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Autore: Merry brandybuck    30/11/2020    0 recensioni
Aragorn è salito al trono da pochi mesi e già si ritrova a combattere una battaglia contro degli orchi che non accettano la caduta di Sauron : per questo scontro il re si ritroverà a chiedere aiuto ai suoi amici fidati e a dover portare alla luce un membro della sua famiglia che è rimasto oscurato per anni.
Come continuerà l’esistenza sua e del regno dopo questo incontro ?
Personaggi: nuovo personaggio/ Aragorn/ Legolas/compagnia dell’anello/ un po’ tutti
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: Prima di scendere in campo 

 

Legolas sentì le tende aprirsi con un fruscio; erano le sette del mattino e lui sarebbe dovuto essere in testa alle truppe entro quarantacinque minuti, pronto per la partenza verso il campo di battaglia. Avendo dormito solo un’ora per colpa della nottata travagliata, l’elfo era intontito ma non stanco: si mise a sedere e vide il valletto moro che aveva aperto i drappi di velluto che chiudevano fuori la luce : “ Il Re chiede se il Principe ha bisogno di aiuto per vestirsi” chiese il ragazzo; Legolas sorrise e scosse il capo “ No, grazie”. Il bruno fece un piccolo inchino e lasciò la stanza silenziosamente; il biondo rimase a contemplare la camera vuota in cerca dei propri abiti anche se sapeva già dove fossero: i pantaloni e la casacca elfica era posati sul letto mentre il manto e i bracciali erano appesi dietro la porta insieme all’arco di frassino e alla faretra piena di frecce. Dopo essersi vestito, il principe degli elfi si mise seduto su uno sgabello e iniziò a intrecciarsi le lunghe ciocche bionde dietro la testa: si stava preparando psicologicamente alla battaglia anche se di per sé non la considerava difficile: erano solamente qualche decina di migliaia di orchi ribelli, che per un guerriero esperto come lui erano una bazzecola e in più era aiutato da fidati compagni, anche loro ben addestrati. Mentre ripensava al piano, una decina di minuti più tardi, finì di intrecciare l’ultima ciocca e si alzò; prese la faretra e l’arco prima di uscire dalla stanza in fretta e furia: nel corridoio incontrò Merry e Pipino, anche loro in ritardo, insieme a Gimli. Passando davanti alla stanza di Aralis, l’elfo mise la testa dentro: la ragazza stava cercando di allacciarsi il pettorale ma per il resto sembrava pronta “ Efneviel, Tuvok !” ( distruzione, veloce ! ) La giovine prese di fretta l'elmo, il manto e la grande e misteriosa borsa a tracolla che si portava sempre appresso: l’allegra compagnia dei ritardatari si scapicollò giù per le strade della Cittadella, con un clangore non indifferente. Arrivati al confine tra la settima cerchia e la Cittadella, i soldati si ricomposero e continuarono la lunga discesa verso la periferia della città; Legolas era ordinato, pulito e perfettamente armato invece Gimli era spettinato e stava cercando di intrecciarsi la barba mentre correva per le strade di Minas Tirith. Gli hobbit erano leggermente trasandati ma per loro era normale, mentre Aralis era riuscita a finire di vestirsi e correva in testa al gruppo insieme al fratello adottivo; ai lati delle strade chi riusciva a riconoscerli li salutava ossequiosamente, inchinandosi oppure li guardava allarmato. 

Riuscirono a giungere sul campo di partenza in soli venti minuti, e raggiunsero la tenda del Re per fare le ultime revisioni; Aragorn era seduto su una seggiola, accerchiato dai capitani e dai sergenti che discutevano con lui. Appena vide i suoi amici sorrise “ Ce l’avete fatta pelandroni ! Siete arrivati in orario” disse battendo le mani; Aralis e gli altri ritardatari tennero un atteggiamento sobrio anche se alcuni soldati fuori dalla tenda iniziarono a ridacchiare e a far battute. Il Re li guardò e dopo qualche secondo decise sua sorella e l’elfo avrebbero dovuto fare un giro del campo per controllare che i battaglioni, ormai ridotti a poche persone per via della guerra dell’anello, fossero pronti. Legolas prese delicatamente la ragazza per il braccio, stando attento a non toccare la scritta in nanico vicina al polso, e la condusse fuori; mentre gli hobbit e il nano stavano nella tenda in compagnia del Sire di Gondor, le due alte figure si incamminarono per l’accampamento. Il comandante dell’esercito era totalmente assorta nella contemplazione di ogni soldato in cerca di qualche punto debole da sistemare, quando il biondo le poggiò una mano sulla spalla e le lanciò uno sguardo severo: “ Perché lo hai detto ?” Aralis lo squadrò per un istante“ Uhm ?” “ Ti ho chiesto perché lo hai detto ” “Che cosa, Otorno ?” le sopracciglia dell’elfo si inarcarono ancora di più in un cipiglio contrariato “ Sai benissimo che cosa, seler” “ E ora dimmi perché lo hai detto” la giovine socchiuse gli occhi e rimase vaga: “ Mi diresti che cosa ho detto per cortesia ?” “ Non prendermi in giro: ho l’udito molto fine. E per questo ho sentito quello che hai detto ieri sera ad Aragorn riguardo a oggi” la ragazza riaprì gli occhi di scatto.Il biondo prese un respiro: odiava quando suo padre gli faceva le ramanzine ma adesso toccava a lui fare i soliti rimbrotti da fratello maggiore “ Tu conosci il valore della famiglia, Efneviel: chiamare “cavolata” la nascita di un bambino è stato un atto profondamente irrispettoso nei confronti sia del padre che della madre del pargolo, peraltro tuoi signori. Devi loro delle scuse ma a questo ho già pensato io” Aralis stava per aprire bocca e chiedere che cosa avesse fatto, ma l’elfo la battè sul tempo: “ Il Sovraintendente non parteciperà ai combattimenti: prenderai tu, il suo posto” la ragazza chinò il capo, annuendo “ Non ti deluderò, Otorno, è una promessa”. Il biondo rise “ So che sei leale, ma seler, ma ti ho cresciuto e so ogni tanto fai promesse al vento. Sappi che comanderai due legioni invece di una” concluse Legolas soddisfatto. La bruna annuì a testa bassa e sorpassò il fratello con due balzi: tutti i soldati la guardavano ammirati o la chiamavano agli angoli delle stradine del campo per chiederle dei consigli su qualsiasi cosa potesse essere utile. I minuti scorrevano in fretta e presto furono pronti a partire: l’elfo e il comandante dell’esercito, dopo aver girato tutto l’accampamento, tornarono alla tenda per assistere il re nelle manovre di spostamento; mentre riorganizzavano le truppe, le trombe emisero degli alti squilli che annunciavano l’arrivo del Re degli Elfi. Era bardato in un’imponente armatura lucente di mithril e portava la spada dei Silvani appesa alla cinta: i capelli erano filamenti di luce bianca che ricadevano scompostamente sulle spalle del guerriero circondati dal diadema argenteo, in analogia con la pelle diafana. Era in sella all’alce preistorica che lo serviva da innumerevoli anni e si stava dirigendo con portamento elegante verso il centro nevralgico delle operazioni: Aralis aveva terminato i suoi compiti e quindi si slanciò verso la marmaglia di gente che circondava il sovrano, per accogliere il genitore “ Efneviel sii prudente e non fare scemenze come al solito, intesi ?”. La voce del Re era chiara e cristallina anche in mezzo a quel trambusto e la ragazza rispose con un cenno affermativo ma sottomesso: “ Perché oggi tutti mi trattano come se fossi ancora bambina ?  Per i Valar, ho venticinque anni e combatto autonomamente a capo di più legioni da dieci” imprecò a bassa voce la giovine mentre montava a cavallo e lo spronava verso l’inizio della lunga coda che si era venuta a creare per seguire il manipolo di uomini scelti del Re. I trombettieri suonarono la partenza e le file di uomini si mossero quasi meccanicamente in avanti, capitanate dai Re e dai comandanti; Aragorn vide la sorella che oscillava sulla sella e dalla sua bocca usciva una gloriosa melodia che si perdeva nel vento: “... Adie adie mus ta de adie adie mus…” 

 

Ci volle un bel po’ di tempo per giungere sul luogo in cui si sarebbe svolta la battaglia; quando gli hobbit, bardati di tutto punto, lo videro non rimasero molto straniti: era una piana di terra brulla, scurita e bruciata per il sole, irta di sassetti acuminati misti a punte di picche e lance, disseminata di ossa probabilmente di combattenti caduti. Era una landa dimenticata da Dio e dagli uomini, inadatta  all’agricoltura, colpita dai venti e dalle intemperie ogni giorno dell’anno e perciò gli orchi lo utilizzavano spesso come campo per gli scontri da quando Sauron aveva ampliato i confini di Mordor, conquistando un terzo del pianoro; nell’esatta metà dell’ampio spiazzo vi era la terra di nessuno, che stava a dividere le due fazioni da circa cinquecento anni, quando l’Oscuro signore aveva mandato per la prima volta gli uruk-ai a fare i sopralluoghi delle frontiere del grande regno di Gondor. All’orizzonte si poteva scorgere un ribollire continuo di creature bizzarre, gradienti dal marrone al grigiastro che continuavano ad ammassarsi e disgregarsi attorno a quello che sembrava, almeno agli elfi, un fatiscente deposito di armi; le prime linee nemiche erano già state messe in piedi, armate di lancieri e fanti seguiti da spadaccini e arcieri uruk-ai. Il viso di Legolas si contrasse in un’espressione corrucciata per qualche istante e poi si rilassò: le file di soldati si stavano disponendo e gli squadroni erano pronti e carichi all’imminente scontro. Quando tutti i combattenti furono in posizione, protetti e istruiti su tutti i piani per ogni eventualità: mancava solo il discorso di incoraggiamento da fare alle truppe e poi sarebbero partiti; Aralis si sentiva morire dentro, lei che poteva sterminare decine di nemici in pochi attimi tremava come una foglia al vento davanti a dei suoi sottoposti che volevano solamente sentirsi apprezzati. “ Roba da matti” si disse dolcemente, come per rincuorarsi da sola; tutti erano al loro posto ma ancora incerti se attaccare per primi, cioè perché andare incontro alla morte e non attenderla dove si trovavano ? Si riusciva a vedere il terrore che ballava tra le file ma i comandanti avevano intenzione di prenderlo per la gola a due mani: il Re Elessar prese un profondo respiro e si guardò intorno, cercando l’appoggio degli amici che aveva al suo fianco. Gli hobbit lo supportavano con degli sguardi eloquenti mentre il Re degli elfi osservava l’altra fazione, nel tentativo di trovare una falla nella formazione; Legolas girò il cavallo,  mise una mano sulla spalla di Aragorn e, con gli occhi azzurri fissi sui suoi, gli sorrise, annuendo “ Vai Estel, vai” gli sussurrò in un orecchio. Il re si voltò verso i soldati e li richiamò a gran voce: quando tutti furono zitti davanti a lui, urlò spronando il cavallo davanti alla prima linea: “Restate fermi, restate fermi…Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei! Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore. Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l’ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest’oggi combattiamo… Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella Terra vi invito a resistere! Uomini dell’ovest!”* Poi frenò lasciando una piccola nuvola di polvere che si volatilizzò quasi subito; con un gesto solenne passò la parola alla sorella. La ragazza si alzò sulle staffe, scostò il mantello dalle spalle e imitò il fratello a braccia alzate: “Soldati, amici, fratelli: avete sentito quello che vi ha detto il vostro Sovrano. Combattete per tutti i vostri cari, per quelli che non sono tornati, per i mutilati, per le donne e i bambini, per i mutilati nello spirito, per tutta la gente che crede in voi ! Fate di tutte le voci sofferenti in città, un solo grido !  Unitevi a noi e combattete per i vostri ideali, per la vostra libertà, per i vostri principi. Uccidete quei bastardi che vogliono togliervi la vostra civiltà, combattete per i vostri figli e per i figli dei vostri figli ! Fatemi sentire la forza di Gondor” incitò i soldati e in risposta ricevette il ruggito di tutto l’esercito, di ogni singolo soldato: appena tutti furono acquietati la giovine riprese: “ Bene ! Siete guidati da grandi Reggenti, da possenti Guerrieri e dalle tre Morti dell’Ovest !” e indicò le persone che l’affiancavano. Poi fece girare la cavalcatura, si sistemò il cappuccio del manto sulla testa lasciando i capelli sciolti sulle spalle e infine prese la sacca di cuoio tra le mani; con un movimento lento e ampio estrasse un’enorme falce a mezza luna: la lama era liscia e perfettamente affilata, con il manico lunghissimo, circa sei quinti dell’altezza della donna, di legno d’ebano, riempito di segnature e con una profonda tacca all’incirca al centro. Mentre rimetteva la sacca dietro la schiena, Aralis passò le dita sull’arma e facendo dei piccoli sussulti, l’alzò verso il cielo e lanciò un urlo: “ Portate alto l’onore !”. E tutti i soldati si lanciarono in avanti, preceduti dai capitani e come un solo essere furente, si avventarono sul nemico.

 

La tana della scrittrice 

Un saluto a chiunque stia leggendo ! Come state ? Tutto bene ?Per prima cosa mi scuso preventivamente per eventuali errori o ritardi nella pubblicazione; allora il punto che ho evidenziato con l’asterisco è il discorso che Aragorn tiene alle truppe prima della battaglia contro l’oscuro signore. Non so se si è notato ma io ho un feticismo per le falci (owo) (sarà perché vengo da una famiglia di contadini ma ho sempre avuto questa passione). Mi scuso se il capitolo non è stato di vostro gradimento (se vi è piaciuto sono felice) ma in entrambi i casi vi chiederei di commentare per avere un’idea di come questa fiction impatti sulla gente. Detto questo vi lascio: buon Natale, buone feste a voi e alle vostre famiglie e al prossimo mese ! 

Sempre vostro 

 

Merry

   
 
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