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Autore: Serpentina    21/12/2020    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati! Premetto che questo capitolo tratterà nella seconda parte tematiche delicate, che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno. Siete stati avvisati.
Non lo faccio sempre perché non voglio essere ripetitiva e petulante, ma sappiate che ringrazio tutti voi che passate a dare un’occhiata e/o lasciare un “mi piace” o un commento alla storia. <3
Per questo viaggio nella filosofia greca, consiglio come sottofondo musicale “Breaking the habit” e “Faint” dei Linkin Park (RIP Chester).
Detto questo: allacciate le cinture, si parte!
 
Zoè e bios
 
“La vita non sempre va conservata; non è un bene il vivere, ma il vivere bene.”
Seneca, Lettere a Lucilio
 
Le eccentricità della madre erano il miglior antidoto alla nostalgia di casa. Sebbene, col senno di un (quasi) giovane adulto, William avesse riconsiderato sotto una luce più benevola alcune discutibili scelte materne (in fondo, era mossa da sincero affetto e buone intenzioni), riteneva che l’aver messo parecchie miglia di distanza tra lui e le sue buone intenzioni fosse la decisione migliore che avesse mai preso: come insegna Marx, le buone intenzioni lastricano la strada per l’inferno, non certo per il paradiso.
Provava ancora un brivido lungo la schiena al ricordo delle lunghe sedute di meditazione destinate a potenziare il suo “dono”, alias l’innata capacità di ricordare vividamente le rappresentazioni notturne create dal subconscio, comunemente note come sogni, capacità che sua madre attribuiva ad un’aura eccezionalmente potente.
Avrebbe rinunciato volentieri al “dono”, pur di dimenticare gli incubi che di tanto in tanto turbavano il suo sonno; in realtà, più che di incubi, si trattava di brutti ricordi, che riaffioravano durante la notte. Quello che più di frequente tornava a tormentarlo riguardava il giorno peggiore della sua vita, secondo solo alla partenza di suo padre dopo il divorzio: aveva dieci anni e sua madre, detrattrice dei costumi “commerciali di personaggi stereotipicamente occidentali, venduti a prezzi super-gonfiati”, lo aveva fatto vestire da piccolo Buddha per Halloween. In mezzo ai vari Harry Potter, Harley Quinn e Capitan America si era sentito un emerito deficiente, specialmente quando i vari maghetti, supercattivi e supereroi in erba avevano iniziato a rimarcare il suo essere una voce fuori dal coro con la crudeltà di cui solo i bambini sono capaci (con buona pace di chi li considera innocenti angioletti senz’ali).
Da allora, aveva evitato le feste come la peste, specie quelle in maschera. Eppure, non era riuscito a dire di no alla Weil quando aveva proposto, per quell’anno, travestimenti coordinati, ispirati ai protagonisti della serie “Night Hunter”: Nathaniel e Kimberly si erano accaparrati i panni degli antagonisti, i vampiri Anton e Celina; Kevin, invece, quelli del terzo lato del triangolo amoroso, il licantropo Carl Levine, lasciando a lui e Frida l’onere e onore di ricoprire, per una sera, il ruolo della loro coppia del cuore, Nick e Kitara. 
Sorrise nel cuscino, pensando alla faccia che avrebbe fatto sua madre quando lo avrebbe scoperto; perché lo avrebbe scoperto, senza ombra di dubbio: quella donna, con la scusa che tenere dei segreti nuoceva all’aura, era un’impicciona di prima categoria, senza contare che lui stesso non vedeva l’ora di dirglielo, per assistere in diretta alla sua reazione.  Il sorriso venne meno quando la luce del giorno lo colpì impietosamente sul viso, calda e tagliente come una lama appena affilata. Emise un gemito di disappunto e, quando si sentì scuotere delicatamente, tirò le coperte fin sopra la testa, in un vano tentativo di prolungare la notte finché non fosse stato pronto ad alzarsi.
–Ancora cinque minuti!- mugolò dall’interno del bozzolo di tessuto nel quale si era avvolto. Gli sembrò di udire la voce della madre, che gli intimava di alzarsi per cominciare la giornata risvegliando i chakra; mosso dall’esasperazione, esclamò –Fanculo i chakra!
Quello che non si aspettava, e che gli fece rischiare l’infarto, fu sentire una voce femminile, diversa da quella di sua madre, rispondergli animatamente –Concordo in pieno!
Convinto di stare ancora sognando (sua madre non avrebbe mai pronunciato una simile eresia), sarebbe rimasto volentieri sotto le coperte, se fosse  stato scosso con violenza finché non era riemerso dalle coltri con la grazia di un orso che esce dal letargo. Rischiò l’infarto per la seconda volta nel vedere ai piedi del letto una pimpante Frida Weil, vestita a festa, intenta a fissarlo mentre limava le unghie ben curate, laccate di smalto color pesca. Unica nota stonata nell’aspetto impeccabile della ragazza erano alcuni capelli carichi di elettricità statica che spuntavano dritti dalla chioma altrimenti liscia, raccolta in una stretta coda di cavallo.
–Weil? Che diavolo…?
–In Inghilterra - come nel resto del mondo, spero - è buona educazione esordire augurando buongiorno. Buongiorno, Liam. Dormito bene? Pulisciti la guancia sinistra, hai un po’ di saliva rappresa. Ah, prima che me lo domandi: non sono un’allucinazione- lo interruppe lei, per poi deviare lo sguardo in basso e aggiungere –Adesso capisco a cosa si riferivano Nate e Kev quando si lamentavano di dover “smontare la tenda” al mattino!
Arrossendo come non mai, William portò entrambe le mani a coprire la zona incriminata, dopodiché, recuperato un minimo di autocontrollo, rispose –Buongiorno, Weil. Si può sapere cosa cazzo ci fai qui?
La ragazza arricciò il naso, infastidita dal linguaggio triviale, e ridacchiò –Per stavolta, soprassiederò sulla volgarità. Davvero non ricordi? Accidenti, eri messo peggio di quanto pensassi!- andò a spalancare la finestra e, dandogli le spalle, aggiunse, mesta –Forse è meglio così.
–Perché? Cosa ho combinato?
Frida scosse leggermente il capo, fece comparire un sorriso tirato e, dirottato lo sguardo sui pantaloni neri coperti di paillettes per ridurre il rischio di tradirsi, gli mentì spudoratamente.
–Tu niente. Lo stesso non può dirsi dei neo-maggiorenni. Ricordi almeno che ieri Kimmy e Kev hanno festeggiato l’ingresso nella maggiore età?
–Sì, questo lo ricordo- biascicò l’australiano, ancora intontito, passandosi una mano sul volto. –Ricordo anche Kimberly che si pavoneggiava sventolando l’Alcohol Pass manco fosse l’Oscar, ubriaca fradicia; come quasi tutti, del resto. A un certo punto lei e Kev sono saliti su un tavolo e si sono messi a ballare il can can, per la gioia di Nate, incazzato nero. Se non ricordo male, ha minacciato di morte chiunque osasse sbirciare le sue mutande. Come se ci fosse chissà cosa di interessante nelle sue mutande. Non le avesse indossate, avrei potuto capire, ma….- si bloccò di fronte all’occhiata raggelante della Weil. –È successo veramente?
–Vorrei poterti dire che è frutto della tua perversa immaginazione.
–In quel caso, Weil, a ballare sul tavolo ci saresti stata tu, e… lasciamo perdere, va- ignorò volutamente i suoi intellegibili borbottii di rimprovero e pose la fatidica domanda –Dal taglio della torta in poi è black out totale. Come sono tornato a casa?- gli sovvenne un terrificante sospetto. –Non hai chiamato mio padre, vero?
Frida manifestò lo sdegno per quell’insinuazione incrociando le braccia e socchiudendo gli occhi.
–Ti sembro stupida? Certo che no! Quando mi sono resa conto che eri completamente andato, ho chiamato un taxi. Avrei voluto andarmene, dopo averti portato a letto- ignorò il commento sarcastico dell’australiano su quel doppio senso involontario e proseguì –Però non me la sono sentita di lasciarti solo. Ero preoccupata per te. Ho scritto ai miei che avrei passato la notte da mio cugino Ernst, fidato alibi per le scappatelle notturne, e… sono rimasta qui.
–Ti ho avuta nel mio letto quando ero troppo sfatto per provarci? Questa sì che è sfiga! Frida tossicchiò, a disagio, e mostrò un rinnovato interesse per le proprie unghie, evitando di rispondere. –Anche se, conoscendoti, dubito sarebbe successo qualcosa. Come hai ammazzato il tempo, allora? Non sarai rimasta lì impalata a vegliarmi tutta la notte! È malsano, cazzo! E inquietante.
–Per chi mi hai presa, una stalker? Una volta assodato che non saresti soffocato nel tuo vomito o roba del genere, sono andata a dormire sul divano. Complimenti a tuo padre per la scelta, è davvero comodo. Peccato che un’oca starnazzante, sbucata fuori dalla stanza in fondo al corridoio, abbia interrotto una piacevole fase REM. Allora sono tornata da te, e, beh… il resto lo sai.
L’altro esalò, massaggiandosi le tempie –L’avrai sognata, Weil. Nella stanza in fondo dorme mio padre- maledisse la sbronza colossale della sera prima, causa del mal di testa e del rallentamento ideo-motorio che stava sperimentando. In condizioni normali, infatti, avrebbe impiegato pochi secondi, e non tre minuti buoni, a realizzare le implicazioni di quanto aveva appena sentito. –Aspetta, aspetta, aspetta. Frena, frena, frena. Stai dicendo che mio padre, con me in casa…
–In sua difesa, contava che tu non fossi in casa- puntualizzò lei. –Comunque, di cosa ti stupisci? Te l’avevo detto che ha una o più… amicizie femminili. È chiaro che soffre la solitudine, poverino.
–La soffrissi io, questa solitudine!
–Non dire assurdità! È chiaro che entrambi avete bisogno di trovare il vero amore. Per te c’è poco da fare, tuo padre è già un osso meno duro: gli darò il numero di Lauren alla prima occasione utile.
Di nuovo, William maledisse l’ubriacatura della sera prima: in condizioni normali, avrebbe notato la freddezza della Weil, che si teneva a debita distanza da lui, e avrebbe commentato con una frecciatina sarcastica alla sua fissa di voler aiutare suo padre a trovare l’amore (impresa, secondo lui, impossibile sia dal punto di vista pratico, sia filosofico); invece, gli riuscì soltanto di piagnucolare –Mio padre scopa più di me. Voglio morire!
Frida lo mise a tacere con un secco –Sono sicura che domani alla festa sarà pieno di belle ragazze arrapate. Ti conviene rimetterti in sesto per loro. Coraggio, stellina, smettila di piagnucolare, alzati e risplendi! Un buon caffè e una vagonata di grassi saturi ti restituiranno la voglia di vivere.
Lo stomaco di William manifestò il proprio dissenso contorcendosi dolorosamente.
–Lasciami in pace!
–Benissimo! Dato che la mia presenza non è più necessaria, né tantomeno gradita, ti lascio smaltire la sbronza da solo- sbottò lei, prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta. –E se non ti è di troppo disturbo, cerca di restare sobrio fino a domani, mi servi sveglio e operativo per acchiappare al lazo Andrew Carter.
 
***
 
La sera del 31 ottobre si erano riuniti a casa Cartridge per indossare i costumi e avviarsi in gruppo alla festa. I ragazzi si erano cambiati in camera di Kevin, le ragazze in quella di Kimberly, sotto l’invadente sorveglianza (mascherata da ospitalità) di Abigail Venter in Cartridge, madre dei gemelli.
–Senza offesa per tua madre, Kev, ma è peggio del Grande Fratello! Cosa teme, che lasciati da soli diamo il via a un’orgia?
–Appartiene alla generazione traviata da “Il Trono di Spade”: con due gemelli di sesso diverso in casa, teme di peggio di una “semplice” orgia!- ridacchiò Nathaniel.
Gli altri due scoppiarono a ridere, dopodiché William, fingendosi affaccendato ad allacciarsi le scarpe, chiese –Posso farvi una domanda?
–Un’altra?- scherzò Nathaniel Jefferson-Keynes, per poi sospirare, rassegnato –Va bene, va bene, proverò a essere serio. Avanti, spara.
–Quanto avete bevuto, l’altra sera?
Nathaniel avrebbe replicato a quella domanda indiscreta in malo modo, se Kevin non l’avesse bloccato, rispondendo –Meno di te, poco ma sicuro. Mai visto nessuno ingurgitare così tanto alcol in così poco tempo! Sicuro di avere ancora un fegato?
L’australiano abbozzò una mezza risata divertita, e pose una seconda domanda.
–Quindi ricordate… tutto?
–Tutto. Imbarazzante balletto improvvisato compreso.
–Tutto quello che vale la pena ricordare- asserì Nathaniel, esibendo un sorriso enigmatico degno della Gioconda. –Perché, tu no?
Davanti all’espressione mortificata di William, Kevin e Nathaniel sbottarono in contemporanea –Merda!
–Potreste per favore aiutarmi a capire perché Frida è così dannatamente formale? Cortese, ma fredda. Non è normale. Non è da lei. Non con me, almeno. Dev’essere successo qualcosa… se solo riuscissi a ricordare cosa!
Nathaniel rivolse un’occhiata di sbieco a Kevin, incerto sul da farsi; ricevuto dall’amico un cenno di assenso, esalò –Dovrai chiederlo a lei. Non so cosa sia accaduto di preciso, si è rifiutata di dirmelo; so solo che a un certo punto siete spariti, e quando è ricomparsa era sconvolta.
–Più che sconvolta, furiosa- lo corresse Kevin. –Qualsiasi cosa tu abbia fatto, l’hai fatta incazzare. Per tua fortuna, non abbastanza da abbandonarti semi-svenuto su un divano.
–Se può consolarti, non sei l’unico ad avere problemi con una ragazza- disse Nathaniel, insolitamente gentile.
Kevin stralunò gli occhi e sbuffò –Ti prego, non dirmi che hai messo in atto la minaccia di lasciare mia sorella perché ha mostrato le mutande a tutti! Ti credevo migliore di così. Siamo negli anni ’30, ma del ventunesimo secolo.
Nathaniel rise, una risata priva di allegria, quasi grottesca.
–Kim si è esibita in quel modo apposta. Voleva vendicarsi dandomi sui nervi. E, liberi di crederci o meno, è stata lei a lasciarmi, per aver baciato Dany Jones.
–Dany come Daenerys Jones, nata dalle Cotswolds, millesima del suo nome, distruttrice di maroni, regina delle manie di protagonismo, khaleesi delle crisi isteriche eccetera?
–Certo che la generazione dei nostri genitori ha veramente dei gusti di merda in fatto di nomi! A scuola con me a Canberra c’erano un Anakin e i gemelli Luke e Leia- osservò William. –Comunque, per una volta sto con Kim: hai baciato un’altra, Nate. Non concepisco l’obbligo sociale di ingabbiarsi in una relazione monogama, però concepisco ancora meno il tradimento. Se qualcosa non va ci si lascia, punto.  
–Era un fottutissimo bacio di scena!- ruggì Nathaniel, dando sfogo alla frustrazione. –Ok, più di uno, ma la sostanza non cambia. Io e Dany ci schifiamo a vicenda, ma, avendo saputo dalla professoressa Beckett che alcuni suoi amici dell’ambiente verranno alla prossima recita scolastica, un adattamento del Dracula di Stoker, abbiamo pensato che aggiungere un po’ di pepe alla scena avrebbe aumentato le possibilità di ottenere parti da protagonista.
–Se conosco un minimo mia sorella, non ha voluto sentire ragioni. Spero ne sia valsa la pena. Hai ottenuto la parte?
–Sì, anche se non quella che volevo. Secondo la professoressa Beckett, il mio “faccino pulito” è perfetto per interpretare quel bamboccio di Jonathan Harker. È un vizio: già l’anno scorso mi relegò al merdoso ruolo di Cassio, quando sarei stato un perfetto Iago; e l’anno prima ancora mi negò la parte di Puck in “Sogno di una notte di mezza estate”. Giuro che prima o poi le dirò in faccia cosa penso di lei e della sua attenzione ossessiva all’esteriorità dei personaggi, piuttosto che all’interpretazione!
–Se hai davvero la coscienza pulita, lascia che Kim sbollisca e torni da te strisciando- asserì l’australiano scrollando le spalle.
Kevin si dichiarò d’accordo e, insieme all’amico, andò a controllare a che punto fossero le ragazze. Appena la porta si fu richiusa alle sue spalle, Nathaniel chiuse gli occhi e sospirò –Non sono sicuro di volere che torni.  
 
***
 
“Homo homini lupus”, sosteneva Hobbes: la natura umana è tendenzialmente egoistica, determinata dall’istinto di prevalere sui propri simili. Sebbene William si considerasse kantiano fino al midollo, non poté negare che quell’aforisma celasse un fondo di verità: nonostante il forte senso etico, infatti, non era riuscito a non gioire segretamente del subitaneo interesse di Bryce per Kimberly, la quale non aveva perso occasione per ingelosire il suo ex-ragazzo flirtando spudoratamente con l’aspirante chirurgo col fisico da surfista californiano. Dovendo scegliere, preferiva che quel “gorilla con la parrucca” rubasse la ragazza a Nate, piuttosto che a lui.
L’istintiva possessività nei confronti della Weil avrebbe dovuto indurlo a porsi due domande sull’effettiva natura del loro rapporto, ma si limitò a non staccarle gli occhi di dosso durante tutta la sera.
Gli risultava pericolosamente facile perdersi a contemplare la concentrazione quasi inumana con cui scannerizzava gli invitati in cerca del latitante Andrew Carter, il modo in cui si era mossa tra la piccola folla in cerca di un punto di osservazione privilegiato che le consentisse di braccarlo al momento giusto, il suo insistente mordicchiarsi le labbra, che tradiva un certo nervosismo. Aveva provato a chiederle di ballare o bere qualcosa, ricevendo due secchi rifiuti. “Non voglio distrarmi e rischiare così di lasciarmelo sfuggire”, aveva detto. Motivazione logica e valida, per carità; eppure, William sentiva che c’era dell’altro, qualcosa che doveva assolutamente ricordare. Aveva quindi deciso di restarle accanto, in parte nella speranza che la stessa Frida provvedesse a rinfrescargli la memoria, in parte nel timore che Bryce potesse stufarsi di una preda facile come Kimberly e tornare all’attacco.
–Sarai felice, immagino.
Nel dubbio su cosa rispondere, optò per una battuta.
–Mica tanto! Mi avevi promesso universitarie sexy e arrapate, ma quelle che ho davanti sono carine, non sexy - a meno di trovare sexy ragazze dal colorito verdognolo per il troppo alcol, sul punto di rimettere anche l’anima - e troppo sbronze per poterci anche solo provare senza sentirmi uno stupratore.
Vielleicht1 sei tu ad essere- “Un kantiano del cazzo” –Troppo esigente.
A quelle parole, William ebbe come un’illuminazione: un frammento di memoria riaffiorò dalle tenebre dell’amnesia. Pensò bene, quindi, di indagare in quella direzione.
–Sì, beh, la persona più intelligente che conosco ha detto che quelli come noi dovrebbero volare tanto in alto quanto riescono a librarsi- capì di essere sulla pista giusta quando vide Frida, l’imperturbabile, algida Frida, arrossire e riprendere a mordicchiarsi le labbra. –Alla festa di Kim e Kev, se non sbaglio. Sai, è incredibile come tu riesca a dire certe cose da sobria senza scoppiare a ridere! Comunque, se non per la fauna locale, per cosa dovrei essere felice?
–Per aver previsto la rottura tra Nate e Kimmy. Rottura irreparabile- mormorò Frida, prima di puntare il dito verso un divanetto. –Guarda là.
Di fronte alla scena che gli si parò davanti, William venne colto da un misto di nausea e pena (per il povero Nate) che gli annodò lo stomaco: Bryce e Kimberly erano avvinghiati come koala, e sembravano starsi divorando la faccia a vicenda.
–Grandioso! Avrò incubi per un mese!- gnaulò, per poi trangugiare in un sorso il contenuto del suo bicchiere: in certi casi, bere per dimenticare era la migliore soluzione. E lui avrebbe decisamente voluto dimenticare la conversazione che seguì.
Frida, infatti, assunse un’intensa sfumatura bordeaux e ridacchiò –Esagerato! Bryce è viscido e ha più tentacoli di un polpo, ma non bacia male. Cioè… credo. Non che abbia chissà quale esperienza, però… voglio dire, non bisogna essere registi per giudicare se un film ci piace o meno, ja? Cioè… a me non è dispiaciuto. Meglio di Midget, ecco.
Per William fu come venire investito da un treno in corsa. Avrebbe voluto rifiutarsi di credere che Frida si era lasciata baciare da quello scimmione, ma la razionalità prevalse: rifiutarsi di crederci non lo avrebbe reso meno vero.
–Tu… tu hai… con quello? Il figlio segreto di Trazan e Cita? Cazzo, Weil, credevo avessi una dignità!
Lo schiaffo bruciò meno della consapevolezza di esserselo meritato. Non aveva mai visto la Weil tanto livida di rabbia; avrebbe giurato di aver visto un lampo omicida nel suo sguardo di ghiaccio. Tuttavia, la ragazza mantenne la calma, limitandosi a replicare, in tono pratico –Ti proibisco di giudicarmi. Ho agito spinta dalla determinazione a non farmi trovare impreparata quando Aidan avrebbe… na ja
–Accidenti, eri proprio cotta di lui! Talmente cotta, che immagino non abbia… hai capito no? Con Bryce, dico, non hai… Cielo, riesco a stento a pensarlo, figurati a dirlo!
Keine Sorge, ich habe dich verstanden.2 E mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Farebbe una qualche differenza, per te, se fossi “stata” con lui?
Colto alla sprovvista, William perse il poco colore che aveva sulle guance e boccheggiò –Nessuna! Assolutamente! No, no! Ama e fa’ ciò che vuoi, giusto?
–Ho capito: ti roderebbe!- esalò Frida, sorpresa e al contempo un po’ compiaciuta della reazione del suo socio. –Warum3? A me non fa né caldo né freddo che tu sia stato con altre ragazze. Davvero. Non ho il diritto di recriminare.
–Sì, beh… a parte Isla, erano tutte cose prive di significato. Incontri in realtà virtuale.
–Basta questo a privarli di significato? La realtà virtuale è reale, Liam. Hai creato un avatar a tua immagine somiglianza, lo hai fatto agire secondo la tua volontà e hai provato le stesse, identiche sensazioni che ha provato lui. Perciò non venirmi a dire che non conta, soltanto perché non eri tu in prima persona. Conta eccome! Anzi, no, non conta niente: io e te non abbiamo quel genere di rapporto.
Conscio che qualsiasi tentativo di portare avanti la discussione in maniera civile sarebbe stato accolto da un freddo silenzio e un’occhiataccia, William incrociò le braccia e rimase immobile a scrutare torvo la stanza gremita di gente che si stava divertendo, al contrario di lui.
Perso nei propri pensieri, stava meditando di lasciare la festa, quando venne riportato alla realtà da Frida con una gomitata poco delicata e un cenno del capo in direzione della porta: sulla soglia stazionava un nervosissimo Andrew Carter, il quale, per loro fortuna, indossava un costume che lasciava scoperto il volto.
Mandò al diavolo il proposito di abbandonare la socia e si lanciò insieme a lei all’inseguimento di Carter - che al solo vederli era sbiancato e aveva tentato fuga - in parte perché non voleva perdersi la scena della Weil che metteva sotto torchio quel mollusco, in parte, la maggior parte, perché desiderava far sparire la delusione che da un paio di giorni a quella parte velava il suo sguardo appena si posava su di lui. Era schifato da se stesso, non solo per averla delusa, ma soprattutto… perché non riusciva a ricordare cosa avesse combinato.
Udì il rumore di un corpo sbattuto prepotentemente contro il muro, e si complimentò mentalmente con Frida, la quale era riuscita a intercettare Carter e, compiaciuta per l’eccellente placcaggio, dimentica per un attimo di avercela con lui, gli rivolse il più luminoso dei sorrisi, quasi ad invitarlo ad essere fiero di lei; gli parve talmente bella in quel momento, che si trattenne a stento dal mandare al diavolo Andrew Carter, Bryce e il resto del mondo per baciarla. Il tutto, però, durò un battito di ciglia, e in futuro William si sarebbe chiesto spesso se non si fosse trattato di un gioco di luci.
–Chi non muore si rivede. Hallo, Andrew. Quanto tempo!
William storse il naso per quel rimando di dubbio gusto alla prematura morte di Aisling Carter, sorella di Andrew, ma rimase in silenzio.
–Toglimi le mani di dosso, o ti denuncio per aggressione!
–Tremo di paura al solo pensiero!- sbuffò la Weil, serrando la presa per fargli capire chi, tra i due, aveva il coltello dalla parte del manico. –Non sprecare ossigeno prezioso tentando di divincolarti. Rispondi onestamente alle mie domande, e ti lascerò andare ad ubriacarti fino a ritrovarti con l’alcool al posto del plasma. No sbronza, no party, ja?
Il guaito da cucciolo maltrattato di Carter intenerì l’animo sensibile di William, che ebbe l’impressione di essere il reale destinatario di quella frecciatina; sconcertato dall’impassibilità di Frida, ebbe sufficiente faccia tosta da farle notare –Ehm, Weil… Credo gli sia un tantino difficile risponderti se lo soffochi.
–Tranquillo- rispose lei con la stessa naturalezza con cui si discutevano le previsioni meteorologiche. –Mutti mi ha spiegato che l’organismo manifesta l’ipossiemia critica con la cianosi; finché non diventa blu, è tutto a posto. Adesso basta chiacchiere, veniamo al sodo: Andrew, potresti fornirci una valida motivazione per giustificare la tua presenza a villa Conworthy la notte della morte di tua sorella, bitte? Macchiarti del suo omicidio rientra le motivazioni valide, natürlich.
La reazione di Carter gli fece provare, se possibile, ancora più pena per lui: si mise a singhiozzare come un animale ferito allo stremo delle forze. L’atteggiamento aggressivo di Frida non lo incentivava certo ad aprirsi. William non riuscì a trattenersi oltre: spronato dal pensiero che Frida ce l’aveva comunque a morte con lui, tanto valeva compiere un atto di coraggio, si appellò a tuttala propria forza interiore per ribattere –Adesso basta! Tu non sei Torquemada e questo non è un processo dell’Inquisizione. Comportati con un minimo di umanità, cazzo!
L’occhiata sprezzante della Weil gli fece temere che lo avrebbe pestato a sangue, invece, dopo un attimo di esitazione, esalò un secco –E va bene!- e liberò Andrew, che si accartocciò su se stesso e guaì –Perché non mi lasciate in pace? Non è abbastanza aver perso una sorella? Aisling si è suicidata!
Schwachsinn!4- tuonò Frida, livida. –Aisling non era nelle condizioni per suicidarsi, lo sai meglio di me.  L’hai vista, l’hai portata nella sua stanza, l’hai aiutata a mettersi a letto e magari le hai pure rimboccato le coperte, da bravo fratello maggiore. Stai negando l’evidenza per mettere a tacere un inutile senso di colpa: credi che, se non te ne fossi andato, se non l’avessi lasciata sola, Aisling non sarebbe morta. Beh, notizia bomba: se non te ne fossi andato, adesso non staremmo qui a discutere, perché, molto probabilmente, saresti sotto terra anche tu! O è stata cremata?- qualcosa nell’espressione di Andrew le fece intuire che era pronto a capitolare, e aggiunse –Verstehest du das nicht?5 Io non bisogno che tu mi dica per quale più o meno assurda ragione ti trovavi alla villa; ci arriverò da sola, con la mia intelligenza, che tu collabori o no. Ti sto soltanto offrendo una chance di darmi la tua versione dei fatti, e spero vivamente che la tua abilità di narratore sia migliorata, dal nostro ultimo incontro.
Il cenno di assenso e il sorriso conciliante di William gli diedero il colpo di grazia; Andrew si coprì il viso con le mani e confessò –Dovete giurare che non lo direte a nessuno, specie alla polizia. Sì, ero alla villa quella sera. Immagino ve l’abbia detto Nita. Ciò che Nita non sa, che non nessuno avrebbe mai dovuto sapere, è che ero lì per … lasciamo perdere. Non capireste. Quello che per pochi è un atto d’amore e coraggio, per molti è omicidio.
–Prova a spiegarci.
–Cosa c’è da spiegare? Ha praticamente confessato!- sbraitò Frida, scoccando a Carter un’occhiata di profondo disprezzo.
William riflettè che, a quel punto, tanto valeva contraddirla fino alla fine.
–A me non sembrava una confessione, e, anche se fosse, Andrew potrebbe spiegarci perché l’ha fatto. Si tratta comunque di un atto che non si compie a cuor leggero.
–Ehi! Non ho confessato un bel niente, anche perché non ho fatto niente! All’ultimo momento ho ceduto; non potrò mai perdonarmelo. Rory è ancora in gabbia, ed è tutta colpa mia.
–In che senso?
–Nell’unico senso possibile- ringhiò Andrew. –Immaginate di essere imprigionati nel vostro corpo, costretti a letto, incapaci di muovervi, di parlare, di mangiare, di bere, di respirare autonomamente. Le pareti della stanza che prima occupavate soltanto per dormire sono diventate il vostro orizzonte. I giorni si susseguono tutti uguali, uno dopo l’altro, e siete consapevoli che la situazione potrà solo peggiorare. Dopo un po’, si inizia a vedere una sola via d’uscita. Vi sembra libertà, questa? Vi sembra vita? A me no, e neppure a Rory. Credo che Aisling avesse trovato un modo per comunicare con lei, perché mi disse che l’aveva supplicata di liberarla da quell’esistenza infelice. Non sono un mostro, voglio bene alle mie sorelle, anche se a volte può sembrare il contrario.
–Non ho fratelli o sorelle, però credo sia normale provare frustrazione nel sentirsi messi da parte. Anzi, mi sorprende che tu non sia ricorso ad azioni pericolose o autolesive per attirare l’attenzione.
–Ho smesso quando mi sono accorto che non faceva alcuna differenza: sarei sempre stato il nipote invisibile. Aisling mi riferì della richiesta di Rory, aggiungendo che aveva pianto dalla disperazione. Lessi tra le righe che non avrebbe mai rischiato la galera per esaudire quello che, nei suoi piani, sarebbe stato il suo ultimo desiderio. Ripensai a quando giocavamo da piccoli; a me toccava sempre la parte del principe che doveva salvare le principesse dal drago o l’orco di turno. Decisi che sarei stato il principe di Rory per l’ultima volta, salvandola dal mostro peggiore di tutti. Ora che sapete, cos’avete intenzione di fare, denunciarmi? Per cosa, poi? La codardia non è illegale, e non si può nemmeno parlare di tentato omicidio: non ho tentato niente.
–In pratica, volevi essere l’angelo della morte per tua sorella. Cos’è andato storto? Aisling ha provato a fermarti e l’hai uccisa per tenerle la bocca chiusa?
–Ma se poco fa hai detto che Aisling era sedata! Anche volendo, come avrebbe potuto fermarmi? Oltretutto, era stata lei a dirmi del desiderio di Rory. Volevo ridarle la libertà, tutto qui… ma immagino sia un concetto troppo difficile da capire.
–Tutt’altro- lo contraddisse William, incurante dei mormorii di disapprovazione di Frida. –Sono convinto anch’io che Zoè non sia sinonimo di Bios. Non è un caso che gli antichi Greci usassero due parole distinte per definire il termine “vita”: la vita in sé per sé non implica una vita degna di essere vissuta. Persino il più primitivo organismo unicellulare ha una Zoè, ma solo l’uomo è capace di apprezzare a pieno il dono della vita, in quanto cosciente della sua mortalità. In altre parole, l’uomo è l’unico essere vivente dotato di Bios; perderla, equivale a morire.  
–Esatto!- esclamò Andrew, meno sulla difensiva. –Volevo solo che mia sorella smettesse di soffrire. Non stavo facendo nulla di male.
–Nell’antica Grecia, forse- intervenne Frida. –Ma, sfortunatamente per voi, ci troviamo nel ventunesimo secolo, dove portare qualcuno all’altro mondo anzitempo è considerato omicidio, a prescindere dalla nobiltà del movente!
–Fortunatamente per te ci troviamo nel ventunesimo secolo, o non avresti il diritto di parlarci così, donna!- la redarguì aspramente William.
Frida non riuscì a trattenere Zelda: si avventò sull’australiano, che riuscì a scansarsi appena in tempo, facendola sbattere contro il corrimano delle scale. La ragazza, seppur piccata, non si arrese, e ringhiò –Non ti è bastato lo schiaffo di prima? Vuoi anche un calcio nelle palle?
–La minaccia di violenza è l’ultimo rifugio di chi ha esaurito le argomentazioni. Vorrei che allargassi i tuoi orizzonti, Weil: il fatto che un’azione sia illegale non la rende automaticamente immorale!
–Peccato che viviamo in uno Stato di diritto, non nel far West. L’omicidio non è disobbedienza civile, è un atto immorale e illegale!
–Alleviare le sofferenze di un altro essere umano non è omicidio!
–Al momento attuale, lo è, perciò sei still6, non sprechiamo fiato per una discussione inconcludente. 
Tirava palesemente una brutta aria, tanto che Andrew fu tentato di sgattaiolare via. Lo trattenne la certezza che Frida lo avrebbe riacciuffato, e il suo esile corpo non avrebbe retto un secondo placcaggio. Pertanto, con le membra dolenti e l’orgoglio ferito, sbuffò –Se non c'è altro, vi lascerei bisticciare come una vecchia coppia di sposi.
–Ancora una domanda: se non sei stato tu, chi pensi abbia potuto far fuori tua sorella?
Andrew si grattò il mento, mentre soppesava le varie possibilità.
–Ammesso e non concesso che mia sorella non si sia suicidata… mi verrebbe da puntare il dito contro Nita. Erano amiche praticamente da sempre, e so per esperienza quanto possa essere difficile vivere all’ombra di qualcuno a cui tieni.
–Capisco- sibilò la Weil. –Vorrei parlare con i tuoi nonni, se possibile. Con discrezione, natürlich.
–In occasione dei due mesi dalla morte di Aisling, i miei nonni terranno un memoriale in suo onore. Mia sorella conosceva un sacco di gente, mescolarvi tra gli ospiti è il modo più facile per incontrarli senza destare sospetti.
Wunderbar! Grazie per la collaborazione, non me l’aspettavo.
–Se servirà a evitarmi altre imboscate…
Frida lo osservò allontanarsi pensierosa, dopodiché sbuffò –Spero che tu abbia un abito nero, socio.
–Mio padre sarà deliziato di accompagnarmi a comprarne uno e darmi qualche lezione di stile: dice sempre che vesto come un portuale di Mackey! Comunque, ora che siamo soli, potresti spiegarmi perché ce l’hai con me?
Frida si girò deliberatamente dall’altra parte.
–Stai diventando paranoico, Liam. Nessuno ce l’ha con te!
–Non offendere la mia intelligenza, Weil! Ho combinato qualcosa, al compleanno dei gemelli, qualcosa di grosso… e non riesco a ricordare cosa, dannazione!
–Se ti interessa scoprire cosa hai combinato per poterti flagellare, sappi che puoi chiedermi scusa anche senza saperne la ragione, le accetterei lo stesso. O è una questione di principio?
–La seconda.
“Avrei dovuto prevederlo. Maledetto kantiano del cazzo!”
Frida esternò il proprio disappunto gesticolando e soffiando come un gatto arrabbiato –È una stupidaggine, davvero! Credimi, Liam, non è utile a nessuno rivangare…
–Dimmelo subito!- ruggì William, furente.
–Cedo alla violenza- gnaulò Frida. –Visto che ci tieni tanto: in preda ai fumi dell’alcool, mi hai chiesto di essere la tua ragazza.
La fissò incredulo per qualche secondo, mentre assimilava l’informazione. Si era arrovellato per due giorni… per questo?
–Tutto qui? Sul serio? Dev’esserci dell’altro, non te la saresti presa per una sciocchezza simile. Sei troppo intelligente. O devo credere che il tuo atteggiamento sia frutto dell’imbarazzo per avermi rifiutato?
Piccata, Frida sputò il rospo che teneva in corpo da due giorni.
–Chiunque sano di mente ti avrebbe rifiutato! Vuoi sapere cosa sei stato capace di dire e fare ubriaco perso? Ebbene, caro il mio Liam, nell’ordine: hai iniziato a blaterare su quanto mi trovi sexy, mi hai baciata - e sarebbe stato bello, se il tuo alito non avesse odorato di alcool - hai provato a infilare le mani sotto la mia maglia e, quando ti ho scostato - con non poca fatica; sei fastidiosamente persistente - mi hai chiesto di diventare la tua ragazza nel modo più becero possibile. “Ah, già, dimenticavo: sei una di quelle. Che palle! Ma se è quello che serve ad averti tutta per me… in fondo, potrei capitare peggio. E poi, se andasse male posso sempre lasciarti”. Devo continuare?
–Io… non posso… non posso averlo fatto. Non è da me!
–Oh sì, invece. Volevi che ci mettessimo insieme per… infiocinarmi, traforarmi o come cavolo si dice oggigiorno perché scopare non è educato!
–Vedi il lato positivo: sono stato sincero!
–Sei stato una merda! E io in questo momento ti detesto! Ah, in tutto ciò, non ti ho ancora detto la parte peggiore: quando ti ho risposto che dopo un comportamento del genere mi avresti vista nuda soltanto se avessi assistito alla mia autopsia, hai pronunciato la frase più orrendamente sessista e infamante che sia mai uscita dalla tua bocca.
–Weil, mi dispiace…
–“Cielo, quanto la fai difficile! A volte sai essere insopportabile. Se tua madre da giovane era così, non mi stupisce che mio padre l’abbia mollata!”
“Merda, merda, merda! Entità superiore in cui non credo, fulminami qui e subito!”
–Oh, cazzo! Non so cosa dire…
William allungò una mano, ma Frida si tirò indietro: ne aveva abbastanza.
–Spero sarai d’accordo con me che quando non si ha niente da dire, è meglio non dire niente. Possiamo, per favore, fingere che non sia mai accaduto e andare avanti con le nostre vite?
–Sono stato un coglione. Un vero deficiente. Un… parente di Bryce. Cosa posso fare per rimediare?
Lo consolò constatare che la battuta su Bryce l’aveva divertita; perlomeno, non lo odiava al punto da rifiutarsi di condividere con lui momenti di ilarità. La sua risposta, poi, accese un barlume di speranza: non tutto era perduto.
–Aiutami a risolvere il caso, e prenderò in considerazione l’idea di perdonarti. Ci stai?
–Sì.
 
Note dell’autrice
Chissà cosa succederà al memoriale di Aisling Carter... 😉
Spero vi sia piaciuto (o non troppo dispiaciuto) il tocco di drama: ho pensato servisse a spezzare la tensione. Elev, perdonami per aver maltrattato il tuo colonico del cuore!
Sulla scena a inizio capitolo: non me ne vogliate, ma ho sempre trovato disturbante l’idea del belloccio di turno che si infila nella camera della ragazza - o in qualunque altro luogo - per fissarla mentre dorme. Letteratura e cinema hanno inculcato il concetto che osservare l’amato che ronfa beato sia romantico; mi permetto di dissentire: è inquietante, porca di quella miseria! (passatemi il linguaggio)
Tutto questo preambolo per mettere in chiaro che la scena a inizio capitolo è un rovesciamento/presa in giro del classico topos della bella addormentata: per quanto William sia un bel ragazzo, mentre dorme non ha certo un’aria angelica, e la sua reazione al risveglio è quella che ritengo essere fisiologica in situazioni del genere.
Detto questo, mi aspetto di venire lapidata, per questo ed altro, in tre, due, uno…
Alla prossima (se sopravvivo)!
Buon Natale e buon anno nuovo! Vi auguro di trascorrere le feste serenamente in compagnia di tutti i cari consentiti dal DPCM. Ci rivediamo a gennaio!
Serpentina
PS: in giro ci sono davvero Daenerys, Khaleesi, Arya, Sansa e compagnia bella. Quando le passioni dei genitori si riversano sui figli!

1Forse
2 Non preoccuparti, ho capito
3Perchè?
4Stronzate!
5Non ci arrivi?
6Taci
   
 
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