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Autore: Yuki Delleran    30/11/2020    0 recensioni
Lance, principe di Altea, viene catturato e reso schiavo durante l'invasione galra del suo regno. Solo e sotto mentite spoglie in una corte estranea e ostile, dovrà imparare come sopravvivere e mantenere al sicuro un importante segreto mentre piani di distruzione vengono alla luce e l'oscura minaccia di una congiura prende forma attorno a lui e a chi gli è caro.
[Versione riveduta ed estesa della precedente oneshot con lo stesso titolo]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 2

Il capitano Shirogane allenava le guardie di palazzo tutte le mattine, a orari regolari, in tre scaglioni. C’erano le esercitazioni di difesa delle mura, di corpo a corpo e con le armi. Schiere di soldati che roteavano lance e spade, scagliavano frecce, colpivano con mazze ferrate o si atterravano vicendevolmente a mani nude. La corte antistante le armerie era costantemente offuscata dalle nuvole che si sollevavano dal terreno polveroso.
Lance a volte si soffermava a osservare quelle esercitazioni da uno dei camminamenti che circondavano lo spiazzo. Appoggiato a una delle balaustre di lucida pietra scura, con addosso gli abiti più semplici che erano concessi agli abitanti dell’harem, in modo da non attirare l’attenzione, e con il cristallo di Balmera come unico ornamento, fissava il capitano compiere i movimenti ritmici e coordinati che in battaglia avrebbero fatto la differenza tra la vita e la morte di un soldato. A volte, dopo essersi accertato che il corridoio fosse completamente vuoto e che nessuno potesse vederlo, aveva anche tentato di imitarli, solo per scoprire di non avere l’energia per renderli sufficientemente decisi. Provava un senso di vago imbarazzo per la propria debolezza fisica, anche se era pienamente consapevole che i valori di Altea fossero ben altri. Gli era stato insegnato il valore della cultura, dell’intelligenza, del ragionamento e della strategia. La forza bruta era sempre stata l’ultimo dei suoi pensieri, arrivando addirittura a considerarla grezza e barbara. Eppure, davanti all’abilità e alla prestanza del capitano Shirogane, non poteva far altro che sentirsi in difetto oltre che vagamente intimorito. Sapeva che, se avesse tentato di sopraffarlo, avrebbe avuto solo un modo per fermarlo e non era certo di volerlo usare.
Per il loro primo incontro il capitano lo invitò a raggiungerlo nell’armeria più grande, nel tardo pomeriggio. Lance non aveva ricevuto alcun incarico per la serata, dal momento che il principe Keith sembrava impegnato in chissà quali incontri ufficiali e non degnava l’harem di attenzione da giorni, quindi non aveva scusanti per annullare o rimandare quell’appuntamento. Mentre si preparava, tentando di tenere a bada la preoccupazione e l’ansia per quello che sarebbe potuto succedere, poteva sentire chiaramente gli occhi degli altri schiavi su di lui, ma solo Ezor ebbe la sfacciataggine di farsi avanti.
« E così sei stato scelto dal capitano! » esordì con un’esclamazione fin troppo entusiasta. « Bel colpo! Raramente lo si è visto interessarsi a degli schiavi. »
Lance la seguì con lo sguardo mentre si avvicinava, ondeggiando la lunga coda di capelli rossi, ma non fece nulla per darle corda. La giovane mezzosangue però non sembrava averne bisogno.
« Se stai andando a incontrarlo ti consiglio di indossare qualcosa di più adatto. » continuò, sventolandogli sotto il naso quello che sembrava un misero gonnellino. « Qualche gioiello in più, magari, e un bel massaggio con l’olio profumato. I soldati amano toccare la pelle morbida. »
Ezor ammiccò e Lance sentì rizzare i capelli sulla nuca: il pensiero che quella fosse la consuetudine e che la ragazza potesse avere ragione gli provocò una stretta allo stomaco.
« Non sarà necessario. » si limitò a rispondere. « Non ci sarà nessuna pelle da toccare. »
Ezor lo fissò stranita.
« Lo credi davvero? So che sei nuovo dell’harem e che il capitano Shirogane sembra una persona tanto composta ma, credimi, se qualcuno si offre di farti da protettore non è certo perché ama fare lunghe chiacchierate. »
Lance non si curò nemmeno di rispondere e sgusciò fuori dall’harem in tutta fretta.
Avrebbe dovuto abituarsi il prima possibile al fatto che tutti credessero che tra lui e il capitano ci fosse quel tipo di rapporto, dopotutto il loro patto serviva proprio a quello. Voleva credere con tutto il cuore che si trattasse solo di quello, di un comune accordo fatto in buona fede, anche se l’ansia cresceva a ogni passo.
Incontrò il capitano all’ingresso dell’armeria. All’interno non c’era nessuno e questo mise Lance ancora più sulla difensiva.
« Sappiate che io… » iniziò, ma Shirogane lo interruppe.
« Pensavo di iniziare insegnandoti i rudimenti dell’autodifesa. » disse. « Per scongiurare altre eventuali aggressioni. »
Lance lo fissò, completamente spiazzato, sentendo tutta la tensione accumulata venire meno improvvisamente.
Il capitano probabilmente se ne accorse perchè gli lanciò un’occhiata rassicurante.
« Pensavi che avrei approfittato di te come quella gente? Che sarei stato un protettore in piena regola? Non temere, non ti farò nulla a meno che tu non voglia. Vorrei che fosse chiaro, questo è solo un accordo per tenerti al sicuro, non hai nulla da temere da me. »
Lance annuì chinando appena il capo, incredulo per la fortuna che gli era capitata.
« Vi sono molto grato per questo, capitano. »
« Shiro, ti prego. Se dobbiamo simulare di avere una relazione intima, sarebbe l’ideale, Lance. »
Sentir pronunciare il suo nome a seguito di una frase del genere lo imbarazzò e, nel momento di confusione, in un istante si trovò scaraventato a terra. Shiro torreggiava sopra di lui.
« Questa è la prima lezione: mai abbassare la guardia davanti a un estraneo che ti lusinga. » disse.
Gli porse la mano e Lance si rialzò, rosso in volto per l’imbarazzo di esserci cascato ed essersi fatto cogliere impreparato in quel modo.
« Non badarci, sarebbe successo praticamente a chiunque. » lo rassicurò Shiro. « Ora ti mostro come contrastare senza fatica un colpo del genere. E dicevo sul serio sul fatto di abbandonare le formalità, sarebbe decisamente più comodo. »
Nella mezz’ora successiva Lance provò e riprovò le mosse che gli venivano mostrate, fino a che non gli divennero familiari: non erano difficili e non richiedevano molta forza fisica, ma dovevano essere veloci per spiazzare l’avversario.
Quando finalmente Shiro sembrò soddisfatto dei suoi movimenti, gli propose un piccolo scontro simulato per poterli mettere in pratica su qualcuno. Lance tentennò: non era per nulla sicuro di riuscire ad atterrare uno della stazza di Shiro e non ci teneva affatto a fare l’ennesima brutta figura.
« Andiamo, non preoccuparti! » lo incoraggiò l’altro, intuendo i suoi timori. « All’inizio è normale non riuscire, servirà anche per correggere i tuoi errori e capire meglio come muoverti. »
Quindi Lance capitolò e decise di fare un tentativo. Si mise di spalle a Shiro, con la guardia abbassata, nel classico atteggiamento di chi pensa ai fatti propri e non immagina di venire aggredito di lì a poco. Come previsto Shiro lo afferrò per un polso, strattonandolo. Quello che Lance non si aspettava e che lo colse di sorpresa fu la violenza di quel gesto, l’essere spinto a terra mentre un braccio gli veniva bloccato dietro la schiena. La situazione era troppo simile a quella a cui era andato incontro con le due guardie ubriache e per un attimo il panico lo travolse. Istintivamente sollevò il braccio libero e… Shiro volò letteralmente via.
Quando Lance riaprì gli occhi, che aveva chiuso senza accorgersene, lo vide rialzarsi a un paio di metri di distanza, massaggiandosi la schiena. Lo vide muovere alcuni passi verso di lui e scrutare con espressione allarmata lo schermo di luce azzurrina che ora li separava.
Dannazione!
Non sarebbe dovuto succedere! Quello era un segreto. Un segreto da proteggere a tutti i costi.
Lance si rialzò velocemente, spolverandosi i pantaloni con un gesto fintamente casuale, mentre la luce azzurrina tra di loro svaniva.
« Scusami, ho esagerato. » disse, sforzandosi di ignorare lo sguardo fisso su di sé. « Tutto bene? »
Shiro però non sembrava altrettanto intenzionato a far finta di nulla.
« Cos’è stato? » chiese, con il fiato visibilmente corto.
« Di cosa parli? Sono stato così bravo nel metterti al tappeto da averti lasciato senza fiato? » tentò di sviare Lance, sebbene a sua volta fosse ancora scosso.
Shiro non aveva però la minima intenzione di stare al gioco.
« Non fare finta di niente, sto parlando di quella luce. Non mi hai toccato neanche con un dito eppure qualcosa mi ha spinto via. Cos’è stato? Come hai fatto? »
S’interruppe solo per abbassare lo sguardo sul petto di Lance dove, attraverso la stoffa della camicia leggera, il bagliore del cristallo di Balmera era chiaramente visibile. La mano del ragazzo, che corse a coprirlo stringendolo tra le dita, servì solo a confermare i suoi sospetti.
« È stata quella pietra? » insistè, mettendolo alle strette. « Che cos’è? Come ha fatto? »
Lance esalò un sospiro sconfitto. Non poteva fare altro che parlare e sperare che Shiro capisse e non lo denunciasse al principe Keith o a chissà chi altro.
Sollevò entrambe le mani, come per proteggersi, e mosse alcuni passi indietro per mettere maggiore distanza tra loro.
« Va bene, te lo dirò. » concesse. « Ma devo potermi fidare di te, ne va della mia vita. »
Sapeva di non essere nella posizione di poter dettare nessuna condizione, ma ci doveva almeno provare, doveva far capire a Shiro quanto seria fosse quella faccenda.
L’espressione del capitano si fece subito grave e annuì, facendogli cenno di seguirlo e accomodandosi su una delle panche a lato della sala. Lance si sedette a sua volta e, stringendo le mani in grembo per impedire loro di tremare per l’agitazione, iniziò a parlare.
« Sì, è stata la pietra, o meglio, sono stato io attraverso la pietra. È un cristallo di Balmera e non molti sanno che questi minerali hanno proprietà diciamo particolari. Il mio popolo… alcune persone del mio popolo, in realtà, sono in grado di convogliare la propria energia attraverso di essi e farne… beh, chi è davvero bravo può farne qualunque cosa. I cristalli di Balmera sono amplificatori di energia, possono diventare degli scudi impenetrabili così come delle armi micidiali. »
Lance abbassò la voce fino a un sussurro, le sue ultime parole erano il motivo per cui si trovava in quella situazione. Odiava tutto questo.
Shiro lo ascoltò in silenzio, senza interrompere, e, di tutte le domande che avrebbe potuto porre alla fine, ne fece una che Lance non si sarebbe mai aspettato.
« Perché adesso? »
« Cosa intendi? »
« Perché quel potere si è manifestato proprio adesso? »
Lance sviò lo sguardo, a disagio.
« Perché ero spaventato. » borbottò.
Avvertì su di sé lo sguardo confuso del capitano e si sentì in dovere di chiarire.
« Non sono molto bravo a controllarlo, stavo imparando quando Daibazaal ha attaccato Altea. A volte mi muovo per istinto, specie quando mi spavento, è come sollevare un braccio per proteggersi. »
Shiro sollevò appena una mano, come se stesse per toccarlo, poi sembrò ripensarci e tornò a posarla sul proprio ginocchio.
« Non ti avrei fatto del male. » disse.
« Lo so, mi dispiace. È istintivo, te l’ho detto. Mi sono ritornati in mente quei due che mi hanno aggredito nel corridoio e la mia mano si è mossa da sola. Nemmeno io volevo farti del male. »
Lance si sentiva mortificato: Shiro stava cercando di aiutarlo, stava spendendo il suo tempo per insegnargli a difendersi come si deve e lui lo ripagava in quel modo.
Quando alzò lo sguardo sul capitano, si rese conto che la sua espressione era molto meno condiscendente di prima.
« Vorrei poterti dire che è tutto a posto, ma mi hai appena confidato di saper usare un potere potenzialmente mortale. Sei uno schiavo dell’harem del principe, cosa mi garantisce che non lo userai per fargli del male e fuggire? » disse. « E io che volevo anche addestrarti a combattere… »
Nel suo tono si avvertiva il rammarico per una scelta sbagliata ma anche l’amarezza della delusione e Lance si sentì in colpa per aver effettivamente ipotizzato quella soluzione.
« Dovrei farti allontanare e rinchiudere. »
« No! »
Lance balzò in piedi e lo afferrò per un braccio.
« No, ti prego, non farlo. Sei stato l’unico qui a mostrarmi un po’ di umanità. La mia famiglia è stata sterminata, la mia casa è stata distrutta, non ho più nulla al mondo per cui valga la pena combattere. Se avessi voluto fare del male a qualcuno l’avrei già fatto, invece sono ancora qui a farmi aiutare da te per sopravvivere. È vero che questo potere è forte, ma gli alteani rifiutano la violenza. Hai detto di voler aiutare i più deboli, quindi ti prego! »
Si rendeva conto di aver calcato un po’ la mano sulla sua condizione miserevole, glissando sulle sue idee di vendetta e sulla ricerca di sua sorella, ma non poteva permettere che Shiro lo denunciasse.
Il capitano sembrò tentennare di fronte a quella sua preghiera accorata.
« Non avevo mai sentito parlare del fatto che gli alteani avessero questo potere e vorrei farti delle domande. Capisco che un ufficiale di Daibazaal non sia la persona più adatta con cui parlarne, ma vorrei che mi rispondessi sinceramente. » disse.
Era un colpo basso. Lance sapeva che non avrebbe dovuto rivelare nulla ma, allo stesso tempo, se fosse risultato troppo sospetto o pericoloso per lui sarebbe stata la fine. Si scostò i capelli dagli occhi, nervosamente, e sospirò.
« Posso provarci. » concesse.
Il capitano sembrò soddisfatto del compromesso.
« D’accordo. Allora posso sapere perchè non hai usato questa capacità contro quei due tipacci? Avresti potuto facilmente farli volare via. »
Domanda lecita, si disse Lance.
« Perchè mi hanno bloccato entrambe le braccia. Come hai visto, quello scudo si attiva con un gesto della mano, o almeno io sono ancora a questo livello. Come ti dicevo, stavo imparando quando è avvenuta l’invasione e adesso non ho più un maestro che possa insegnarmi. »
Era imbarazzante da ammettere, soprattutto per il principe di Altea che avrebbe dovuto utilizzare i cristalli di Balmera a occhi chiusi, ma lui non era un talento naturale come sua sorella. Aveva impiegato del tempo per imparare anche solo i gesti fondamentali e tuttora non riusciva a controllarli a dovere, lasciandosi prendere dall’istinto. Era il motivo per cui aveva usato il cristallo il meno possibile al di fuori delle lezioni ufficiali e ora si chiedeva se avrebbe mai imparato a maneggiarlo nel modo giusto. Inoltre, una cosa che Shiro non avrebbe mai dovuto sapere, era che quel potere non si manifestava casualmente nella popolazione alteana, ma solamente i discendenti della famiglia reale ne erano detentori. Quello era il segreto più importante che avrebbe tenuto al sicuro la sua identità e la sua vita.
« Queste informazioni non sono di dominio pubblico, vero? » continuò Shiro, facendolo rabbrividire per il tempismo in corrispondenza dei suoi pensieri. « Altrimenti immagino che ne avrei sentito parlare, dopotutto si tratta di qualcosa di grosso. »
« No. » ammise Lance, vagamente riluttante e incerto su dove volesse andare a parare. « Anche ad Altea ne sono a conoscenza solo coloro che possiedono questo dono e pochi altri. »
« Lo immaginavo. » continuò Shiro, come parlando a sè stesso. « Durante l’attacco non è stata opposta nessuna resistenza del genere, se fosse stato a disposizione di tutti l’esercito di Daibazaal sarebbe stato spazzato via. Un attimo…! »
Si voltò di scatto verso Lance, gli occhi spalancati come per una realizzazione improvvisa.
« Da dove arrivano esattamente questi cristalli? »
« Vengono estratti dalle miniere sotto le colline di Balmera. » rispose titubante.
Davanti all’espressione grave di Shiro, gli fu chiaro che quella che gli aveva dato non era altro che una conferma: aveva già sentito parlare di quel luogo e la cosa non gli piaceva affatto.
Shiro si alzò, prese a camminare nervosamente avanti e indietro, poi tornò a rivolgersi a Lance.
« Per oggi interrompiamo qui, ho delle questioni da chiarire. Possiamo continuare domani. Non parlare di questa faccenda con nessuno e non fare niente di avventato. »
Il giovane schiavo si limitò ad annuire, non osando chiedere di quali questioni si trattasse. Se Shiro fosse andato dalle alte sfere a riferire le informazioni ricevute,  avrebbe messo in pericolo non solo lui stesso, ma anche sua sorella, ovunque fosse, e gli abitanti di Balmera. Il suo cuore avrebbe voluto credere che non fosse quel tipo di persona, ma si trattava pur sempre di un ufficiale galra fedele alla corona. Non poteva avere nessuna certezza.

Lance non ebbe notizie di Shiro per tre giorni. Non si presentò all’appuntamento successivo al loro primo incontro e nemmeno nei giorni seguenti.
L’ansia di Lance cresceva.
Se da una parte il buonsenso gli suggeriva che si fosse semplicemente stancato di fare da balia a uno schiavo incompetente, che una volta ottenute delle succose informazioni non avesse più senso tornare da lui, dall’altra aveva un brutto presentimento. Non conosceva Shiro a sufficienza per poter affermare quale fosse il suo solito modo di fare, eppure quell’immagine non gli si addiceva. Contro qualsiasi logica Lance continuava a pensare che quell’assenza non fosse volontaria, che fosse successo qualcosa.
Il tempo in solitudine l’aveva inoltre portato a riflettere a mente fredda sugli eventi di cui era stato partecipe. Aveva iniziato a chiedersi se l’attacco ad Altea non fosse stato orchestrato per impossessarsi del loro potere e se Balmera sarebbe stato il prossimo obiettivo. Se questo fosse stato davvero nei piani, significava che il suo più grande timore era fondato e che lo scopo di Daibazaal era conquistare una nuova arma.
Impossibilitato sia a chiedere notizie che a proseguire con le lezioni di autodifesa, non gli era rimasto altro da fare che continuare ad allenarsi in solitaria con semplici esercizi per rinforzare i muscoli. Non potendo recarsi nell’armeria, era rimasto nell’harem, nonostante temesse che questo potesse causargli delle difficoltà. Ma se all’inizio si era guadagnato delle occhiate perplesse, ben presto Ryan e James si erano uniti a lui.
« Mantenersi in forma fa bene al corpo e allo spirito. » aveva commentato il giovane uomo dalla pelle scura, offrendosi anche di mostrargli altri esercizi.
La sera del terzo giorno Lance era stato nuovamente convocato dal principe Keith.
Le ancelle si erano lamentate di trovarlo sudato e scarmigliato e si erano impegnate il doppio per presentare al loro signore uno schiavo dell’harem degno di questo nome. Lo avevano lavato, profumato, pettinato e ingioiellato come se avessero avuto tra le mani una bambola. Il risultato aveva finito per mettere Lance ancora più a disagio della prima volta: ai succinti e preziosi tessuti semitrasparenti e alle catene d’oro preferiva l’abbigliamento più spartano che portava durante l’allenamento, inoltre non poteva mai essere certo di quali fossero le intenzioni del principe.
Eppure, nonostante i suoi timori, la pelle scoperta, il kajal che gli sottolineava gli occhi chiari e l’oro tintinnante che portava addosso, Keith si limitò a lanciargli un’occhiata distratta mentre gli ordinava di servire la cena.
Era seduto a un pesante tavolo di legno massiccio, al centro del suo studio, ingombro di carte e rotoli di pergamena, la maggior parte dei quali sembravano delle mappe. Aveva un’espressione assorta, le sopracciglia aggrottate oscurate dalla frangia scura che gli ricadeva disordinatamente sugli occhi. Profonde occhiaie segnavano la sua carnagione pallida: sembrava non dormisse da giorni.
In una situazione normale un aspetto del genere avrebbe spinto Lance a preoccuparsi e a porre delle domande, ma con il principe Keith non osava mai dire una parola di più. Non poteva sapere come avrebbe reagito e, se l’avesse fatto infuriare, esisteva il rischio che facesse la fine di James. Non era decisamente disposto a correre un tale pericolo.
Per non disturbare o rischiare di sporcare le carte, servì la cena su un tavolino laterale e attese in silenzio, a testa china, che il principe si degnasse di prestare attenzione se non a lui, almeno alle vivande dal profumo invitante. Passò un’ora prima che Keith smettesse di tracciare segni su una cartina e finalmente alzasse la testa.
« Sei ancora qui? » domandò, stupito.
« Non mi avete dato il permesso di congedarmi, altezza. » rispose Lance.
Sebbene odiasse con tutto sé stesso quel tono deferente e quell’atteggiamento umile, specialmente nei confronti di una persona fredda come il principe Keith, doveva fare buon viso a cattivo gioco per mantenere la sua copertura e sperare in una prossima possibilità di fuga.
Il principe non rispose, non diede nemmeno segno di averlo sentito. Spostò la sedia accanto al tavolino e prese a mangiare, sempre però con un occhio alla mappa che teneva in mano.
Lance lo trovò terribilmente irritante: se aveva abbastanza attenzione per notare la sua presenza ne aveva altrettanta per lasciarlo andare. Starsene lì in piedi, immobile, a guardarlo mangiare era davvero seccante. Stava per decidere di andarsene anche senza essere stato congedato quando l’occhio gli cadde sulla cartina che il principe continuava a osservare e, con un brivido, riconobbe le colline di Balmera.
Allora non si era sbagliato, Daibazaal puntava davvero all'invasione di Balmera per via dei cristalli.
« Ehi! » La voce di Keith lo fece sussultare. « Conosci queste zone? »
Lance lo scrutò davvero per la prima volta da quando era entrato. Quella domanda poteva essere una trappola, un modo per indurlo a rivelare informazioni che sarebbero dovute rimanere segrete. Non si fidava per nulla di una persona che non proteggeva i suoi servitori, lasciando che accadesse loro di tutto. Anche se ora sembrava solo un giovane stanco e con un disperato bisogno di dormire, non doveva lasciarsi ingannare.
Scosse quindi la testa lentamente.
Per tutta risposta Keith sbuffò in modo seccato.
« Andiamo, smettila, so benissimo che ne sei al corrente. Shiro mi ha dato queste mappe tre giorni fa dicendomi che se non si fosse fatto più vivo avrei dovuto chiedere a te. Che diavolo sta succedendo? »
E così Shiro l’aveva gettato nella fosse dei leoni. Lance si sentì stupido per avergli creduto, per essersi fidato di lui, della sua protezione e delle sue promesse. Stava per negare tutto di nuovo quando qualcosa nelle parole del principe attirò la sua attenzione.
« State dicendo che il capitano non si è più fatto vivo neanche con voi? » si ritrovò a chiedere.
Keith scosse la testa.
« È sparito da tre giorni, non si presenta nemmeno alle riunioni militari, nessuno sa che fine abbia fatto. Vorrei poter dire che la cosa non mi riguarda, ma in realtà mi da da pensare. Mi consegna delle mappe di Balmera dicendomi di rivolgermi a te e poi scompare, non è normale. »
« Credo che il capitano nutra dei sospetti sul nuovo obiettivo militare di Daibazaal. » disse Lance, sperando di non dover scendere troppo nel dettaglio.
« Balmera? Tutti i partecipanti al consiglio lo sanno. » obiettò il principe, perplesso.
« È che… » Lance si torse le mani, nervosamente. « Non posso rivelarvi particolari di cui non sono a conoscenza nemmeno io, ma esiste il rischio che lo scopo finale sia creare un’arma potentissima in grado di portare devastazione nel mondo. »
Il principe rimase a fissarlo per un attimo con gli occhi spalancati, poi, inaspettatamente, scoppiò a ridere. Una risata fredda e del tutto priva di umorismo.
« Ok, bella storia, ci avete provato. » disse. « Daibazaal non ha bisogno di nessuna super arma, siamo già la nazione più potente del continente. »
Con gesti rapidi si alzò e raccolse tutte le carte sparse sul tavolo, per accantonarle in una cesta in un angolo della stanza.
« Ci avevo quasi creduto, per un attimo avevo temuto che fosse in corso una specie di cospirazione o qualcosa del genere. » continuò. « Avanti, raccogli gli avanzi e riporta i piatti nelle cucine. Ah, e di’ a Shiro di tornare alle riunioni del consiglio, non abbiamo tempo per i suoi bizzarri passatempi. »
Di fronte a quella reazione, Lance digrignò i denti, frustrato. Il principe non gli credeva e Shiro molto probabilmente lo aveva venduto. Shiro di cui si era fidato e che non si era fatto scrupoli a rivelare i suoi segreti, che però allo stesso tempo era sparito e poteva essergli successo di tutto.
Lance avrebbe voluto dire che non gli importava, che il suo unico interesse era la fuga, eppure non riusciva a non pensarci.
Raccolse velocemente i piatti e lasciò la stanza senza dire una parola.
Aveva appena messo piede nel corridoio quando s’imbattè in una guardia che sembrava aspettarlo. Istintivamente s’irrigidì, abbassò lo sguardo e affrettò il passo. La guardia fece lo stesso. Lance accelerò ancora e quella si mise letteralmente a inseguirlo.
« Se corri in questo modo rovescerai le stoviglie! » lo richiamò. « E come faccio a proteggerti se scappi? »
Quelle parole lo indussero a fermarsi, stupito, e a voltarsi verso la guardia che lo aveva appena raggiunto.
« Non so che idea ti fossi fatto, ma il principe mi ha ordinato di scortarti fino alle cucine e poi indietro all’harem. Non rendermi il compito difficile, non ho nessuna intenzione di scontentare sua altezza. »
Lance lo osservò meglio: era un galra piuttosto giovane, doveva essersi arruolato da poco, e aveva l’espressione di chi non voleva far arrabbiare un maestro. Inoltre il fatto che il principe avesse ordinato di scortarlo significava che era al corrente di quanto accaduto e che, in qualche strano modo, la cosa gli importava.
Con la testa troppo piena di pensieri preoccupati e contraddittori, quella notte Lance non chiuse occhio.

Era riuscito ad assopirsi solo quando le prime luci dell’alba erano filtrate dalle alte finestre dell’harem, coperte solo da tendaggi sottili e preziosi, cadendo in un sonno agitato dove la sua mente gli rimandava ossessivamente immagini di soldati galra dotati di devastanti cristalli di Balmera. Per quanto il sogno fosse angosciante, mai si sarebbe aspettato di venire svegliato di soprassalto da qualcuno che gli premeva una mano sulla bocca. Preso dal panico, Lance si agitò, iniziando a scalciare per allontanare l’aggressore finchè i suoi occhi ancora confusi e velati di sonno non misero a fuoco Shiro. Il capitano lo stava implorando a gesti di fare silenzio e di seguirlo fuori di lì, cosa che Lance in un primo momento fu sul punto di rifiutare: se voleva rinchiuderlo non si sarebbe fatto portare via facilmente. Solo dopo essersi calmato capì che non era quella la sua intenzione. Nell’harem non esisteva privacy, non c’erano camere singole, ma solo un’ampia stanza dove tutti gli schiavi vivevano e dormivano insieme quindi, se non voleva che tutti venissero a conoscenza della presenza di Shiro, e potenzialmente dei suoi segreti, era meglio andare altrove.
Uscirono nel corridoio antistante le stanze dell’harem e da lì verso uno dei giardini, a quell’ora deserto. Lance rabbrividì nell’aria frizzante dell’alba: usciva di rado all’esterno e non si era ancora abituato al fatto che Daibazaal avesse un clima più freddo di Altea. Notò con la coda dell’occhio il movimento di Shiro, come se avesse voluto togliersi il mantello per metterglielo sulle spalle, salvo rendersi conto all’ultimo di non portarlo. In effetti non indossava la solita divisa impeccabile o gli indumenti morbidi che portava durante le esercitazioni. Il suo era un abbigliamento strano, come se non avesse avuto modo di vestirsi a dovere, per la fretta o perchè qualcuno glielo aveva impedito, e successivamente non avesse avuto nulla a disposizione per cambiarsi. Ne risultava un insieme stropicciato e dall’aspetto non esattamente pulito.
« Dove sei stato? » esordì Lance, per spezzare il silenzio che permaneva. « E perché sei venuto da me in questo modo furtivo? Ho temuto che volessi arrestarmi. »
« Volevo parlarti prima che qualche voce iniziasse a girare. » rispose Shiro, in tono sommesso. « Diranno che sono stato in missione segreta, in realtà mi hanno rinchiuso nelle segrete del palazzo per tutto questo tempo. »
Lance strabuzzò gli occhi, incredulo, bloccandosi nel mezzo del sentiero e afferrandolo per un braccio.
« Cosa? Ma perché? »
« Scommetto che puoi arrivare a immaginarlo. »
« Per via dei cristalli di Balmera? »
Lance non poteva crederci: quelle informazioni che fino a quel momento avevano rappresentato un pericolo solo per lui, ora avevano messo nei guai anche chi le aveva scoperte. E dire che aveva creduto di essere stato venduto.
« Quando ne ho parlato con i miei superiori, alcuni erano stupiti. » spiegò Shiro, invitandolo a continuare a camminare per non dare nell’occhio, nel caso qualcuno li avesse osservati. « Altri ne sembravano già al corrente e hanno tentato di sviare il discorso dicendo che si trattava di cose di poca importanza. Non mi hanno dato la possibilità di approfondire le mie domande sul progetto di invasione di Balmera di cui si parla da tempo e sono stato congedato velocemente, quindi ho pensato di parlarne con il principe Keith per vedere se ne era informato. Gli ho recapitato delle mappe di Balmera con l’intenzione di incontrarlo il giorno dopo, ma durante la notte sono stato prelevato e incarcerato. Non so chi abbia dato l’ordine, le guardie avevano il volto coperto, ma mi è stato chiaramente detto che quella era la conseguenza per aver cacciato il naso in affari che non mi riguardavano. Sono stato minacciato e lo sono state anche le persone a me care, te compreso, quindi non posso farne parola in nessun modo, ma questa non è stata altro che la conferma dei miei sospetti. »
Quel racconto lasciò Lance agghiacciato: se il potere alteano unito a quello dei cristalli fosse finito nelle mani di Daibazaal, sarebbe stata la fine per tutti i regni liberi. Non aveva dubbi sul fatto che gli alteani detentori del dono si sarebbero rifiutati di collaborare, ammesso che ci fossero sopravvissuti e che questi fossero nelle mani dei galra, ma era altresì certo che sarebbero stati applicati su di loro metodi molto persuasivi.
« In principe Keith non ha voluto ascoltarmi, ha pensato che mi stessi inventando una storia! » esclamò quindi, vedendo le loro possibilità di mettere un freno a quelle mire espansionistiche assottigliarsi sempre di più. « E se fosse d’accordo con loro? Se ci fosse lui a capo di tutto?»
Shiro sospirò e si sedette su una delle panche di marmo disseminate per il giardino, invitando Lance a fare lo stesso.
« Quanto sai della politica di Daibazaal? Qualcuno ti ha parlato della reggenza? » chiese.
Lance scosse la testa.
« Allora è bene che tu conosca la situazione prima che succeda qualcosa di troppo grosso per essere controllato. »

Continua...


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