Fanfic su artisti musicali > Pink Floyd
Segui la storia  |       
Autore: MackenziePhoenix94    02/12/2020    0 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando David entrò nella piccola e pulita stanza d’ospedale, Jennifer assunse il classico comportamento di una persona che si sentiva colpevole e che provava una profonda vergogna: arrossì intensamente e abbassò gli occhi sul candido lenzuolo che le copriva le gambe magre, esattamente come anni prima aveva fatto quando Ginger era andata a farle visita in seguito al ricovero per l’unica pasticca di acidi che aveva assunto in tutta la sua vita; e proprio come era accaduto in quell’occasione con la sorella maggiore, si aspettava di vedere David profondamente deluso, amareggiato ed incazzato, invece l’uomo chiuse la porta alle proprie spalle, per avere un po’ di privacy, si avvicinò al lettino singolo e si sedette sul bordo del materasso.

Jennifer percepiva la sua presenza e la sua vicinanza, ma non era intenzionata a sollevare gli occhi verdi proprio per il profondo senso di vergogna che avvertiva; quando aveva riaperto gli occhi, ormai fuori pericolo, ed era tornata a ragionare a mente lucida, si era subito resa conto della cazzata commessa e delle conseguenze a cui aveva rischiato di andare incontro.

Per un soffio, aveva quasi lasciato Pamela senza l’unica figlia che le era rimasta, e Harry, Brendon ed India orfani di madre.

No, non era del tutto esatto: Harry e Brendon sarebbero rimasti orfani di madre… India aveva già un’altra figura femminile che vedeva come un punto di riferimento.

La giovane donna sentì gli occhi farsi umidi di lacrime al solo pensiero della figlia che aveva perso per sempre e di cui non sarebbe mai riuscita a riconquistarne l’affetto (quali possibilità aveva finché il suo ex marito continuava a dipingerla come la cattiva della situazione?), ma riuscì a ricacciarle indietro, almeno per il momento; continuò a rimanere in silenzio, pur sapendo che David stava aspettando che fosse lei la prima a parlare.

Esigeva delle spiegazioni a quello che lui e gli altri avevano visto, e lei lo capiva benissimo: al posto suo si sarebbe comportata nello stesso, identico, modo.

Ma al momento non aveva alcuna voglia di aprire bocca, non per prima almeno.

Gilmour si schiarì la gola.

“Il dottore ha detto a me ed a Richard che fortunatamente sono riusciti a risolvere il tuo problema con una lavanda gastrica, perché non era trascorso molto tempo dal momento in cui avevi assunto i tranquillanti. Poteva entrare solo una persona in stanza e Rick ha insistito perché fossi io. È andato a prendere la metropolitana per tornare in albergo il prima possibile, perché a piedi sarebbe una passeggiata troppo lunga, così può rassicurare tutti quanti riguardo alle tue condizioni. Il dottore ha anche detto che per questa notte…”

“No” Jennifer sollevò finalmente la testa di scatto e rivolse uno sguardo spaventato all’ex cognato “non m’importa di quello che ha detto il dottore. Mi sento bene e non ho alcuna intenzione di trascorrere una sola notte in ospedale, a meno che non sia strettamento necessario”

“Ma il dottore ha detto che per sicure…”

“David, mia sorella ha trascorso più di un mese rinchiusa nella stanza di un ospedale, se resto qui dentro ancora per un’ora giuro che mi viene la nausea. Voglio andarmene il prima possibile, riposerò in albergo. Ti prego di non insistere riguardo a questo” spiegò la giovane donna in un sussurro; da quando Ginger era stata costretta a trascorrere molto tempo rinchiusa in una stanza simile, Jen aveva iniziato a provare una profonda paura, mista a disgusto, per gli ospedali in generale: voleva stare il più lontano possibile dal posto che alla sua famiglia aveva portato solo tanto dolore e sofferenza.

E David lo capì subito.

“D’accordo, allora tra poco andremo a firmare le carte insieme, ma prima dobbiamo parlare”

“Ti prego, non possiamo farlo in albergo? Ti ho già spiegato che non voglio restare qui…”

“No” ribatté Gilmour in tono grave “dobbiamo farlo adesso”

“Immagino che tu voglia delle spiegazioni” mormorò Jennifer abbassando lo sguardo sulle proprie gambe ed iniziando a giocherellare con un lembo del lenzuolo, le lacrime erano tornate a pizzicarle gli occhi “io non… Non so cosa dire riguardo a… Tutto questo”

“Non sai cosa dire?” ripeté Gilmour sgranando gli occhi azzurri in un’espressione stupefatta “Jennifer, ti rendi conto che non puoi dire queste parole? Sono stato costretto ad aprire la porta a spallate perché era chiusa dall’interno e tu non rispondevi, e quando ci sono riuscito, ti abbiamo trovata esanime sul letto!”

“Mi dispiace che tu sia stato costretto a prendere la porta a spallate” mormorò Jen arrossendo ancora più intensamente “mi auguro che tu stia bene e che la spalla non abbia riportato alcun trauma, altrimenti i prossimi concerti…”

“L’ho fatta controllare per sicurezza e mi hanno confermato che la mia spalla sta benissimo, quindi non c’è da preoccuparsi per le prossime esibizioni perché sono ancora in grado di suonare la chitarra. Nei prossimi giorni apparirà un brutto livido, ma nulla di cui debba preoccuparmi. Lascia perdere la mia spalla ed il tour, perché adesso non hanno alcuna importanza. Ciò che m’importa davvero è sapere perché lo hai fatto. Jennifer, ti prometto che metteremo a tacere questa storia in poco tempo e diremo che non hai avuto altro che un semplice malore passeggero, ma devi essere sincera con me e non provare a mentirmi: hai assunto tutte quelle pasticche perché hai tentato un gesto estremo? Lo hai fatto perché hai provato a farla finita?” il chitarrista piegò il viso di lato per cercare lo sguardo dell’ex cognata, ma lei era tornata a fissare stoicamente le coperte candide “Jen, vorrei che mi rispondessi in tutta onestà e che lo facessi guardandomi negli occhi… Per favore”.

Jennifer raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e fissò nuovamente Gilmour negli occhi.

Che cosa poteva rispondere? Quale bugia convincente poteva mai inventare per non ammettere la schiacciante verità? Nessuna, perché non esisteva una bugia convincente per spiegare il flacone intero di tranquillanti che aveva ingurgitato in un’unica volta.

“Sì” ammise alla fine, in un sussurro tremolante; David conosceva già la risposta, ma ciò non rese il colpo meno difficile da incassare.

L’uomo abbassò per un momento gli occhi chiari, molto probabilmente per calmarsi; Jennifer si chiese quanti sforzi stava facendo per trattenersi.

“Perché?” domandò semplicemente, tornando a fissarla negli occhi.

Eccola.

La fatidica domanda che tanto temeva e da cui non poteva scappare.

“Perché in quel momento ero disperata e non riuscivo a vedere la famosa luce infondo al tunnel… In realtà, sono ancora disperata ed ancora non riesco a vedere la famosa luce infondo al tunnel” mormorò Jennifer stringendosi nelle spalle magre “non so cosa mi sia preso in quel momento, semplicemente… Semplicemente ho visto tutto nero e le pillole mi sono apparse come l’unica via di fuga possibile”

“Ma non è così. Non è assolutamente così, Jennifer. La luce infondo al tunnel c’è e te l’ho mostrata io!”

“Gettarmi a capofitto in un’altra battaglia legale? Non credo di averne la forza, David, la prima è stata già abbastanza orribile d’affrontare. Non voglio ricorrere di nuovo all’aula di un tribunale, vorrei riuscire a sistemare tutto nel modo più pacifico, ma non è possibile… Perché lui non è intenzionato a retrocedere di un solo passo. E non si presenterebbe mai alle udienze, proprio come ha fatto la prima volta. Ecco perché sarebbe tutto inutile”

“Non sarebbe affatto tutto inutile, perché faremo qualunque cosa per farti riottere l’affidamento di India… Almeno quello condiviso. E lo stesso anche per Harry, se è quello che desideri”

“Quello che desidero” ripeté la giovane donna con uno strano sorriso sulle labbra “quello che desidero davvero è altro, ma non riuscirò mai ad ottenerlo”

“Per questo hai fatto ricorso al quel maledetto flacone di tranquillanti?”

“Prova a metterti nei miei panni, David, e poi vediamo quanto tempo riusciresti a resistere prima di fare simili pensieri. Il mio ex marito non è ancora stanco di farmi la guerra, mia figlia mi odia con tutto il cuore e sono una pessima madre per Harry e Brendon. Ohh, quasi dimenticavo… E sono una totale delusione per mommi perché ho iniziato a fumare ed a fare uso di quei tranquillanti. Come puoi vedere, sono un enorme peso per la maggior parte delle persone che mi circondano. Anche per voi sono un peso… Guarda che enorme casino ho combinato. Mio dio” Jen si lasciò andare contro il cuscino appoggiato alla testiera del lettino “non capisco proprio perché non è accaduto a me”

“Di che cosa stai parlando?”

“Di quello che è successo a Ginger. Mia sorella era una persona meravigliosa, con due bambini piccoli e con una vita davanti a sé… Io non avevo nulla quando le è stata diagnosticata la malattia. Perché è accaduto a lei e non a me? Avrei dovuto esserci io al suo posto. Dovrei esserci io sotto metri di terra… Non lei. Lei non lo meritava”

“E credi di meritarlo tu?”

“Guarda in che casino ho trasformato la mia vita”

“Ingurgitare un intero flacone di tranquillanti non ti aiuterà di certo a risolvere tutti i problemi. Tu saresti sicuramente libera, ma non hai pensato al dolore che arrecheresti alle persone che ti sono più vicine? Lasceresti i tuoi figli orfani di madre, ed anche Pamela sarebbe letteralmente distrutta visto che sei tutto ciò che le rimane. E Ginger non sarebbe affatto contenta di sentirti parlare in questo modo, anzi… Sarebbe sicuramente incazzata”

“Perché dovrebbe esserlo? Non ho detto nulla che non corrisponda al vero. Se ci fosse lei al posto mio…”

“Quello che è successo a Ginger è stata una disgrazia, ma non è stato altro che questo: è accaduto a lei come avrebbe potuto accadere a chiunque altro, e tu non devi vivere nei sensi di colpa. Adesso sei anche tu madre, vuoi davvero far passare a Harry, India e Brendon quello che hanno passato Keith e Demi? Vuoi che anche loro tre abbiano a che fare con un vuoto che si porteranno appresso per il resto delle loro vite? Ginger se ne è andata per colpa di una malattia, ma pensa a quale avrebbe potuto essere la reazione dei tuoi figli se avessero saputo che la loro madre si è volontariamente tolta la vita, assumendo una dose massiccia di tranquillanti. Sai a cosa li avresti condannati? Si può scendere a patti con una malattia incurabile, ma non con un gesto estremo”

“India non avrebbe passato alcun inferno in quel caso. Io sono già completamente invisibile ai suoi occhi e continuerà ad essere così”

“Perché trascorre tutto il suo tempo con il padre, ma se tu riuscissi ad ottenere l’affidamento condiviso, lei si accorgerebbe finalmente che non sei tu ad essere un mostro”

“Lo sono eccome, invece. Guarda cosa ho fatto” gemette la giovane donna allargando le braccia; i continui sbalzi d’umore erano solo l’ennesimo segnale della profonda depressione che stava attraversando e che poche ore prima l’aveva spinta a tentare un gesto estremo “se tu non fossi arrivato in tempo, avrei condannato la mia famiglia a vivere un inferno in Terra. Mi dispiace per quello che ho fatto, sono rimasta ancora la stupida ragazzina che ha preso una pasticca di acidi senza pensare a cosa poteva andare incontro, ma in quel momento ho visto tutto nero. Ho visto un velo scendere davanti ai miei occhi e non riuscivo a pensare ad altro che non fosse quel flacone di tranquillanti e questo perché sono una persona debole… Un mostro”

“Tu non sei un mostro, Jennifer, cerca di mettertelo in testa una volta per tutte. Sei solo una persona che ha disperatamente bisogno di essere aiutata e ti chiedo scusa per non averlo capito prima. Mi dispiace di non aver ascoltato prima la tua richiesta d’aiuto, ma adesso sono pronto a porvi rimedio in qualunque modo possibile: io sono disposto ad aiutarti ed a darti tutto il supporto di cui hai bisogno in questo momento, Jennifer, ti aiuterò ad ottenere l’affidamento congiunto sia di India che di Harry, ma in cambio devi promettermi che al nostro rientro a Londra contatterai uno specialista con cui parlare e da questo stesso momento smetterai di usare quei dannati tranquillanti. E se dovessi aver bisogno di fare ricorso ad una clinica di disintossicazione, sono pronto ad aiutarti finanziariamente anche con quella”

“Ho la testa che mi pulsa terribilmente e non ho voglia di pensare a quello che farò quando rientreremo in Inghilterra” mormorò la giovane donna con una smorfia, appoggiando la mano destra alla fronte dolorante “accompagnami in albergo, David, ho bisogno di riposare”.

David preferì non insistere, anche se Jennifer non gli aveva dato la risposta che desiderava: l’aspettò fuori dalla stanza mentre si cambiava, l’accompagnò a firmare le carte per essere dimessa anticipatamente e l’aiutò a salire in macchina.

Durante il viaggio di ritorno nessuno dei due parlò: David guardava la strada davanti a sé, il volante stretto tra le mani, mentre lo sguardo di Jennifer era rivolto verso il finestrino alla sua destra; non vedeva veramente i quartieri che sfrecciavano velocemente attorno a loro, la sua mente era rivolta da tutt’altra parte, lontana anni luce da quelle graziose villette e dai loro giardinetti con l’erba tagliata con cura.

Dopo aver parcheggiato la macchina nel posto a lui riservato, il chitarrista aiutò l’ex cognata, avvolta in una coperta che lui stesso le aveva gentilmente dato, ad uscire, le passò il braccio destro attorno ai fianchi per sorreggerla e l’accompagnò verso l’entrata principale dell’edificio; Keith e Demi si trovavano per puro caso nella hall, e si alzarono subito non appena videro la zia materna in perfetta salute ed in grado di reggersi sulle proprie gambe.

Sarebbero corsi subito da lei per bombardarla di domande, se David non li avesse prontamente fermati con un semplice cenno della testa; i due ragazzi resistettero alla tentazione di correre da Jennifer e si sedettero di nuovo davanti ad un grazioso tavolino dalla forma ovale, ma quando, pochi minuti più tardi, Gilmour scese di nuovo nella hall, il più grande si affrettò a raggiungerlo per chiedergli quali fossero le attuali condizioni della zia materna: Rick li aveva avvisati della lavanda gastrica e del pericolo scampato per puro miracolo, ma Keith voleva sapere perché Jen fosse arrivara a tentare il suicidio.

“Adesso sta bene, ha solo bisogno di riposare e di essere lasciata un po’ in pace” spiegò David, mentre Demi si univa a Keith; il ragazzo inarcò il sopracciglio destro in un’espressione scettica.

“E tu vorresti lasciarla da sola dopo quello che ha tentato di fare?”

“Non accadrà di nuovo. È tornata in sé e si è resa conto dell’errore che ha quasi commesso e di quello che avrebbe perso”

“Sì, ma perché lo ha fatto? Dovrà pur averti dato qualche genere di spiegazione, o non hai ancora affrontato l’argomento con lei?”

“Certo che l’ho fatto, ma non ho ottenuto altro che qualche risposta confusa e nulla di più. Ha detto che non sa cosa le sia preso in quel momento e che ha visto un velo nero davanti agli occhi. Ascoltate, ragazzi, insistere troppo non porterà a nulla ora, perché vostra zia non farà altro che chiudersi ancora di più in sé stessa. Prima di uscire dalla stanza mi sono occupato personalmente di quelle dannate pillole” l’uomo mostrò a Keith e Demi l’altro flacone di medicinali che la giovane donna gli aveva volontariamente dato non appena erano entrati in camera; come ulteriore precauzione, Gilmour aveva controllato scrupolosamente che non ce ne fossero altri nascosti con cura e se ne era andato solo dopo essere certo di avere con sé l’unico flacone di tranquillanti presente lì dentro “e comunque andrò personalmente a controllarla piuttosto frequentemente, e quando non lo farò io, lo faranno Rick o Nick. Parlerà volontariamente non appena si sarà ripresa del tutto, nel frattempo non possiamo fare altro che darle i suoi spazi e lasciarle tutto il tempo di cui ha bisogno”

“Ma come diavolo fai ad essere così tranquillo?” chiese Keith, sconvolto.

“Io non sono affatto tranquillo, Keith, pensi che non mi renda conto della gravità della situazione? Ovvio che non sono affatto tranquillo perché vorrei aiutare Jennifer, ma non ho la più pallida idea di cosa fare in modo concreto per lei… Ma pensi che servirebbe a qualcosa se mi lasciassi andare al panico od alla disperazione? Mi rendo conto anche io che Jen si sta lasciando andare, ma perdere la testa non servirà di certo ad aiutarla, non credi? Lasciatela riposare, adesso. Tra un po’ andrò a controllarla e magari voi due potete andare a farle visita questa sera, quando si sarà ripresa un po’ di più, d’accordo?”.

Keith finse di essere d’accordo con David, ma non appena il chitarrista si allontanò verso il corridoio che portava alla zona relax (dopo aver comunicato ai due ragazzi l’intenzione di riposarsi un po’ su uno sdraietto a bordo piscina), si precipitò su per le numerose rampe di scale e venne subito seguito da Demi, che tentò inutilmente di fermarlo.

“Keith! Aspetta! Non hai sentito quello che papà ha detto? Zia Jen ha bisogno di riposare adesso… Non credo che abbia molta voglia di parlare e forse dovremo aspettare davvero questa sera per farle visita!” disse il ragazzino, raggiungendo il fratello maggiore davanti alla porta della camera da letto della zia materna: aveva percorso le scale così in fretta che ora era costretto a respirare dalla bocca per riprendere fiato; Keith scosse la testa, per nulla intenzionato a lasciarsi convincere.
“Aspetta tu fino a stasera se ne sei capace, io voglio parlare con la zia adesso” sentenziò con voce ferma ed in tono deciso; non aspettò una risposta da parte di Demi, bussò e socchiuse la porta.

Grazie al cielo non era stata nuovamente chiusa dall’interno.

Il giovane entrò nella camera da letto, chiuse la porta alle proprie spalle e guardò subito la zia materna, semisdraiata sul letto troppo grande e spazioso per una sola persona; Jennifer posò sul comodino la rivista che stava sfogliando e fissò il nipote più grande con un’espressione sorpresa, perché non si aspettava di vederlo così presto.

Non era vero. Una parte di lei sapeva che il primo a farle visita sarebbe stato Keith, e sapeva anche che avrebbe preteso delle risposte in merito alla quantità eccessiva di tranquillanti che aveva assunto.

Keith lasciò andare il pomello della porta ed andò a sedersi sul bordo del letto; per un po’ rimase in silenzio, alla ricerca delle parole giuste con cui iniziare un discorso.

“Lo zio Rick  ha informato me, Demi e tutti gli altri della lavanda gastrica che ti hanno fatto in ospedale, e poco fa Dave mi ha confermato che adesso stai meglio, ma che vorresti riposare un po’… Ha anche detto a me ed a Demi di non disturbarti per il momento, ma non potevo aspettare fino a questa sera per parlarti. Sono contento di vedere che stai bene e che sei qui con noi, zia Jen, ma devo chiedertelo, e preferisco andare dritto al punto della questione, senza perdere troppo tempo a girarci intorno: perché lo hai fatto? Perché hai preso tutte quelle pillole? Volevi davvero farla finita?”.

Jennifer trovò improvvisamente difficile sostenere lo sguardo di Keith senza avvertire il bisogno di rivolgere il proprio verso qualunque altro punto della stanza; perfino i piccoli batuffoli di polvere che galleggiavano a mezz’aria, resi visibili dai raggi di sole che entravano dalla finestra, tutto d’un tratto erano diventati estremamente interessanti: li avrebbe fissati per ore, pur di non rispondere a quella domanda.

“Zia Jen?” insistette Keith, riportandola alla realtà “zia, perché lo hai fatto? Volevi davvero farla finita?”

“In quel momento credo proprio di sì”.

Il giovane sgranò gli occhi verdi dallo sconcerto.

“Ma… Perché, zia? Per quale motivo?”

“Perché in quel momento non riuscivo a vedere nessun’altra via d’uscita, anche se David è di parere contrario” mormorò la giovane donna con un’espressione abbattuta “vuole aiutarmi ad ottenere l’affidamento congiunto di India ed Harry non appena torneremo in Inghilterra, ma quello che ancora non ha capito è che io sono stanca di portare avanti questa guerra inutile e non ho alcuna intenzione di dare inizio ad una nuova battaglia legale senza esclusione di colpi. Lo farei solo se ciò mi desse la possibilità di ritrovarmi faccia a faccia con lui, ma so già che non accadrebbe: non si presenterebbe a nessuna udienza e manderebbe al suo posto quella troia bionda platinata. Se seguissi il consiglio di David, non otterrei altro che alimentare la sua furia nei miei confronti, ed io non voglio questo. Non l’ho mai voluto… Mio dio, che stupida che sono stata… Ho perso per sempre l’unico uomo che abbia mai amato perché mi sono comportata come la stupida ragazzina ingenua che sono sempre stata. Tua madre me lo ripeteva in continuazione, quando eravamo più piccole, ed aveva perfettamente ragione: sono sempre stata una stupida ragazzina e sempre lo sarò”

“Io non ti reputo affatto una stupida ragazzina”

“No? E come reputi, allora, una persona che ha mandato all’aria la famiglia ed il matrimonio che sognava da una vita?” domandò Jennifer, fissando di nuovo il nipote più grande negli occhi, ignorando le lacrime che le appannavano la vista “nell’ultimo periodo il matrimonio tra me e Roger non andava affatto bene, perché lui era sempre freddo e distante, e le sue preoccupazioni ruotavano solo ed esclusivamente attorno a quel maledetto album. Era così ossessionato da The Wall che alla fine quel maledetto muro si è messo in mezzo anche a noi due. Ho provato più volte a parlargli del distacco che si stava creando tra noi, ma non ha mai voluto ascoltarmi. Diceva che andava tutto bene, che non dovevo preoccuparmi di nulla, che le mie non erano altro che paranoie infondate, ma non faceva nulla di concreto per passare dalle parole ai fatti. Ecco perché sono finita tra le braccia di Bob. All’inizio ho cercato in qualunque modo possibile di stargli lontana e di non incoraggiare il suo corteggiamento, ma alla fine ho ceduto, perché il mio matrimonio sembrava essersi trasformato in una trappola… Ed ora non c’è giorno in cui non mi maledico per l’enorme casino che ho combinato. Sono una persona orribile perché ho rovinato la mia famiglia e perché non riesco ad essere una brava mamma con Brendon. Sono sempre così dura nei suoi confronti, povero piccolo, benché lui non c’entri nulla in questa storia, è solo l’ennesima vittima innocente e la colpa è tutta mia. Finirà per odiarmi, proprio come India… E lo stesso accadrà anche con Harry. Arriverà il giorno in cui anche il mio piccolo maialino mi volterà le spalle e non vorrà più avere nulla a che fare con me. Me lo sento”

“Brendon ed Harry non ti odiano, e sono certo che anche India in realtà non ti odia”

“Ohh, Keith, ti ringrazio per quello che stai facendo per me, ma la penseresti in modo diverso se avessi visto il suo sguardo ed avessi sentito le parole che mi ha rivolto: mia figlia prova per me un odio viscerale e riguardo a questo non nutro alcun dubbio. Non vuole saperne di me. Per lei, adesso sono Roger e Carolyne la sua nuova famiglia” Jennifer emise un profondo sospiro rassegnato e guardò Keith negli occhi; gli accarezzò con dolcezza la guancia destra e ripensò al giorno in cui aveva conosciuto Syd di persona e gli aveva chiesto di sentire la consistenza dei suoi ricci voluminosi… Dio, quanto si assomigliavano quei due. Potevano essere perfino la stessa persona “e ho dimostrato di essere una persona orribile anche con te, Keith. Avevo promesso a tua madre che mi sarei presa cura di te, invece non sono riuscita a farlo perché ero troppo impegnata a rovinare la mia vita con le mie stesse mani. Perdonami per quello che ti ho detto e dimentica le parole che ti ho rivolto nel parcheggio perché ero fuori di me dalla rabbia. Tua madre non sarebbe affatto delusa dal tuo comportamento. Se fosse qui con noi, sono certa che sarebbe orgogliosa sia di te che di Demi… E se fosse qui con noi, sono certa che sarebbe riuscita a fare molto di più di quello che io ho fatto negli ultimi anni. Credo perfino che in un modo o nell’altro avrebbe riconquistato David e sarebbero tornati ad essere una famiglia felice… Ginger meritava più di chiunque altro di essere felice”.

Keith ricacciò a fatica il nodo che aveva in gola; aveva appena sei anni quando sua madre se ne era andata, ma la sua immagine era ancora impressa con chiarezza nei suoi ricordi, come il suono della sua voce, quello della sua risata ed il profumo della sua pelle.

Erano tanti i ricordi che custodiva gelosamente, ma evitava di rievocarli perché a distanza di tredici anni c’erano ancora i momenti di debolezza in cui si ritrovava a piangere ed ad implorare la madre di tornare indietro da lui; c’erano ancora i momenti in cui voleva illudersi che tutto quello altro non era che un orribile incubo da cui non riusciva a svegliarsi.

Roger glielo aveva detto una volta, tanto tempo prima, nel corso di una conversazione da uomo ad uomo: quel tipo di dolore non se ne sarebbe mai andato del tutto; se lo sarebbe portato appresso per sempre, pronto a rispuntare fuori quando meno se lo aspettava, e non sarebbe mai stato meno intenso, neppure ad anni ed anni di distanza.

“Invece no. Credo che mamma sarebbe stata molto delusa dal mio comportamento. Avrei dovuto dirti tutto fin da subito, invece…”

“Roger ti aveva promesso delle risposte riguardo tuo padre. Al posto tuo avrei agito nello stesso modo. Non fartene una colpa e smettila di pensare a quello che ti ho detto. Tu non hai fatto nulla di sbagliato, anzi. Devo ringraziarti, perché Harry è riuscito a mantenere almeno un contatto telefonico con suo padre”

“Sì, ma è da parecchio tempo che non vuole più parlare con lui al telefono. Negli ultimi mesi continua ad accampare delle scuse quando cerco di passargli la cornetta. Quindi, come puoi vedere, non sono riuscito ad ottenere nessun valido risultato”

“La colpa non è tua, Keith. Harry è frustrato perché vorrebbe vedere suo padre e trascorrere un po’ di tempo con lui. Non riesce a capire perché non si sia fatto ancora vivo per incontrarlo e sono certa che si stia facendo strada in lui la convinzione che suo padre lo odi… Povero il mio piccolo maialino… Harry è un bambino così buono, tranquillo ed educato… Non merita tutto questo. Perché devono sempre soffrire le persone che non se lo meritano affatto? Che cosa ho fatto? Guarda quante vite ho rovinato per colpa della mia stupidità!” Jen affondò il viso tra le mani ed emise un singhiozzo “se solo riuscissi a farmi ascoltare da Roger, forse potrebbe esserci una speranza, ma lui non è intenzionato a tornare indietro sui suoi passi, ed io non so più cosa fare. Il viaggio a St. Louis è stato l’ultima spiaggia, l’ultimo spiraglio di luce che era rimasto infondo al tunnel”

“Zia, io…”

“Per favore, Keith, lasciami un po’ da sola” lo supplicò la giovane donna, senza scostare il volto dalle mani “ho bisogno di riposare un po’, questa conversazione è stata molto stancante. Mi dispiace se non ti ho dato tutte le spiegazioni che avrei dovuto, ma in questo momento proprio non ce la faccio. Non ne ho la forza né fisica né mentale per farlo. Ti prego di non insistere”.

Al giovane sembrò di rivivere una situazione simile a quella con Gala a bordo piscina: qualunque cosa avesse detto in quel momento, non sarebbe servita a risolvere la situazione.

E proprio come aveva fatto poche ore prima con l’amica d’infanzia, anche questa volta non gli rimase altra opzione se non quella di accettare il volere della zia materna ed obbedire in silenzio; si alzò dal letto ed uscì silenziosamente dalla stanza per fare ritorno nella propria.

Trovò Demi semisdraiato sul suo letto, intento a leggere un fumetto di supereroi che Jamie gli aveva prestato; se c’era una piccola nota positiva in quel viaggio, era che i due ragazzi, nonostante i due anni di differenza, avevano stretto un bel rapporto di amicizia e trascorrevano praticamente tutto il loro tempo libero insieme… Quando Jamie non era costretto a stare chiuso in camera a studiare, ovviamente.

Demi mise subito da parte il fumetto e rivolse al fratello maggiore un’occhiata ansiosa.

“Allora? Come sta la zia?”

“Come vuoi che stia, Demi? È semplicemente distrutta” Keith chiuse la porta, si avvicinò al proprio letto e si lasciò cadere a braccia aperte sul materasso “si dà colpe che non ha e dice di vedere tutto nero. Vorrebbe solo avere una possibilità di parlare con lo zio faccia a faccia e che lui fosse disposto ad ascoltarla. Pensa che se lui l’ascoltasse, forse ci sarebbe una possibilità concreta di sistemare tutto”

“E tu credi che sia così?” domandò il più piccolo con un’espressione preoccupata “Keith, io vorrei tanto che tra loro due si sistemasse ogni cosa, ma a questo punto non credo che sia possibile. Non pensi che ormai si sia formata una spaccatura così profonda che non può essere riparata in alcun modo?”

“Io penso che Roger, al di là di tutto, dovrebbe darle una possibilità, visto che lei per prima gliel’ha concessa anni fa, perché non so per quanto tempo ancora la zia potrà sopportare questo inutile gioco al massacro. È già arrivata quasi al limite, ed il suo gesto l’ha dimostrato appieno, e temo che ben presto possa riaccadere qualcosa di simile se qualcosa non cambia nel frattempo” mormorò Keith, per poi tirarsi su di scatto col busto “è arrivato il momento che io faccia qualcosa di concreto per loro due, per rimediare alla cazzata che ho commesso. Zia Jen ha ragione, anche se mi ha detto che devo dimenticarmi quelle parole: nostra madre sarebbe profondamente delusa dal mio comportamento e vorrebbe che rimediassi il prima possibile”

“Keith, non penso che tu abbia colpe”

“Ne ho molte, invece”

“E cosa vorresti fare?”.

Il più grande allungò la mano destra verso il telefono e prese in mano la cornetta.

“Lo zio Rog non è intenzionato ad ascoltare la zia” spiegò, appoggiando la cornetta all’orecchio destro e digitando un numero di telefono “ma forse è pronto a fare un’eccezione con me”.



 
Carolyne pettinò con cura i lunghi capelli dorati e li raccolse in uno chignon con un elastico ed alcuni fermagli neri; scrutò il proprio riflesso nello specchio a lungo, piegando il viso prima a destra e poi a sinistra, per essere certa di aver camuffato alla perfezione il punto in cui le era stata strappata una ciocca di capelli a mani nude.

La donna strinse le labbra in un’espressione contrariata al ricordo degli orribili momenti vissuti nel centro commerciale; non era affatto contenta delle misure drastiche che Roger non aveva adottato in seguito all’aggressione ingiustificata che aveva subìto: poco le importava se suo marito era convinto che Jennifer non avrebbe tentato un gesto simile una seconda volta, se fosse stata al posto suo si sarebbe rivolta immediatamente alle autorità.

Quella pazza furiosa (perché altro non era che una pazza furiosa!) non si era limitata ad aggredirla verbalmente ed a rivolgerle insulti irripetibili, l’aveva aggredita fisicamente! E se Roger non fosse stato presente, chissà quante altre ciocche intere di capelli le avrebbe strappato con le sue stesse mani!

India entrò nella stanza e si lasciò cadere sul bordo del letto; la bambina indossava ancora una larga maglietta nera, a maniche lunghe, che apparteneva al padre e che usava come pigiama: accadeva spesso che Roger spalancasse le ante del proprio armadio e che non trovasse un determinato indumento perché gli era stato sotratto di nascosto dalla figlia più piccola.

Osservò in silenzio Carolyne alle prese con la sua acconciatura pressoché perfetta e socchiuse le labbra carnose in un’espressione ammirata: considerava la matrigna la donna più bella ed elegante che avesse mai visto in tutta la sua vita; non sapeva come fosse possibile, ma non aveva mai né un capello fuori posto né la più piccola sbavatura di trucco.

Non l’aveva mai vista scompigliata neppure di prima mattina.

“Come sei bella” sospirò, attirando su di sé gli occhi scuri di Carolyne, che sorrise compiaciuta.

“Ti ringrazio, tesoro, ma anche tu sei molto bella”

“Non penso proprio”

“Perché dici così?”.

India non rispose e scrollò le spalle; Carolyne le fece cenno di raggiungerla, la bambina si alzò dal bordo del letto ed andò a sedersi sulle gambe della donna, che le ripeté la domanda per la seconda volta, sistemandole sulle spalle i lunghi capelli castani, che le scendevano fino a metà schiena.

“Perché non c’è nulla di bello nel mio viso” rispose India, guardando il proprio riflesso e confrontandolo con quello di Carolyne, che si stava ancora occupando dei suoi capelli.

“Questo non è assolutamente vero. Io vedo dei bellissimi occhi azzurri, delle bellissime labbra carnose e dei bellissimi capelli castani”

“Io vedo un viso troppo lungo e dei denti troppo grandi”

“Non è assolutamente vero, India”

“Però alcuni miei compagni di classe la pensano proprio così. Un giorno, un bambino ha detto che il mio viso assomiglia al muso di un cavallo, ed io l’ho ripagato con un calcio tra le gambe. Se ne è andato piagnucolando, ma non ha detto nulla al maestro perché io non ho ricevuto alcuna punizione quando siamo tornati in classe. Secondo me, non lo ha fatto perché si vergognava troppo al solo pensiero di essere stato picchiato da una femmina” confessò la piccola mordendosi il labbro inferiore; India poteva essere considerata piccola solo dal punto di vista dell’età, perché era la più alta della sua classe.

Era perfino più alta di alcuni maschi.

Carolyne inarcò le sopracciglia perché non sapeva nulla di quella piccola marachella.

“Quel bambino ha sbagliato a rivolgerti parole così poco carine, India, ma non avresti dovuto dargli un calcio. Non si risolve mai nulla con la violenza. Il tuo compagno di classe avrebbe potuto andare dal maestro a raccontargli tutto e tu avresti passato guai molto seri”

“Non m’importa, non avrebbe dovuto paragonare il mio viso al muso di un cavallo. Lo so di non essere affatto bella, ma nessuno deve offendermi” ribatté India, testarda, per nulla pentita del calcio assestato al compagno di classe e Carolyne non provò ad insistere per cercare di farle capire il proprio errore: con ogni probabilità, se quella storia fosse arrivata alle orecchie di Roger, non solo si sarebbe complimentato con la figlia per il modo in cui aveva ripagato quel bambino per l’offesa gratuita ricevuta, ma le avrebbe anche consigliato di colpire più forte la prossima volta.

“Tesoro, tu non sei affatto brutta, sei una bellissima bambina che si trasformerà in un’altrettanto bellissima ragazza. Aspetta un paio di anni e vedrai come il tuo aspetto cambierà completamente”

“Non penso di voler crescere”

“Adesso la pensi così, ma tra un po’ sarai impaziente di diventare maggiorenne per essere libera di fare tutto ciò che vorrai. Fidati di me, ci sono passata anch’io. Coraggio, perché non vai a cambiarti, così poi andiamo a fare un giretto, solo tu ed io? Decidi tu dove andare, per me è lo stesso” propose Carolyne con un sorriso gentile; India annuì, lasciò da parte i forti dubbi che nutriva nei confronti del proprio aspetto fisico ed uscì dalla camera da letto per andare a cambiarsi nella propria.

Una volta da sola, la bionda riprese ad ispezionare con cura la propria acconciatura, ma venne interrotta dal telefono che prese a squillare; con uno sbuffo irritato, Lyn si alzò dalla poltroncina, si avvicinò al comodino posizionato affianco al lato destro del letto matrimoniale, sollevò la cornetta e rispose senza nascondere la propria irritazione.

E l’irritazione aumentò quando dall’altra parte sentì una voce maschile e sconosciuta: sembrava appartenere ad un ragazzo e si chiese immediatamente come uno sconosciuto avesse avuto il numero dell’albergo in cui alloggiavano al momento e come fosse riuscito a convincere la reception ad inoltrare la chiamata alla loro suite (al loro arrivo, lo staff dell’albergo era stato istruito riguardo a ciò che doveva e non doveva fare, ed era stato loro ripetuto più volte che nessuna chiamata doveva essere inoltrata alla loro suite, a meno che non fosse da parte di un loro stretto familiare); capì come il ragazzo sconosciuto in questione era riuscito in quell’impresa quando lui le rivelò la propria identità.

“Sono Keith. Tu devi essere Carolyne, giusto? C’è Roger? Ho bisogno di parlare con mio zio immediatamente, è urgente”

“Sì, so benissimo chi sei, Roger mi ha accennato qualcosa sul tuo conto” rispose la donna; a Keith non sfuggì affatto il tono di voce tagliente e freddo come una lastra di ghiaccio “e non capisco perché dovrei passartelo immediatamente e perché ti rivolgi a lui chiamandolo zio. Lui non è tuo zio e tra voi due non c’è alcun legame di sangue. Potevi chiamarlo in questo modo quando lui e la sua seconda ex moglie erano ancora sposati, ma ora non ne hai motivo… Esattamente come non hai motivo di continuare a molestarlo con queste telefonate inopportune”

“Ascolta, non m’interessa qual è il tuo pensiero, d’accordo? Io non ti conosco e francamente non sono neppure ansioso di farlo, ma adesso ho bisogno di parlare con Rog! È urgente! Si tratta di una questione della massima urgenza, che non può essere posticipata!”

“Non si tratta di una questione della massima urgenza perché non ha a che fare né con me né con India. Siamo noi due la sua nuova famiglia, tutto il resto appartiene ad un passato che si è lasciato per sempre alle spalle insieme all’Inghilterra, e tu fai parte di questo bagaglio scomodo ed ingombrante. Scommetto che la tua chiamata ha a che fare con quella pazza furiosa che mi ha strappato una ciocca di capelli, vero? Beh, sappi che qualunque cosa tu voglia dire a mio marito non gli farà mai cambiare idea riguardo a lei. Non vuole avere più nulla a che fare con quella donna e dopo quello che ha avuto il coraggio di fare è ancora più fermo nella decisione presa, e tu faresti meglio a cancellare questo numero ed a non provare a richiamare, altrimenti la prossima vol…” Carolyne non riuscì a terminare la minaccia perché la cornetta le venne letteralmente strappata di mano; non si era accorta che Roger era uscito dal bagno perché aveva sentito le sue parole ed aveva intuito chi fosse il suo interlocutore.

Sollevò il viso in direzione di quello del bassista e lui le indicò la porta della camera con un cenno della testa, facendole silenziosamente capire che voleva essere lasciato da solo perché quella era una telefonata privata; la bionda reagì con un gesto di stizza, ma non si oppose con fermezza ed uscì dalla camera a passo veloce, preoccupandosi di chiudere la porta con più forza del necessario.

Roger rivolse una veloce occhiata alla porta chiusa ed avvicinò la cornetta all’orecchio destro; aveva ancora i capelli umidi perché era da poco uscito dalla doccia.
“Devi perdonare Lyn, non voleva essere scortese nei tuoi confronti, è solo ancora sconvolta per quello che è accaduto ieri. Cerca di capirla…” disse Waters, prendendo le difese della sua dolce metà “è stata aggredita fisicamente e le è stata strappata una ciocca di capelli. Immagino che tu conosca già i retroscena dell’intera vicenda e difatti desideravo discuterne con te il prima possibile, e visto che mi hai chiamato…”

“No! Ascolta, Rog, qualunque cosa tu voglia dirmi può aspettare un altro momento. Adesso devi solo ascoltarmi, per favore! E ti chiedo di farlo senza interrompermi!” lo bloccò Keith, parlando in fretta e con un tono di voce agitato; a Roger non sfuggì nessuno dei due particolari ed aggrottò le sopracciglia, visibilmente confuso: se Keith era così agitato, doveva essere accaduto qualcosa di grave.

Doveva essere accaduto qualcosa di molto grave, se lo aveva chiamato così precipitosamente e lo aveva appena pregato di ascoltarlo senza provare ad interromperlo.

Roger impallidì vistosamente, perché pensò subito ad Harry: che fosse accaduto qualcosa al suo primogenito che non vedeva da quattro anni? La bronchite che aveva avuto da neonato aveva lasciato degli strascichi, rendendo la sua salute cagionevole… Che si fosse ammalato nuovamente in modo grave? Che lo avessero ricoverato nuovamente in ospedale?

“Harry? Si tratta di Harry? Cosa gli è successo? Devo prendere il primo volo disponibile per Londra?” domandò, pensando subito ai peggiori scenari possibili, e Keith si affrettò a tranquillizzarlo.

“No, no, no. Assolutamente no. Harry non c’entra nulla, sta bene. Non devi preoccuparti per lui!”

“Ohh, grazie al cielo” il bassista chiuse gli occhi e tirò un profondo sospiro di sollievo, sentendosi molto più sollevato; un istante dopo, aprì gli occhi e corrucciò di nuovo le sopracciglia “ma se Harry non c’entra nulla, di che cosa mi devi parlare con così tanta urgenza?”.



 
Carolyne lanciò un’occhiata prima all’orologio a polso che indossava e poi alla porta chiusa della camera da letto: Roger non era ancora uscito e lei era più che certa che fosse ancora al telefono con quel ragazzo con cui non aveva alcun legame di sangue.

Non lo conosceva, eppure già sapeva di odiarlo profondamente. Era una sensazione a pelle.

Carolyne tamburellò le dita della mano destra sull’avambraccio sinistro, mentre India emise uno sonoro sbuffo.

“Tra quanto usciamo? Mi avevi promesso che saremo andate a fare un giro dove volevo io!” protestò la bambina mettendo il broncio.

“Solo un momento, tesoro, usciamo tra pochissimo” rispose la donna, senza staccare gli occhi dalla porta ancora chiusa “prima devo parlare un attimo con tuo padre”.

Non era intenzionata ad uscire fino a quando Roger non sarebbe apparso dalla loro camera da letto: doveva assolutamente sapere cosa quei due si stavano dicendo, perché quel ragazzo aveva chiamato e cosa doveva comunicare a Roger con così tanta urgenza.

Qualunque cosa fosse, riguardava la sua seconda ex moglie. Era pronta a scommetterci.

Ecco perché quel ragazzo non le piaceva affatto e perché voleva che Roger troncasse anche con lui: poco le importava che fosse il figlio del suo vecchio migliore amico, aveva capito che lo scopo di quel ragazzo era di riavvicinare di nuovo Roger e Jennifer.

Ma lei non glielo avrebbe permesso.

“Usciamo?”

“Un momento, India, ti ho detto che prima devo parl…” Lyn si girò di scatto, sentendo la porta della camera aprirsi e vide Roger uscire di fretta, attraversare la stanza ed avvicinarsi ad un mobiletto; lo guardò in silenzio aprire un cassetto ed iniziare a frugare in modo spasmodico al suo interno, alla ricerca di qualcosa, aspettò qualche istante, in attesa di ricevere delle spiegazioni da parte sua, e poi lo chiamò per nome, appoggiando le mani sui fianchi.

Si ritrovò costretta a ripetere il suo nome più volte, a voce sempre più alta, prima di essere degnata di uno sguardo: il bassista si bloccò, girò di scatto il viso verso la sua dolce metà e solo allora lei notò il viso pallido e gli occhi spalancati.

Mio dio, ma cosa poteva mai avergli raccontato quel ragazzo per sconvolgerlo così profondamente? Doveva assolutamente farsi raccontare il contenuto della loro lunga conversazione telefonica.

“Che cosa c’è?” chiese lui, alterato, dal momento che Carolyne lo aveva interrotto ed ora lo stava fissando senza parlare “non vedi che sono di fretta?”

“Lo vedo e proprio per questo ti ho chiamato per nome! Ma si può sapere che cosa stai cercando in modo così spasmodico?”

“Le chiavi della macchina che ho preso a noleggio” disse l’uomo, come se fosse la cosa più ovvia al mondo, riprendendo a rovistare all’interno del cassetto e senza preoccuparsi degli oggetti che gettava a terra “non le trovo, maledizione, e non riesco a ricordare dove diavolo le ho messe! Devo averle posate da qualche parte mentre pensavo ad altro, ed ora non riesco proprio… Maledizione! Ma perché gli oggetti devono sempre sparire proprio nel momento in cui servono con urgenza? Cazzo!”.

In preda ad una profonda frustrazione, Waters scaraventò a terra lo stesso cassetto vuoto e si avvicinò ad un altro mobiletto per controllare al suo interno: era sicuro di avere lasciato le chiavi della macchina da qualche parte nel salottino della suite, ma proprio non riusciva a ricordare dove!

In realtà, le chiavi si trovavano in camera da letto: il bassista le lasciava sempre sopra il comodino, affianco agli occhiali da sole ed agli anelli che si toglieva prima di coricarsi sotto le coperte; Lyn conosceva benissimo le sue abitudini, sapeva che anche in quel momento le chiavi, con ogni pobabilità, si trovavano sopra il comodino, ma non era intenzionata a dirglielo.

Quella fretta non le piaceva affatto, soprattutto perché Roger non le aveva ancora detto perché aveva bisogno delle chiavi della macchina con così tanta urgenza, dopo la lunga conversazione telefonica che aveva avuto con quel ragazzo che non avrebbe dovuto più frequentare secondo lei.

“E, di grazia, vorresti spiegarmi perché hai urgentemente bisogno di trovare le chiavi della macchina? Dove devi andare? Ti sei dimenticato che tra poco hai le prove generali per l’esibizione di domani sera?”

“Niente prove generali, devo andare”

“Niente prove generali?” chiese Carolyne scandalizzata, spalancando gli occhi scuri; quello non era affatto un comportamento normale per Roger: da persona puntigliosa qual’era, non aveva mai disdetto una sola prova generale prima di un’esibizione dal vivo, proprio perché pretendeva che tutto fosse perfetto, fin nei più piccoli dettagli insignificanti “Roger, ma… Ma cosa stai dicendo? Vuoi davvero annullare le prove generali per il concerto di domani sera? Non è mai accaduto prima d’ora che…”

“Beh, c’è sempre la prima volta per tutto, no? Ed ora, potresti darmi una mano a cercare quelle maledette chiavi, oppure vuoi continuare ad essere d’impiccio?”

“Io non ti aiuto a cercare un bel niente se prima non mi dici dove diavolo devi andare”

“Non ho tempo per spiegartelo”

“Dove sei diretto?”

“Non ho tempo per spiegarti neppure questo”

“Perché? Se sei intenzionato ad annullare le prove generali per il prossimo concerto, può significare solo che è accaduto qualcosa di grave! Che cosa è successo? Ha a che fare con la telefonata? Cosa ti ha detto quel ragazzo? Dimmelo! Sono tua moglie, Rog, penso di avere tutto il diritto di sapere cosa diavolo vi siete detti, perché devi prendere la macchina e dove diavolo sei diretto!”.

Roger richiuse con forza le ante di un piccolo mobiletto e si voltò in direzione di India, che lo stava fissando con uno sguardo perplesso e preoccupato; le disse di andare subito in camera sua perché lui e Carolyne dovevano affrontare una conversazione da adulti e la bambina, dopo una debole protesta che venne subito messa a tacere con fermezza, si alzò dal divanetto su cui si era seduta e si ritirò nella propria camera da letto.

Senza che i due adulti la vedessero, però, lasciò la porta leggermente socchiusa, in modo da poter origliare l’intera conversazione tra il padre e la sua nuova moglie.

Carolyne allargò le braccia, esasperata.

“Adesso che siamo da soli, vuoi spiegarmi cosa sta accadendo? Dammi una buona motivazione per non pensare che mio marito sia impazzito all’improvviso e senza alcuna ragione apparente”

“Ho bisogno delle chiavi della macchina perché devo andare a Chicago. Ora

“Ohh, mio dio, non ci posso credere! Ma allora sei davvero impazzito all’improvviso! Roger, non puoi andare a Chicago, saranno…”

“…Quasi cinque ore di viaggio, lo so, ma io vado veloce in macchina, quindi conto di arrivare prima”

“Certo, al massimo ti schianterai contro un palo strada facendo! Non puoi andare a Chicago!”

“Devo andarci”

“Perché? Perché devi farlo? Cosa ti ha detto quel ragazzo per convincerti ad andare a Chicago? È lì che il tuo vecchio gruppo si trova in questo momento? È lì che si trova quella pazza della tua seconda ex moglie? Vuoi andare a parlarle? Roger, non posso credere che tu voglia andare da una donna che mi ha strappato una ciocca di capelli!”

“Non credere che io sia contento di andare a Chicago, ma… Devo farlo. Sono successe delle cose e ce ne sono altre che devo sistemare, e devo farlo ora. Ora o mai più. Il tempo di sistemare queste cose e tornerò subito da te ed India. Entro… Entro notte fonda sarò qui… Anche molto prima, se non trovo traffico”

Delle cose? E cosa diavolo sarebbero queste cose che devi sistemare? Roger, tu non devi sistemare nulla con quella donna! Ci ha già pensato il tribunale al posto vostro, o te lo sei dimenticato? Per quattro anni non hai fatto altro che continuare a ripetermi che non desideravi avere più nulla a che fare con quella donna, ed adesso vuoi affrontare un viaggio di quasi cinque ore per andare da lei?” mormorò la bionda, incredula, sbattendo più volte le palpebre “perché? Perché mi stai facendo questo?”.

Il bassista, esasperato, si allontanò dal mobiletto che aveva controllato da cima a fondo e si avvicinò alla moglie per rassicurarla; le appoggiò le mani sulle spalle e la guardò dritta negli occhi.

“Io non ti sto facendo alcun torto, Carolyne, ma Keith mi ha messo al corrente di una situazione che non posso ignorare e che non posso lasciare in mano a nessun tribunale. Ti prometto che risolverò tutto quanto nel minor tempo possibile e sarò di ritorno a St.Louis prima di quello che immagini” Roger spostò le mani dalle spalle alle guance di Carolyne e provò a baciarla sulle labbra, come ulteriore rassicurazione, ma lei si scostò in modo brusco e gli rivolse un’occhiata risentita.

“No, invece, non sei costretto ad affrontare questo assurdo viaggio di cinque ore per risolvere delle cose con la tua ex moglie! Puoi benissimo affidarti ad un tribunale come hai già fatto per l’affidamento esclusivo di India e come farai per quello di Harry!”

“Non in questo caso”

“Perché?” domandò di nuovo la bionda, al limite della sopportazione “perché in questo caso non puoi? Si può sapere che cosa diavolo è successo? Cosa ti ha raccontato quel ragazzo per farti prendere questa decisione così improvvisa?”

“Jennifer ha svuotato un intero flacone di tranquillanti, ecco cosa è successo”.

Lyn reagì nella più totale impassibilità, limitandosi ad inarcare le sopracciglia, a differenza di India che, nascosta dietro la porta socchiusa della sua cameretta, si coprì la bocca con la mano destra: nonostante i suoi nove anni, aveva subito compreso la gravità della situazione.

“E quindi è ricoverata in ospedale in gravi condizioni?”

“No, fortunatamente hanno risolto tutto con una semplice lavanda gastrica perché aveva assunto le pillole da poco tempo e quindi non erano ancora entrate del tutto in circolazione nel suo corpo, ma avrebbe potuto andare molto peggio, ed una situazione simile non deve verificarsi una seconda volta. Ecco perché devo andare a parlarle di persona”

“E tu credi davvero alla storia che quel ragazzo ti ha raccontato? Roger, quel ragazzo, Keith, è il nipote della tua ex moglie e ti ricordo che è stato per merito suo se lei ha scoperto dove alloggiamo e se io mi ritrovo con una ciocca in meno di capelli in testa!”

“E con questo cosa vorresti dire?”

“Non ti è passato neppure per un istante, per la testa, che potrebbe averti raccontato solo un’enorme bugia perché è dalla parte di sua zia e vuole rivedervi insieme?”

“No, assolutamente no, di questo ne sono certo. Keith non sarebbe mai in grado di raccontare una simile menzogna! Era davvero agitato”

“E tu che ne sai? Potrebbe anche essere un attore nato” commentò in tono acido la bionda; Waters chiuse gli occhi per un istante e prese un profondo respiro.

“Dammi le chiavi della tua macchina” le impose, poi, allungando la mano destra con il palmo rivolto all’insù; Carolyne, ovviamente, scosse la testa, opponendosi con forza, costringendo l’uomo a ripetere l’ordine “Lyn! Ho bisogno delle chiavi della tua macchina, visto che le mie non riesco a trovarle!”

“Non te le darò, Rog, perché non sono affatto d’accordo con questo viaggio” la bionda sfilò la chiave dalla tasca anteriore sinistra dei jeans che indossava e la strinse con forza nella mano destra stretta a pugno “dovrai togliermela di mano con la forza, perché io non sono intenzionata a cambiare idea”

“Lyn, per favore, non complicare ulteriormente l’intera situazione! Cerca di capire…”

“No, cerca tu di capire! Quella pazza sta mettendo su tutta questa sceneggiata solo per attirarti nelle sue grinfie e tu ci sei subito cascato! E se, invece, ha davvero svuotato un flacone di tranquillanti, allora non ha fatto altro che dimostrare l’idea che avevo di lei fin dal principio: non è altro che una bambina capricciosa, viziata ed in cerca di attenzioni, e tu non hai bisogno di una bambina al tuo fianco! Ti sei dimenticato quello che ti ha fatto? Per mesi e mesi ha avuto una relazione con un altro uomo alle tue spalle, ed è rimasta incinta di lui! Ricordi quanto eri disperato il giorno in cui ti ha confessato tutto? Io me lo ricordo ancora molto bene, Rog!”

“Sì, me lo ricordo molto bene anche io” disse a denti stretti il bassista, ricacciando subito indietro i brutti ricordi “ma Lyn… Carolyne… Ti prego, cerca di capire, non posso ignorare quello che è successo”

“Invece puoi farlo, se davvero lo desideri, perché lei appartiene al passato!”

“Papà!” l’apparizione improvvisa di India provocò la brusca interruzione del litigio; la bambina corse dal padre con un’espressione agitata e gli porse le chiavi della sua macchina presa a noleggio “erano sopra al comodino in camera tua, papà, le avevi lasciate lì”

“Grazie, maialino, cosa farei senza di te?” Roger si abbassò per premiare la figlia con un bacio sulla guancia destra, ma la bambina lo trattenne e gli rivolse uno sguardo disperato “India, cosa c’è, tesoro? Cosa succede?”

“Ho sentito tutto quanto. È successo qualcosa di molto brutto alla mamma, vero? Le è successo qualcosa di molto brutto e la colpa è mia perché ieri sono stata cattiva con lei” piagnucolò, con il labbro inferiore che le tremava in modo incontrollabile e con le lacrime che le scorrevano lungo gli zigomi sporgenti e le guance magre; un attimo dopo, scoppiò in un vero e proprio pianto carico di rimorso per la bambina cattiva e crudele che era stata nei confronti della sua stessa madre: adesso era profondamente pentita delle parole che le aveva rivolto nel centro commerciale appena ventiquattro ore prima e desiderava solo andare da lei per dirle che era profondamente dispiaciuta e per chiederle di essere perdonata.

Roger abbracciò la sua unica figlia femmina, le asciugò le lacrime e la rassicurò riguardo la madre: Jennifer stava bene, era fuori pericolo e non portava alcun rancore nei suoi confronti, ma ora non poteva portarla con sé perché loro due dovevano affrontare una lunga discussione tra adulti.

Alle parole lunga discussione tra adulti Carolyne distese le labbra in un sorriso ironico.

“E tu credi davvero che voi due parlerete e basta?” domandò al marito, con uno sguardo carico di disprezzo, mentre lui si rialzava con in mano le chiavi finalmente ritrovate.

“Assolutamente sì”

“Bugiardo”

“Prenditi cura di India durante la mia assenza, tornerò il prima possibile” senza aggiungere altro, e senza rispondere all’accusa di Carolyne, Roger uscì dalla suite; Lyn ordinò ad India di non muoversi assolutamente e si affrettò a seguire il marito senza indossare le scarpe e senza preoccuparsi, per una volta nella sua vita, di uscire per strada a piedi nudi.

Riuscì a raggiungere il bassista nel parcheggio privato della struttura alberghiera e lo chiamò per nome per attirare la sua attenzione; ancora non si era arresa all’idea di fargli cambiare idea riguardo l’assurdo viaggio che voleva affrontare e voleva fare un ultimo, disperato, tentativo.

“Se vai a Chicago, sarai costretto ad avere a che fare con i tuoi ex compagni di band, te ne rendi conto?” disse, giocandosi quello che riteneva essere il proprio asso nella manica, perché sapeva benissimo quanto Roger non volesse più avere nulla a che fare con David, Rick e Nick; non voleva neppure sentirli nominare, figurarsi essere costretto a scambiare qualche parola con loro…

Carolyne vide Roger bloccarsi con la chiave stretta nella mano destra e pensò di essere riuscita finalmente a farlo ragionare a mente lucida, ma aveva dimenticato un piccolo particolare che costituiva uno dei tratti caratteriali dominanti dell’uomo che aveva sposato: la sua testardaggine.

“Non necessariamente” fu la risposta sibillina di Waters, prima d’inserire la chiave nel cruscotto ed alzare il finestrino anteriore sinistro, appositamente oscurato.

La bionda lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e guardò la vettura sportiva sparire in strada, scuotendo la testa, chiedendosi cosa il bassista intendesse dire con quella risposta strana e vaga.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Pink Floyd / Vai alla pagina dell'autore: MackenziePhoenix94