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Autore: K ANTHOS    01/12/2020    0 recensioni
Viterbo, fine Ottocento.
Anna, una giovane ragazza della media borghesia cittadina, rimane improvvisamente orfana del padre, morto dopo aver perduto gran parte del proprio patrimonio in circostanze poco chiare.
Scossa dalla perdita e rimasta sola, Anna accetta l'invito per l'estate di una facoltosa zia paterna proprietaria di una vasta
tenuta nelle campagne maremmane.
L'incontro fortuito con un cavallo indomabile e con l'anziano stalliere della tenuta la metterà di fronte alle sue fragilità ma anche alla sua inconsapevole forza, coinvolgendola in un percorso di rinascita e di maturazione personale.
L'amore travolgerà Anna senza via di scampo ed avrà gli occhi di un ragazzo volitivo e tenace che non appartiene alla sua classe sociale ma che sarà pronto a lottare contro tutto e tutti pur di conquistarla.
Anna a questo punto dovrà decidere della sua vita: se seguire l'istinto del cuore o rinunciare per sempre ad esso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Con grande sorpresa di tutti, e soprattutto di Anna, Lodovico prese posto nel largo cerchio formato dai butteri.

I ragazzi si guardarono l’un l’altro chiedendosi a cosa fosse dovuto il cambio di programma nel gioco ma subito furono pronti per cominciare. Aurelio dette il via: i cavalli cominciarono a girare vorticosamente verso sinistra mentre gli uomini tenevano d’occhio le sedie al centro del campo.

Improvvisamente il fattore gridò:

-Ora!-

Tutti si fermarono, smontarono da cavallo e si gettarono a sedere sulla sedia più vicina: Enrico venne eliminato mentre Lodovico e Leonardo cominciarono a scambiarsi sguardi eloquenti.

Aurelio ebbe un brutto presentimento e suo malgrado fece riprendere il gioco. Gettò un’occhiata severa al nipote che risaliva a cavallo, Leonardo lo guardò e si girò per nulla intimorito.

Il giro vorticoso riprese e i cavalli, per il caldo e la stanchezza, cominciarono ad essere lucidi di sudore.

Nella seconda lotta per la sedia uno dei butteri riuscì scherzosamente a sfilarla ad un compagno che, sicuro della presa dello schienale, si stava abbassando per sedersi: l’uomo cadde a terra tra fragorose risate, i due si strinsero la mano e il buttero poco accorto venne eliminato.

Questo tipo di lotte giocose si facevano più frequenti al calare del numero dei partecipanti ed Anna, che le osservava inquieta, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di potersi allontanare da quel luogo.

Comprendeva infatti dai loro sguardi che la rivalità dei due giovani li avrebbe potuti portare oltre il semplice gioco.

Rimasero in tre, Lodovico, Leonardo e Giuseppe, a contendersi due sedie: al momento del segnale i due rivali puntarono la stessa sedia e ne nacque una battaglia fatta di spintoni e strattonate per accaparrarsela. Il gioco si era trasformato in una rivalsa personale e non ci volle molto perché passassero ad azzuffarsi direttamente. Cominciarono a rotolarsi nel campo, ogni tanto uno dei due riusciva ad assestare un pugno all’altro.

I primi ad accorrere furono Fiore e Aurelio: provarono a dividerli ma tanta era la foga dei due che faticarono non poco:

-Fermatevi per l’amor del cielo, smettetela… Leonardo fermati!- lo zio lo richiamava inutilmente.

Anche Giuseppe cercò di separarli senza risultato, quindi arrivarono di rinforzo gli altri butteri.

Tra chi incitava alla lotta e chi cercava di sedarla, venne fuori una gran confusione. Il vociare della gente era crescente e Anna, di fronte a quella scena riprovevole, decise di ritirarsi alla villa, non sarebbe stata lì un minuto di più a guardare.

Prese il sentiero lastricato che costeggiava l’aia, il fragore delle grida riecheggiava tra le facciate delle case contadine nel cortile deserto, quando sentì delle urla attutite di aiuto.

Si guardò intorno e non vide nessuno, stava per procedere quando sentì la voce di una ragazza che gridava: la seguì e si ritrovò all’ingresso della limonaia poco distante dal cortile.

La scena che vide la fece trasalire: un uomo, uno degli operai stagionali della tenuta, teneva ferma contro il muro una ragazza. La abbracciava e baciava mentre lei si dimenava cercando di allontanarlo: le aveva strappato la camicetta e i capelli le si erano sciolti lungo le spalle, Anna la riconobbe, era Martina la figlia di uno dei contadini.

-Per l’amor di Dio fermatevi… allontanatevi da lei vi ho detto…-  gli intimò sconvolta, ma le sue parole non sortirono alcun effetto su quell’uomo.

La ragazza implorava di essere aiutata e Anna, con occhio frenetico, si guardò attorno e trovò il bastone con cui tenevano aperta la porta della limonaia nelle giornate di calore intenso.

Con tutta la forza che poteva racimolare in quel momento di paura e concitazione lo colpì sulla schiena.

L’uomo ebbe un sussulto e si allontanò da Martina. Accusò il colpo per alcuni secondi, il tempo necessario perché Martina cercasse rifugio dietro ad Anna. La ragazzina era scossa dal pianto ed era nel completo panico.

L’uomo, abituato alle fatiche della vita dei campi, si riprese subito e si rivolse ad Anna.

-Maledetta puttana… Adesso ti faccio vedere io qual è il tuo posto…- le si avventò addosso e la prese per il collo.

-Scappa Martina, chiedi aiuto, corri…- prima che le impedisse di respirare, Anna riuscì a far rinsavire Martina che corse via.

-Adesso ti faccio vedere io come si trattano le signorine ricche come te…- l’uomo era completamente ubriaco, emanava un puzzo insopportabile di vino e Anna cercò di tenerlo lontano da sé con le braccia tese.

Cominciò a sentire uno strano dolore alla base del collo, le stava premendo il cammeo contro la gola e faticava a respirare, pregava in cuor suo che accorresse qualcuno e furono secondi interminabili.

La spinse quindi contro il muro e cominciò a premere più forte. 

Iniziava a mancarle l’ossigeno e a vederci male e tentò con la destra di afferrare qualcosa, qualsiasi cosa fosse a portata di mano. Sentì sopra un vaso lì accanto un oggetto spigoloso. Era un mattone: lo afferrò e con le ultime forze rimaste lo scagliò contro la testa dell’uomo.

Cadde seduto a terra con la tempia grondante di sangue: un vistoso taglio era apparso sul sopracciglio e la zona si stava gonfiando a vista d’occhio. Si lamentava sommessamente e Anna, completamente priva di forze, scivolò con la schiena lungo il muro della casa e si ritrovò seduta sui talloni.

Martina era corsa al campo e si era raccomandata ai primi due uomini della tenuta che aveva incontrato.

-La signorina Anna è in pericolo, un operaio l’ha aggredita…- la notizia passò di bocca in bocca e il putiferio dal campo passò alla limonaia.

Un gran vociare animato si avvicinava, Anna non vedeva bene ma riconobbe le voci di Fiore e di Cesare.

-Mio Dio signorina Anna, cosa vi hanno fatto…- Cesare, nel vederla in quello stato, si era fatto prendere dal panico.

-Signorina Anna come vi sentite?- Fiore cercava di farla riprendere sostenendole la testa.

-Solo un attimo Fiore, ho bisogno di respirare, non ci vedo bene…- Anna aveva sul collo i segni delle dita che l’avevano stretta e un po’ di sangue affiorava nei contorni del cammeo facendolo risaltare di più sulla camicetta bianca.

-Dovete chiamare le autorità… ha aggredito Martina…- fece lei riprendendosi.

-Ci pensiamo noi signorina a lui, qui non abbiamo bisogno di nessuno…- le rispose Domenico.

Giunse poi il signor Aurelio che con sangue freddo richiamò i suoi uomini e valutò la situazione.

-Andate a prendere le sue cose e portate un carro- il fattore sapeva cosa fare: gli avrebbero finito di dare una bella lezione e lo avrebbero rispedito da dove era venuto lasciandolo alla prima stazione di posta.

Arrivarono in quel momento Leonardo e Lodovico sporchi, impolverati e con la faccia piena di ecchimosi: il primo aveva uno zigomo gonfio e sanguinante, il secondo il sopracciglio tagliato.

-Brutto bastardo cosa le hai fatto…- Leonardo si era scagliato furibondo contro quell’uomo ma lo trattennero.

La giustizia nel latifondo era una cosa che aveva sempre riguardato la padrona e il suo fattore, le autorità non erano mai state chiamate e nemmeno in questa occasione sarebbe successo.  

-Ce la fate a camminare fino alla villa? Altrimenti vi prendo in braccio- fece Fiore.

-Sì, ce la faccio…-

Anna lentamente raggiunse il salotto della zia e si sedette esausta sulla poltrona, la donna alla vista della nipote in quello stato quasi svenne:

-Cosa ti hanno fatto Anna, o mio Dio, chiamate il dottore…- la donna non capiva cosa potesse esserle successo.

Ora che si sentiva al sicuro ed il pericolo era passato le lacrime le salirono agli occhi e cominciarono a rigarle le guance, mentre profondi singulti iniziarono a scuoterla nel profondo: l’adrenalina lasciava il posto alla paura.

   
 
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