Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    11/12/2020    0 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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La principessa del sole e la lupa selvaggia
 
- Da dove viene questa strana passione per le profezie? – aveva chiesto Doen a Calen, poggiando i gomiti al bancone della locanda.
- Non la chiamerei proprio una “passione” – aveva risposto Calen prendendo un sorso dal boccale.
- Lo vedo che cerchi sempre l’indovina con lo sguardo quando sei qui.
A ciò, Calen si voltò verso di lei. – Fin da quando ero bambino, mia madre mi ha letto moltissimi libri. Mi leggeva di tutto e di più, senza distinzione, per permettermi di decidere da solo quale lettura avrei preferito maggiormente.
Ella sedeva con me e mi guardava leggere, dandomi modo di sfogare la mia fantasia.
Quando mi addentrai in alcune letture sulle pratiche occulte, ne rimasi molto affascinato.
- Hai un bellissimo rapporto con tua madre – commentò Doen, con lieve amarezza.
- Non è lo stesso per te, presumo.
- Io e mia madre non siamo mai stati molto affini. Lei ha sempre preteso qualcosa da me che io non sono in grado di darle.
La sento lontana, così come sento lontano mio padre, spesso – disse, per poi rialzare gli occhi plumbei su Calen. – E tu, con tuo padre?
A quella domanda, Doen ebbe modo di vedere Calen impietrire palesemente, nonostante il cappuccio del mantello a coprirlo.
- Se ho fatto una domanda che ti ha infastidito, ti prego di scusarmi. Talvolta, non riesco a trattenermi – si scusò ella, tornando con gli occhi sul bancone dinnanzi a sé.
- Non lo conosco.
- Cosa hai detto? – chiese conferma Doen, credendo di aver capito male.
- Non conosco mio padre – ripeté Calen, con voce distaccata.
- Oh … mi dispiace. Mi dispiace tanto di averlo chiesto – si affrettò a dire mortificata la ragazza.
- Va tutto bene, Doen – la rassicurò Calen voltandosi verso di lei e sorridendole.
Doen sorrise di rimando, per poi porgli un’altra domanda. – Hai mai avuto altri contatti con una strega o un’indovina prima d’ora?
- Sì – rispose egli con convinzione, vedendo Doen sgranare gli occhi a tale risposta.
- Come? Quando? Com’è stato??
Calen sorrise nell’osservare la sua genuina sorpresa e curiosità. – Quando avevo quindici anni, una strega ha predetto il mio futuro.
Dopo quella volta, è stato come se stregoni e indovini fossero gli unici in grado di rispondere a tutte le mie domande.
Mi fidavo ciecamente delle parole di tutti i maghi ciarlatani a cui mi rivolgevo, poiché avevo il bisogno di sapere.
Erano davvero in pochi coloro che erano in grado di predire qualcosa di reale che mi riguardasse.
Con il tempo e l’esperienza, sono diventato abile nel distinguere i truffatori dai veri praticanti di arti occulte.
- Non hai mai avuto paura? Di queste figure oscure? Una vecchia donna, amica di famiglia, mi ha sempre raccontato storie nefaste su stregoni e indovini.
- No. Non sono mai stato davvero spaventato da loro.
Non ho mai voluto giudicare il vissuto di quelle persone, per quale motivo si siano ritrovati a leggere dentro l’anima di sconosciuti, a nutrirsi delle storie degli altri.
Un dettaglio che ho notato, che ho notato spesso, è che è come se non volessero mai lasciarti andare, come se volessero portarsi la tua storia con loro, come se, in qualche modo, gli appartenesse.
- E tu gliel’hai permesso? Hai permesso loro di appropriarsi della tua storia?
- Non c’è nessuna storia, di cui possano appropriarsi.
Sento come se, il mio cammino, non portasse mai da nessuna parte.
 
 
Il parto durò meno di quanto si sarebbero aspettati.
Elia entrò in travaglio il terzo giorno di torneo e le doglie durarono solo qualche ora, a differenza di quanto era accaduto per Rhaenys.
Rhaegar restò con lei per l’intera durata del travaglio e del parto, accanto a lei, a stringerle la mano, mentre la levatrice aiutava il principino a trovare la strada per raggiungere la luce esterna.
A notte fonda, quando finalmente una principessa sfinita e immersa nelle lacrime di gioia, riuscì a prendere tra le braccia il biondissimo neonato dalla pelle di porcellana che piangeva a squarciagola, ringhiando come un vero drago, ad Harrenhal venne annunciata la nascita dell’erede al trono.
Il giorno seguente, Elia ebbe finalmente modo di riposarsi, con il suo bambino a dormirle tra le braccia e il tepore di suo marito a riscaldarle il corpo e il letto, facendola piombare in un idillio quasi irreale.
Per rimanere accanto a lei, a suo figlio e a sua figlia, Rhaegar si era assentato per metà della quarta giornata di torneo, concordando con gli altri gareggianti che avrebbe partecipato alla seconda metà.
Elia non l’aveva mai visto e sentito tanto vicino a loro, a lei, come quel giorno.
Li aveva accuditi dolcemente, lei, Aegon e Rhaenys, come non riusciva mai a fare da mesi, causa i vari impegni e la testa altrove.
Quel giorno, con la vicinanza tanto bramata del suo sposo, Elia aveva avuto modo di riflettere su tutto ciò che era accaduto nelle ultime due settimane, specialmente su tutto ciò che aveva avuto modo di apprendere da Rhaegar due sere prima.
Aveva ragionato molto, si era letteralmente scervellata sul da farsi, su come avrebbe potuto e dovuto gestire quella situazione, le complesse circostanze che si erano andate a creare, su cosa fosse davvero meglio per Rhaegar e per i suoi figli, mettendosi totalmente da parte.
Elia non era mai stata una persona egoista, tutto il contrario.
Anche quando era una ragazzina e viveva a Dorne, metteva sempre prima i bisogni dei suoi fratelli e della sua famiglia.
Semplicemente, non era nella sua natura pensare a se stessa.
Specialmente quando erano implicate le persone che amava più di se stessa e di qualsiasi altra cosa al mondo.
Le persone per le quali si sarebbe gettata tra le fiamme ardenti senza pensarci due volte, pur di evitare che venisse fatto loro del male.  
Tali persone erano i suoi figli, il suo sposo e la sua famiglia.
E, dato che la questione riguardava Rhaegar in prima persona, come sempre,  poiché da quando si era unita al giovane drago tutto girava intorno a lui, la strada tracciata dinnanzi a sé cominciava ad assumere dei confini chiari e spaventosi ai suoi occhi.
Mettere al primo posto gli altri significava pensare al loro bene, prima che al proprio, dunque, mettere da parte il proprio eterno amore, se questo era ciò che richiedeva la situazione.
Rhaegar veniva prima di tutto. Aegon e Rhaenys venivano prima di tutto.
Così era e così sarebbe sempre stato.
La sua forza stava in quello, nel comprendere cosa fosse meglio per gli altri e nell’affrontare la paura di agire in tal senso.
Se Rhaegar non fosse stato abbastanza forte e lucido da compiere ciò che avrebbe dovuto compiere, allora lo sarebbe stata lei per entrambi.
Era così che funzionava tra marito e moglie.
L’amore carente in uno dei due, veniva colmato dall’altro.
La prontezza e la razionalità che mancava ad uno dei due, veniva mostrata doppiamente dall’altro.
Rimuginò più e più volte su ciò che avrebbe dovuto fare, parlandone solamente con Ashara e con nessun altro.
Per far in modo di concretizzare ciò su cui aveva accuratamente riflettuto per tutta la mattinata, richiese ad Ashara, in grande discrezione e segretezza, di invitare lady Stark al castello di Harrenhal, per prendere il the con lei, nell’orario in cui il castello era vuoto, poiché tutti erano impegnati ad assistere al torneo.
Rhaegar avrebbe partecipato alla seconda metà della quarta giornata di torneo, perciò il pomeriggio inoltrato sarebbe stato un momento perfetto.
L’assenza della principessa tra gli spettatori sarebbe stata giustificata dalla debolezza per l’appena avvenuto parto; mentre, la temporanea assenza di qualche ora di lady Stark, non sarebbe stata molto probabilmente neanche notata.
 
Ashara si aggirò per l’accampamento nell’ora di pausa tra i duelli della mattina e quelli del pomeriggio, durante quei preziosi minuti di aria che servivano ai gareggianti per sgranchirsi le gambe e rifocillarsi, prima di riprendere con la seconda parte della giornata di torneo.
Con il cappuccio di velluto mogano tirato su, a nasconderle parzialmente il volto, non avrebbe attirato l’attenzione quanto temeva.
Difatti, i cavalieri erano troppo occupati a riprendersi, a medicarsi e ad allenarsi, per interessarsi ad una ragazza incappucciata che si aggirava per l’accampamento.
Quando raggiuse la sua destinazione, attese che la figura che gli interessasse incontrare uscisse dalla tenda.
Udì la sua voce calma e placida da fuori, conversare con suo fratello maggiore probabilmente, e solo ciò le fece perdere un battito.
Dannò se stessa e il suo interesse per il lupo grigio, per essere arrivato a tal punto.
Inizialmente era solo banale curiosità nei suoi confronti, poi, da quando avevano ballato insieme al banchetto, la curiosità si era tramutata in interesse e forse in qualcosa di più.
Non aveva mai provato nulla di simile per i molteplici spasimanti che le avevano fatto la corte, da quando era ragazzina.
“È il fascino dell’uomo del Nord” le aveva detto suo fratello Arthur.
E forse aveva in parte ragione, era anche per quello, ma non solo.
Ned riusciva a guardarla e a trattarla in un modo che Ashara non credeva possibile.
Ad ogni modo, in quel momento non era lì per incontrare Ned, ma per qualcosa di ben più importante.
Quando, finalmente, il giovane lupo Stark che attendeva di vedere uscì dalla tenda, con alcune parti dell’armatura sudata semislacciate e i capelli scuri bagnati dall’acqua che aveva usato per rinfrescarsi, entrambi rimasero immobili, l’uno di fronte all’altra.
Ned sgranò gli occhi chiari, solitamente rilassati e tranquilli, non appena scorse i lineamenti del volto della Dayne sotto l’ingombrante cappuccio.
- Lady Ashara …? Cosa ci fate qui, milady? – le domandò a metà tra il sorpreso e lo scosso. Neanche in quel caso egli riusciva a nascondere la sua dolce timidezza. - Questo non è posto per una lady come voi, in questo orario particolare – ebbe il coraggio di dirle, con la sua solita premura, mentre, con gli occhi attenti, scrutava il resto dell’accampamento gremito di soli cavalieri.
- Sono qui per parlare con voi, Ned – gli comunicò la ragazza, senza mezzi termini. - Possiamo trovare un posto più appartato? – lo spronò ella, vedendo il suo sguardo farsi più serio.
- Nella nostra tenda ci sono ancora Brandon e mio padre – le disse, riflettendo, per poi porgerle il braccio e condurla nel retro della tenda, senza destare l’attenzione.
Quella porzione nascosta dell’accampamento sembrava totalmente vuota.
A ciò, Ashara si tolse il cappuccio. – Vi ringrazio per avermi dedicato del tempo.
- Non ringraziatemi, vi prego, milady – rispose lui abbassando lo sguardo.
Ashara accennò un lieve sorriso, tenero e lusingato, prima di cominciare a parlare. - Mio signore, mi manda la principessa Elia.
A tali parole, il giovane Stark rialzò immediatamente lo sguardo su di lei, di scatto, quasi impietrendo. – Sua altezza reale…? Per quale motivo la futura regina vorrebbe avere a che fare con …?
- Come sapete, sono la dama più cara e vicina alla principessa. Ella, in gran segreto, mi manda a richiedervi di riferire un messaggio a vostra sorella.
- A … mia sorella? Cosa desidererebbe mai la principessa da Lyanna?
- Non posso riferirvelo, purtroppo. Tuttavia, mi fido di voi, Ned, nonostante vi conosca da poco – gli disse ella con i grandi occhi luminosi, vedendolo quasi annaspare dinnanzi a lei. – So che siete un uomo d’onore. E che mantenete sempre le vostre promesse. Ned, dovete promettermi che non farete parola di questo incontro tra la principessa e vostra sorella con anima viva. Elia è stata molto chiara con me. Deve essere fatto tutto in discrezione. La principessa attenderà Lyanna dentro il castello di Harrenhal, nell’orario in cui il castello si svuoterà, anche di guardie e ancelle: nel tardo pomeriggio di oggi.
- Ma il tardo pomeriggio è esattamente l’orario in cui si terranno le giostre e in cui parteciperà anche il principe Rhaegar.
- Esattamente – gli confermò Ashara, facendogli comprendere che persino il principe drago non sapesse nulla di tale incontro tra sua moglie e un’umile ragazza Stark.
- Dovete fare in modo che nessuno noti l’assenza di vostra sorella tra gli spalti, la quale potrebbe durare due ore al massimo. Quando Lyanna mi vedrà prendere posto sulla prima fila degli spalti, ella capirà che dovrà raggiungermi. A quel punto, ci dirigeremo insieme verso il castello, dove solamente io, la principessa Elia e le altre dame della principessa la vedranno, nessun altro. Dovete promettermi che riferirete tutto ciò a vostra sorella e che non ne farete mai parola con nessuno, Ned. Mai.
Il giovane lupo, ancora immerso negli occhi abbaglianti della dorniana, annuì. – Avete la mia parola – le garantì.
A ciò, Ashara gli donò un raggiante sorriso. – Ve ne sono grata, mio signore. Ero certa di potermi fidare di voi. Sono felice di avervi rivisto – gli disse sinceramente, vedendolo annaspare di nuovo e distogliere lo sguardo da lei, per fissarlo verso il tessuto della tenda.
- Anche io sono felice di avervi rivista.
 
Lyanna entrò dentro l’imponente castello di Harrenhal, un tempo appartenuto ad Harren il Nero.
L’ultima volta che aveva messo piede al suo interno, era stato il giorno del banchetto.
Ora, visto di giorno e spoglio della massa di nobili e cavalieri, sembrava molto più grande e tremendamente vuoto, quasi da intimorirla.
Si era infilata un mantello e un cappuccio come aveva fatto Ashara, per sicurezza.
La giovane lupa seguì la Dayne, salendo le scale a chioccola di pietra, fin quando non si ritrovò in una saletta, piccola ed elegantemente arredata, intensamente illuminata dalla presenza di molte finestre.
Fuori, il cielo era di uno splendido colore rosso carminio, pronto al tramonto.
In mezzo alla saletta, vi era un tavolo imbandito con ogni sorta di prelibatezza: tortini al limone e alle arance, focaccine, pasticci di frutti rossi, crostate e frutta fresca a volontà.
Seduta al tavolo, vi era già la figura elegante e aggraziata della principessa del sole, la quale sembrava stare bene, nonostante il parto del giorno prima: ella indossava un abito lungo e leggero, di uno splendido grigio perla e con ricami dorati sulla scollatura sul petto, all’altezza del bacino e alla fine delle maniche fascianti.
Elia alzò i grandi occhi scuri su di lei non appena la vide entrare nella stanza, con i suoi caldi e lunghi capelli ondulati che le ricadevano addosso, sulle spalle e la schiena, nonostante fossero in parte legati in una elaborata acconciatura.
Lyanna si sentì estremamente piccola e in difetto in sua presenza, dinnanzi ad una bellezza tanto luminosa e raffinata. Mai come in quel momento si era sentita tanto inadeguata, uno sporco lupo selvaggio in un prato fiorito.
Pensò che ella fosse proprio adatta a stare accanto al principe drago, che si meritassero a vicenda.
Lyanna era l’unica nota stonata, fuori luogo, e se l’intoccabile principessa del sole l’aveva convocata quel giorno, era per comunicarglielo chiaro e tondo, pensò.
Non vi era alcun dubbio che ella avesse scoperto qualcosa o che fosse stato proprio il principe Rhaegar a rivelarglielo.
La vergogna e l’imbarazzo improvvisamente la invasero, quasi da non farle rendere conto che la principessa le avesse fatto cordialmente segno di avvicinarsi e di sedersi al tavolo di fronte a lei, per ben due volte.
- Lady Stark? – la riscosse nuovamente la voce carezzevole di Elia Martell.
- Sì, mia principessa?
- Avvicinatevi.
A ciò, Lyanna si tolse il mantello, il quale venne recuperato da una delle dame e riposto altrove. Dopo di che, si avvicinò al tavolo, con lo sguardo basso, prendendo posto di fronte alla dorniana.
- Vi porgo i miei migliori auspici, per la nascita del principino – le disse trattenendo gli occhi bassi.
- Vi ringrazio – le rispose la giovane principessa. - Ben presto le mie dame ci porteranno il the e il latte caldo – la informò poi, mostrandole un sorriso cordiale e impenetrabile. - Sono lieta che abbiate accettato di incontrarmi, lady Lyanna.
- Vi prego, non ringraziatemi, Maestà.
- Oh, no, niente formalismi – la esortò. – Suppongo vogliate sapere il motivo per il quale vi ho invitata qui. All’insaputa di mio marito.
Quell’ultima frase aggiunta fece raggelare il corpo della giovane lupa da capo a piedi.
Sapeva che nessuno fosse a conoscenza del loro incontro per ovvi motivi, tuttavia, era rimasta sorpresa nell’apprendere che persino Rhaegar ne fosse all’oscuro.
In quel momento, una delle dame si avvicinò al tavolo con un’imponente caraffa in mano, versando del the caldo e fumante sulle tazzine prima della principessa, poi della lupa.
- Volete aggiungere del latte? – le domandò la bella ragazza in abito di velluto verde, dopo aver aggiunto giusto due gocce di latte nella tazzina della futura regina.
- No, grazie – le rispose Lyanna, per poi avvicinare la tazzina al viso e soffiarvi all’interno.
- Spero non abbiate una particolare urgenza di seguire il torneo, oggi – disse Elia, sorseggiando il suo the.
 - No, nessuna urgenza.
- Bene. Il motivo per cui ho voluto incontrarvi oggi, risiede in ciò che è accaduto nelle ultime due settimane, lady Lyanna.
Due giorni fa, mio marito mi ha parlato dei vostri incontri alla locanda, del fraintendimento che si è creato per il fatto che vi ha inevitabilmente nascosto la sua identità.
Mi ha parlato anche di ciò che è avvenuto dopo, quando voi avete scoperto si trattasse di lui.
Dunque, ora la principessa sapeva davvero tutto.
Probabilmente Rhaegar le aveva anche raccontato del Cavaliere dell’Albero che Ride.
Lyanna impietrì non appena il pensiero che egli le avesse parlato anche dei sentimenti che ella nutriva per lui le attraversò la mente.
Alzò il volto per scorgere il viso della principessa, decidendo di affrontare tutto ciò che sarebbe avvenuto da lì in avanti, a testa alta, nonostante avrebbe continuato a mostrarle il rispetto dovuto.
D’altronde, era stata la principessa Elia stessa a convocarla lì.
La dorniana sembrava pronta a studiare ogni sua reazione, con tranquillità quasi ultraterrena.
- Zucchero? – le chiese la futura sovrana porgendole il vasetto contenente le zollette di zucchero.
La lupa lo accettò e ne inserì due nella sua tazzina con il cucchiaino.
- Non sentitevi giudicata o sotto accusa, Lyanna – la rassicurò, consapevole che servisse a ben poco, considerando quanto fosse agitata la ragazza di fronte a lei.
- Se avessi saputo fin da subito si trattasse di lui, principessa, di certo non mi sarei neanche avvicinata a …
- Lo so, lo so bene – la interruppe Elia, serenamente. – Siete promessa ad un altro uomo, d’altronde. Deduco non nutriate alcun sentimento nei confronti di lord Baratheon.
Di nuovo, quella stretta allo stomaco fece desiderare alla giovane lupa di rigettare fuori quel poco the che aveva ingerito.
- Vi ripeto, non sono qui per giudicarvi o per accusarvi.
Voglio parlarvi in totale calma, franchezza e informalità.
Non dovete sentirvi in colpa.
- Come potrei non sentirmi in colpa … ? – ebbe la forza di esalare Lyanna.
Elia affilò lo sguardo, per poi spostare gli occhi altrove, verso la finestra dalla quale entravano dei fievoli raggi rossi che le illuminavano la pelle olivastra.
- Non voglio pensiate che io abbia mai voluto mancarvi di rispetto, principessa. Quello che provo per il principe svanirà in breve tempo o, in ogni caso, morirà seppellito con me.
Non ho mai voluto portarvelo via …
- Lady Lyanna …
- E anche se avessi voluto portarlo via da voi, non ci sarei mai riuscita, poiché lui è legato a voi da un sentimento inestimabile, da qualcosa che nulla e nessuno potrà mai sostituire o eguagliare.
Lui è vostro e vostro rimarrà – disse tutto d’un fiato, rendendosi conto solo alla fine di aver stretto convulsamente il tessuto del suo abito tra le dita, all’altezza delle ginocchia piegate.
- Lo so bene – la risposta convinta e granitica della principessa la riscosse, facendole rialzare gli occhi di ghiaccio su di lei.
- Rhaegar ha minimizzato i sentimenti che voi provate per lui – continuò Elia. - Mi ha detto semplicemente che eravate ingenuamente affascinata dalla sua figura quando non sapevate chi fosse, e null’altro.
Ma ora, voi mi avete appena dato la conferma alle mie supposizioni.
Lyanna impietrì di nuovo, capendo di essersi tradita da sola.
Avrebbe dovuto aspettarselo, o quanto meno lasciare il beneficio del dubbio al principe drago. Lui non era quel tipo di uomo. Non era il tipo di uomo che rivela per filo e per segno informazioni che potrebbero far del male a chi le ascolta, incurante dei sentimenti degli altri.
Non era neanche il tipo di uomo che riconosceva di essere amato, amato in tal modo, probabilmente.
Elia accennò un altro sorriso, questa volta velato da una strana malinconia. – Ciò che provate per lui è più forte di quello che mi aspettavo. Lo leggo nei vostri occhi lucidi, nel tremolio delle vostre iridi di tempesta ogni volta che parlate di lui.
Credevo fosse una mia prerogativa, quella di amarlo al di là del suo aspetto e della sua corazza esterna.
Pensavo foste convinta di provare dei sentimenti nei suoi confronti, perché ammaliata dalla sua bellezza e dal suo atteggiamento, ingenuamente assuefatta da caratteristiche puramente superficiali, come la maggior parte di coloro che hanno la fortuna di incontrarlo.
Invece, vedo che c’è qualcosa di più profondo nel vostro sguardo.
Avete avuto modo di vedere qualcosa che vi ha colpito, vi ha colpito profondamente, in lui.
Non fraintendetemi, lady Lyanna: non vi sto parlando mossa dalla gelosia.
Ho dovuto lottare e vincere contro quel sentimento molto tempo fa, già da quando ho attraversato la Sala del trono della Fortezza Rossa per la prima volta, con indosso un abito bianco, da quando lui ha cominciato a guardarmi come sua moglie.
Vi sto parlando come si parlerebbero due donne intelligenti, consapevoli e indipendenti nel compiere le proprie scelte.
- Sapete che egli non prova niente per me, vero? I miei sentimenti non sono mai stati ricambiati – ci tenne ad informarla Lyanna, sperando fosse già ovvio per lei.
Elia la guardò di nuovo con occhi indecifrabili, ma per nulla risentiti o minimamente infastiditi. – So che non vi ama. Tuttavia, io so leggerlo, so leggerlo molto bene oramai, e ciò che ho potuto notare distintamente, è la sua grande e pura affezione nei vostri confronti.
Siete importante per lui, non nel modo in cui lui lo è per voi, ma ciò basta per spingermi a condividere almeno parte di quel riguardo che lui mostra nei vostri confronti.
Lyanna rimase genuinamente e positivamente sorpresa da tale informazione.
- Cosa c’è? Il vostro sguardo mi suggerisce che non pensavate di ricoprire anche voi un piccolo posto nel suo cuore – aggiunse Elia accennando un tenero sorriso. – Avete passato molto tempo insieme, in quella locanda, lady Lyanna. Rhaegar non è solito regalare gratuitamente il suo tempo e la sua compagnia alla prima persona che incontra. Avrebbe abilmente evitato di trascorrere quelle sere con voi, se non gli fosse stata gradita la vostra presenza. Se voi stessa non gli foste stata gradita.
Lyanna riabbassò lo sguardo, questa volta meno agitata, più serena.
- Sono venuta a conoscenza anche della profezia dell’indovina. Questo è il motivo principale che mi ha spinta ad invitarvi qui a sua insaputa.
Quelle parole fecero trasalire la giovane lupa, la quale si rimmerse in quelle iridi profonde ed espressive. – Principessa …
- Vi prego, lasciatemi parlare – la esortò. – In questi anni che ho trascorso al suo fianco, ho vissuto le sue paure e i suoi demoni con lui, dall’inizio alla fine, rendendoli anche miei. Egli si fida ciecamente di me, anche perché sa che gli credo e che non ho mai minimizzato il tormento che sta vivendo dentro di sé, a causa dell’incombenza delle profezie, delle voci che sente tartassargli la mente.
Udire da lui le parole che ha pronunciato quell’indovina, mi ha distrutta, lo ammetto.
Non mi sarei mai aspettata di sentire delle parole simili, tanto tremende alle mie orecchie.
Io credo in ciò che avete udito.
Lyanna rimase sconvolta da ciò. – Voi credete alla profezia pronunciata da quella donna…?
- Sì. Sono la prima a voler credere si tratti di una ciarlatana, dispensatrice di menzogne. Tuttavia, tanti sono gli indizi che mi portano a credere che le parole di quella donna siano il coronamento di tutti i segnali che il mio consorte ha ricevuto sino ad ora, fin dalla tenera età.
Dovreste crederci anche voi, milady.
Lyanna schiuse la bocca, annaspando, non sapendo più cosa fare o cosa dire.
- Impiegherò molto più tempo ad accettare la strada che prenderà inevitabilmente il corso degli eventi.
Soffrirò, soffrirò atrocemente, come non ho mai sofferto sinora.
Ma dovrò abituarmi a ciò, metabolizzare in silenzio tale consapevolezza, poiché è tutto ciò che posso e che devo fare.
Non posso oppormi, se il destino ha deciso in tal modo.
Non posso oppormi, se oppormi significasse condannare un’intera generazione per una minaccia che non possiamo ancora figurarci nella mente.
Sarei solo un’egoista, un’illusa egoista, se lo facessi, se seguissi ciò che il mio cuore mi urla di fare.
Io amo mio marito. Continuerò ad amarlo, sempre, anche quando sarà lontano da me, anche quando sarà costretto a lasciarmi, anche quando dovrà affrontare l’enorme fardello del destino segnato per lui.
So già che tutto ciò lo schiaccerà, lo porterà all’esasperazione, uccidendolo lentamente, ma l’unica cosa che mi rassicura in tutto ciò, è che, almeno, non sarà solo.
Condividerà questo letale fardello con voi.
Con poco più che una bambina, ahimè – terminò di dire la donna, con gli occhi lucidi. - So che tutto ciò non era nei vostri piani. Non lo era nemmeno nei miei. Avreste dovuto poter scegliere di vivere la vostra giovinezza come desideravate.
Lyanna lasciò che i propri occhi si inumidissero a sua volta, negando con la testa. - Non avrei comunque avuto modo di vivere la vita che volevo.
Non avrei comunque avuto scelta, anche senza la profezia, anche senza le parole dell’indovina, anche senza il principe Rhaegar.
Sarei comunque stata condannata a vivere una vita scelta da altri, per me, senza alcuna possibilità di ribellarmi.
Noi donne non abbiamo scelta. Non l’abbiamo mai, vero …? Non l’abbiamo neanche nel più fortunato dei casi, neanche nel caso in cui coronassimo il nostro amore con l’uomo che amiamo, neanche nascondendoci dietro una maschera per avere l’opportunità di fare ciò che solo agli uomini è concesso di fare.
Elia ricambiò il suo sorriso amaro, trattenendo le lacrime.
Dopo qualche minuto trascorso in silenzio, in cui il sole tramontò su di loro, scurendo lievemente la stanza, Elia riprese. – Non dite nulla a Rhaegar riguardo il nostro incontro. Non riferitelo a nessuno.
- Avete la mia parola, principessa.
 
Il giovane drago si accostò alla culla nella quale sonnecchiava beatamente il bellissimo neonato dalla pelle d’avorio, candida e perfetta come le nuvole del primo mattino, quasi perlacea.
Suo figlio dormiva beato nel suo primo giorno di vita in quel mondo che avrebbe preteso troppo da lui, mantenendo la sua aura immacolata di eterea purezza e innocenza.
Gli canticchiò una melodia a bocca chiusa, mentre faceva scorrere i polpastrelli della mano delicata sui bordi di legno della culla.
- Il mio cuore è tuo, Aegon – gli sussurrò con un fil di voce, mentre la luna alta in cielo illuminava discreta la sua figura.
Nonostante indossasse degli indumenti comodi ora, il dolore alle sue membra indolenzite, provocato dalle innumerevoli percosse ai duelli e dall’armatura d’acciaio che sembrava quasi gravargli ancora addosso, stretta e pesante, non accennava a diminuire.
Sfiorò la testolina colma di capelli bianchi del neonato, valutando se assumere un’altra dose dell’intruglio di Varys, nonostante negli ultimi giorni ne avesse enormemente abusato, pur di tenere a bada quelle voci.
Tuttavia, queste sembravano perseverare ancora, martellandolo imperterrite, dunque, non avrebbe potuto fare altrimenti.
Aprì il cassetto del comodino dalla sua parte del letto, afferrò l’ennesima boccetta colma del liquido miracoloso, e ne ingerì interamente il contenuto, senza riprendere fiato.
Dopo di che, si sedette, posizionando la sedia accanto alla culla, il peso della testa a gravare sulla sua mano, il gomito puntato sul ginocchio piegato, e il piede poggiato al bordo inferiore della culla a dondolo, smuovendola piano in tal modo, per conciliare maggiormente il sonno del neonato.
Un definito “toc toc” con quel ritmo cadenzato familiare alle orecchie del principe, lo riscosse dai suoi pensieri.
- Entra, Arthur – gli disse forse troppo piano per essere udito, ma il dorniano doveva aver sentito comunque, poiché entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle.
- Hai gareggiato bene oggi – gli disse, quasi come se quella fosse l’unica cosa che Rhaegar si volesse sentir dire in quel momento. Quest’ultimo si voltò a guardarlo, scostando le iridi viola dalla finestra, assumendo una lieve smorfia, stanca e contrariata.
- A cosa devo il piacere? – gli domandò accennando un sorriso, poiché, malgrado le apparenze, era lieto di vederlo, come lo era sempre.
In risposta, la Spada dell’alba gli si avvicinò, prendendo ad osservare a sua volta il visino placido e rilassato del principino dormiente.
- Ti somiglia – disse sorridendo, non riuscendo a farne a meno.
- Elia e Rhaenys non fanno altro che ripeterlo, che mi somiglia – rispose Rhaegar, osservandolo intenerito a sua volta.
- Se sarà cocciuto, sagace e intelligente quanto te, ci sarà da mettersi le mani tra i capelli. Ci farà impazzire – commentò il dorniano sorridendo, per poi posare gli occhi sulla figura del principe drago. – Hai visto? Questa volta è andata bene. Il parto è stato veloce e non troppo sofferto.
- Già. Lo è stato.
- Come ti senti?
Quella domanda non sorprese troppo il giovane drago. – Sto bene.
- Rhaegar.
- Cosa c’è?
- Non trattarmi da idiota. Almeno quando parli con me, pretendo che dalla tua bocca esca la verità – lo ammonì serio il dorniano.
Rhaegar sospirò in risposta, stringendosi le ciocche argentee tra le dita. – Ho assunto sette boccette dell’intruglio di Varys ieri. Oggi ne ho bevute otto.
Solo quando il suo amico pronunciò quelle parole, Arthur notò che le sue dita chiare strette alla chioma fossero schiave di un lieve e costante tremolio. – Devi diminuire le dosi – annunciò categorico.
- Non è così semplice.
Il parto di Elia ha completamente catalizzato la mia attenzione, distogliendomi dalla profezia di quella maledetta indovina. Tuttavia, ora che so che lei sta bene, che il bambino sta bene e che nessuno di loro corre pericoli, sono di nuovo in balìa delle voci. Sembra che, più il mio stato di ansia si intensifichi, maggiormente loro trovino terreno fertile per insinuarsi in me e non lasciarmi tregua.
- Non mi sorprende – commentò Arthur, sospirando a sua volta, sentendosi totalmente impotente in quella situazione, una sensazione che non gli piaceva per niente.
Ultimamente, si stava sentendo troppo spesso impotente, di fronte agli eventi. – Hai intenzione di rincontrare la ragazza? Di scambiare nuovamente due parole con lei? - gli domandò con cautela.
- Sono stato io stesso a rassicurarla e a dirle di non pensare a tutto ciò che abbiamo udito, di provare a dimenticare quell’indovina almeno per qualche giorno, di svagarsi da me, dalla locanda e da Doen.
- Hai intenzione di caricarti tutto sulle spalle per illuderla di potersi godere ancora un briciolo di spensieratezza e libertà fanciullesca?
- Arthur, è una bambina cresciuta troppo in fretta.
- Come tutte.
- Sì, come tutte, ma ciò che implicano le funeste parole di quella strega è qualcosa di immensamente più grande di me, di lei, di tutti noi.
Arthur abbassò lo sguardo, riflettendo.
- Hai avuto più notizie da qualcuno dei lord coinvolti nella cospirazione? – domandò dopo infiniti minuti di pausa il dorniano.
- Vorrei averne avute. Ho cercato di mettermi in contatto con loro appena ho potuto - rispose il principe, riportando gli occhi alla finestra. – Ma dopo che la notizia delle esplicite minacce che mi ha rivolto mio padre qualche giorno fa si è diffusa nell’accampamento, nessuno di loro ha più osato avvicinarmisi.
Sono terrorizzati da lui, dall’ombra che lui proietta su di me, da sempre.
- Aerys non li ha minacciati direttamente, ma ha minacciato te.
E tutti sanno quanto valgano le minacce di Aerys rivolte a un membro della sua stessa famiglia. Specialmente nei tuoi confronti – provò a rassicurarlo e rassicurarsi Arthur.
- Arthur ...
- No, fermo – lo interruppe il succitato. – Se stai per dire qualcosa di tanto assurdo, stupido e insensato come ciò che hai detto l’altra sera, sta’ zitto.
Rhaegar sorrise in risposta, vedendolo fare altrettanto di rimando.
- Chi lo avrebbe mai detto … che da quando avresti varcato quella locanda per la prima volta, tutto sarebbe cambiato.
In quel momento, i due vennero interrotti dal rumore delle nocche sbattute sulla porta.
- Entrate – disse Rhaegar in modo da farsi udire, scorgendo la figura del Ragno Tessitore fare capolino e avvicinarsi a loro a passetti spediti.
- Mio principe.
- Che cosa c’è, Varys?
- I miei uccellini mi hanno parlato, dopo aver volato nei pressi dell’accampamento: le famiglie che avevano accettato di prender parte alla nostra cospirazione si sono tirate indietro, per il terrore della furia incontrollabile di vostro padre, il re.
Mi dispiace, Maestà.
- No, Varys.
Dispiace a me.
 


 
   
 
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