Videogiochi > Fire Emblem
Segui la storia  |       
Autore: Ortensia_    27/12/2020    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
{ FE3H: Post Azure Moon | il rating cambierà con il proseguire della storia }
Sono passati diciassette anni dalla fine della sanguinosa guerra combattuta fra il Sacro Regno di Faerghus e l’Impero Adrestiano, culminata con l’unificazione del Fódlan a seguito della vittoria della prima fazione.
Per i quattro figli dell’Arcivescova della Chiesa di Seiros e del Re del Fódlan Unito è giunta l’ora di recarsi all’Accademia Ufficiali e di prepararsi al passaggio verso l’età adulta. In questo tempo di pace e spensieratezza, però, il passato dei loro genitori getta ancora troppe ombre sul loro presente.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Parte 1, Capitolo 2

Nuvole Bianche: Giovani aspirazioni


Arendelle uscì dal Campo Marzio a tarda sera e si fermò dopo appena qualche passo, il viso rivolto al cielo stellato.
I calli delle mani le pulsavano di dolore, ma era un supplizio che aveva amato fin da bambina, quando suo padre le aveva insegnato a impugnare la sua prima lancia. Quel bruciore significava che si era impegnata ed era come avere ancora stretta tra le mani la propria arma, sensazione che la faceva sentire forte e al sicuro.
Sfregò la fronte con il dorso della mano per eliminare le ultime gocce di sudore, la grossa luna bianca riflessa negli occhi viola scuro e i capelli dorati smossi da una brezza leggera.
Si era trattenuta fino a sera inoltrata così da non rischiare di incontrare qualcuno al refettorio, ma ora era così stanca che pur avendo fame non aveva alcuna intenzione di incamminarsi fino alle mense. Sarebbe andata in camera a cambiarsi e poi sarebbe passata da Rodelia ed Esperia, che sicuramente aveva già fatto scorte di pagnotte scroccate al refettorio.
Camminò a passo spedito fino alle scale che portavano al primo piano dei dormitori, in prossimità della serra. Aveva un nodo alla gola, perseguitata dal presentimento che da un momento all'altro la voce di Dedue l'avrebbe rimproverata con queste esatte parole: «Sua Grazia la Principessa Arendelle non dovrebbe andarsene tutta sola in giro di notte, che cosa accadrebbe se le succedesse qualcosa di brutto?»
Ma non sarebbe accaduto nulla, neppure qualcosa di innocuo ma che per lo meno avrebbe potuto stravolgere un poco la sua vita.
Il Garreg Mach di notte appariva come un enorme gigante addormentato, un microcosmo di pietra bagnato dalla luce delle stelle e racchiuso fra le montagne, inabissato in un imbuto così profondo da essere ignorato perfino dalle leggi del tempo. Non c'era anima viva in giro e anche se preferì di gran lunga non incontrare nessuno pensò che quello scorcio notturno fosse davvero noioso.
Arendelle salì la prima rampa di scale, il legno scricchiolante sotto le suole. Il dormitorio le sembrò fin da subito decisamente più vivo dello spazio esterno: si sentiva chiacchierare, qualcuno rideva e ai piedi della maggior parte delle porte si vedeva una fessura di luce giallastra che finiva per disperdersi nell'oscurità del corridoio.
La sua camera si trovava nell'ala destra del primo piano ed era la quinta. A differenza delle altre la luce era spenta e questo non fece altro che rincuorarla. Poter stare per conto proprio era il miglior scenario che potesse immaginare: sarebbe andata a dormire quando lo voleva lei e avrebbe studiato lì, senza doversi recare in biblioteca. Avrebbe perfino avuto più spazio per pulire le armi.
Arendelle infilò la mano nella tasca della divisa scolastica ed estrasse le chiavi: era stata sua madre a consegnargliele, quando, quello stesso pomeriggio, era andata a trovarla al Campo Marzio. Fortunatamente non si era trattenuta molto, le aveva solamente chiesto com'era andato il viaggio e raccomandato di non sforzarsi troppo, cosa sulla quale Arendelle non aveva ovviamente mancato di disobbedire.
La porta si aprì con un piccolo cigolio, ma la ragazza si pietrificò quando ne udì un secondo decisamente più acuto all'interno della stanza.
Nella penombra intravide un rapido movimento e subito dopo vide qualcosa. Non capì immediatamente cosa, ma sentì le guance andare a fuoco e istintivamente si richiuse la porta alle spalle.
Avendo finalmente un momento per pensare, Arendelle rivide più chiaramente quell'immagine e riconobbe una schiena nuda. Quello che aveva udito non era stato un secondo cigolio, bensì il grido della sua compagna di stanza che era stata sorpresa proprio nel momento in cui aveva levato di dosso la divisa dell'Accademia per prepararsi per la notte.
«Pu-puoi entrare ora» quella voce giunse ovattata oltre la porta, ma Arendelle ebbe la sensazione che fosse piuttosto delicata anche senza l'intralcio delle pareti.
Lentamente, aprì di nuovo la porta, e la luce calda della lampada a olio le accarezzò la vista.
La sua compagna di stanza si voltò, la divisa piegata sul letto e addosso una lunga sottoveste bianca. A giudicare dal viso così tondo e pulito e gli occhi grandi, doveva avere qualche anno meno di lei.
«Ti chiedo scusa» le sorrise timidamente, per poi abbassare leggermente il capo in una sorta di inchino. «Ho scelto il momento meno opportuno per cambiarmi, ma vista l'ora tarda pensavo di essere sola.»
Anche lei aveva pensato e sperato di essere sola, ma fortunatamente l'imbarazzo del momento nascose perfettamente la sua delusione.
«Ho pensato lo stesso» le rispose Arendelle. «Ma avrei comunque dovuto bussare.»
L'altra negò con un piccolo cenno del capo, ampliando il sorriso.
«Non preoccuparti» poi le si avvicinò e Arendelle poté osservarne meglio l'acconciatura: i suoi capelli castano chiaro erano legati in uno chignon attorniato da una piccola treccia. I suoi occhi erano limpidi, di una tonalità delicata, ricca di sfumature verdi e azzurre e sovrastati da un ventaglio di lunghe ciglia nere.
«Mi chiamo Polaris Edelstein» le tese la mano, le labbra ancora piegate in un sorriso affabile. «Piacere di conoscerti.»
Arendelle le strinse la mano senza rispondere, stupita di non rimembrare alcuna famiglia nobile con quel cognome, poi le diede le spalle e si avvicinò alla cassapanca di legno posta ai piedi del letto, trovandola già riempita con alcuni dei suoi abiti ed effetti personali. Aveva espressamente chiesto di lasciare i suoi bagagli sulla carrozza in quanto avrebbe provveduto lei stessa a sistemarli, ma la servitù si era come al solito dimostrata estremamente ostinata e onorevolmente ligia ai propri doveri.
«Da dove vieni?» chiese mentre sfiorava con le dita una delle due lance da allenamento appoggiate alla parete.
«Da Arianrhod.»
Polaris restò a fissare i lunghi capelli biondi della compagna di stanza, ancora girata di spalle. Avvertì un leggero calore diffondersi sulle gote, imbarazzata da quel silenzio così denso, uno spesso strato di gelo che non avrebbe potuto scalfire in alcun modo.
«Il Signor Rowe paga per la mia istruzione» sentì un nodo alla gola quando l'altra si voltò a guardarla con fare inquisitorio, la fronte leggermente aggrottata.
Polaris si era preparata a lungo all'idea di ricevere un certo tipo di sguardi e non avrebbe certo biasimato qualche occhiata di diffidenza, eppure si sentì terribilmente sbagliata a trovarsi lì e desiderò volatilizzarsi.
Re Dimitri aveva destituito tutti i nobili coinvolti nella Tragedia del Duscur, perciò tutte le Case interessate avevano perduto la loro influenza politica, unica esclusa la famiglia Kleiman, che aveva trovato nel suo successore il più giovane fratello del Visconte, vissuto ad Albinea per anni, tanto da poter provare la sua totale dissociazione dalle questioni politiche del Fódlan.
Per la sua storia pregressa, il nome di Rowe in particolare era considerato portatore di sciagura. Era spesso associato al concetto di tenere il piede in due staffe, o alla più graziosa immagine di una ballerina abilissima nella politica dei giri di valzer, difatti era la Casa che Arendelle aveva disprezzato di più in assoluto durante le lezioni di storia.
«Li servo come domestica da quando ho dieci anni» continuò Polaris, schiarendosi la voce. «Sono figlia di fornai e a quel tempo mio padre aveva bisogno di una medicina che non avremmo potuto comprare con i soli guadagni del pane, così sono stata mandata a servire il Signor Rowe.»
Polaris ripensò a quanto era stata fortunata a trovare quell'occasione. In fin dei conti i servigi di una ragazzina avrebbe potuto richiederli solamente un nobile decaduto che aveva l'esigenza di risparmiare il più possibile ma continuare a vivere in una residenza dall'aspetto quantomeno decoroso. Lei era costata decisamente meno di una domestica altamente preparata, ma abbastanza per pagare la medicina per suo padre.
«Ma ero davvero terribile nelle pulizie» Polaris accennò una risata imbarazzata. «Credo, però, che il Signor Rowe sapesse della mia condizione, perché, invece di mandarmi via, mi ha convocata nel suo studio e mi ha chiesto di raccontargli una storia.»
A quelle parole, Arendelle sollevò leggermente le sopracciglia, assumendo un'espressione decisamente meno fosca.
«Vero? È stato inaspettato anche per me e ho dovuto improvvisare, ma devo essergli piaciuta perché il giorno dopo mi ha fatto la stessa richiesta, e il giorno dopo ancora! Alla fine ho trascorso le giornate a intrattenerlo e lui è stato così gentile da insegnarmi a leggere e scrivere.»
Arendelle doveva avere un'espressione alquanto scettica, perché Polaris ammutolì e rivolse il proprio sguardo a terra.
«Beh, insegnandomi ha notato quanto mi piacesse imparare e perciò mi ha mandato qui. Credo sia un semplice capriccio, o forse si è affezionato almeno un po' a me.»
"O forse vuole usarti per cospirare un'altra volta contro il Re": pensò Arendelle.
«Perdonami» Polaris congiunse le mani come in segno di preghiera, chinando leggermente il capo. «Ho la tendenza a parlare un po' troppo quando sono nervosa.»
«Non preoccuparti» tagliò corto Arendelle, rivolgendo la propria attenzione al letto: voleva solo riposare. Sentir parlare di quel traditore di Rowe le aveva perfino fatto passare la fame.
«E tu...» Polaris fu colta da un piccolo sussulto quando l'altra le rivolse un'occhiataccia, probabilmente infastidita dal fatto che parlasse ancora. «Emh, tu come ti chiami?»
Arendelle restò imbambolata per qualche istante, mentre la sua espressione tornava a rabbonirsi nel realizzare la legittimità di quella domanda.
«È vero» ammise, porgendole la mano. «Ho dimenticato di presentarmi.»
Polaris le afferrò la mano e l'altra la strinse con decisione, senza tuttavia farle male.
«Mi chiamo Arendelle.»
«Piacere di conoscerti, Arendelle» Polaris le sorrise, salvo poi irrigidirsi, un grande rossore sulle guance e gli occhi sgranati. «U-un attimo!»
Nel frattempo Arendelle le lasciò la mano e si sedette sul letto, iniziando a sfilare lo stivale sinistro.
«Qu-quella Arendelle?!» Polaris boccheggiò trafelata, il viso ancora arrossato. Chiuse gli occhi e chinò il capo, restando in quella posizione per diversi secondi.
«Le chiedo perdono, Sua Grazia! Sicuramente le ho mancato di rispetto in qualche modo, ma le assicuro che non era mia intenzione» si diede dell'idiota mentalmente, in particolare per aver parlato così liberamente del Signor Rowe.
Arendelle, che era appena riuscita a liberare il piede sinistro dallo stivale, restò a guardarla con un certo stupore.
«Chiederò immediatamente di essere trasferita in un'altra stanza.»
«Discriminazione» controbatté Arendelle mentre si accingeva a sfilare anche l'altra calzatura. Polaris, dal canto suo, capì ancora una volta che sarebbe stato meglio se avesse taciuto.
«Il rispetto non si dimostra rivolgendosi alle persone con titoli stucchevoli» la giovane erede del Fódlan Unito si distese sul letto, esalando un sospiro di sollievo nel momento in cui la schiena irrigidita dalle tante ore di allenamento poté finalmente rilassarsi contro il materasso morbido. «Chiamami solo Arendelle e non sentirti da meno per la tua condizione di nascita.»
Polaris, le mani congiunte in grembo, restò a osservarla con le labbra appena dischiuse, come incantata da quelle parole. Anche se dalle sue occhiatacce si poteva pensare a una persona altezzosa, Arendelle sembrava avere una concezione del mondo tutt'altro che circoscrivente. Non c'era dubbio che fosse figlia dei due salvatori del Fódlan: aveva l'aspetto intimorente della madre ma l'anima gentile del padre, tanto da trattare una popolana come fosse una sua pari.
Anche Polaris si sedette sul letto e restò ancora per un po' a osservare l'altra, faticando a concepire l'idea che la sua compagna di stanza fosse proprio la futura sovrana del Fódlan. Quando riuscì a distogliere lo sguardo da Arendelle rivolse la propria attenzione alle due lance appoggiate alla parete, le guance bollenti per l'imbarazzo.
«Dicono che tu sia molto abile con la lancia» deglutì: forse avrebbe dovuto smettere di parlare, ma quella curiosità fu più forte di lei. Con sua grande sorpresa, però, Arendelle le rivolse un'occhiata decisamente più rilassata, quasi cordiale.
«Sono molto brava, sì» la principessa fu straordinariamente diretta, ma Polaris non percepì vanità nella sua voce.
«È anche la mia arma principale, anche se ho iniziato solo da qualche mese.»
«Sei brava?»
«Non molto» ammetté con imbarazzo.
Arendelle distolse lo sguardo dall'altra e lo rivolse al soffitto, le braccia piegate dietro la testa: era giusto così, anche lei era stata penosa le prime volte che aveva tenuto in mano una lancia.
«Ti insegnerò io» annunciò poi, con grande stupore di Polaris. «Dopotutto ho imparato dal migliore.»
Arendelle la guardò di nuovo, le labbra piegate in un piccolo sorriso.
«Così poi potremo batterci in un duello all'ultimo sangue.»


«Non penso di farcela» Marianne sospirò sconsolata, abbassando il capo fino a che le ciocche della frangia non le coprirono gli occhi stanchi, le dita affusolate strette attorno alla tazza di tè.
«Ahahah!» Constance rise di gusto, un piccolo biscotto di frolla fra le dita. «Vedrai che andrà tutto bene! Ti preoccupi troppo, Marianne.»
La ristorata nobile von Nuvelle era particolarmente pimpante sotto il grande ombrellone bianco che Byleth aveva fatto sistemare apposta per lei. Scelta saggia, considerando che altrimenti l'Arcivescova si sarebbe ritrovata a dover consolare entrambe le colleghe.
«Klaus e Twibalt sono incontrollabili, è anche colpa di Hilda che istiga sempre suo nipote a farmi i dispetti» Marianne sospirò nuovamente, scuotendo appena la testa quando l'insegnante dei Lupi Cinerei rise di nuovo.
«E tu come ti senti, professoressa?» poi Constance si rivolse a Byleth, che fino a quel momento si era limitata a sorseggiare il suo tè in religioso silenzio. «Quest'anno è nuovo per tutti: Marianne dovrà gestire il figlio di Claude e il nipote di Hilda e per me sarà la primissima esperienza di insegnamento, mentre tu tornerai in classe dopo tanto tempo e per giunta assieme ai tuoi figli.»
«Sto bene» rispose semplicemente Byleth, dando un ultimo sorso al tè.
«Fa un certo effetto vederti indossare di nuovo questi abiti» sorrise Constance.
«Sì, non è cambiata di una virgola» convenne Marianne, che sembrò essersi risvegliata dal torpore dei propri tormenti.
«Mi sento bene con questi addosso» rispose Byleth, sollevata all'idea che per un po' avrebbe potuto lasciare chiusi nell'armadio gli abiti di bianca purezza dell'Arcivescova e tornare a vestire i panni della professoressa mercenaria. Alla fine non era cambiata né dentro né fuori.
«È ora di andare» annunciò quando notò l'ombra della punta dell'ombrellone toccare il secondo cespuglio di rose rosse che si osservava dalla sua prospettiva. Afferrò un biscotto e si alzò e Constance seguì immediatamente il suo esempio, al contrario di Marianne, che invece si prese ancora qualche istante per riflettere, gli occhi rivolti alla superficie scura del tè.
«Buona lezione» Byleth si congedò con un cenno della mano e si incamminò lungo il sentiero che si snodava fra i cortili, dirigendosi a passo spedito verso le aule.
Da quando era divenuta Arcivescova, Byleth era transitata poche volte davanti alle tre aule dell'Accademia Ufficiali e raramente si era fermata a osservarle, ma in quel momento, trovandosele di fronte, non poté fare a meno di contemplare gli stendardi che sancivano l'ingresso di ciascuna di esse.
La classe dei Cervi Dorati era stata spostata e ora era la più vicina alla terrazza, perciò i loro vessilli erano sempre i primi a ricevere la luce del sole, che riflettendosi prontamente sui fili sottili delle cuciture regalava maggiore splendore agli stemmi.
L'aula dei Lupi Cinerei, opposta a quella dei Cervi, era la più vicina ai portici che conducevano alla Sala dei Cavalieri, perciò restava in ombra per la maggior parte della giornata, cosa certamente ben gradita a Constance.
Osservandone i vessilli scuri smossi dalla brezza leggera del mattino, Byleth fu colta da un improvviso senso di nostalgia: si rese conto solo in quel momento che, anche se erano affissi lì da diversi anni, non aveva ancora metabolizzato totalmente l'abolizione della Casata delle Aquile Nere.
Paradossalmente, i ricordi più antichi erano anche quelli maggiormente impressi nella sua memoria, tanto da renderle immensamente difficile scindere le due Casate.
«Buongiorno, professoressa.»
I pensieri di Byleth furono improvvisamente interrotti da una voce famigliare.
Quando si voltò per guardare il suo interlocutore non riuscì a trattenere un piccolo sussulto. Non disse nulla, limitandosi a osservarlo con una certa incredulità: ne aveva sentito parlare da Seteth, che l'aveva messa al corrente di tutti gli iscritti all'Accademia, ma mai si sarebbe aspettata una somiglianza così sorprendente.
Il ragazzo che l'aveva appena salutata le rivolse un sorriso affabile e portò la mano destra sul cuore, per poi accennare un inchino.
Byleth ne osservò i lunghi capelli, legati in una coda bassa, onde di un arancione caldo che seguendo il movimento dell'inchino si riversarono subito oltre le spalle dello studente.
«Mi chiamo Vincent von Aegir.»
Il biscugino di Ferdinand, figlio del cugino di quest'ultimo nonché uno dei pochi nobili nativi dell'Impero ancora in possesso del titolo. I von Aegir avevano mantenuto il loro status proprio grazie al padre di Vincent, che dopo la guerra aveva dato un contributo fondamentale nell'assoggettamento dei territori adrestiani al Regno e infine al Fódlan Unito.
Vincent aveva senza ombra di dubbio il portamento fiero e lo sguardo gentile dello zio, ma Byleth gli augurò che tutte quelle affinità si fermassero lì.
La professoressa ricambiò il saluto, gli augurò buona lezione e riprese a camminare, dirigendosi verso l'aula centrale.
Si fermò di fronte all'ingresso, chiudendo gli occhi alla vista degli stendardi dei Leoni Blu. Erano belli come li ricordava e riuscivano a trasmetterle una calma incredibile, particolarmente necessaria dopo l'incontro con il giovane von Aegir.
«Oh! Buongiorno, professoressa!»
Byleth riaprì gli occhi, ritrovando sulla soglia della propria aula Anastasia.
«Sono passata a salutare Arendelle» Anastasia le sorrise, per poi accennare un saluto con la mano prima di dirigersi in tutta fretta verso la propria classe. «Buona lezione!»
Byleth ricambiò il saluto e finalmente, dopo tanti anni, varcò la soglia dell'aula centrale, immergendosi immediatamente nel tepore di vecchi ricordi felici.


Quando Byleth entrò, il chiacchiericcio dei ragazzi scemò nel giro di pochi secondi. Chi non era al proprio posto si affrettò a sedersi, altri estrassero il quaderno degli appunti dalla saccoccia di cuoio.
Avevano già provveduto a sistemare i calamai sulle scrivanie e a scostare le tende scure per illuminare la stanza, per cui Byleth poté immediatamente procedere con la lettura del registro di classe.
«Buongiorno a tutti. Per prima cosa procederò con l'appello. Quando chiamerò il vostro nome vorrei che mi diceste in quale arma siete specializzati e a quale classe vorreste accedere.»
Byleth pronunciò il primo nome non appena vide la maggior parte di loro annuire.
«Blaiddyd Arendelle.»
Arendelle, seduta in prima fila, alla destra dell'insegnante, alzò la mano e la riabbassò non appena incrociò lo sguardo della madre, che tuttavia continuò a fissarla in silenzio.
«Lancia» borbottò poi, innervosita all'idea che dovesse dar voce a qualcosa di cui tutti erano a conoscenza. «Catafratto.»
Byleth annuì, proseguendo con l'appello. «Blaiddyd Esperia.»
«Balestra!» Esperia, seduta in penultima fila, alzò entrambe le mani, sorridendo con la solita spensieratezza. «Voglio diventare un Cecchino!»
«Blaiddyd Maris» continuò Byleth.
«Uso la spada e la magia bianca» Maris poggiò un libro alquanto sottile sullo scrittoio e si schiarì la voce. «Voglio diventare uno Spadaccino Curatore.»
Byleth rivolse la propria attenzione a Rodelia, seduta in prima fila, alla sua sinistra. La giovane ricambiò il suo sguardo e le sembrò decisamente tranquilla, se non addirittura determinata a dar voce alla sua aspirazione.
«Blaiddyd Rodelia.»
«Arco» rispose risoluta. «Diventerò una Lady Viverna.»
A Byleth sembrò che il silenzio fosse divenuto decisamente più greve, come un velo che raccoglie critiche e tenta di nasconderle finendo però per lacerarsi sotto il loro peso.
Rodelia si guardò intorno solo per un istante, pronta a rispondere ai commenti scettici dei compagni.
Anche se esistevano diversi casi di donne divenute cavalcatrici di draghi, si diceva "Lord Viverna" ed era considerata una classe prettamente maschile. Rodelia lo sapeva bene, i fratelli Gautier, in particolare, glielo avevano ricordato molte volte fra una presa in giro e l'altra, anche se da qualche tempo avevano cominciato a dare meno peso alla cosa. Fortunatamente non notò occhiate strane da parte dei compagni, solo quella di ammirazione rivoltale dalla ragazza seduta dietro di lei, cosa che apprezzò moltissimo.
«Edelstein Polaris.»
Era la compagna di stanza di Arendelle a essersi seduta alle spalle di Rodelia. Fu colta da un piccolo sussulto quando la professoressa fece il suo nome, ma rispose subito.
«Uso la lancia» deglutì, imbarazzata all'idea che tutti la stessero guardando. «Aspiro a diventare un Cavaliere Sacro.»
«Wow!»
Polaris sussultò nuovamente, presa alla sprovvista dalla voce alle sue spalle.
«È davvero un'ottima classe, bella scelta» si complimentò Maris, che le rivolse un sorriso non appena lei si voltò a guardarlo.
«Grazie...» rispose Polaris, un fremito leggero sulle labbra. Poi tornò a voltarsi verso la cattedra, rivolgendo la propria attenzione alla pagina bianca del quaderno degli appunti, mentre il cuore le martellava nel petto.
«Fraldarius Alexander.»
Alexander, seduto dietro Arendelle, alzò la mano e attese che Byleth lo guardasse prima di parlare.
«Uso la spada e la magia nera, vorrei specializzarmi in entrambe, ma il mio obbiettivo è diventare un necromante.»
Normalmente una tale affermazione avrebbe stupito tutti, essendo il necromante la classe di più recente introduzione, tuttavia, visto che quasi tutti gli studenti dei Leoni Blu erano cresciuti insieme a Fhirdiad, nessuno si stupì della sua affermazione.
«Gautier Glaive.»
«Eccomi!» il ragazzo seduto in fondo alzò la mano, un piccolo ghigno sulle labbra. Aveva capelli rossi piuttosto lunghi sulla fronte ma tagliati alquanto corti dietro e occhi color nocciola.
«Uso la lancia. Per ora sono indeciso fra il Cavaliere Oscuro e il Gran Cavaliere.»
«Allora cercheremo di capire cosa è meglio per te» rispose Byleth appena prima di chiamare la sorella del ragazzo, Gautier Isabella.
La figlia più giovane di Casa Gautier, che si trovava nel posto accanto a Maris, alzò immediatamente la mano, le labbra increspate in un sorriso colmo di eccitazione e allo stesso tempo leggermente imbarazzato.
«Anche io uso la lancia! Voglio diventare un Cavaliere Pegaso come mia madre» e come la madre aveva bellissimi capelli dorati che teneva legati in una grossa treccia dietro la schiena, decorati da un grande fermaglio a forma di luna crescente sul lato sinistro della testa. Gli occhi erano di un castano molto più caldo di quelli del padre, colore che rendeva il suo sguardo particolarmente dolce. Era nata un mese esatto dopo Maris e difatti erano molto uniti.
«Gautier Nicolaj.»
Nicolaj alzò la mano, per poi rivolgere un'occhiata al fratello accanto a lui e ridacchiare. Sicuramente quei due sarebbero stati gli elementi da tenere maggiormente a bada, visto che facevano spesso comunella fra loro – senza contare che entrambi tentavano di emulare il padre nelle sue decantate imprese amorose.
Nicolaj aveva lineamenti più fini rispetto al fratello, con zigomi alti e la mascella sottilmente pronunciata, tuttavia era anche più muscoloso e slanciato, con occhi di un castano ambrato e lunghe ciocche rosse che si appoggiavano morbidamente sulla fronte pallida. Fra i due era il solo che sembrava avere un po' di successo con le ragazze e questo era spesso motivo di screzi fra i due Gautier.
«Ascia e pugni» disse poi. «Spero di diventare un Maestro di Guerra.»
Byleth annuì e chiuse il registro.
«Infine Kleiman Albert.»
Il ragazzo seduto in penultima fila, alla destra di Esperia, alzò la mano senza fiatare.
Come per Polaris, quei visi erano totalmente nuovi per lui, ma a differenza della ragazza il suo cognome nobile scatenò un certo interesse fra i compagni.
Era un ragazzo dalla pelle molto pallida, magrolino. Sul suo viso spiccava la benda nera che copriva l'occhio destro, in parte coperta dalla frangia viola.
«Magia nera. Voglio diventare un Vescovo Oscuro.»
Gli altri Leoni lo osservarono ancora per un po', tornando a rivolgersi alla professoressa quando questa riprese a parlare, mentre Kleiman poté trarre un sospiro di sollievo.
«Ognuno di voi ha seguito studi privati, ma qui sarà diverso. Siete una classe, perciò sarà molto importante che collaboriate fra voi, che vi sosteniate a vicenda e che impariate gli uni dagli altri. Io vi insegnerò la storia, la strategia, la magia e faremo molti allenamenti al Campo Marzio e simulazioni all'aperto.»
Byleth esitò per un istante, poi affondò i denti nel labbro inferiore e abbassò le palpebre, riflettendo.
«La cosa più importante, però,» riprese, ora rivolgendo nuovamente lo sguardo ai propri studenti «è che ricordiate che non vi insegniamo questo per instillare in voi il desiderio di combattere, ma piuttosto perché siate capaci di difendervi se, malauguratamente, sia per voi in attesa un futuro di battaglie»


La lancia di Glaive cadde a terra con un tonfo sordo, ma al posto di chinarsi a raccoglierla il ragazzo alzò le mani in segno di resa, siccome aveva quella di Arendelle puntata alla gola.
La giovane principessa lo stava guardando dritto negli occhi, impassibile. Dopo poco sospirò nervosamente e abbassò l'arma.
«Sei deludente come sempre.»
«Che?! Sei tu che hai una forza mostruosa che non sei capace di misurare! E poi ho due anni in meno di te.»
«E con questo?» Arendelle rafforzò la stretta sulla lancia, resistendo alla tentazione di sollevarla di nuovo e usarla quantomeno per colpire quella testa da idiota che aveva dinnanzi. «Non usare l'età per giustificare la tua incompetenza.»
«Lo sai che nessuno ti vorrà come moglie se sei così antipatica?»
Almeno verbalmente, Glaive sapeva esattamente dove andare a colpire. Arendelle detestava quel tipo di frasi, e non perché desiderasse l'amore, ma perché le trovava decisamente degradanti per il genere femminile.
«Per te invece deve essere molto frustrante essere battuto per l'ennesima volta da una ragazza» e così anche lei assecondava la discriminazione di genere, lo colpiva nel punto giusto e le stoccate continuavano, a volte anche per ore.
Ma Arendelle era triste, insoddisfatta, perché ancora non aveva trovato un avversario capace di tenerle testa.
Quando vide Glaive contrarre il viso in una smorfia e spalancare la bocca per risponderle, anche lei si accinse subito a controbattere, tuttavia il passaggio rapido di una freccia tra le loro teste interruppe bruscamente la diatriba in corso.
La freccia si conficcò proprio al centro di uno dei bersagli disposti in fondo al campo, ma Arendelle e Glaive rivolsero la propria attenzione a chi l'aveva scoccata, ignorando completamente l'accuratezza del tiro.
«Vorrei allenarmi» disse Rodelia, il suo arco dorato stretto nella mano sinistra, l'espressione impassibile rivolta alla sorella.
Arendelle sostenne il suo sguardo per qualche istante, poi digrignò i denti e gettò la lancia da allenamento a terra, transitando accanto alla sorella con passo concitato, fin quasi a colpirla con una spallata. Aprì la grande porta del Campo Marzio con una facilità impressionante, come se fosse stata fatta di carta, e la sbatté con forza quando uscì, attirando l'attenzione di tutti.
Una volta incrociato lo sguardo di Glaive, che aveva appena recuperato la propria arma, Rodelia esalò un sospiro rassegnato: Arendelle era dotata di una forza invidiabile ed era così selvaggia da risultare innegabilmente affascinante, tuttavia era anche la più infantile tra i fratelli Blaiddyd, decisamente immatura per la sua età.
Rodelia scuoté le spalle e decise di non pensarci, piuttosto rivolse la propria attenzione a un altro bersaglio e tese l'arco, scoccando la freccia con una velocità e una precisione impressionanti.
«Però!» una voce femminile attirò la sua attenzione. Si era appena affiancata alla sua sinistra una ragazza di carnagione scura, con lineamenti di una durezza regale, capelli porpora tenuti molto corti e due occhi castani dal taglio affusolato. Era davvero bella e per qualche istante Rodelia ne fu così sorpresa da non riuscire neppure a mutare la propria espressione.
«Sei davvero brava come dicono» disse la ragazza, imbracciando il proprio arco e mettendosi in posizione di tiro.
Era un arco molto più grosso e massiccio di quello di Rodelia, con ben pochi fronzoli se paragonato al suo, che sulle estremità si ripiegava su se stesso, in una sorta di onda di rovi sottili e forti ma senza spine. Quello della ragazza era di un argento molto chiaro, quasi accecante, ma non aveva alcun decoro particolare; piuttosto fu la freccia ad attirare la sua curiosità: aveva una punta molto lunga e sottile e terminava con due piccole ali di pegaso laccate di bianco.
La ragazza ponderò per un istante, poi scoccò la freccia, che con vigore squarciò quella tirata in precedenza da Rodelia, spezzandola nettamente in due parti uguali.
Rodelia spalancò la bocca, incredula, per poi tornare a guardare l'altra.
«Tu sei molto più brava» boccheggiò, ben grata di aver potuto assistere a un tale miracolo di precisione. «Tento di farlo da una vita, ma non ci sono mai riuscita...»
La ragazza le sorrise e abbassò l'arco, per poi tenderle la mano.
«Mi chiamo Brighid.»
«Rodelia» la giovane principessa le strinse immediatamente le mano, ricambiando con gioia sincera il suo sorriso.
«Sono certa che anche io potrei imparare qualcosa da te» aggiunse poi la ragazza.
Rodelia portò l'indice sul mento e si guardò intorno, poi increspò le labbra in un piccolo sogghigno.
«D'accordo» arretrò di qualche passo e sollevò l'arco. «Però non scoccherò alcuna freccia, altrimenti potrei combinare un guaio.»
Alle parole della principessa, Brighid sollevò appena le sopracciglia, decisamente incuriosita.
Ammirò la postura accurata dell'altra, le braccia sinuose, le forme armoniose del corpo, come quelle di una dea. Nel giro di pochi secondi, Brighid notò uno scintillio rossastro sulle estremità dell'arco della principessa, poi, all'improvviso, una fiamma si accese sulla punta della freccia.
Rodelia, il viso accarezzato dal rossore vivido della fiamma, la guardò con entusiasmo, come in cerca del suo consenso, cosa che in effetti trovò non appena Brighid annuì soddisfatta.
La fiamma si spense e Rodelia risistemò la freccia nella faretra.
«È la mia specialità» ora Rodelia si sentiva un po' più fiera di se stessa, anche se continuava a pensare che quello che aveva fatto Brighid era stato davvero sorprendente.
«Beh, dire che abbiamo molto da imparare l'una dall'altra» concluse Brighid, faticando a mettere insieme le parole di fronte a quell'affascinante magia.
La loro conversazione, però, fu interrotta prima che Rodelia potesse rispondere.
«I tuoi genitori dovevano essere proprio degli idioti!»
La voce rabbiosa di un ragazzo attirò l'attenzione di entrambe, così come di tutti gli altri studenti all'interno del Campo Marzio.
Rodelia riconobbe immediatamente Leon, mentre al suo fianco vide un ragazzo che non conosceva, alto tanto quanto il giovane Eisner ma dal fisico decisamente più atletico. I capelli erano di un biondo molto pallido e gli ricadevano attorno al viso in ciocche gonfie, mentre i più lunghi, che comunque arrivavano appena alle scapole, erano legati in una coda bassa. Nella mano destra teneva un'ascia e con la sinistra stava stringendo il braccio di Leon.
«Allora? Non hai niente da dire?» il ragazzo strattonò Leon, che tuttavia non rispose. Chiuse semplicemente gli occhi e girò il viso dall'altra parte, come se tutto ciò che desiderava in quel momento fosse scappare.
«Non so chi tu sia, ma smettila subito» Rodelia fu la prima a raggiungerli, subito bersagliata dagli occhi dello sconosciuto.
Avvertì un evidente senso di malessere quando si specchiò in quegli occhi di un verde così chiaro da sembrare quasi giallo, le pupille minuscole, assottigliate, come fessure infernali dalle quali la spiavano centinaia di piccoli demoni che lei non poteva vedere.
«Oh?» il ragazzo inclinò appena il viso, distendendo le labbra in un ghigno. «Principessa, è un onore per me conoscerla. Dica a questo idiota di imparare a combattere.»
Rodelia assottigliò lo sguardo nel vedere che il ragazzo non aveva ancora lasciato la presa su Leon.
«Sono certa che Leon ne sia più che capace. Forse ti ha colpito?» azzardò lei, continuando nel vedere l'altro contrarre il viso in una smorfia. «Stupido tu che usi un'ascia contro una lancia.»
«Draconius, giusto?» Brighid li raggiunse. «Lieta di non averti nella mia classe. Lascia il ragazzo, adesso.»
«Sentite, non ho tempo da perdere con voi paladine della giustizia, devo dare una lezione a questo orfanello del cazzo.»
Quasi simultaneamente, Rodelia e Brighid tesero gli archi contro di lui.
«Lascialo!» tuttavia fu solo Rodelia a impartire nuovamente l'ordine e questa volta la voce fu ben più intimorente della freccia.
Draconius lasciò la presa e Leon si allontanò immediatamente, raggiungendo Glaive, appena affiancatosi al gruppo.
«Può allenarsi con me» disse poi il giovane Gautier, rivolgendo un sorriso cordiale a Leon e porgendogli la mano così che potessero stringersele. «Lancia contro lancia è decisamente più sensato.»
«Già» convenne Brighid, che non aveva ancora abbassato l'arco.
«Quanto siete seri» sospirò Draconius. «Quanti anni avete? Quaranta?»
«Meglio quaranta che due come te» rispose Rodelia mentre abbassava l'arma.
«Hai la lingua biforcuta, principessa» Draconius le transitò accanto e le rivolse un sorriso sprezzante, senza badare al fatto che Brighid lo stesse tenendo ancora sotto tiro.
«Come un drago» Rodelia assottigliò lo sguardo e Draconius ampliò il sorriso, poi le voltò le spalle, dirigendosi verso l'uscita del Campo Marzio, la mano destra sollevata in segno di saluto.
«Un giorno vedremo chi fra noi draghi sa sputare più fuoco, Sua Maestà.»
«Che screanzato» Brighid abbassò l'arco, tuttavia non tornò ai bersagli ma si diresse a passo svelto verso l'angolo più interno del campo.
«Tu invece sei davvero un codardo. Te ne sei rimasto qui senza fare nulla.»
Albert sollevò lo sguardo dal suo libro di arti magiche, guardando la sconosciuta con espressione confusa.
«Come si conviene a un Kleiman, dopotutto» Brighid lo guardò dritto negli occhi, in segno di sfida.
«Ma che cosa vuoi?» rispose lui, assottigliando appena lo sguardo: voleva semplicemente essere lasciato in pace.
«Voglio l'indipendenza del Duscur.»
La risposta decisa di Brighid gelò il sangue dei presenti, ma Rodelia trovò la forza necessaria per raggiungerli e per provare a sventare un nuovo litigio.
«Ti chiedo perdono, Brighid, non avevo idea che tu...»
Brighid le sorrise gentilmente e negò con un cenno del capo.
«Non preoccuparti, Principessa, è comprensibile. Io so che Sua Maestà sta facendo il possibile per aiutarci in questa impresa e, credimi, noi duscuriani lo amiamo e gli siamo immensamente grati per tutto. Il problema sono l'avidità e l'egoismo di Kleiman, se non facesse tutta questa resistenza noi superstiti saremmo già tornati a casa.»
«Mi dispiace» Rodelia le mise una mano sulla spalla, in segno di conforto. «Farò tutto ciò che è in mio potere per restituirvela il prima possibile.»
Brighid guardò Rodelia negli occhi e le sorrise calorosamente.
«Hai gli occhi gentili del Re, Principessa» poi chinò il capo. «Ti chiedo perdono se ti ho mancato di rispetto in qualche modo. Con permesso.»
Infine anche lei si congedò, uscendo dal Campo Marzio.
«Ti ringrazio per essere intervenuta» borbottò Albert poco dopo che Brighid fu uscita.
«Non l'ho fatto nel tuo interesse, Kleiman» Rodelia rispose immediatamente, riservandogli un'occhiata colma di disappunto. «Lei ha ragione.»
«Quindi io e mio padre perderemo tutto?» Albert chiuse il libro di arti magiche e si alzò in piedi, guardandola dritta negli occhi. «Anche quella è casa mia. È casa nostra e siete stati voi Blaiddyd a consegnarcela.»
«Quella è la casa dei duscuriani, un popolo che per troppo tempo è stato demonizzato e che per questo merita la pace, merita di ritrovare ciò che ha perduto.»
«Sono certo che prima di essere popolata dai duscuriani, quella terra è stata di altri. È così per ogni angolo di questo mondo» nonostante la risposta dura, Rodelia non percepì alcuna cattiveria nella voce di Kleiman, solo un guizzo di paura nel suo sguardo. «Prima di essere vostra, Fhirdiad era di qualcun altro. Tu come ti sentiresti se un giorno i vecchi abitanti della tua casa venissero a reclamarla e fossi costretta a restituirgliela, perdendo tutto ciò che hai? Dove andresti? Cosa faresti? Chi diventeresti? Saresti disposta ad abbandonare le tue aspirazioni? Quel bell'albero in cortile sotto il quale leggi i tuoi romanzi preferiti? La prima nevicata dell'inverno che osservi alla finestra, seduta davanti al caminetto? Il tuo posto sicuro?»
Rodelia restò in silenzio, rammaricata e certamente sorpresa: era raro che qualcuno riuscisse a incalzarla e zittirla.
«Ti chiedo scusa, Albert. Innegabilmente anche tu hai ragione» rispose dopo qualche istante di esitazione. «Forse possiamo parlarne con più calma qui fuori, che ne dici?»
Albert tornò a sedersi, aprendo nuovamente il libro di arti magiche.
«Ti ringrazio per la disponibilità, ma rischieresti di litigare con la tua amica duscuriana se ci vedesse insieme.»
Rodelia restò a guardarlo per qualche istante, indecisa sul da farsi, poi emise un sospiro rassegnato e gli diede le spalle.
«Si chiama Brighid» aggiunse prima di incamminarsi verso l'uscita del Campo Marzio.


Per quanto non vedesse l'ora di cominciare ad allenarsi insieme ad Arendelle, Polaris aveva come sempre dato la precedenza alla lettura. Appena finito di pranzare al refettorio si era recata in biblioteca per accaparrarsi un manuale sull'uso della lancia e uno di strategia, ma una volta recuperati questi aveva deciso di concentrare la propria ricerca su qualcosa di più personale, una bella storia da leggere nei momenti liberi.
Era chinata a osservare le copertine di alcuni vecchi libri quando un tomo piuttosto pesante le rimbalzò sulla testa, finendo rovinosamente sul pavimento.
«Ahi!» si portò immediatamente una mano a massaggiare il punto dolorante, mordendosi le labbra nel rendersi conto che aveva appena deturpato il silenzio della biblioteca.
«Oh Dea» la voce che udì, seguita dallo scricchiolio dei pioli di legno della scala portatile, le sembrò famigliare.
Con ancora la mano sulla testa, Polaris si ritrovò a osservare un paio di stivali laccati di nero, poi una mano pallida tesa verso di lei.
«Perdonami.»
Sentì le guance in fiamme quando incontrò gli occhi gentili di Maris, di un bellissimo azzurro inteso, e si domandò per quale bizzarra maledizione sembrasse destinata a calamitare a sé tutti i fratelli Blaiddyd.
«Ti fa tanto male? Posso rimediare in qualche modo?»
Polaris tolse la mano dalla testa e accennò un sorriso, negando con un cenno del capo.
«Sto bene» raccolse il libro e lo porse al ragazzo, che sembrò subito deluso da quel gesto, di fatti la sua mano restò ancora per un po' tesa verso Polaris e le sue dita si contrassero appena, sfiorando il vuoto con insoddisfazione: voleva aiutare lei, non chiederle di porgergli il libro.
Pochi istanti più tardi, Maris afferrò il romanzo con fare arrendevole, così Polaris poté – con suo grande sollievo – rialzarsi senza ricevere alcun aiuto dal principe.
«Anche tu in biblioteca, eh?» le domandò Maris mentre tornava a salire sulla piccola scala di legno. «Sei venuta per prendere i manuali di studio?»
Le guance di Polaris continuarono a bruciare: perché si ostinava a parlare con lei? Non sapeva che era figlia di fornai?
«Sì, ho preso due manuali, ma ora stavo cercando una storia» rispose, salvo poi mordersi il labbro inferiore nel tentativo di zittirsi, cosa che tuttavia, vista la sua immensa agitazione, non funzionò. «Lei cosa sta cercando, Sua Grazia?»
«Ti prego, dammi del tu» Maris scese la scala e le rivolse un sorriso cordiale, per poi tornare a osservare le altissime scaffalature in mogano. «Anche io cerco un romanzo, ma non l'ho ancora trovato. Quello che cerchi tu come si intitola? Magari l'ho visto e posso indicarti dove si trova.»
«A dire il vero...» rispose lei, schiarendosi la voce per l'imbarazzo di dover dare del tu a un altro figlio reale «è solo l'idea di una storia che ho in mente.»
«Oh. Beh, posso consigliarti! Su, sentiamo!»
«Umh, dunque» Polaris si schiarì ancora una volta la voce: le sembrava di essere tornata ai tempi in cui raccontava al Signor Rowe storie di sua invenzione. «Non so se esista, ma vorrei una storia molto lunga e intricata, che mi coinvolga fino alla fine e che scuota i miei sentimenti. Vorrei che parlasse di una fanciulla, ma non come emblema di grazia, piuttosto di forza. Una guerriera in armatura che esplora luoghi stupendi, ampiamente descritti per pagine e pagine! Una guerriera che uccide draghi e villani senza pietà e con ingegno, ma pur sempre dotata di un cuore buono.»
«Una bella storia» commentò Maris, che subito le diede le spalle e si diresse in fretta verso un'altra libreria, cercando con lo sguardo il romanzo giusto per lei.
Polaris lo vide rizzarsi in punta di piedi, poi affrettarsi a trascinare un'altra scala di legno sotto la scaffalatura e arrampicarsi. Prese un grande tomo, probabilmente di mille pagine circa, con la copertina rossa rilegata in oro.
«L'indomita» lo porse subito a Polaris, che poté osservarne meglio i dettagli, notando soprattutto che, tranne per qualche granello di polvere e una macchia nell'angolo in basso a destra, era in ottimo stato.
«È un'epica in prosa di fantasia ma con molti riferimenti alla nostra storia e ai nostri miti. Leggendo le descrizioni dei paesaggi viene da chiedersi se l'autore non li abbia davvero visti, siccome sarebbe impossibile riferire di tali scenari con il solo aiuto dell'immaginazione.»
Polaris prese il libro, le labbra increspate in un sorriso: era davvero incuriosita e onorata che Maris avesse scelto per lei una storia dotata delle più rosee aspettative.
«La protagonista... beh, ti basti il titolo» rise Maris.
«Sei stato davvero gentile, ti ringrazio molto» Polaris chinò il capo, il libro stretto al petto come se fosse stato la cosa più preziosa al mondo.
«È stato un piacere, Polaris.»
«Lo andrò subito a leggere!»
«Ottima idea» Maris ampliò il sorriso, ridendo nuovamente. «Sappi che vorrò ascoltare ogni tuoi commento a riguardo!»
Polaris riuscì solamente ad annuire, il cuore che le martellava nuovamente nel petto.
«Adesso però devo tornare alla ricerca del mio libro» Maris sospirò con rassegnazione mentre tornava a rivolgere la propria attenzione alle scaffalature che ancora non aveva controllato, per poi accennare un sorriso vagamente divertito. «Potrebbero farne un'epopea...»
«Non ti tedierò ulteriormente, allora» Polaris chinò nuovamente il capo, poi, con il romanzo ancora stretto al petto, corse verso l'uscita, non preoccupandosi più di disturbare la lettura degli altri studenti.
«Grazie ancora! A domani!» chiuse gli occhi, le guance in fiamme. «Maris!»
Poi, una volta che le sue suole batterono sul pavimento di marmo fuori dalla biblioteca, risollevò le palpebre e tornò a guardare davanti a sé, il corridoio illuminato dalla luce bianca del sole che filtrava dalle grandi vetrate: sorrise a più non posso, con l'animo cullato dal tepore di nuove speranze.



Angolo autrice:
Buongiorno e buon Natale passato!
Avrei voluto pubblicare proprio a Natale o al massimo ieri, ma sono sempre più lenta delle mie aspettative.
Dunque, rileggendo il capitolo ho pensato che forse avrei dovuto intitolarlo “Giovani bulletti” o “L'otome game di Polaris”. Praticamente a ogni capitolo un meme, visto che nello scorso tutti cercavano Arendelle che Bugo spostati proprio.
Ora però faccio la persona seria e passo subito a spiegarvi due cose sul capitolo, altrimenti inizio a parlare troppo stile Polaris, cosa che non vuole NESSUNO.
Le storie di Rowe e Kleiman ho ben poca voglia di spiegarle qui perché, ragazzi, è da questa mattina presto che sono a correggere questo capitolo e ho la schiena in fiamme, quindi vi invito a cercare su wiki (comunque sono due Case del Regno coinvolte nella tragedia del Duscur), vi basti che nella storia Dimitri ha tolto i titoli a persone specifiche, quindi la casa Kleiman che aveva ancora un possibile erede non coinvolto nel tradimento non è decaduta – il fatto che comunque il Visconte Kleiman avesse un fratello è di mia invenzione, così come l'esistenza di un possibile cugino di Ferdie, perché purtroppo su tante parentele non ci è dato sapere.
Per il resto so bene che questo capitolo potrà sembrare noioso, ma è di assestamento, come d'altronde sarà il prossimo. In particolare odio la parte dell'appello perché pare una lista della spesa. Ma per lo meno dopo ho inserito la parte più movimentata, che comunque mette già un po' di carne al fuoco!
Avrete notato l'inserimento di nuove classi. Non era una cosa prevista, ma mi sono resa conto che nella mia immaginazione alcuni personaggi non ci azzeccavano nulla con le classi esistenti, quindi eccovi una piccola spiegazione:
- Catafratto: corazza, equitazione e specializzazione nel SOLO utilizzo della lancia;
- Spadaccino Curatore: spada e fede;
- Lady Viverna: uguale al Lord Viverna, solo... perché non ci possono essere pure le Lady? AO;
- Necromante: magia nera con un potere speciale (indovinate quale!)
Il Vescovo Oscuro non è una classe che ho inventato io ma se non sbaglio è esclusiva di Hubert, ecco perché magari a qualcuno di voi suonerà nuova.
Come sempre in settimana provvederò ad aggiornare l'album dei personaggi (qui)!
Penso, anzi spero, di aver detto tutto!
Grazie per aver letto fin qui! Alla prossima!

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Fire Emblem / Vai alla pagina dell'autore: Ortensia_