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Autore: GiakoXD    23/12/2020    0 recensioni
Questo è un universo AU dove i witcher esistono ancora oggi, in una tranquilla ed ignara Padova universitaria.
Cosa succederebbe se una studententessa venisse salvata da uno strego? E se nemmeno lei fosse una ragazza qualunque?
Questa è la revisione globale della mia storia La discendente di Ithlinne, che avevo già pubblicato tempo fa. Spero di aver fatto progressi!!!
ecco un estratto:
“La ragazza non riusciva a staccare gli occhi da quell’essere, dall’aspetto mostruoso e orrendamente letale, da quelle orbite vuote. Fredde lacrime iniziarono ora a scendere dagli occhi della ragazza, mischiandosi alla pioggia e raccogliendosi sotto al mento tremante. Ancora paralizzata dal terrore, la giovane non si accorse della figura che spuntò alle sue spalle fino a che questa non la ebbe superata con un balzo, atterrando proprio davanti alla creatura. Con un movimento fulmineo, quest’ultima tranciò di netto uno degli arti artigliati della belva, facendogli descrivere un lungo arco in aria; un denso fiotto di sangue scuro schizzò dappertutto, lungo la parete, sul terreno e sul cappotto della ragazza che, sbigottita, indietreggiò spasmodicamente fino a sbattere contro il muro alle sue spalle.
Era una scena surreale.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cirilla Fiona Elen Riannon (Ciri), Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'orologio alla parete ticchettava placido, indifferente al silenzio imbarazzato che regnava nella stanza. Katherina si torceva le unghie, tentando di trovare una domanda intelligente da porre al ragazzo seduto a fianco del letto: “Scusa, per caso sai se sono pazza?” e “Ho avuto un incidente e ora sono in coma?” sembravano un po’ troppo per iniziare.
Dal canto suo, però, il ragazzo in questione non sembrava minimamente intenzionato a darle una mano. Se ne stava seduto sulla sedia con espressione indifferente e guardava fuori dalla finestra in perfetto silenzio.
La ragazza fece un lungo sospiro e decise di partire dal principio. «Beh, io sono Katherina, e già lo sai. Tu, invece?»
Lui girò appena la testa. «Sono Anatolij»
«Genitori originali anche tu?»
«...più o meno» le rispose vago. Poi tentò di accavallare una gamba – la destra – ma la bloccò a mezz’aria, sibilando tra i denti. La riappoggiò a terra e la massaggiò.
«Fa ancora molto male?»
«Non molto. Pizzica»
«Ti sei fatto mettere dei punti?»
«Due»
«Ah... sì giusto, due ci stava...» sollevò lo sguardo dalla gamba ferita e lo posò sul viso del ragazzo. «Quindi è successo sul serio, vero?»
Anatolij annuì, ricambiando il suo sguardo. Aveva gli occhi di un intenso color oro, un colore strano anche se bello. Nessun segno di pupille da felino, si accorse lei con sollievo. «Allora quella cosa esiste sul serio?»
«Purtroppo sì»
«E cosa era di preciso?»
«Un babau»
«Scusa, babau?! Come quelli delle storielle per spaventare i bambini?!»
«Già»
Andando avanti a monosillabi avrebbero fatto notte, stava pensando Katherina che faticava a credere ancora a tutto quello che le stava capitando e moriva dall’ansia di avere più informazioni. «Mi dai una mano a capirci qualcosa o dobbiamo continuare con questo interrogatorio? Sei veramente una fonte traboccante di spiegazioni, davvero!» lo guardava con gli occhi ancora sgranati mentre torceva le lenzuola con le mani.
Anatolij incurvò le labbra in un sorriso sarcastico. «Dovevi farti salvare da Fabio allora. Adesso saresti sepolta dalle chiacchiere. Vado a chiamartelo se vuoi»
«No no per carità!» le disse lei alzando le mani in segno di resa. Poi le riposò sulle lenzuola, l’espressione nuovamente seria. «Beh, visto che non è stato un incubo allora… grazie per avermi salvata»
«Figurati» le rispose Anatolij in un mormorio, ricambiando il lieve sorriso che le era comparso sul volto e la guardò. Aveva delle occhiaie scure sotto i grandi occhi verdi e una cascata esagerata di capelli biondi, lunghi, scarmigliati e ancora mezzi umidi che le incorniciava il volto e gran parte delle spalle e delle braccia facendola sembrare più esile di quanto già non fosse. Sembrava ancora parecchio agitata, il ragazzo lo capì dagli occhi che scattavano nervosi per un nonnulla e per la voce lievemente tremula.
Fece un profondo sospiro – quello di chi ha già raggiunto il numero massimo di parole giornaliere – si passò una mano tra i capelli, poi iniziò: «allora, la creatura che ti ha attaccato ieri notte si chiama sul serio babau, sì, le leggende e anche le storie tramandate dagli anziani hanno quasi sempre un fondo di verità. Attaccano principalmente di notte, anche se è raro che si spingano così all’interno dei grandi centri abitati. Sì, attaccano, ce ne sono altri in giro per il mondo, purtroppo. Sono tutti molto grossi e hanno tutti lunghe braccia con artigli molto affilati. In più, sono in grado di creare un’area dove le onde sonore non riescono a propagarsi, circondano loro stessi e le loro prede, in questo modo nessuno dall’esterno sente le urla di aiuto… e le urla di dolore. Sono creature cieche, avrai notato le orbite squisitamente vuote, perciò usano il fiuto. E…»
Katherina lo interruppe sgranando gli occhi: «Quindi sei stato tu a tirargli il profumo? Per dargli fastidio?»
Lui sorrise appena. «Si tal mostro, oh strego, affrontar devi, un’ampolla di greve odor a lui jecta. Poscia che l’effluvio ha l’aere ammorbato, cum argento assali lo babau acciecato.»
Le sopracciglia di Katherina si alzarono, se possibile, ancora di più. «…scusa?»
«Gli ho tirato addosso un flaconcino di profumo prima di attaccarlo, in questo modo era praticamente cieco, anche se non del tutto, come avrai potuto notare… è riuscito lo stesso a capire dov’eri, alla fine…»
«Ah, sì, sì, ok, quello l’ho capito. Intendevo… e questa specie di filastrocca da dove viene?!»
Anatolij sospirò, se possibile, più profondamente. «Abbiamo un libro, in cui sono raccolte le descrizioni di tutte le creature come il babau, con le caratteristiche, le abitudini, le abilità che possiedono e i metodi per sconfiggerle. Lo impariamo a memoria. Avrai capito che non è proprio recentissimo…»
«…l’avevo immaginato. E anche le armature sono così vecchie? Ah, poi perché usare delle armature medievali nel 2015? Non esistono protezioni migliori al giorno d’oggi?»
«Lo stile è medievale ma l’armatura è recente. L’esterno è fatto in cuoio ma all’interno c’è uno spesso strato di Kevlar, quello che si usa per i giubbotti antiproiettile…»
Katherina annuì energeticamente con aria saputa. «Sì, so cos’è, guardo parecchi polizieschi. Ma allora perché dargli una forma così antica? Perché rimanere sul medievale?»
Il ragazzo aveva aperto la bocca per rispondere ma si bloccò, girando lievemente la testa verso la porta della stanza. Levò un dito verso Katherina per intimarle il silenzio; lei rimase a guardarlo lievemente infastidita, finché non le parve di sentire un cigolio sommesso che proveniva dall’esterno della stanza. Poi ci fu un bussare deciso e dalla porta entrò l’infermiera di poco prima spingendo un carrello. Non appena vide Anatolij, seduto impassibile a fianco del letto, sembrò vergognarsi della bugia detta poco prima e servì la colazione in fretta, a capo chino. Disse appena un paio di frasi di circostanza e in meno di un minuto era già uscita di nuovo in corridoio.
 
Katherina guardava il vassoio, il bicchiere di thè fumante, le fette biscottate e si accorse solo in quel momento che moriva di fame.
«Ma voi chi siete?» domandò calma, imburrandosi generosamente una fetta.
«A questa non ti rispondo, te lo dirà Viktor dopo. Lui sa raccontarlo bene.»
«Come non mi rispondi! Ma se è la domanda più importante di tutte quelle che ho!»
«Allora intanto fammi le altre, oppure puoi sempre sbrigarti a mangiare e poi venire su da Viktor»
«Ho fame! Sono stata attaccata da un babau ieri, non so se te l’hanno detto!» gli disse con tono ironico, poi addentò una fetta biscottata gonfia di burro e marmellata alla ciliegia. «Guarda tu» disse tra un boccone e l’altro «se devo farmi attaccare dai mostri per avere la colazione a letto»
«Non ne vale troppo la pena, direi, per una colazione del genere!» le rispose Anatolij con il viso che finalmente perdeva il tono neutro e che si accendeva di divertita ironia.
 
Katherina lo guardò sorridendo a sua volta: il pallido sole che entrava dalla finestra gli rischiarava metà del volto. Aveva una carnagione veramente pallida, ma non del colore malato della sera prima. Sotto le sopracciglia folte, l’occhio illuminato dalla luce brillava dorato, fisso nei suoi. I capelli castano scuro gli ricadevano scomposti sulla fronte in una frangia spettinata. Katherina li ricordò gonfi di pioggia e appiccicati alla fronte color del gesso, come si erano ridotti in quel vicolo. Ricordò anche lo sguardo preoccupato di Anatolij che le prendeva il viso tra le mani per controllare che il sangue che aveva in volto non fosse suo e il tocco dei guanti tiepidi sul viso.
Si rigettò a capofitto sulla colazione con la faccia in fiamme e le farfalle nello stomaco. Si concentrò sull’operazione di farcitura della fetta biscottata come se stesse operando a cuore aperto.
Di colpo un brandello di conversazione le tornò vivido alla mente. «Volevate drogarmi?!?» urlò tanto all’improvviso che l’altro quasi sobbalzò. La fetta biscottata le si sbriciolò tra le dita.
Anatolij la guardò interdetto per un attimo, poi ricordò che Katherina aveva solo finto di dormire, prima. Cercando le parole, si sistemò la frangia sovrappensiero e sospirò. «È la procedura. Dopo aver salvato qualcuno, solitamente lo droghiamo in modo che dimentichi, poi se è necessario, lo scarichiamo al primo ospedale, così quando si sveglia può pensare di essere stato aggredito da qualche balordo o di aver bevuto troppo e il problema finisce lì. Sì, è necessario, altrimenti poi si saprebbe che genere di belve ci sono là fuori e si saprebbe che esistiamo noi. Non serve che fai quella faccia, è il metodo meno problematico che abbiamo trovato. Prova a pensare: se l’esistenza dei babau, delle strigi diventasse di dominio pubblico cosa pensi succederebbe?»
«E c’è un motivo per cui a me non hai riservato questo bel trattamento?»
Anatolij scivolò leggermente sulla sedia. «Lo Stilnox va somministrato subito, anche mezz’ora dopo e si rischia che la vittima ricordi abbastanza. La dose che avevo io era nella tasca forata dall’artiglio, una coincidenza incredibile…»
«Oh! Allora io sono una coincidenza! Che gioia! E per le coincidenze qual è la procedura?! Una droga più forte? Un bel trauma cranico e poi le scaricate all’ospedale più vicino?!» Katherina aveva iniziato ad alzare la voce, preda dell’ansia. Si sentiva presa in giro da quelle persone che fino a pochi minuti prima aveva preso per salvatori e che invece ora volevano drogarla o chissà cos’altro. Gli occhi le bruciavano.  «È per questo che mi avete tolto il cellulare, perché non chieda aiuto?! E tu sei qui per non farmi scappare, giusto?!»
Anatolij alzò le mani in segno di resa. «Abbassa la voce, per favore. Intanto, il cellulare è nella tua borsa, dentro quel cassetto, anche se ti pregherei di non usarlo per ora. Poi, non so cosa si fa in questi casi perché non mi è mai successo prima, ma ti posso assicurare che non ti verrà fatto alcun male. Non ti ho certo salvato per farti del male a tradimento un minuto dopo. Tu non mi conosci, ma cerca di fidarti.» la guardò intensamente, cercando di trasmetterle tutta la sua sincerità.
Katherina, gli occhi rossi, fece un profondo respiro per calmarsi. «Va bene. Quindi? Quando saprò quello che mi spetta?»
«Appena sei pronta. Finisci la colazione e poi andiamo su dagli altri: Viktor ti spiegherà tutto» Anatolij si alzò e controllò l’ora sul cellulare. Aveva una cosa da fare, cinque minuti, poi sarebbe tornato da lei.
«Aspetta» Anatolij si fermò che aveva già un piede fuori dalla porta. «E i miei vestiti?» domandò Katherina indicandosi il camice con una mezza fetta biscottata.
Anatolij esitò un secondo. «Giusto. Torno subito» disse uscendo dalla porta.


*-*-*-*-*-*
Non mi sembrava...ma ho ricaricato tutto il testo con « invece di << così forse non saltano i dialoghi...
Bye!
   
 
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