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Autore: Spoocky    03/12/2020    2 recensioni
Durante una tempesta Tom Pullings cade in acqua e Jack si tuffa per ripescarlo.
Entrambi ne soffrono le conseguenze.
La storia partecipa all'Advent Calendar del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction [https://www.facebook.com/groups/337102974212033/]
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi in questione non mi appartengono e non guadagno alcunché dalla pubblicazione di questo scritto
Il mio unico guadagno in merito saranno le lamentele del "Comitato per la tutela di Tom Pullings", che già odo avvicinarsi minacciosamente.

Buona Lettura ^^

Il tempo quel giorno era terribile.
Uno dei peggiori che Jack il Fortunato avesse mai incontrato ad Ovest di Capo Horn.
Sebbene avessero doppiato la punta dell’America Meridionale da diversi giorni, ormai, il vento e la pioggia che tartassavano la Surprise si erano ridotti meno di quanto avrebbe voluto. Solo il mare si era fatto più quieto. Per quanto i marosi si agitassero, non erano più i cavalloni indomabili che avevano portato via il marinaio Warley.
Non rischiare altri morti in simili circostanze era già un guadagno sufficiente, a suo parere.
Anche il primo tenente Pullings si trovò d’accordo con lui mentre, in piedi al mascone di sinistra, scrutavano l’orizzonte con i rispettivi cannocchiali,
cercando invano una schiarita anche minima che avrebbe dato loro una speranza di bel tempo nei giorni futuri.
Aubrey rinfoderò il cannocchiale con un colpo secco e dovette alzare la voce per rivolgersi al suo secondo, sebbene questi fosse ad una spanna da lui: “Il vento sta cambiando direzione! Dobbiamo virare di due quarte a tribordo o lo prenderemo dritto di prua.”
“Due quarte a tribordo, sissignore!” rispose il tenente, urlandogli in faccia a sua volta “E sarebbe meglio ghindare la trinchettina, signore: ancora un po’ e si strapperà!”
Jack si voltò ad osservare la vela in questione con occhio critico: “In effetti, signor Pullings, questa vela sta sventolando un po’ troppo. Fatela ghindare: è meglio.”
Il capitano si diresse verso poppa per ripetere gli ordini al suo timoniere, congedandosi dal tenente con una pacca sulla spalla, mentre questi sembrava avere già in mano la situazione: “Davis! Plaice! Cazzate quella cima! Muoversi!”
Sia Aubrey che Pullings, senza rendersene conto, avevano tuttavia commesso un errore fatale: avevano sottovalutato la goffaggine del marinaio Davis.

Recandosi a svolgere il proprio compito con troppa foga, quest’ultimo scivolò sul ponte bagnato dalla pioggia e, per evitare di cadere in acqua, prese ad agitare furiosamente le braccia nel tentativo di recuperare l’equilibrio. Dopo diversi tentativi, riuscì nel suo intento, ma riuscì anche ad assestare un vigoroso spintone nella schiena dell’ufficiale che, sportosi dalla paratia per sovrintendere alla manovra, venne colto di sorpresa e scivolò a sua volta, ma con un esito ben diverso.
Il ponte di coperta era infatti scivoloso sotto i suoi stivali quanto lo era stato sotto i piedi di Goffo Davis, ma la cima a cui tentò di aggrapparsi venne portata via da una folata di quel vento dispettoso e, senza quasi rendersene conto, si ritrovò con il grigio scuro del mare sopra anziché sotto di sé. Non riuscì nemmeno a gridare, perché l’impatto con l’acqua gelida gli tolse il fiato.
A bordo s’accorsero di cos’era successo solo grazie agli ululati scimmieschi di Davis, che aveva preso a saltare su e giù come un forsennato, indicando la paratia e strillando a più non posso.

Jack, che orami era arrivato all’altezza dell’albero di maestra, invertì la sua rotta ed accorse al mascone.
Quello che vide gli fece saltare il cuore nel petto.
Alcune braccia a tribordo del bompresso, Thomas Pullings stava lottando disperatamente contro i marosi per cercare di tornare verso la nave. Era un buon nuotatore ed aveva un fisico robusto, ma non avrebbe resistito a lungo nell’acqua gelida, con il mare così agitato ed il pastrano zuppo ad appesantirlo.

Aubrey non ci pensò due volte.
Ignorando le proteste dei suoi uomini, si liberò del cappotto e della giacca, afferrò la cima che qualcuno gli porgeva, se la legò stretta in vita e si gettò in mare in meno di un minuto.
L’impatto con l’acqua fredda gli spezzò il respiro, ma riuscì a riemergere e, nonostante la pioggia battente, individuò la figura del suo secondo che annaspava a poche braccia da lui.
Come aveva immaginato, doveva essere allo stremo delle forze, perché i suoi movimenti erano già più scoordinati e lenti, mentre sempre più spesso le onde gli cacciavano la testa sott’acqua.

Sfruttando la corrente a suo favore, Jack riuscì a raggiungerlo in poche bracciate: “Datemi la mano, Tom!” ruggì per contrastare il frastuono dei marosi “La mano!”
Lottando per tenere il volto sul pelo dell’acqua, il tenente allungò un braccio nella sua direzione, ma subito un’onda lo travolse, mandandolo sotto.
Aubrey scattò subito in avanti e, pur senza vedere, riuscì ad avvolgere le dita sul polso del giovane, tirandolo a sé con forza. Non appena percepì il suo corpo contro il proprio torace, gli avvolse un braccio attorno al petto e, affidandosi alla cima che lo reggeva, si servì della mano libera per sollevargli la fronte ed aiutarlo a prendere fiato.
Con suo grande sollievo, Pullings iniziò subito a tossire e sputare acqua salmastra.
“Coraggio, Tom. E’ tutto finito.” Lo rassicurò il capitano, dando uno strattone alla cima per segnalare di riportarli a bordo.
 


Di norma, con un tempo del genere, il dottore non era ammesso sul ponte di coperta, ed era relegato al suo bugigattolo nell’infermeria, al quadrato o, al massimo, alla cabina del capitano. Se avesse osato anche solo sporgere il naso in coperta, chiunque sarebbe stato autorizzato a ricacciarlo con urla ed insulti da dove era venuto. In quel momento, però, nessuno ebbe il coraggio di fermarlo mentre accorreva verso prua seguito da Padeen.
“Gesù, Giuseppe e Maria!” Gridò, raggiungendo alle spalle l’amico che se ne stava in maniche di camicia sul ponte con un asciugamano sul capo “Padeen, va’ subito nella cabina grande: accendi la stufa e raccogli quante più coperte possibili, fai anche scaldare dell’acqua, molta acqua. Jack, cosa ti è saltato in mente di…”
S’interruppe bruscamente quando, aggirandolo, s’accorse che aveva in mano un altro asciugamano, con cui stava tamponando il volto pallido di Pullings, asciugandolo con delicatezza. Immobile tra le braccia del suo capitano, il tenente respirava a fatica e tossiva debolmente.
“Che è successo?” chiese Stephen, accosciandosi accanto a loro e tastando il polso gelido del tenente.
Aubrey, che pure stava tremando e battendo i denti a sua volta, gli rispose: “E’ scivolato ed è caduto in acqua.”
“E ti sei tuffato per salvarlo?” il capitano annuì “Mio Dio, Jack! Avresti potuto morire!”
“Ho dovuto. Non ce l’avrebbe fatta da solo.” Alzò il capo per guardare l’amico negli occhi ed un sorriso gli illuminò improvvisamente il volto “Ad ogni modo, possiamo dire che ormai è acqua passata, no?”
La risata del capitano si dissolse in un accesso di tosse e Stephen s’affrettò ad aiutarlo a mettersi in piedi: “Vieni, fratello, vieni. Dovete asciugarvi e stare al caldo. Vieni.”

Mentre il dottore conduceva con fermezza il capitano verso la sua cabina, Bonden s’inginocchiò accanto al corpo del suo tenente e si fece passare il suo braccio sulle spalle: “Coraggio, signore, vi aiuto io.”
A differenza del capitano, Pullings non tremava e non si muoveva. Se non fosse stato del tutto inerte, quasi come uno straccio bagnato, freddo e pallido com’era sarebbe sembrato un blocco di ghiaccio.
Nonostante il timoniere fosse abbastanza robusto da reggere il peso dell’ufficiale da solo, quest’ultimo mancava del supporto necessario a reggersi in piedi.
Sarebbe scivolato di nuovo sulle travi se, inaspettatamente, Peter Calamy non fosse sgusciato in mezzo all’equipaggio, infilandosi sotto il braccio del superiore come se nulla fosse e portandoselo sulle spalle per sorreggerlo a sua volta: “Ci penso io, signore. Non preoccupatevi.” Annunciò con la sua voce stridula.
Pur ammirando la sua iniziativa, Bonden sapeva che il ragazzino non era in grado di reggere il peso del tenente e si limitò a sfruttarlo come guida e supporto, senza fargli notare che, in realtà, la maggior parte dello sforzo gravava sulle sue spalle.

Procedendo lentamente verso la cabina, passarono davanti al tenente Mowett, che aveva preso il comando per forza di cose.
Chinarono il capo per salutarlo e lui diede loro un cenno di riconoscimento prima di arringare l’equipaggio: “Bene, gente. Lo spettacolo è finito! Tutti ai vostri posti! Davis, Plaice, forza con quella trinchettina! Muoversi! Signor Allen, due quarte a tribordo, per favore.”
“Sì, signore.” Il nostromo si portò il megafono alle labbra e urlò “Due quarte a tribordo!” affinché tutti potessero sentirlo.
 


Nella cabina grande, riscaldata dal tepore della stufa a legna, Stephen aveva aiutato Jack a spogliarsi e questi, con indosso solo un paio di brache asciutte, si stava ancora asciugando i capelli. Attorno a loro, come una sorta di satellite gobbo e mugugnante, orbitava Preservato Killick.
Ignorato da tutti, come al solito, il famiglio stava raccogliendo i vestiti fradici che il suo capitano aveva gettato a terra e, badando bene di farsi sentire, imprecava tra sé: “Buttarsi in mare con un tempaccio simile! Non c’è modo migliore di beccarsi un malanno, dico io. E l’uniforme buttata a terra come se niente fosse! Non si pensa mica che dovrà essere lavata, nossignore, tanto c’è Killick a farlo. E nessuno si preoccupa del vecchio Killick, nossignore.”
“Smettere di lamentarsi e andare a scaldare l’acqua!” gli ribatté secco Jack, con la faccia ancora infilata nell’asciugamano “Muoversi!”
“Sissignore. Scaldare l’acqua.” Il famiglio dondolò platealmente il capo da una parte all’altra per rendere evidente il suo malcontento “Scaldare l’acqua e lavare l’uniforme, sissignore. Tutto a me tocca fare. E nessuno si preoccupa, nossignore.”

Killick si era appena ritirato nella sua tana quando bussarono alla porta.
Aubrey diede una voce d’assenso ed entrarono Calamy e Bonden che trascinavano, più che sorreggere, il povero Pullings. Sospeso tra loro, il tenente era ancora semisvenuto, eccezion fatta per la profonda e scura cicatrice, ogni traccia di colore era scomparsa dal suo volto, le sue palpebre e le labbra avevano assunto un’inquietante sfumatura azzurra.
“Qui, mettetelo qui.” Corse loro incontro Stephen, porgendo una sedia “Fatelo sedere. Piano. Piano.”
Calamy condusse il superiore alla seggiola ed aiutò Bonden a pilotarvelo di fronte, ma fu il timoniere a sollevarlo di peso per deporvelo sopra: “Coraggio, signore.” Lo rassicurò dandogli una pacca sulla spalla “Il peggio è passato.”
“Grazie, Bonden. Signor Calamy.” Aubrey rivolse loro un cenno del capo come apprezzamento “Potete andare, ora.”
“Sissignore.”
“Sissignore.”
I due si toccarono la fronte con le nocche per salutare e se ne andarono, chiudendosi la porta alle spalle.

Stephen, che nel frattempo era accorso al fianco del tenente, gli slacciò rapidamente il pastrano fradicio: “Vieni, Padeen, aiutami. Dobbiamo liberarlo al più presto da questi vestiti bagnati.” Prese il volto gelido del giovane tra i palmi delle mani e lo sollevò con delicatezza per guardarlo negli occhi semichiusi “Restate con noi, Tom.” Gli diede qualche pacca sulla guancia con le dita “Non addormentatevi.”
Inginocchiato al suo fianco, continuò a parlargli e dargli dei buffetti sulle mani gelate e sul volto, mentre aiutava Padeen a spogliarlo ed asciugarlo il meglio possibile: “Coraggio, Thomas. Va tutto bene. Tenete duro ancora per poco. Adesso vi mettiamo al caldo.”
Quando lo ebbero liberato di tutti gli indumenti ed asciugato, il medico gli avvolse un asciugamano caldo intorno alla vita e un altro sul petto ed il ventre.
Poi toccò all’irlandese sollevarlo di peso per deporlo su un giaciglio preparato alla bell’e meglio da Preservato Killick. Una sorta di bozzolo formato da coperte e bottiglie riempite d’acqua calda in cui avvolgere il corpo semicongelato del giovane per scaldarlo.
Stephen s’assicurò che Pullings fosse disteso con le gambe sollevate ed il torace un poco inclinato per favorire la circolazione e la respirazione, prima di dedicare a Jack la propria attenzione.

Aiutò l’amico ad alzarsi sulle sue gambe ancora tremanti e lo fece sedere a sua volta accanto alla stufa, dandogli in mano una bottiglia calda da stringersi al petto ed avvolgendolo con diverse coperte: “Ecco, fratello. Questo per ora dovrebbe bastare. Ho mandato Killick a scaldare l’acqua per il tè.” Sul volto di Aubrey si dipinse una smorfia di scontento “Sì, lo so. Lo so che non ti piace. Ma non possiamo fare altrimenti: il caffè è troppo forte per voi in questo momento.”
Il capitano emise uno sbuffo rassegnato, ma senza protestare oltre si spostò accanto al giaciglio del suo secondo. Infilò con delicatezza una mano in mezzo alle coperte, alla cieca trovò la sua, fredda ed immobile, e la strinse senza suscitare alcuna reazione: “Stephen, credi davvero che tutto questo servirà a qualcosa? Sembra un blocco di ghiaccio.”
Stephen s’inginocchio accanto al giovane e gli scostò una ciocca di capelli dal viso prima di sentirgli la temperatura con il palmo: “Ci vorrà un po’, fratello, ma fidati di me: andrà tutto bene. Pian piano si riscalderà e starà meglio.”

Jack annuì mesto e si rannicchiò il più possibile nelle sue coperte ma, da come guardava il giovane immobile sul pavimento, Stephen intuì che stesse rimuginando e che probabilmente si sentisse inutile, come spesso gli accadeva in quelle situazioni. Alzatosi, s’avvicinò tanto da posargli una mano sulla spalla:  “Puoi comunque parlargli, anche se è in questo stato. Sentire la tua voce gli sarà sicuramente di conforto.”
Il capitano annuì titubante e, con esitazione, poggiò una mano sulla spalla coperta del suo secondo: “Coraggio, Tom. Il peggio è passato.”
Erano talmente concentrati che, quando Killick rientrò con il vassoio del tè, non recepirono la sua presenza finché non iniziò a brontolare come suo solito.
 


Le ore trascorsero inesorabili.
Si arrivò a metà della prima comandata notturna perché il tenente Pullings iniziasse a dare qualche segno di risveglio.  Poche ore dopo essere stato portato nella cabina, aveva iniziato a tremare e, poco a poco, il suo volto aveva ripreso colore.
Era ancora molto pallido, ma la sua pelle aveva riacquistato una temperatura accettabile ed ogni traccia di blu era scomparsa dalle sue labbra quando le schiuse per sussurrare: “Dove… dove sono?”
Subito, Stephen accorse al suo fianco: “Avete fatto un bagno fuori programma, mio caro. Come vi sentite?”
“Stanco,” dovette interrompersi per un accesso di tosse “mi gira la testa.”
Accettando una tazza di tè da Padeen, il medico annuì: “E’ normale: avete fatto un bello sforzo. Aspettate: vi aiuto a sedervi. Fate piano, mi raccomando. Avete le vertigini? Poggiatevi pure a me. Così, ecco. Ce la fate?” il giovane annuì “Bene. Coraggio, bevete un po’ di tè: è ancora caldo. Piccoli sorsi, mi raccomando.”

Pullings dovette reggere il recipiente con entrambe le mani, perché tremava ancora molto e temeva di rovesciarlo usandone una sola.
Sorseggiando la bevanda, lasciò scorrere lo sguardo sulla cabina e non tardò ad incrociare quello benevolo del suo comandante. Vedendolo in quelle condizioni, si rese conto di essere nudo sotto le coltri che lo avvolgevano e per poco non si strozzò con il tè.
La sua unica consolazione fu che, forse, non si sarebbero resi conto della sua figuraccia dato che aveva tossito spontaneamente anche prima.
Le cose volsero di male in peggio, tuttavia, quando Aubrey gli si accovacciò vicino e, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, gli diede una pacca sulla schiena che per poco non lo fece ribaltare: “Via, signor Pullings. Non vi ho certo ripescato perché annegaste in una tazza di tè!”
In quel momento, il tenente realizzò appieno cosa fosse successo e dovette abbassare lo sguardo: “Vi chiedo perdono, signore.”
“Per cosa, Tom?” Stavolta, la mano sulla spalla del giovane ebbe un peso confortante.
“Avete rischiato la vita a causa mia, signore. Per la mia incompetenza.”
A quel punto, Pullings si sarebbe aspettato qualsiasi cosa dal suo comandante. Tutto, fuorché la sonora risata con cui accolse le sue scuse: “Non avete davvero di che scusarvi, Tom! Non avete fatto proprio nulla di male.” Era evidente che si stesse sforzando di essere serio, ma non ci stava riuscendo “E se anche fosse, ormai è tutta acqua passata.”

Scoppiò in una risata anche più forte delle precedenti, finché non si accorse degli sguardi perplessi che lo circondavano. Persino Killick aveva osato mettere il naso fuori dal suo pertugio e lo osservava con gli occhi sgranati.
“Non l’avete capita?” domandò asciugandosi le lacrime “E’ acqua passata. Passata perché adesso siamo asciutti!”
Di nuovo si mise a ridere, convinto dell’ilarità della sua stessa battuta, ma senza rendersi conto di non aver fatto ridere nessun altro.

 
- The End -


 
  
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