Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    30/11/2020    5 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

22

Non si era mai sentito tanto nervoso, nemmeno quando l'aveva rincontrata a sorpresa a quella festa che doveva essere pura noia e si era invece trasformata in luminosa rinascita, e si era dovuto fare coraggio per invitarla a uscire, rischiando un secondo, epico rifiuto, perché l'ipotesi di lasciarsela sfuggire di nuovo non era contemplabile.
Ma questa volta era diverso. Non si trattava di loro due soltanto, ma di un bambino a cui teneva al punto da starsene pigiato in una poltrona scomoda nello studio della psicologa che Kate aveva contattato perché desse loro un parere sulla situazione che stavano vivendo e a malapena gestendo.

Come sempre succedeva quando si metteva in testa qualcosa, Kate non aveva esitato ad agire. Non gli era chiaro come avesse convinto Josh ad accordare il suo consenso, ma era riuscita a ottenerlo, e visto che non gli erano pervenute notizie di litigi tra ex finiti in tragedia, supponeva che non dovesse essere scorso troppo sangue, quando si erano visti per parlarne.
Una sera era semplicemente tornata a casa e, senza mostrare nessuna emozione che potesse fargli intuire che tipo di strumenti persuasivi avesse messo in campo, gli aveva comunicato la data dell'appuntamento, fissato per qualche giorno più tardi, chiedendogli se fosse sempre dell'idea di partecipare. Naturalmente, aveva risposto. Perché non avrebbe dovuto?
Ma ora iniziava a credere di essere stato troppo ottimista e di aver sovrastimato i propri mezzi perché gli pareva di essere in attesa di una sentenza di morte o di una grazia dell'ultimo minuto.

Era solo di un incontro informale, niente per cui essere nervosi, aveva specificato Mireille, la psicologa, quando li aveva accolti sorridente sulla soglia del suo studio, presentandosi a Tommy prima ancora che a loro.
Aveva apprezzato l'intento amichevole, ma non era bastato a cancellare in lui la sensazione di stare per essere sottoposto a un rigoroso scrutinio che non sarebbe necessariamente sfociato in un esito a lui favorevole. Se avesse dato retta al proprio istinto sarebbe fuggito, non c'era un modo più coraggioso di dirlo. Per questo aveva preferito rispondere a monosillabi quando Mireille aveva illustrato quello che sarebbe successo nell'ora che avrebbe loro dedicato.
Lui e Kate avevano preparato Tommy per l'evento senza caricare di troppa enfasi quella che, gli avevano spiegato, sarebbe stata solo una chiacchierata con una signora molto gentile che voleva conoscerlo. Il bambino aveva scrollato le spalle ed era tornato a dedicarsi alle attività da cui lo avevano strappato - per lui non si era trattato di niente di più che un'eventualità astratta in un futuro indefinito.
Si era invece fatto più vivace quando, una volta superato l'ingresso, si era accorto dei giocattoli stipati in un'area ad essi dedicata e distribuiti in modo tale da stuzzicare inevitabilmente l'attenzione di un bambino. Anche la sua, se non fosse stato tanto guardingo.
Mireille aveva preso Tommy per mano con naturalezza e gli aveva chiesto se avesse voglia di dare un'occhiata più da vicino a qualcuno di quegli oggetti.
Lui e Kate si erano sorpresi a lanciarsi un'occhiata incerta da sopra la testa di Tommy, in cerca di una mutua rassicurazione, e l'avevano lasciato andare senza intervenire. Doveva sentirsi a suo agio, visto che non si era mai voltato a controllare dove fossero.

A quanto pareva, dopo che era stato rotto il ghiaccio con il membro più giovane della famiglia, toccava a lui essere messo sotto torchio. Mireille si era espressa in modo molto meno persecutorio, ma la sua sensazione era proprio quella di trovarsi al cospetto della migliore detective della città – ora capitana – determinata a strappargli una confessione con il solo ausilio della sua formidabile personalità.
Mireille aveva un'aura molto meno temibile – doveva riconoscerle vibrazioni più pacifiche -, ma il suo disagio era ormai cresciuto fino a raggiungere livelli che faticava a spiegarsi. C'era troppo in ballo e quando si trattava di Tommy non era mai sicuro di niente. Scrollò il polso per allentare la stretta fastidiosa dell'orologio e accavallò le gambe, troppo agitato per rimanere fermo e incapace di proiettare quell'immagine di sicurezza che aveva sempre riscosso molto successo, anche quando era solo una posa.

"Che cosa teme del nostro incontro, signor Castle?"
"Mi chiami Rick", rispose in automatico con uno dei suoi migliori sorrisi, ma colpito dal fatto di essere così facilmente leggibile da un essere umano con il quale non aveva quasi interagito.
La donna non reagì, segno che non avrebbe accettato nessun tentativo di diversione, soprattutto se di tipo galante. A sua discolpa, era stato preso alla sprovvista da un incipit tanto diretto, si era aspettato almeno qualche minuto di convenevoli prima di essere messo alle strette. Visto che nessuno pensò di correre in suo aiuto riempiendo quel silenzio sempre più sgradevole, fu costretto - suo malgrado e con le armi spuntate - a concentrarsi sull'insolito interrogativo che gli era stato posto.

"Che cosa può dirci di Tommy?"
All'ultimo non ce l'aveva fatta, preferendo cambiare argomento. Non era solo un ultimo, disperato tentativo di spostare l'attenzione da lui per riportarla su un bersaglio neutro. Era Tommy il vero motivo per cui erano lì, si era aspettato quindi che avrebbero parlato del suo stato d'animo, dei suoi strani comportamenti e di come intervenire per farlo stare meglio.
Dall'insolita scenata che aveva dovuto gestire da solo le cose non erano migliorate, avevano anzi seguito un'inarrestabile parabola discendente. Tommy era spesso irritabile e scattava per poco, nonostante lui e Kate cercassero in ogni modo di rasserenarlo, con risultati deludenti che avevano iniziato a scoraggiarli.
Gli pareva il minimo che la donna, come prima cosa, condividesse con loro una valutazione professionale o almeno la sua semplice opinione su quello che aveva colto nel bambino, anche se erano stati insieme per poco. Non erano lì per psicanalizzare lui, che era anzi convinto sarebbe rimasto più defilato.

Mireille gli concesse un breve sorriso. "Per il momento vorrei parlare di lei, non di Tommy".
Era evidente che non aveva nessuna intenzione di rendergli le cose più facili o di occuparsi di altro che non fossero i suoi meccanismi psicologici, anche se non ne capiva il motivo. Onestamente, non sapeva nemmeno in che termini si aspettava che rispondesse alla sua domanda. Non aveva idea di quanto sapesse della loro situazione o che cosa Kate le avesse raccontato quando aveva chiamato per fissare l'appuntamento e quindi non gli era chiaro perché la donna si stesse ostinando a voler frugare nella sua psiche. Era un approccio professionalmente corretto? Avrebbe potuto fare un reclamo? Non credeva che fosse normale essere costretto a mettersi a nudo senza preavviso.

Chiuse gli occhi per un istante e si buttò.
"Ho paura che mi dica che devo allontanarmi da Tommy, per il suo bene".
Volevano la verità? Eccola in tutto il suo umiliante splendore.
Kate reagì con stupore alla sua schietta affermazione e gli agguantò una mano stringendola convulsamente, mentre la psicologa rimase imperturbabile.
"Perché crede che sia un'opzione possibile? Da quel che ho visto e che mi è stato riferito, lei e Tommy avete un ottimo rapporto. Non c'è nessun motivo per credere che lei rappresenti un pericolo per il bambino al punto da doverne essere allontanato", rispose Mireille scrutandolo con attenzione. Doveva essere felice che lui le avesse offerto parti di se stesso su cui banchettare spietatamente.
La realtà era un po' meno semplice di come Mireille voleva farla apparire e lei doveva saperlo benissimo. Era ovvio che non credeva di essere un pericolo per Tommy, il punto non era quello. Di nuovo, però, era convinto che non fosse giusto sprecare un'occasione importante concentrandosi su di lui e non su Tommy, ma non aveva nessun appiglio per rifiutarsi di farlo, a meno di non improvvisare una scenata, che sarebbe comunque stata esaminata e avrebbe portato ad altre scomode domande.

"Mi sembra ovvio. Perché non sono suo padre".
Era stato troppo brusco, ma nessuno parve esserne offeso. In più, non aveva offerto nessun contribuito chiarificatore alla conversazione – anzi, aveva solo peggiorato le cose, ingarbugliandole. Era caduto in una specie di trappola psicologica tesa con il solo fine di confonderlo?
"Crede di non essere una figura positiva per Tommy solo perché non è il padre biologico?"
Sospettò che la scelta di fingere di non cogliere il significato più profondo delle sue parole – che era invece certo avesse compreso -, attenendosi invece a quello letterale, celasse il preciso intento di obbligarlo a riformulare le frasi in modo più autentico, perché la smettesse di giocare a nascondino con i suoi stessi sentimenti.

Decise di soffocare le spinte alla ribellione, che si erano fatte sempre più rumorose dentro la sua testa, e di mostrarsi collaborativo.
"No, non si tratta di questo", iniziò assumendo un tono conciliante, che sperò venisse apprezzato. "Ovviamente non credo che la mia presenza possa danneggiare Tommy. Se così fosse mi sarei già allontanato volontariamente". Era importante sottolinearlo. Tommy stava bene con lui, che dal canto suo monitorava sempre con prudenza ogni aspetto del loro rapporto.
"Il fatto è che Tommy ha un padre in carne e ossa, non so quanto sia...", lanciò un'occhiata a Kate, quasi scusandosi in anticipo per quello che stava per dire. "Non so quanto sia lecito che io occupi un ruolo che non mi spetta di diritto, ecco tutto. Non è una specie di... usurpazione nei suoi confronti? Sarebbe diverso se suo padre fosse morto o assente".
Non si prese la briga di illustrare le complesse dinamiche della loro famiglia, ma Mireille non parve sorpresa che il nome di Josh fosse saltato fuori tanto in fretta e senza alcun collegamento logico, Kate doveva averle dato un quadro esaustivo della loro situazione.

"Ne abbiamo già parlato, Castle. È Tommy ad aver chiesto spontaneamente che tu fossi un padre per lui, non stai usurpando proprio niente", intervenne Kate in preda a una lieve ansia, guardando lui e Mireille alternativamente, come se si aspettasse dalla donna una qualche forma di supporto, che però non venne. Rimase silenziosa a fissarli per qualche istante e poi ripartì all'attacco con la solita flemma che nascondeva una determinazione ferrea nell'andare fino in fondo.
"Il problema è che trova troppo gravosa la richiesta di Tommy, Rick? So che lei e Kate vi frequentate da poco..."
Inorridì quando si rese conto di quello che la donna stava sottintendendo, l'equivoco che lui stesso aveva generato. Eppure si era sempre considerato un oratore molto dotato.
"No, certo che no", protestò vivamente. Si voltò verso Kate, agitato. "Adoro quel ragazzino, lo sai. Farei di tutto per renderlo felice e non c'è niente che voglia di più che essere un padre per lui".

Avrebbe voluto scuoterla per convincerla della sua assoluta buona fede e si trattenne a stento dal farlo. Non era abituato a confrontarsi con un'estranea in modo tanto aperto su emozioni e dinamiche interiori che non aveva ancora processato da solo. "Ma nonostante io reputi Josh il peggiore degli uomini, anche se so che dovrei esprimermi in modo più politicamente corretto, rimane il fatto che è legittimamente suo padre e fa parte della sua vita". Alzò le spalle. "Non possiamo fingere che non sia così. Non sarebbe... etico".
Mireille annuì, comprensiva. Finalmente gli pareva di essere riuscito a comunicare quello che voleva dire fin dall'inizio e questo lo rilassò e lo incoraggiò a proseguire.
"Gli voglio molto bene, come spero abbia potuto notare, e sarei più che lieto di offrirgli quello che non ha mai avuto, ma temo di confonderlo occupando spazi che non mi competono e quindi sì, arrivando a fargli del male, pur con le migliori intenzioni".

"E di lei cosa mi dice, Rick? Che cosa prova in questa situazione?"
Perché diamine si arrivava sempre a dover frugare dentro di lui?
"Ho paura di non essere all'altezza e di deluderlo. Non potrei mai perdonarmi di essere un'altra figura maschile negativa. E non ho diritti, quindi... temo che ci sia sempre qualcosa o qualcuno che me lo porti via", concluse con un groppo in gola.
Dovette aggrapparsi ai braccioli della poltrona per impedirsi fisicamente di alzarsi e correre fuori. Non si era mai sentito tanto esposto in tutta la sua vita ed era la peggiore delle sensazioni, la più spaventosa. "Ma non siamo venuti qui a parlare di me e dei miei sentimenti", concluse irritato con nessuno in particolare.
"I suoi sentimenti sono importanti, Rick, così come lo sono quelli di tutte le persone coinvolte. E si esprima nel modo che preferisce riguardo a chiunque, questo è uno spazio protetto".
Questo significava che poteva passare agli insulti coloriti, e suggerire che a Josh dovesse essere tolto ogni diritto paterno e insieme anche la cittadinanza americana, tanto per andare sul sicuro? Sarebbe stato un sollievo non dover sempre reprimere tutto per non apparire vendicativo e pieno di livore.

Mireille si rivolse a Kate. "Vuole aggiungere qualcosa?"
"Rick è la cosa migliore che sia capitata a Tommy. E a me". Lo fissò a lungo negli occhi, come se volesse infondergli a forza le sue stesse certezze. Vi lesse inoltre una robusta dose di amore e la promessa che sarebbe passata personalmente sul cadavere di chiunque avesse tentato di portargli via Tommy, o almeno così gli parve. Conosceva quel cipiglio. Le fu grato per quell'iniezione di muto conforto di cui aveva urgente bisogno. "Io non ho nessun dubbio sulle sue capacità di poter essere una figura paterna per mio figlio o qualunque bambino al mondo, anche se sono felice di averlo tutto per noi".
Gli rivolse un sorriso sfrontato che non mostrava alcun dispiacere per tutti gli altri infanti appena nominati che non avrebbero beneficiato della sua benevola presenza paterna, perché erano lei e Tommy a essersela accaparrata. Gli venne da ridere, ma si astenne. Sospettava che fosse un altro modo per ignorare il nodo aggrovigliato che gli pulsava al centro del petto.

Mireille si schiarì la voce. "Bene", congiunse le mani sopra la scrivania. "Vorrei fare una premessa, prima di esprimere un'opinione più articolata", disse assumendo un tono formale che li fece scattare come soldatini sulle loro poltroncine in pelle. Fu decisamente sollevato di sapere che l'interrogatorio emotivo che lo riguardava era terminato.
"Voglio rassicurarla che quello che prova, Rick, non è affatto strano. La sua posizione nelle dinamiche familiari, che tecnicamente viene definita come terzo genitore, non è mai semplice. I suoi dubbi sono più che naturali".
Non aveva mai sentito quella definizione. Terzo genitore? Gli era difficile considerarsi tale.
"Ma per come mi è stata esposta, ritengo che la vostra situazione abbia degli elementi importanti che dovreste tenere in considerazione. Lei in questo momento è l'unica figura di riferimento e Tommy, a quattro anni, è abbastanza piccolo da poter creare con lei un rapporto filiale, e non uno genericamente amichevole. Kate ha ragione nel considerare fondamentale il fatto che sia stato il bambino a suggerire che lei fosse suo padre. Sarebbe sbagliato imporlo o aspettarselo di diritto, ma mi pare che nessuno di voi lo abbia fatto".
"Non ci saremmo mai permessi...", si agitò, in preda all'assurdo impulso di volerle fare la miglior impressione possibile e, soprattutto, allontanare da sé ogni sospetto di involontaria insistenza su una mente ancora impressionabile come quella di Tommy. Era semplicemente successo. Voleva essere suo padre, ma non avrebbe mai preteso di esserlo, una distinzione su cui riteneva fondamentale che tutti convenissero.

"Mi sento però di far presente che io non sono la sua unica figura di riferimento maschile, come lei sostiene". Perché toccava sempre a lui dover ricordare che Tommy aveva entrambi i genitori? Gli sembrava di essere diventato il portavoce di Josh, una specie di garante dei suoi diritti paterni, che lui per primo gli avrebbe tolto senza tante remore, se non fossero vissuti in una società che veniva considerata civile.
"Ha ragione, il padre biologico esiste. Ma è lei a essere presente in modo costante nella vita del bambino, a occuparsi in concreto dei suoi bisogni primari e a fornire ascolto, attenzione, accudimento. Oltre a Kate, naturalmente".
Anche Kate aveva più volte sostenuto, nelle loro conversazioni domestiche, una posizione molto simile, tentando di convincerlo di come lui fosse una figura attiva e ben radicata nella vita di Tommy, mentre il padre era sempre stato una nozione sfumata e priva di contorni definiti, ma si accorse di aver sempre faticato a crederle, opponendo una sorta di pudore. Forse Kate era più brava di lui a capire le dinamiche umane e nello specifico quelle infantili, o forse era merito dello straordinario intuito materno che le faceva comprendere Tommy a un livello superiore al suo. Oppure era lui a essersi mostrato ottuso e lei li aveva trascinati tutti dalla psicologa perché una voce autorevole lo convincesse di come stavano le cose in una realtà che lui si ostinava a non vedere.

Si voltò a guardarla, dispiaciuto per non aver capito e frastornato da tutte quelle crescenti rivelazioni, che riguardavano principalmente se stesso.
"Odio fare l'avvocato del diavolo, ma dobbiamo tenere in considerazione un altro punto, che credo sia fondamentale. Josh ha da poco deciso di far parte della vita di suo figlio a tutti gli effetti, non è più la figura assente del passato. Ha perfino rinunciato alle sue opere benefiche per trasferirsi in città e vederlo di più".
Josh avrebbe dovuto pagarlo, e non poco. Non avrebbe mai trovato un difensore più zelante di lui.
"Dovrà comunque costruire con Tommy un rapporto partendo da zero, perché finora non lo ha fatto. Nonostante le sue ottime intenzioni e ipotizzando la sua totale buona fede – che ci auguriamo porti a una relazione soddisfacente per Tommy- non possiamo prevedere il futuro. Noi abbiamo il dovere di attenerci ai fatti, il resto sono solo ipotesi. Uno di questi fatti ci dice che il padre biologico ha certamente dei diritti giuridici che non sta a me definire, ma non gli garantisce nessun privilegio relazionale. Nessun rapporto è scontato o può essere imposto, tutti necessitano di tempo, cura e impegno. Mentre Tommy, d'altra parte, ha già dimostrato senza esitazione di affidarsi a lei come un referente principale, riconoscendo chiaramente il suo ruolo paterno".
"In che modo?"
Come faceva a sapere tutte quelle cose? Viveva per caso con loro? Li aveva spiati?
"È con lei che si è sentito abbastanza al sicuro da esternare le proprie emozioni dopo l'incontro negativo con il padre, evento che lo ha notevolmente turbato. Ha dimostrato di fidarsi abbastanza da lei da esprimere senza remore le sue paure, la sua rabbia e lo spavento subito. Capisco che dal suo punto di vista sia stato un comportamento spiazzante, ma è un gesto che considero molto indicativo della salute del vostro rapporto".

Kate gli sorrise dolcemente. Era sbigottito. Non sarebbe mai stato in grado di valutare quell'episodio sotto una luce meno che catastrofica, era stato troppo preso ad addossarsene ogni responsabilità, colpevolizzandosi per la pessima gestione di quell'improvviso deragliamento che nascondeva una richiesta di aiuto – quella era l'unica parte che aveva saputo leggere nel modo giusto.
Si sentì incredibilmente sollevato. Era felice che Tommy si fosse sentito tanto a suo agio con lui da usarlo come contenitore per sfogare le emozioni che aveva in precedenza represso. Era proprio quello che avrebbe voluto essere per lui, un solido punto di riferimento, qualcuno a cui rivolgersi per ogni genere di problema, in grado di consolare, aiutare, sostenere. E quando era accaduto, non se ne era nemmeno accorto.

"Quindi, la strada dell'amico speciale..."
Quella donna doveva avere una memoria sovrumana per i particolari di cui era messa a conoscenza. "Non è formalmente scorretta, anzi, è quello che consigliamo di solito per evitare di creare contrasti. Nel vostro caso, tuttavia, non c'è nessun motivo per non rassicurare Tommy sul ruolo che ha nella sua vita. Mi spingo a suggerire che ha bisogno di maggiori certezze da parte sua".
E lui non gliele aveva date, realizzò vergognandosene. Si dimenò, desideroso di concludere il colloquio, troppo irrequieto per rimanere ad ascoltare il resto. Voleva andare da Tommy, abbracciarlo, promettergli che avrebbe potuto sempre contare su di lui in qualsiasi guaio si sarebbe cacciato, anche i peggiori, quelli che non avrebbe confessato a sua madre. Lui ci sarebbe stato. Sempre.

"Direi che per oggi abbiamo finito". La psicologa doveva avere letto i segnali che il suo corpo stava mandando in modo poco sommesso. Si alzò in fretta, mormorando un saluto e sperando che bastasse un sorriso cortese da parte sua per chiudere la seduta senza apparire maleducato.
Si precipitò fuori dalla porta senza aspettare Kate, che rimase indietro a parlare con Mireille, e si recò nella saletta dove Tommy era rimasto a giocare, debitamente sorvegliato.
Tommy non si accorse del suo arrivo, impegnato ad allineare dei mattoncini colorati con i quali aveva costruito una torre talmente alta da sfidare le leggi della fisica.
Si fermò sulla soglia, non volendo interrompere un'attività che, per quanto ne sapeva, poteva essere un altro test di cui non era a conoscenza e che si sarebbe concluso con qualche altra domanda scomoda che gli sarebbe stata posta con una lampada puntata negli occhi, relegato in uno stanzino umido. Meglio non farsi notare.

Quando infine lo vide, il faccino di Tommy si illuminò. Abbandonò la torre, che crollò rovinosamente a terra, e gli corse incontro. Castle si abbassò e aprì le braccia d'istinto. Tommy si lanciò ridendo verso di lui, che lo prese al volo.
In preda all'eccitazione, il bambino gli fece un'accurata descrizione su come avesse trascorso il tempo in loro assenza, un lungo monologo reso frenetico e sconclusionato dall'urgenza di metterlo al corrente di ogni evento successo e inframmezzato da qualche Papà Rick lasciato cadere in maniera casuale.

Si godette l'intero discorso. Ora che aveva ricevuto il beneplacito del mondo accademico, le cose sarebbero state molto diverse. Avrebbe avuto cura di ogni istante trascorso insieme, finalmente libero di comportarsi in modo meno controllato, senza dover ponderare ogni azione, con il costante timore di risultare inopportuno o, peggio, invadente.
Gli diede un bacio con lo schiocco sulla fronte, spettinandolo. Tommy si divincolò, proprio come faceva sua madre quando la interrompeva nel bel mezzo di un discorso perché non riusciva a starle lontano. "Non mi piacciono i baci", lo rimproverò con aria indignata. "Sono grande. Vieni a vedere la mia torre altissima".
Purtroppo non ne rimaneva alcuna traccia, ma Tommy, senza farsi abbattere, gli illustrò con molta precisione le potenzialità architettoniche del materiale che aveva avuto a disposizione e che ormai giaceva sul pavimento. Castle venne contagiato dal suo entusiasmo – succedeva sempre – fino al punto da esporsi con un progetto di più ampio respiro, da realizzare insieme.

"Perché non passiamo al negozio di giocattoli per comprare altre costruzioni? Sono sicuro che ne avranno moltissime e noi le prenderemo tutte. Potremo anche aggiungere una ferrovia e qualche pista per le automobili". Perché non anche un osservatorio astronomico, una portaerei e una base missilistica? Non c'erano limiti alle sue idee, ora che avevano un'intera vita davanti come padre e figlio.
L'eccitazione di Tommy crebbe per allinearsi alla sua, entrambe molto vicine all'esplosione. Avrebbero visto l'alba di un nuovo mondo in miniatura nel salotto del loft, prima di esportarlo verso pianeti lontani.
Un discreto colpo di tosse annunciò la presenza di Kate alle loro spalle. Non l'aveva sentita arrivare.
"Mi spiace distruggere i vostri sogni di gloria, ma credo dobbiate rivedere i vostri progetti. Non ci riempiremo di altre costruzioni, oltre quelle che sono già in nostro possesso che, vi ricordo, non sono poche".
"Mi sorprende che tu non sappia che i bambini devono essere incoraggiati nelle loro aspirazioni. Chi ti dice che così facendo tu non stia tarpando le ali a un futuro visionario che cambierà l'aspetto della vita sulla Terra? O dell'intero universo?"
"Gli ostacoli e le privazioni serviranno a fortificarlo nelle sue aspirazioni. E in ogni caso il visionario deve fare merenda".

"Mamma". La voce di Tommy, adeguatamente modulata per generare sensi di colpa anche in una persona dalla volontà granitica come quella di Kate quando si impuntava a fare il genitore inflessibile, si levò triste e sommessa. Lui gli avrebbe comprato un grattacielo a grandezza naturale se glielo avesse chiesto con quel tono, per non parlare del faccino contrito e del mento già in procinto di esprimere tremando le sofferenze umane racchiuse in millenni di oppressione.
"Niente mamma", tagliò corto la donna senza cuore.
Castle si sollevò con dignità offesa. Se aveva ricevuto l'investitura paterna, poteva permettersi di ribellarsi al potere costituito, giusto? Erano alla pari, lei non vantava maggiori diritti solo perché l'aveva dato alla luce dopo lunghe ore di travaglio. Poteva finalmente dire la sua e, sinceramente, aveva parecchie questioni da sviscerare in proposito.
"Mi permetto di dissentire, Madre. Abbiamo diritto ad avere tutte le costruzioni che ci servono per esprimere il nostro anelito creativo. Non siamo più disposti ad accettare la tua repressione".
"Chiamami un'altra volta Madre e finirai a dormire sul divano".
"Non credere di poter frenare la nostra spinta sovversiva con dei ricatti tanto indegni. Votiamo sì al negozio di giocattoli. E alla merenda". Nutrirsi era sempre importante.
"Sì!", chiosò il piccolo ribelle e suo alleato.
"Non andrete molto lontano facendo fronte unito contro di me. Ma per questa volta vada per le costruzioni".
"Eri più difficile da convincere in passato", commentò sbalordito.
Si sporse a baciarlo sulle labbra. "Lo faccio solo perché credo sia giusto concederci un po' di relax, non certo perché i vostri proclami mi abbiano persuaso. Solo una scatola, però. E molto piccola".
"La più piccola che troveremo, promesso".
"Questo significa che dovremo costruire una stanza in più per ospitarle tutte, giusto?"
"È questo che ami di me, anche se fingi di no. I miei sogni di gloria. Ammettilo".
Gli voltò le spalle e lui temette di essersi spinto troppo oltre. Chissà se avrebbe messo in pratica la minaccia di cacciarlo a dormire sul divano. Le corse dietro per rabbonirla. Non si poteva mai sapere.

...

Tutta la parte relativa al "terzo genitore" l'ho letta essenzialmente a un link preciso che non riesco a condividere qui per esteso (su psychomedia . it ) e in giro per il web. Ho poi ricreato la chiacchierata con la psicologa in base ai casi di cui ho letto, introducendo i punti che richiamavano le dinamiche con Tommy e, come al solito, se è uscito qualcosa di meno che aderente alla realtà, la responsabilità è solo mia.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl