la verità o meno. Non posso permettermelo adesso.
«Non ora Linz. Non riesco.». Tra noi cala il silenzio. Decido di alzarmi e farmi questa tanto agognata doccia.
«Promettimi che ci penserai. Non devi dirglielo adesso, ma credo che potrebbe farti bene aprirti un po’.» asserisce Lindsey. Annuisco, non troppo convinta. Mi rivolge un ultimo sorriso ed esce dal bagno, lasciandomi sola tra mille dubbi e ricordi.



Angolo dell'autrice

Non so come commentare bene questo capitolo, ho paura di scrivere parole fuori luogo. Forse potrei partire proprio dalla canzone che ho scelto. "Why do these shadows follow me/Whispering at me when I face myself?". C'è un male che va oltre quello fisico. Un dolore che si insinua nelle pieghe più profonde dell'animo umano e che ci rompe, ci annichilisce, ci spinge a diventare un tutt'uno con esso. "Non voglio diventare questo" dice Aly ed è vero. Chi mai vorrebbe essere guardato solo per la propria sofferenza? E il problema è che, alla fine, siamo proprio noi i primi a considerarci in questo modo. 
Scrivere questo capitolo non è stato facile, per molti motivi. Voglio che, però, emerga una cosa. In mezzo a tutto questo dolore, a tutti questi ricordi terribili, al panico, alle cicatrici, Alycia non è sola, non più. Non ne è ancora cosciente del tutto (più avanti potrà affermarlo lei stessa, invece), ma c'è chi le sta accanto e non solo in senso fisico. È l'augurio che vi faccio, di non essere mai soli, anche se non ve ne accorgete.
Grazie per le recensioni allo scorso capitolo, leggere le vostre impressioni mi fa sempre piacere. Se vi va, lasciate pure un commento anche qui, non mordo.
A martedì!
   
 
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