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Autore: Ghillyam    20/12/2020    4 recensioni
[Storia partecipante all'H/C Advent Calendar 2020 indetto sul gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia]
È un tremendo mal di testa a svegliarla. Non è il solito, quello che la prende alla radice del naso e le fa credere che un solo altro passo la farà scoppiare a piangere, no, ciò che sente adesso è un pulsare alle tempie costante e il suo cervello potrebbe star benissimo esibendosi in capriole e salti acrobatici. Se la testa esplodesse le farebbe un favore. È come quando una sessione di allenamento ha un esito più sfavorevole di quanto preventivato – e capita solo quando Esposito decide di unirsi a lei e insieme diventano la copia perfetta di due fratelli che non possono accettare di farsi battere dall’altro – e, considerati i bassi che sente rimbombare nelle orecchie, l’ipotesi di un colpo ben piazzato non la trova poi così improbabile.
All’improvviso scatta a sedere e la stanza che le ondeggia davanti agli occhi non è la sua.
[Vampire!AU | Dub-con]
Genere: Hurt/Comfort, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Accadde-quella-notte 
 


Accadde quella notte
 
 
 
È un tremendo mal di testa a svegliarla. Non è il solito, quello che la prende alla radice del naso e le fa credere che un solo altro passo la farà scoppiare a piangere, no, ciò che sente adesso è un pulsare alle tempie costante e il suo cervello potrebbe star benissimo esibendosi in capriole e salti acrobatici. Se la testa esplodesse le farebbe un favore. È come quando una sessione di allenamento ha un esito più sfavorevole di quanto preventivato – e capita solo quando Esposito decide di unirsi a lei e insieme diventano la copia perfetta di due fratelli che non possono accettare di farsi battere dall’altro – e, considerati i bassi che sente rimbombare nelle orecchie, l’ipotesi di un colpo ben piazzato non la trova poi così improbabile.
All’improvviso scatta a sedere e la stanza che le ondeggia davanti agli occhi non è la sua. La scruta freneticamente mentre la mano destra conferma che, sì, il rigonfiamento che sta sfiorando alla base della nuca è senza dubbio un bernoccolo. Misurando i movimenti, non è sicura che le gambe la reggerebbero se decidesse di alzarsi in modo repentino, si allontana dal letto su cui era stesa e prende in esame ciò che la circonda: non è la prima volta che qualcuno occupa questa camera, su questo non ci sono dubbi, il letto è senz’altro confortevole e accanto al lato su cui si trovava fino a poco fa è presente un comodino con una lampada e un bicchiere d’acqua. Opposto a lei c’è un armadio ad ante scorrevoli e le pareti, su cui capeggiano stampe più o meno grandi di locandine di film d’autore, sono tinte di un rosso tenue. Nessuno si sarebbe disturbato ad arredare per poi non utilizzarla, si dice. Molto altro non c’è, ma non le sfugge la porta che dà su un bagno comunicante e questo le suggerisce che potrebbe trattarsi di una stanza per gli ospiti. Ciò spiegherebbe l’assenza di oggetti personali.
Uno sguardo fuori dalla finestra rende la sua ipotesi ancora più probabile: la strada è fiancheggiata da edifici che urlano soldi e benessere, e non è sicura che tale consapevolezza la faccia sentire meglio. Qualcuno che porta a casa propria una donna dopo averla resa incosciente dà l’idea che suddetto qualcuno non abbia nulla da temere. O magari si tratta di uno sprovveduto, e anche in un caso simile non c’è nulla che la tranquillizzi; gli sprovveduti non hanno paura della legge, specie se possono permettersi dei buoni avvocati.
A darle speranza è invece il fatto che il telefono si trovi ancora al sicuro nella tasca dei suoi pantaloni. Non può dire lo stesso per la pistola e il distintivo, ma la possibilità di chiamare il Distretto per ora è abbastanza. Deve solo resistere fino all’arrivo di Esposito e Ryan, si è già trovata in situazioni difficili e questa volta non sarà diverso, deve solo aspettare.
È sul punto di digitare l’uno finale del numero di emergenza – nel frattempo ha scartato l’idea di scappare dalla finestra: si trova troppo in alto per saltare e manca la scala antincendio – quando la porta si apre. La mano vola istintivamente alla cintura, dimentica dell’assenza dell’arma che solitamente vi trova.
Basta uno sguardo per farle dimenticare anche il resto. Un battito e tutto ciò che rimane sono due penetranti occhi azzurri.
«Oh, bene, sei sveglia. Temevo che mia figlia si fosse fatta prendere la mano: i giovani.» ridacchia.
Potrebbe star parlando in un’altra lingua per quanto la riguarda, l’unica cosa su cui lei riesce a concentrarsi sono i lineamenti definiti, il torso robusto e la pelle radiosa. È impossibile smettere di guardare.
L’uomo non sembra essere messo a disagio dall’attenzione ricevuta e lui stesso la esamina. Nota subito il cellulare – il dito è fermo a mezz’aria, aleggia su quell’ultimo tasto, ma premerlo è quanto più lontano dalla sua mente in questo momento – e il sospiro che emette è così pieno di rassegnazione che le parole che seguono le infliggono un inspiegabile senso di colpa.
«Sono desolato, Detective, ma di quello dovrai fare a meno.»
Non passa un istante che le dita si distendono, la mano ondeggia molle al suo fianco, e l’oggetto cade a terra. Il tappeto ne attutisce il colpo, ma anche fosse andato in mille pezzi la reazione di lei sarebbe stata la stessa: impassibile, è felice di poterlo accontentare. Non si chiede come faccia a sapere che è una Detective, le importa solo che, pronunciata da lui, la sua carica sembri la più onorevole al mondo.
«Come ti chiami?»
La risposta non si fa attendere «Kate.»
La sua propria voce le giunge distante, ovattata, stridente rispetto alla sua. Ti prego, continua a parlare.
«Kate – qualcosa si scioglie dentro di lei, come ha potuto vivere fino ad ora senza sentirlo chiamare il suo nome? – Mi rincresce per questo inconveniente, Kate. Non c’è altra scelta.»
Non vuole vederlo triste, l’espressione torva sul suo viso – resta bellissimo, una bellezza disperata e dirompente, fa venire voglia di piangere – le spezza il cuore.
«Cosa posso fare?» Voglio solo che tu sia felice. Permettimi di renderti felice, è l’unica cosa che desidero.
E lui sembra capire anche ciò che lei non dice. Per qualche motivo, però, il suo dispiacere sembra crescere fino a invadere ogni angolo della stanza e allo stesso modo l’anima di Kate. Le gambe le tremano e per poco non si accascia a terra. L’uomo la guarda e le offre un sorriso gentile.
«Perché non torni a letto, Kate? Starai più comoda.»
Kate cammina, la sua mente è vuota. È una marionetta, ed è la sensazione più simile alla pace che abbia mai provato. Si sdraia e aspetta solo che le venga detto cos’altro fare. Farò tutto quello che vuoi. Chiedimelo.
Non si è accorta che l’uomo adesso è a pochi passi da lei né che i suoi occhi nascondono una luce famelica. Sarebbe difficile scorgerla anche in circostanze normali, mascherata com’è dal rammarico e dalla disperazione che ciò che sta per fare sia inevitabile, ma è lì e lo attira magneticamente a Kate.
«Sei molto bella.» sussurra, ma la sua voce le riempie la testa ed è come se avesse urlato. Crede a ciò che le dice.
Ora è seduto accanto a lei, le accarezza i capelli, gioca con le ciocche più chiare facendosele passare tra i polpastrelli e quando le sfiora la guancia per Kate non esiste niente all’infuori del punto in cui le loro pelli si sono incontrate. Vuole sentirlo ovunque.
«Papà? – per un attimo è riportata alla realtà dalla voce che arriva dalla porta, ma lui troneggia su di lei e Kate pende dalle sue labbra – Posso venire adesso? Ho sete.»
«Alexis, ti presento Kate.»
Una chioma rossa e lentiggini del medesimo colore circondano occhi di un azzurro brillante come quelli che l’hanno imbrigliata nelle loro profondità e Kate già vuole bene alla ragazzina a cui appartengono.
«Ciao.» saluta Alexis.
Ha una voce melodiosa e il modo in cui la guarda fa sentire la detective al settimo cielo. È come se lei fosse tutto ciò che Alexis potesse mai desiderare e Kate è pronta a donarsi completamente. Qualunque cosa.
«Chiudi gli occhi.»
Ubbidisce e si bea della loro essenza attorno a sé.
«Ti ricordi cosa ti ho detto?»
«Sì. Mai sul collo o sui polsi.»
«E poi?»
«Mi devo fermare.»
«Bravo il mio genietto. Ora guarda.»
Quando le dice di sollevarsi Kate lo fa e si sente creta nelle sue mani mentre le sfila la maglietta e sgancia il reggiseno che indossa. Prendimi, per favore.
«Questo è un buon punto – dice, toccando il punto sopra al cuore – Così saprai quando smettere.»
«Posso?»
Trascorrono dei secondi, poi il mondo di Kate si trasforma. Elettricità pura le scorre nelle vene, nei nervi, fino alle estremità; un fuoco si irradia dal ventre e i sensi si risvegliano. Sente i respiri accelerati, un odore familiare arriva alle narici e in bocca avverte un sapore amaro che sa di fiori appena colti e lasciati su una lastra fredda. Dietro alle palpebre chiuse danzano figure indistinte. Una le si avvicina: la conosce.
Mamma?
Katie.
E così come è iniziato tutto finisce.
Ricade pesantemente sul letto e dove prima c’era una piacevole pesantezza delle membra adesso c’è un dolore sordo e lancinante, dal petto lo sente dipanarsi agli arti e poi nelle ossa. Avverte un’improvvisa freschezza sulle guance, ma è un breve sollievo.  Vuole chiedere aiuto ma le parole sono uno sforzo troppo grande e sono solo suoni indistinti che produce. Perché non mi lasciate morire?
«Per tutti i demoni dell’Inferno, Richard!»
«Madre, porta via Alexis, per favore. Qui me ne occupo io.»
«Devi lasciare che la tua Progenie impari a sistemare i propri disastri da sola, lo sai.»
«Lo farà, solo non oggi.»
«Lucifero ci salvi. Non voglio che resti una sola goccia di sangue, chiaro?»
La porta sbatte e per la mente affaticata di Kate è come una stilettata. Solo la sua voce è un balsamo contro la sofferenza.
«Perdonami, Kate, non si dovrebbe mai arrivare a questo punto. Pensavo che Alexis avesse imparato, non credevo ti avrebbe portata così vicino a… Mi dispiace.»
«F-f-fa male.»
«Lo so.»
Kate lo implora con tutta se stessa – Ti prego fallo smettere – e Richard adempie: lì dove i segni lasciati da sua figlia sono ben visibili lui si avvicina e li copre con la propria bocca. È un sapore delizioso, quello della detective, ma da tempo lui ha imparato a controllarsi quindi si limita a baciare l’area danneggiata e con meditata lentezza ne traccia i contorni con la punta della lingua. Su e giù, avanti e indietro, e via così finché non la copre tutta più volte. Piano, la sente rilassarsi e non si ferma fino a quando il suo corpo non si riappropria dell’oblio a cui solo quelli come lui sanno dare accesso.
«Grazie.»
Richard crede alla sincerità di Kate perché sa bene che, ora che il dolore è sparito, lei sarebbe disposta a riviverlo, a pregare, quasi, per poterlo provare di nuovo. Per lui.
Le sue labbra carnose sono tornate a distendersi e le sue pupille sono piene di lui. È il suo mondo adesso e Richard sa di avere il filo della sua esistenza legato al proprio dito: compierebbe le azioni più ignobili, se fosse lui a chiederlo. Gli farebbe disporre del proprio corpo in qualsiasi maniera lui volesse e, amaramente, pensa che lo ha già fatto.
«Ascoltami, Kate, è a questo che ripenserai…»
 
 
 
…e hanno fatto l’amore. È andato oltre la semplice esperienza umana, una delle notti più magiche della sua vita. Non sa se lo rivedrà, non ricorda neanche il suo nome – eppure il volto che vede quando chiude gli occhi ha un che di familiare: come un’immagine che, dopo troppo tempo passato a guardarla, sbiadisce – ma non potrà mai dimenticare quelle emozioni. Del resto, le rivive ogni volta che posa lo sguardo sulla piccola voglia che le è spuntata esattamente all’altezza del cuore.
   
 
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