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Autore: Helen_Book    07/12/2020    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Eileen si era sempre considerata una grande osservatrice. Non riuscendo ad esprimersi con facilità, aveva sviluppato la capacità di cogliere gli aspetti meno evidenti, in qualsiasi situazione si trovasse. Eppure, stava assistendo ad un quadretto abbastanza singolare, a cui ancora non era riuscita a trovare una spiegazione che la soddisfacesse. 

Steso sul letto, privo di sensi, Noah continuava a respirare, grazie soprattutto all’intervento tempestivo della ragazza che, in quel momento, gli teneva stretta la mano.

I capelli scompigliati, i vestiti sgualciti e sporchi, le occhiaie sotto gli occhi: Mala rappresentava il ritratto della stanchezza. Non aveva lasciato la mano dell’amico, se non per recarsi al bagno.

Eileen era orgogliosa di lei: nonostante non fosse il suo campo, era riuscita a reagire prontamente utilizzando le poche nozioni che conosceva. Era una vera guerriera, non c’era dubbio.  

Noah le doveva la vita.

Questo non sembrava andare a genio all’uomo seduto in disparte. L’espressione cupa sul suo volto valeva più di mille parole. Dopo che la situazione del ragazzo si era stabilizzata, Mala aveva insistito per rimanere al suo fianco, di conseguenza Shura, tacitamente, aveva deciso di fare lo stesso. L’attaccamento dell’uomo verso la ragazza era evidente, chiunque lo avrebbe notato. Era possibile interpretarlo in tanti modi diversi, ed era propria quell’ambiguità ad intrigarla.

Eileen spostò lo sguardo e si concentrò sul ragazzo allettato.

A quanto pare, una forma di malattia non ancora identificata aveva attaccato i polmoni e, forse, il cervello. Il colorito verdognolo era sparito, lasciando spazio ad un bianco lenzuolo che non prometteva nulla di buono. Gli erano stati somministrati alcuni cocktail di piante, ma non conoscendo con che tipo di “nemico” avessero a che fare, i medici si erano limitati a tenerlo sotto osservazione.

Mala aveva assistito a tutta la scena in piedi, con gli occhi sbarrati, nell’angolo più remoto della stanza. Eileen l’aveva guardata di sfuggita: sapeva riconoscere una persona che stava lottando contro i propri demoni.

Shura si era fermato a qualche metro di distanza da lei, tenendola d’occhio costantemente, ma non si era azzardato ad avvicinarsi. Quella era un’altra cosa che non le quadrava. Tra di loro c’era sicuramente qualcosa in sospeso.

“Ho iniziato a seguire un corso per imparare il linguaggio dei segni, sai?” le disse Mala, accennando un sorriso poco convincente.

Quell’affermazione la prese di contropiede, tanto che all’inizio non seppe cosa rispondere.

“E’ una notizia stupenda…grazie” le segnò, ricambiando il sorriso, “mia madre è la tua insegnante?”

“Sì, le ho chiesto se fosse possibile e mi ha accontentata fin da subito. Mi ha detto che ti avrebbe fatto sicuramente piacere.”

Era felice di sapere che sua madre conservava dentro di sé la gentilezza che l’aveva sempre contraddistinta. Non riusciva a spiegarsi, però, perché in sua presenza si comportava in tutt’altro modo.

Si impose di allontanare immediatamente quei pensieri cupi, concentrandosi sulle parole dell’amica.

“E’ così, ha ragione” le rispose appoggiando, subito dopo, la mano sopra la sua. “Perché non ti riposi un po’? Mi sembri abbastanza provata” aggiunse notando le sue occhiaie.

“Voglio essere qui quando si sveglierà” rispose con fermezza.

“Stenditi sul letto di fianco al suo, quando succederà” sottolineò quella parte di proposito “ti sveglierò.”

Quelle parole parvero convincerla. Seguì il consiglio ricevuto e si sdraiò sul letto libero. Seduto immobile, Shura non la perse di vista neanche un secondo, come un predatore con la sua preda.

Dopo una decina di minuti, l’infermiera di turno entrò nella stanza di corsa. Affannata si precipitò dall’uomo che fino a quel momento non aveva spiccicato una sola parola e gli riferì qualcosa all’orecchio.

Shura strabuzzò gli occhi, si alzò di scatto e puntò il proprio sguardo verso Eileen, facendole cenno di seguirlo in corridoio.

Appena si chiuse la porta alle spalle, fu lui a parlare: “Devo assentarmi per qualche ora, potresti farmi il favore di tenerla d’occhio? È fuori di sé in questo momento, ha bisogno che qualcuno le stia accanto” la genuina preoccupazione che impregnava quelle parole, la intenerì.

Voleva ricordargli che Mala non era una bambina, però, alla fine, decise di assecondarlo, senza aggiungere altro.

Non è il momento giusto.

Senza attendere una sua risposta, Shura si diresse verso l’uscita e in pochi secondi, scomparve dalla sua vista.

Per la prima volta durante la giornata, sentì la stanchezza pesarle sulle spalle. Tutta la tensione accumulata si stava trasformando in un enorme mal di testa.
Rientrò nella camera, controllando che la situazione di Noah fosse stabile. Il ragazzo non aveva ancora acquisito un colorito normale, però il respiro era regolare, rispetto a quando lo avevano ritrovato nella foresta.

Dovevano assolutamente capire con quale tipo di “nemico” avevano a che fare, ma soprattutto come aveva fatto a contrarlo.  
Nessuna possibilità era da escludere.

La forte emicrania esplose in tutta la sua potenza, ricordandole che il corpo e la mente erano esausti.

Senza far rumore, si avvicinò al letto di Mala, sedendosi sul bordo. Si era addormentata in pochi minuti. Almeno lei poteva riposare, dopo tutto quello che aveva passato.

Le aggiustò dietro l’orecchio una ciocca bionda. La morbidezza dei suoi capelli le ricordò quelli di Roman, lunghi e scuri.

La stanchezza aveva abbassato tutte le sue difese e i pensieri che più la preoccupavano e la tormentavano si affollarono nella sua mente, mozzandole il respiro.

Gli occhi color miele, i capelli, il piccolo neo sul viso erano impressi nella sua mente. Erano passate diverse settimane e i bei ricordi non le bastavano più.

Sentiva la voglia di toccarlo, ascoltare la sua voce, respirare il suo profumo a pieni polmoni. Era diventata per lei un’ossessione. Non se n’era accorta, finché non si erano separati. Avevano condiviso pochi momenti insieme: quel tipo di attaccamento che sentiva nei suoi confronti era tutt’altro che razionale. Più cercava una spiegazione a quelle sue emozioni, e più si sentiva pazza.

“In questo momento, vicino a te, non riesco ad essere razionale. Mi sento più lupo che mai. Capisci cosa intendo?”

Le ritornarono in mente le parole che Roman aveva pronunciato tempo fa. All’ora, non le aveva attribuito la giusta importanza, in quel momento, invece, le sentiva cucite addosso.

Prese dalla tasca del pantalone la piccola cordicella.

Dove sei?

Fissò intensamente l’oggetto nelle sue mani, sperando di ricevere una risposta.

La prima volta sei stato tu a trovarmi, ora tocca a me farlo.

Si raccolse i capelli rossi in una coda, legandoli con la piccola cordicella. Non le importava se la ferita al collo veniva esposta agli occhi di tutti.

Aveva cose più importanti a cui pensare.
  
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