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Autore: bathtubreadings    16/12/2020    3 recensioni
[799 parole]
[Taeyong/Doyoung]
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Doyoung iniziò a tamburellare il piede a terra e Taeyong sbuffò fuori il fumo infastidito, girando la testa verso di lui, ma senza guardarlo direttamente. Lo guardava come si guarda il sole, senza veramente guardare, con gli occhi socchiusi e un’espressione quasi arrabbiata, frustrata.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doyoung, Taeyong
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A quanto pare il mio brand è scrivere e postare fic quando invece dovrei finire i lavori per l'università :')



Taeyong si accese una sigaretta e prese un tiro. Forse avrebbe dovuto smettere di fumare.

Appoggiato al muro freddo appena fuori dal locale in cui i suoi amici l’avevano trascinato, Taeyong si guardò attorno: la fila all’entrata era lunga, le guardie facevano entrare poca gente alla volta, secondo quale criterio nessuno lo sapeva; non si vedevano stelle ma c’era la luna piena, anche se era coperta da grosse nuvole grigie – probabilmente avrebbe piovuto.

Prese un secondo tiro e soffiò il fumo verso l’alto, appoggiando la testa ai mattoni freddi. Non sarebbe dovuto venire quella sera.

Ten e Yuta avevano invitato tutti, una grande rimpatriata prima di partire per Parigi. Pazzi. I loro genitori non lo sapevano e, se lo avessero saputo, lo avrebbero sicuramente impedito. C’era animosità, per così dire, tra le loro famiglie; Yuta e Ten erano un po’ come i Romeo e Giulietta del ventunesimo secolo – senza però la morte e con molta più comunicazione, fortunatamente.

Tra l’altro, Taeyong era uno dei pochi a sapere quale fosse il vero motivo del loro viaggio, solo lui, Johnny e Taeil sapevano che stavano partendo per sposarsi di nascosto. Onestamente, si sarebbero potuti sposare a Las Vegas, avrebbero speso molti meno soldi tra aereo, hotel e location, partendo da Chicago; avrebbero anche evitato di andare oltre oceano, avrebbero potuto gestire il tutto in una giornata, senza destare sospetti. Però volevano fare proprio le cose in grande… beh contenti loro, contenti tutti, no?

E, proprio perché Taeyong era uno dei pochi a sapere questa storia, sarebbe potuto rimanere a casa. Si sarebbe scusato con Ten, diamine!, li doveva persino accompagnare lui in aeroporto il mattino dopo per salutarli, non c’era motivo di stare a quella festa dove era presente anche lui.

Manco a farlo apposta, nel momento esatto in cui iniziò a pensare ad Doyoung, sentì la voce del ragazzo alle sue spalle urlare «Fumo una sigaretta poi torno dentro!»

Taeyong, nel panico del momento, non ebbe il tempo di processare quello che stava succedendo. Si ritrovò Doyoung davanti, a un paio di metri di distanza, capelli coperti da un cappello nero, sigaretta in bocca e accendino in mano.

E Taeyong, quando incrociarono lo sguardo per la prima volta dopo quasi un mese, trattenne il respiro. Con il cuore a mille e cercando di sembrare impassibile, mosse la mano che teneva la sigaretta in segno di saluto.

Doyoung, per tutta risposta, alzò le sopracciglia e fece un cenno affermativo, accendendosi la sigaretta e appoggiandosi al muro, copiando la posizione di Taeyong.

Non stavano parlando. Non si parlavano da quando Doyoung se n’era andato infuriato, sbattendo violentemente la porta della cameretta di Taeyong. Non si ricordava la ragione di quel litigio in particolare, ma come poteva quando erano settimane che continuavano a discutere per qualsiasi cosa, dal motivo più insensato a faccende più serie. Sapeva però che, il più delle volte, era colpa sua, quasi mai di Doyoung.

Doyoung iniziò a tamburellare il piede a terra e Taeyong sbuffò fuori il fumo infastidito, girando la testa verso di lui, ma senza guardarlo direttamente. Lo guardava come si guarda il sole, senza veramente guardare, con gli occhi socchiusi e un’espressione quasi arrabbiata, frustrata. Taeyong si godeva il suo calore, quello di Doyoung, finché poteva, finché non diventava troppo e aveva bisogno di nascondersi. E quando non c’era, cavoli, quando non c’era aveva il coraggio di lamentarsi, di essere triste; gli mancava, Doyoung, quando era a lavoro e non gli rispondeva per troppe ore, gli mancava durante le notti che non passavano insieme; gli era mancato quel mese.

E Taeyong, ogni volta che riviveva quella sera, quel momento in cui Doyoung era uscito dalla sua stanza – in cui era uscito dalla sua vita –, si rendeva sempre di più conto di quanto non avesse mai guardato Doyoung veramente finché non se ne stava andando nella bellezza del tramonto.

Arrabbiato, spense la sigaretta sotto il tacco della sua scarpa, pronto a rientrare per andare a dire a Ten e Yuta che stava andando a casa, che sarebbe passato a prenderli in macchina con le loro valigie alle quattro e trenta al locale, come avevano deciso.

Ma, mentre stava passando davanti a Doyoung per raggiungere la porta, questi prese la sua mano, facendolo fermare nei suoi passi. Taeyong ammirò il modo in cui i loro mignoli si agganciarono l’uno all’altro, cullando delicatamente le loro mani. Alzò gli occhi, osservando Doyoung da sotto le ciglia, incrociando il suo sguardo.

E davvero, forse Taeyong avrebbe dovuto iniziare a guardare Doyoung come se fosse la sua luna, invece che il sole, con meraviglia, con stupore e, perché no, anche con amore.

Perché, se c’era una cosa che lasciava Taeyong sempre di stucco, erano l’affetto e la dolcezza che poteva leggere negli occhi di Doyoung ogni volta che si guardavano.



 

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