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Autore: Alexa_02    28/12/2020    1 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Aaron
 
 
Le prove si svolgono in un clima che definire pesante è un eufemismo. Jay è immersa totalmente e completamente nella sua testa, in buona parte per colpa mia, mentre Matt è avvolto da una foschia strana, un misto di circospezione e confusione. Barcolla lievemente ogni volta che si muove sul palco. Ha tutta l’aria di qualcuno che si è scolato mezza bottiglia di gin prima di uscire di casa. Quando mi avvicino, il suo odore conferma i miei sospetti. So di non essere l’unico ad averlo notato, ma per amor della tranquillità nessuno apre bocca.
Nonostante i miglioramenti, la spalla e le costole mi stanno uccidendo. La nottata sul divano e tutte le acrobazie con Julianne hanno disintegrato parte dei progressi e ora ne pago le conseguenze. Non che me ne penta, anzi, però ora mi tocca rimettere la fascia reggibraccio e non posso provare. Julianne mi relega sulla sedia del coach e occupa la mia posizione. Amo suonare, ma osservarla imbracciare la mia chitarra e strimpellare come la dea del rock ha qualcosa di catartico, che proprio non riesco a spiegare.
Proviamo tutto il nostro nuovo repertorio, inclusa la mia canzone. Per tutto il tempo in cui canto, Jay tiene gli occhi bassi sulla chitarra e non incrocia mai il mio sguardo. Mi sono accorto di averla spaventata, ma non so fino a che punto.
Abbiamo messo insieme abbastanza canzoni da essere finalmente pronti per il Rock Band Contest. Mancano meno di due settimane e mentirei se dicessi che sono totalmente tranquillo.
Jay appoggia la chitarra sul supporto. “Direi che ci siamo. Nei prossimi giorni affiniamo tutto ciò che può essere migliorato e basta”.
“Le nostre chance?” domanda Lip.
Scende dal palco, mettendo una certa distanza tra lei e Matt. È da quando siamo nel garage che cerca di evitarlo. “Direi settanta percento”.
Matt grugnisce. “Siamo messi bene, allora”.
Julianne lo fissa per la prima volta in due ore. “Quando abbiamo iniziato, due mesi fa, erano del dieci percento” incrocia le braccia al petto “Direi che è una buona percentuale di miglioramento”.
Ondeggia giù dal soppalco di legno e le si avvicina. “Per te il settanta percento è buono?”.
“È ottimo, direi” sibila. Lip mi lancia un’occhiata.
Matt fa un verso di scherno. “Questo spiega molto di te”.
Julianne alza il mento, inforcando la sua espressione glaciale. “Sarebbero più alte se qualcuno qui non fosse sbronzo marcio”.
Matt ridacchia senza la minima allegria. “Tu che fai la morale a me sulle cattive abitudini? Scherzi?”.
Mi alzo, mettendomi tra di loro. “Ora basta”.
“E naturalmente il difensore delle damigelle in pericolo si mette in mezzo” gracchia lui “Sempre a fare l’eroe, eh, Aaron? Non ti stufi mai di essere così fottutamente perfetto?”.
Stringo i denti e ricaccio qualsiasi risposta mi baleni in mente. Non voglio litigare con il mio migliore amico, soprattutto perché ha bevuto e questo non è lui. So che tutto quello che gli ronza in testa lo sta avvelenando lentamente e so che presto avrà bisogno del mio aiuto, anche se ora mi fa incazzare.
La mano di Julianne mi accarezza la base della schiena. La sua vicinanza mi rilassa all’istante. Afferro la spalla di Matt. “Andiamo in cucina, ti faccio un caffè”.
Lui mi allontana con un gesto brusco. “No, grazie. Me ne vado a casa”.
“Non dire stronzate, Matt” asserisce Lip “Non sei in condizioni di guidare. E poi tra poche ore inizia la festa, puoi farti passare la sbronza qui”.
Il suo sguardo si pianta su Julianne. “Come se fossi invitato”. Lei mantiene il contatto visivo ma non si azzarda a parlare. È arrabbiata e sono sicuro che si aprisse la sua bella boccuccia non ne uscirebbe niente di dolce o di delicato, ma so anche che non vorrebbe mai che gli succedesse qualcosa di brutto.
“Non fare l’idiota” esalo “Certo che sei invitato. Stasera dobbiamo esibirci, te ne sei dimenticato?”.
“Potete fare a me no di me”. Raccoglie la sua giacca e mi sorpassa, fermandosi a pochi passi da Jay. “Siamo tutti sostituibili, no?”. Tra i due scorre una conversazione fatta solo di sguardi carichi di emozioni e di ricordi, di cui sono a conoscenza solo loro. Non so chi siamo più amareggiato, ma entrambi si allontanano in direzioni opposte.
“Potete andare da Julianne?” domando “Io vado ad evitare che quell’idiota abbracci un palo con la macchina”.
Esco in giardino senza dargli il tempo di rispondere. Grazie a Dio, Matt sta litigando con le chiavi che sembrano avere vita propria. Gliele sfilo da sotto il naso e lo spingo verso il lato del passeggero. “Sali, ti porto a casa”.
Mi guarda truce. “Non ti ho chiesto aiuto”.
“Infatti io faccio quello che mi pare” ribatto “Monta in macchina”.
“Stronzo” borbotta aprendo lo sportello.
Durante tutto il tragitto, Matt fissa fuori dal finestrino con le braccia strette al petto e una malinconia negli occhi che non gli ho mai visto prima. Osserva un film di ricordi che non conosco e che non credo di voler sapere. Julianne, Nicole, suo padre…tutti pezzi del pavimento della sua realtà che stanno traballando e rischiano di farlo ruzzolare. E qual è il modo migliore per fuggire dalla propria opprimente realtà? Rifugiarsi nelle proprie pessime abitudini. Lo facciamo tutti, ma alcune sono meno salutari di altre.
Fermo lentamente la macchina davanti al suo vialetto. “Ti va di dirmi cosa succede?”.
Si stropiccia il viso e sospira. I suoi occhi scuri mi scrutano vacui. “Ti farà a pezzi a poco a poco, credimi”. Detto ciò, smonta dalla macchina e ondeggia verso casa.
 
 
Dopo che Tyson mi ha recuperato, torniamo a casa per aiutare Julianne a preparare per la festa. Troviamo lei e Lip in soggiorno, intenti ad appendere al soffitto dei pipistrelli di carta.
“Posso sapere perché sono io sulla scala, quando quello alto come un palazzo sei tu?” borbotta in bilico, sulle punte, sull’ultimo piolo.
“Io ho un compito essenziale, dolcezza” asserisce, stringendo la presa sulle sue cosce.
Lei lo guarda di sbieco, dalla poca distanza che li separa. “Palparmi il sedere?”.
“Prenderti al volo se dovessi cadere, naturalmente” mormora “Se ci fossi io lassù chi mi prenderebbe?”.
Incolla un filo trasparente alla trave di legno. “Propongo il pavimento”.
Mi sfilo la giacca e mi avvicino. “Ti do il cambio”.
“No” asserisce “Vai a sederti, devi riposarti. Ci aiuta Tyson”.
“Jay…”.
“Non credere che non abbia visto come ti massaggi la spalla” sibila “Siediti. Tra poco arrivano le ragazze, non abbiamo bisogno del tuo aiuto”.
Faccio come dice, perché ha ragione e perché ha quell’espressione seria che un po’ mi spaventa. Mi accomodo al tavolo della sala e giocherello con la carta pesta. “Come ci organizziamo per l’esibizione? Suoniamo senza basso?”.
Lip si gira verso di me. “Non vuole proprio venire?”.
“È irremovibile”.
Julianne sbuffa. “Non provate a dare la colpa a me, si sta scavando la fossa da solo”.
Lip la regge mentre si sporge in avanti. “Magari potevi essere un pochino più delicata”.
“Ha iniziato lui” scoccia l’ultimo filo “E, credimi, avrei potuto fare di peggio”.
Lip la afferra per la vita con un braccio e, senza il minimo sforzo, la deposita a terra.
Sembra piacevolmente impressionata. “Potevo scendere da sola”.
Lui le fa un sorrisetto. “Così è più divertente”.
Lei alza le spalle. “In ogni caso, stasera non suonate”.
“Perché?” mormoriamo all’unisono.
Le ci scocca un’occhiata da mamma arrabbiata. “La spalla di Aaron deve riposare e vi manca il bassista”.
“L’invito di Chas dice che ci esibiamo” le ricordo.
Scarta le ragnatele dalla plastica. “Faremo qualcos’altro, ora ci penso” guarda Lip “Dove hai messo gli alcolici?”.
“Ho portato il frigobar in cucina, mentre la birra l’ho messa di sotto”.
“Perfetto” asserisce “Tra poco arrivano le ragazze con il cibo e dovrebbe esserci tutto”.
Tyson le si avvicina e le bisbiglia qualcosa all’orecchio. Julianne spalanca le palpebre. “Davvero?”. Lui annuisce solennemente facendola sorridere. “Mi piace, sì. Facciamolo”.
Lui le ghigna scaltro. Lip e io siamo molto più che confusi. “Cosa? Cosa facciamo?”.
“Vedrete”.
 
Lip e io sediamo sul letto di Julianne circondati da trucchi e parrucche. Peyton è intenta a trasformare la faccia di Dottie in quella di uno zombie famelico di cervelli, mentre Julianne spennella le palpebre di Lip con dell’ombretto scuro. Osservarlo mentre si fa mettere l’eyeliner mi riempie di una bieca soddisfazione. “Ahi!” mugola allontanando la mano di Julianne dalla sua faccia.
Lei strabuzza gli occhi. “È mascara, non un punteruolo incandescente”.
Gli siede praticamente in braccio, mentre cerca di truccarlo da Frank-N-Furter. Lui giocherella con i suoi capelli e la tocca un po’ troppo, se devo essere sincero, ma Julianne è totalmente concentrata sul suo lavoro, come ogni volta che dipinge.
“È fastidioso” si lamenta Lip.
Peyton sbuffa dal naso. “Il grande e possente Philip ha paura dello scovolino”.
Julianne scuote la testa. “Prova a fare la ceretta all’inguine, poi ne riparliamo. Ora stai fermo, ho quasi finito”.
“Solo perché me lo chiedi tu, dolcezza” asserisce.
Ricomincia a truccarlo e lui la osserva. So perfettamente cosa vede da così vicino, i dettagli del suo viso sono spettacolari.
“Sapevi di avere un neo minuscolo sul labbro?” domanda.
Julianne gli inclina il viso. “Fermo”. Appoggia il mascara in una borsetta ed estrae il rossetto. Ricopre le labbra di Lip con una generosa passata e poi si avvicina per esaminare il suo lavoro.
“Sei quasi al limite” le fa notare lui.
Jay inclina un sopracciglio. “Quale limite?”.
“Sotto i dieci centimetri scatta il bacio automatico, è una legge cosmica”. Sopprimo l’impulso di colpirlo alla nuca con una palette di ombretti.
Lei gli sistema il bordo del labbro con il pollice. “Questa te la sei appena inventata”.
Peyton soffia su un pennello. “Non per dare ragione al troglodita, ma è una regola alquanto comune”.
Lip indica Peyton. “Se mi dà ragione lei allora è per forza vero”.
Julianne ride. “Se lo dice Pey, allora ci credo”.
“Quindi…” mugugna Lip umettandosi le labbra.
“Vuoi sapere qual è un’altra legge cosmica?” sospira lentamente “Se provi a baciarmi scatta la testata automatica”.
Questa è la mia ragazza.
Gli mette la parrucca corvina in testa e sorride. “Sei pronto, dottore”.
Julianne rotola di lato e Lip si alza. Il suo fisico da culturista spicca in modo incredibile nel top di pelle e nelle calze a rete. Non so esattamente come, ma vestito così riesce ad essere sexy.
“Come sto?” domanda facendo una piroetta.
Julianne gli aggiusta i reggicalze. “Incredibilmente bene”.
“Ve lo avevo detto” gongola allo sguardo allibito di Peyton “Vado a far sbavare Tyson”.
Tacchi permettendo, esce velocemente della stanza. “Non correre per le scale e non rovinare la mia opera d’arte” gli urla dietro Jay. Scuote la testa e poi mi fa un cenno. “È il tuo turno, Aaron”.
Si alza per raccogliere ciò che le serve e quando passa di fronte allo specchio si ferma di colpo. “Oh, mio Dio” squittisce “Perché Lip sembra un fotomodello e io assomiglio ad un fungo con un vestito da cameriera?”.
“Sei molto carina” la rincuora dolcemente Dottie.
Si rigira nel vestito da Magenta. “Perché sono così bassa?”. La gonna le arriva molto sotto il ginocchio e le maniche le cadono un po’ lungo le spalle. Nel complesso è sempre bellissima, ma si nota che il vestito non è esattamente della sua taglia.
 “Sei già bella e talentuosa, non potevano anche farti alta come Gigi Hadid. Non sarebbe stato giusto” asserisce Peyton. Julianne in risposta mugugna. “Posso farti un orlo al volo se vuoi?”.
“Sì, ti prego” mugola.
Peyton smette di impiastricciare il viso di Dorothea e recupera un astuccio di pelle. Tira fuori degli spilli e comincia a sistemarle il vestito. “Posso stringere qui e qui” le tira la gonna sopra le ginocchia “Posso alzarla fino a qui, così non ti sega le gambe” le aggiusta il corpetto “E se metti un reggiseno imbottito, davanti sei a posto”.
Julianne le sorride. “Sei un angelo”.
Pey le dà un buffetto sulla testa. “Toglitelo, Pollicina. Fai attenzione agli spilli”.
Julianne tira la cerniera e con delicatezza fa cadere a terra il costume. Il suo corpo meraviglioso rivede la luce del sole avvolto solo dalla lingerie e dalle autoreggenti nere. L’ho già detto che è la donna più bella del mondo? Non importa, non mi dispiace ripetermi. È veramente un’opera d’arte, non mi abituerò mai al modo incredibile con cui mi toglie il fiato. Potrei passare il resto della mia vita ad ammirarla senza mai stancarmi.
Ormai perso nelle sue curve mozzafiato, mi rendo conto troppo tardi che non siamo soli. Anche sotto strati di trucco, percepisco il rossore e il disagio di Dorothea. Il suo sguardo si sposta tra di noi come la pallina di un flipper. Peyton si schiarisce la voce e, senza troppe cerimonie, porge a Julianne una vestaglia che è abbondonata sulla poltrona. Jay si copre e recupera il costume da terra. “Quindi puoi sistemarmelo?” mormora con tono acuto.
Peyton prende l’abito. “Sì, se hai una macchina da cucire”.
“Al piano di sopra, nello studio di mia madre” asserisce indicando il soffitto con l’indice.
Peyton raccoglie la sua borsa e fa un cenno a Dottie. “Vieni con me, Dots? Così nel mentre finisco di truccarti”.
Dorothea annuisce rapidamente. “Certo”.
Quando le sue amiche sono ormai lontane e la porta è chiusa, Julianne mi raggiunge sul letto. “Mi dispiace da morire”.
“E fai bene” esalo “Quando ti chiedo io uno spogliarello mi becco un’occhiataccia, ma non ti fai problemi a farlo davanti alle ragazze”.
Mi colpisce sulla gamba. “Non scherzare, stiamo diventando troppo incauti. Prima Matt e ora Dottie, dobbiamo fare più attenzione”.
“Jay” sospiro accarezzandole il viso “Non è successo nulla”.
“Scherzi?” brontola “Mi sono appena denudata come se niente fosse, come se mi vedessi così tutti i giorni”.
Non che sia molto lontano dalla verità. “Eri sovrappensiero, tutto lì”.
“Esatto” mugugna “Siamo troppo a nostro agio e stiamo commettendo errori idioti. Lip lo sa, così Peyton e mio fratello, sono già tre persone di troppo”.
Le sposto i capelli scuri oltre la spalla, per evitare i suoi occhi. “Sarebbe così terribile se lo sapessero tutti?”.
Mi prende la mano tra le sue e cerca il mio sguardo. “Lo sai che non possiamo”.
“Cosa potrebbe succedere di tanto grave? Viviamo già come clandestini, cosa c’è di peggio?”.
I suoi occhi si rabbuiano. “Un sacco di cose, Aaron. Potrebbero dividerci, per esempio”.
“Lo so” asserisco “Ma dobbiamo anche pensare a cosa fare in futuro, non possiamo andare avanti così per sempre”. Si mordicchia il labbro con nervosismo e facendo agitare anche me. “Dimmi cosa pensi”.
“Io non…” sospira.
“Per favore, non chiudermi fuori” esalo.
Si alza, mettendo una certa distanza tra di noi. “Non voglio escluderti, ma nella mia testa c’è così tanta confusione a volte, che non capisco nemmeno io cosa provo”.
Il senso di colpa mi colpisce alle spalle. “Non volevo sforzarti, scusami”.
Si stringe il viso tra le mani. “Non scusarti per la mia incapacità nel comunicare, non sei tu il problema qui”.
“Non sei un problema, Julianne”. Come può anche solo pensarlo?
“Ah, no? Davvero?” mormora con freddezza “Vuoi sapere perché mi spaventa che le persone sappiano di noi? Perché lo rende reale e non più una cosa solo nostra”.
La paura mi stringe le budella. “E dov’è il problema se diventa reale?”.
Si indica. “Qui! Sono io il problema, Aaron. Io incasino sempre tutto quanto, anche senza provarci”.
“Non è assolutamente vero” ribatto con forza.
Fa un cenno verso il mio braccio fasciato. “Hai un esempio proprio sotto il naso”.
“Non è stata colpa tua” asserisco “Un difensore enorme mi ha placcato, tu non c’entri nulla”.
“Ne sei proprio sicuro?”.
No, ma non ho assolutamente intenzione di dirglielo. La sua testa la sta trascinando in un vortice di pensieri negativi, non voglio contribuire dandole ragione.
“Penso…” sospira “Credo sia meglio se stasera stiamo un po’ separati, tu con i tuoi amici e io con le mie”.
Ed eccola di nuovo, la paura strisciante che mi risale le gambe e mi stringe la gola, mi sorride con fredda allegria. Julianne ha paura di incasinare ogni cosa, io invece ho il terrore che lei mi scivoli tra le dita proprio mentre provo a trarla a me.
Si avvia verso la porta, intensificando il timore e facendomi guaire con un cucciolo sul ciglio della strada. “Dove vai?”.
“Ho bisogno di un bicchiere d’acqua” esala.
“Torni?” mugugno, cercando di non sembrare disperato.
Annuisce lentamente. “Sì, devo ancora truccarti”.
Non è di certo per questo che gliel’ho chiesto, però mi basta lo stesso.
 
 
I bassi che pompano fuori dallo stereo fanno vibrare il pavimento. Le luci soffuse e le decorazioni fosforescenti rendono la casa quasi spettrale. Giocherello con il bicchiere di plastica contenente solo aranciata e la fisso. So di sembrare un maniaco ma non posso fare altrimenti. L’uniforme, che prima le cadeva addosso, ora la stringe nei punti giusti, avvolgendola come un guanto. Il suo bellissimo viso è perfettamente truccato e circondato dai ricci rosso scuro della parrucca. Mi chiedo se ci sia un colore di capelli che non le stia bene.
Peyton le porge un biscotto a forma di fantasma e le parla contro l’orecchio, per sovrastare il frastuono della musica e della settantina di persone che infestano la casa. Julianne ride e le dà un colpetto sulla spalla avvolta dall’abito.
“Sai che dovresti cercare di ignorarla e non fissarla come un cane senza il suo osso, vero?”. Lip mi lancia un’occhiata saccente. Per essere uno che indossa degli zatteroni è davvero silenzioso.
Mando giù un sorso di aranciata. “Ha detto che dovremmo stare distanti, non che non posso guardarla”.
Si aggiusta la nuova chioma corvina. “Ha detto che dovete dare meno nell’occhio, e ti posso assicurare che standotene qui in un angolo a reggere la mensola e a scrutarla con il binocolo, non dai meno nell’occhio”.
“E cosa dovrei fare secondo te?” brontolo.
Alza le enormi spalle. “Se lei non fosse nella tua vita, ora saresti da qualche parte a rimorchiare una pollastrella a caso” allunga l’indice verso la cucina “Come quella lì, vestita da angelo sexy, che ti sta facendo la radiografia da almeno mezz’ora”.
Non mi giro nemmeno a guardare. “Non voglio rimorchiare proprio nessuno”.
“Come vuoi” sospira “In ogni caso, ti consiglio di fare un giro perché la tua Magenta sta proprio per essere rimorchiata, invece”.
“Cosa?” lo spingo di lato e cerco di Julianne con lo sguardo. Sorride cordiale e muove la mano verso Tobias Guerrero, l’ala destra della squadra di hockey. Lui, nel suo stupido costume da scheletro, ricambia il sorriso con un po’ troppo entusiasmo. Con un impacciato movimento di mani, introduce i suoi due amici e compagni di squadra.
“Cosa ci fanno Guerrero e i suoi compari qui?” borbotto verso Lip.
Lui storce la bocca. “Lo abbiamo incontrato al negozio di addobbi e Jay l’ha invitato”.
“Perché?” mugolo.
“Potrebbe essere colpa mia” mormora alzando le sopracciglia “Ho fatto un po’ lo stronzo, ma dovevi vedere il modo in cui la guardava”.
Come la sta guardando ora? Merda. Mollo il bicchiere sul mobile e avanzo. Lip mi piazza una mano sulla spalla. “Dove stai andando?”.
“Vado a salutare i nuovi ospiti” mi allontano dalla sua presa “Questa è pur sempre casa mia”. Lei è pur sempre mia.
Affianco le ragazze e batto il pugno sul braccio muscoloso di Tobias. “Ehi, Guerrero. Come va?”.
Lui fa un mezzo sorriso. “Tutto okay, Anderson. Tu?”.
“Alla grande” mormoro “Mi fa piacere che siate riusciti a venire. Gli alcolici sono in cucina e gli stuzzichini sono sul tavolo, servitevi pure”.
I suoi due amici si dileguano alla ricerca di beveraggi, mentre lui resta imperterritamente fermo. Nonostante le lenti a contatto bianche, riesco a percepire chiaramente il modo bramoso con cui guarda Julianne. La mia bocca si apre prima che riesca a formulare un ragionamento ponderato. “Carino il costume” mormoro “Magari un po’ carente di originalità”.
Finalmente i suoi occhi incontrano i miei. “Ho deciso di venire all’ultimo minuto, perciò”. Inclina un angolo della bocca. “La gobba ti dona, soprattutto si intona con la fascia reggi braccio”.
Jay sospira lentamente, in coordinazione alla risata strozzata di Peyton. Ignoro entrambe. “Sì, beh, capita di farsi male nei campionati importanti” sorrido “Lo capirai una volta che la vostra squadra ci sarà arrivata” inclino la bocca ad imitare la sua stessa espressione strafottente “Se ci arriverete”.
Tobias si raddrizza allargando le spalle e stringendo i denti. Prima che possa ribattere, Julianne mi infila le unghie nel gomito sano. “Aaron” ringhia “Posso parlati un secondo?”.
“Ma certo” esalo.
Lei mi tira per il braccio verso lo studio di mio padre e mi ci spinge dentro. Una volta chiusa la porta, guina le zanne. “Si può sapere che diavolo era quello?”.
Mi appoggio al tavolo di legno. “Non so di cosa parli, stavo cercando di essere cortese”.
“Non provarci” abbaia.
“Dovrei farti la stessa domanda” brontolo “Si può sapere perché li hai invitati?”.
Stringe le mani lungo i fianchi. “Ho invitato Tobias perché Lip lo aveva trattato come un idiota al negozio e mi sono sentita in dovere di rimediare”.
“E per quale ragione?”.
“Perché il tuo stupido amico ha agitato la clava come un cavernicolo per difendere il tuo territorio” ringhia virgolettando con le dita “E ho pensato che siccome tu sei una persona matura avresti capito, ma chiaramente mi sbagliavo”.
Indico la porta. “Quello ci stava provando con te”.
“Credi che non lo sappia?” mormora “Non sono stupida, mi accorgo quando qualcuno ci prova. Stavo aspettando che mi chiedesse qualcosa, in modo da poter declinare educatamente”.
Un leggere bussare sul legno è seguito dalla voce di Chastity. “Julianne avrei bisogno di parlati”.
“Arrivo subito, Chas”. Fa un passo in avanti e abbassa il tono. “Ti avevo già dimostra di sapermela cavare con le avance indesiderate e speravo che avessi ormai capito che mi interessi solo tu”.
Mi accarezza fugacemente la guancia e poi si dilegua, lasciandomi solo come un idiota.
 
 
Sgranocchio patatine alla paprika appollaiato su una sedia. Lip e Peyton discutono a qualche passo da me. “Cosa dovresti essere? Una bibliotecaria single?”.
Lei lo fulmina attraverso le lenti degli occhiali. “Sono Rosa Parks, imbecille”.
Lui si scola una Red Bull come se fosse uno shottino. “Chi?”.
Peyton sbuffa dal naso come un toro. “Rosa Parks è stata una paladina dei diritti civili”.
La osserva annoiato. “E perché dovrebbe importarmi?”.
Peyton spalanca la bocca e la richiude di scatto. “Non so nemmeno perché sto qui a perdere fiato con te” afferra due bicchieri che stava riempiendo e si allontana di fretta.
“Perché la stuzzichi in continuazione?” sospiro.
Lui mi lancia un’occhiata divertita. “Adoro quando si incazza”.
“Finirà per darti un pugno, prima o poi” asserisco.
Si butta in bocca una manciata di anacardi. “Non vedo l’ora”. Sogghigna e si allontana ruminando come un caprone.
Mi verso da bere e mi metto alla ricerca di Tobias. Riesco ad intercettarlo mentre è in coda per fare pipì. Gli do un colpetto sul braccio. “Posso parlarti un secondo?”.
Annuisce. “Certo, parla pure”.
Mi schiarisco la gola e spingo l’orgoglio in un angolo. “Mi spiace se prima sono stato scortese, non era mia intenzione. Sono stato uno stronzo senza motivo e ti chiedo scusa”.
Tobias mi lancia una lunga occhiata e poi fa un cenno. “Andiamo, lo sai il motivo”.
Per un secondo la realtà mi tremola intorno e la paura mi accoltella nei reni. “Cosa?”.
Indica le scale con il pollice. “È meravigliosa. Scommetto che non sono il primo a cui fai il muso duro, ma lo capisco. Faccio la stessa cosa per le mie sorelle”.
Un’orribile sensazione mi stringe lo stomaco. “Julianne non è mia sorella”.
Tobias alza le spalle. “Sai cosa intendo, i vostri genitori stanno insieme e tu le guardi le spalle” mi dà un buffetto in mezzo al petto “Ho capito, no problem”.
No, eccome se c’è un problema. E anche uno bello grosso. “Okay” bofonchio allontanandomi. Scendo rapidamente le scale cercando Jay. La trovo in soggiorno, intenda a bisticciare con Chas. “Non ci voglio andare” esala.
Chastity si aggiusta il capellino d’orato di paillettes. “Devi fare il discorso di presentazione. L’apertura alle candidature è lunedì e tu hai bisogno di sostenitori per poterti proporre”.
Julianne scuote la capigliatura. “Fallo tu, sei bravissima a dare fiato alla bocca. Io odio parlare in pubblico da sobria, sono impacciata e imbarazzante”.
Chastity le sistema la divisa. “Allora fatti un bicchierino”.
“No!” ribatte con impeto Julianne.
“Devi fare il discorso in ogni caso, Julianne” sospira “E durante la campagna dovrai farne molti altri, ti conviene iniziare davanti ad una piccola folla”.
Julianne sgrana gli occhi davanti agli invitati. “Quelli ti sembrano pochi?”.
“Sei più brava con le parole di quanto pensi” esala “Ora gambe in spalla. Io vado ad introdurti”.
Non appena Chastity le volta le spalle, Julianne cerca di defilarsi verso la porta. Le afferro la mano prima che possa darsi alla fuga come Beep Beep. “Non puoi scappare, Jay”.
“Sì, invece” ribatte.
“Jay…”.
“Non ci riesco” sbotta “Non sono capace. Non posso”.
“Cosa ti spaventa davvero?” chiedo.
Lei mi stringe la mano. “Se faccio il discorso, vuol dire che poi lunedì dovrò candidarmi. Se mi candido poi dovrò gareggiare contro Giselle e sono sicura che perderò e che lei mi farà a pezzi”.
“Non puoi saperlo” affermo.
Ballonzola sulle gambe, guardandosi intorno. “Rideranno di me”.
Mi chino verso di lei, in modo che sia l’unica a sentirmi. “Nessuno riderà mai di te, Jay, perché sei fenomenale. Quando la gente ti guarda vede solo quanto sei fantastica e pensa a quanto vorrebbe somigliarti. Sei la persona più coraggiosa che conosco”.
“Non mi sento molto impavida ora, Aaron” sospira.
Le prendo il viso tra le mani, così che mi guardi negli occhi. “Sei la persona più coraggiosa che conosco, puoi fare tutto. Io credo in te”.
“Davvero?”.
“Assolutamente” asserisco.
Chastity toglie la musica allo stereo e si arrampica sul tavolino da caffè. Il costume da Columbia scintilla sotto le luci colorate. “Posso avere la vostra attenzione?” mormora a voce alta. La folla sparpagliata per la casa smette di chiacchierare e si addensa vicino al palco di fortuna. “Abbiamo deciso di organizzare questa festa stupenda, non solo per festeggiare Halloween, ma anche perché per la prima volta da parecchio tempo qualcuno ha deciso candidarsi contro Giselle per il titolo di rappresentate degli studenti”. Un leggero brusio si alza tra la calca “Quindi fate un caloroso applauso a Julianne”.
Chastity si gira verso la mia ragazza ed applaude insieme alla folla. Jay sbianca come un lenzuolo e tentenna. Mi abbasso vicino al suo orecchio e sussurro. “Sii te stessa, la gente ti adora. Sei hai paura guardami, sono proprio qui”. Lei mi fa un debole sorriso e poi si avvicina a Chas. L’amica scende dal tavolino e le lascia il posto. Julianne si innalza esitante davanti al mare di adolescenti, con l’aria di chi sta per vomitare. “Ciao” sospira torturandosi le mani “Io sono Julianne”.
“Ciao, Julianne” mormora la folla.
Qualcuno ridacchia. “Siamo agli alcolisti anonimi?”.
La massa ride della battutina e agita Julianne. Si gratta l’incavo del braccio e si gira verso di me. Le sorrido incoraggiante e muovo le labbra in una frase silenziosa. Sii te stessa.
Lascia cadere le mani lungo i fianchi e alza la testa. “Sì, suonava un po’ da gruppo di sostegno. Però, se siete qui, significa che avete il mio stesso problema. Io sono nuova quindi non so bene da quando vada avanti questa tirannia, ma negli ultimi mesi sono stata la vittima numero uno di Giselle” sospira “Ha messo in giro così tanti pettegolezzi su di me, che ormai ho perso il conto. Non so voi, ma io mi sono stufata di subire e basta. Gandhi una volta ha detto: sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo. Quindi ho deciso che sarò quel cambiamento e se volete partecipare sapete chi votare”.
Chastity la affianca. “Lunedì, alle dodici, sostenete Julianne e insieme detronizzeremo la stronza!”.
La folla applaude e fischia in approvazione. Julianne si gira graziandomi di uno dei suoi sorrisi da capogiro.
Chas le mormora qualcosa all’orecchio. Julianne si volta di nuovo verso gli studenti. “So che vi avevamo promesso gli Hazy Heavy stasera, ma la band si sta preparando per il Rock Band Contest e stasera purtroppo non possono esibirsi” Tyson le passa un microfono “Quindi per rimediare abbiamo pensato di dare l’opportunità a tutti di essere delle superstar. Chi è pronto per il Karaoke?”. 


Julianne mi sfiora la pelle della spalla con la punta delle dita. Segue i contorni dei lividi ormai quasi del tutto svaniti. Nella penombra non riesco a distinguere la sua espressione, riesco a scorgere solo la curva piena della guancia e lo sfarfallare leggero delle ciglia.
“Mi dispiace” sussurra.
“Per cosa?”.
Il suo respiro mi solletica il mento. “Rendo sempre tutto così complicato”.
“Julianne…”.
“Stare lontani è stata un’idea stupida” esala “Senza di te non sarei mai riuscita a fare il discorso”.
Infilo la mano sotto il bordo della sua maglietta. “Avevi ragione tu, il mondo non è affatto pronto per noi. Tobias ti ha definita mia sorella”. Fa un verso schifato. “Già, non dirmelo. Stavo per vomitargli sulle scarpe. Chiaramente non sarebbe una buona idea farlo sapere a tutti”. Le accarezzo il fianco. “Non mi ero reso conto di quanto fosse assurda la nostra situazione, fino ad adesso”.
“Un giorno sarà tutto più facile” sospira.
“Sì”. La stringo a me. “Un giorno”.
 
 
“Devi coniugare il verbo” borbotta Julianne dall’altro lato del divano.
“Non mi piace” brontolo scuotendo il libro di francese “Mi fa strano, sembra un’imprecazione”.
Si passa lo smalto blu sull’unghia dell’indice. “Perché lo pronunci male”.
“Chi lo avrebbe mai detto” sbuffo e le do un colpetto con il piede “E poi che ne sai che devo coniugarlo per forza, non stai nemmeno guardando l’esercizio”.
Il suo libro è abbandonato sul tavolino da caffè vicino ai cartoni vuoti della pizza. Smette di spennellare per lanciarmi occhiata. “Vuoi davvero metterti a discutere con me sul francese?”.
Sbuffo tirandomi al petto la coperta che condividiamo. “No”.
“Mi sembrava”. Ridacchia. “Avanti, se lo coniughi bene ottieni un premio”.
Ora si che si ragiona. “Questo metodo educativo mi piace” mi metto dritto “Okay, allora: nousouvrirons?”.
Julianne sorride e batte le mani. “Abbiamo un vincitore”.
“Qual è il mio premio, signorina?”.
Alza le spalle e soffia sulle unghie. “Una migliore dimestichezza con la lingua?”.
Scuoto la testa e mollo il libro sul pavimento. “Non mi sembra adeguato, ho paura che dovrà sacrificarsi per la causa”. Le afferro la caviglia e la tiro in avanti. Con uno squittio Julianne scivola lungo il divano e sotto di me. Mi stringe le gambe intorno al bacino e mi accarezza la guancia. “Se proprio devo” esala.
Baciarla ormai mi sembra necessario come respirare. Se ci penso non riesco a ricordare com’era la vita prima che il mio corpo cominciasse ad avere bisogno di lei. Prima che diventassi dipendente dalla sua risata, dal profumo della sua pelle e dal modo in cui sospira il mio nome.
Il suo cellulare trilla fastidiosamente, costringendola ad allungare la mano per afferrarlo. “Stanno arrivando” esala dopo aver osservato lo schermo.
Mi allontano dal suo collo per guardala negli occhi. “La pacchia è finita”.
“Già, si torna in modalità invisibile”. Mi bacia piano le labbra e deliacamente mi spinge verso l’altro lato del divano. Ci sediamo compostamente e fingiamo che questa distanza sia naturale.
Pochi minuti più tardi, l’intera famiglia varca la soglia tra valige e urla. Andy spinge Henry di lato. “Finalmente! Non ne potevo più! Che sia messo a verbale, io non verrò mai più nessun campeggio della famiglia. Mai più!”.
Papà sbuffa. “Che melodrammatico, io trovo che sia stata un’esperienza davvero educativa”.
Andy afferra la sua borsa e sale le scale. “Mi sono preso una zecca, papà! Non c’è niente di educativo in questo”.
Julianne salta giù dal divano e si abbarbica sul fratello. “Mi sei mancato”.
Lui le stringe un braccio intorno alla vita. “Anche tu”.
Julianne indietreggia leggermente. “Tu non hai zecche, vero?”.
Lui ridacchia. “No. In realtà, Andy è stato l’unico in tutto il campeggio a beccarsi una zecca”.
“Chissà come avrà giovato al suo umore” esalo.
Cole mi batte il pugno. “Non ne hai idea”. Raccoglie le sue cose e segue Andy al piano superiore.
April varca la soglia reggendo Liv tra le braccia. Sorride radiosa alla figlia. “Ciao, Julie”.
Jay le fa un sorrisino quasi felice. “Ciao, mamma”.
April porge mia sorella ad Henry. “Tesoro puoi portarla di sopra? Il viaggio in macchina l’ha stesa”.
“Certo” mormora.
April si azzarda ad abbracciare la figlia, che stranamente non si ritrae e ricambia leggermente. “Com’è andato il vostro weekend?”.
“Tutto bene, abbiamo studiato e mangiato qualche schifezza. Nulla di particolare” esala Jay.
Papà le lancia un’occhiata obliqua che mi fa innervosire. “In mezzo a tutti i bagordi siete riusciti a trovare il tempo per studiare?”.
Jay alza le spalle. “Non ci sono stati bagordi, non abbiamo fatto nulla di speciale”. La naturalezza con cui mente alcune volte mi spaventa.
Papà infila le mani in tasca. “Davvero?”. Pessimo segno. Qui c’è qualcosa che non va.
“Davvero” afferma Julianne.
Lui sposta lo sguardo verso di me. “Tu hai qualcosa da dire?”.
Oh, no. “No” sospiro. Mentire non è il mio forte.
“Quindi non avete dato una festa con alcolici e musica a tutto volume?” papà si gratta il mento “Perché la signora Stanford giura di aver assistito ad una festa epica ieri sera e giura anche un qualche ragazzo sbronzo ha urinato nel vaso delle sue peonie”.
Merda, siamo fregati. Julianne non vacilla minimamente. “La signora Stanford ha un’ottima immaginazione”.
Papà inclina la testa con aria di sfida. “E un grande occhio per la fotografia. Mi ha mandato una foto di quello che sembra il party dell’anno. La volete vedere? O magari prima volete dirmi di chi è stata l’idea di trasformare il nostro salotto nel Festival di Woodstock?”.
Sta sgridando entrambi ma i suoi occhi fiammeggianti sono fissi su Jay. Sono sicuro che creda che la festa sia opera solo sua.
“Mia” mormoriamo all’unisono.
“È stata un’idea mia” asserisco.
Julianne mi lancia un’occhiataccia. “Non è vero, l’ho organizzata io. Come sappiamo, sono io la pecora nera qui”.
“Sta mentendo” affermo “Ho fatto tutto io”.
Papà tuona. “Siete incredibili! Vi abbiamo lasciato qui da soli perché pensavamo che foste responsabili. Invece, non appena giriamo le spalle, organizzate una festa con alcoli e Dio sa cos’altro!” scuote la testa “Siamo davvero molto delusi”.
“Papà, noi…” esalo.
Lui alza la mano. “Non voglio giustificazioni di alcun tipo, siete entrambi in punizione per un mese”.
“Oh, andiamo, era solo una festa” ribatte Julianne “Tutti l’avrebbero fatta”.
“Due adulti responsabili no, Julianne” abbaia.
“Nel mondo dei sogni forse” esala, girandosi verso April “Mamma puoi intervenire, per favore”.
April commette l’errore di schierarsi dalla parte della figlia nel momento peggiore di sempre. “Caro, magari stai esagerando un pochino…”.
“Io esagero?” ringhia “Tu dovresti essere più furiosa di me, chissà cosa girava a quella festa”.
“Ed ecco il problema” mormora Julianne “Sono io, vero? Se si trattasse solo di Aaron avresti già chiuso un occhio, ma la mia presenza cambia tutto. Juliane uguale droga. Perché prima di parlare di adulti responsabili non provi a mollare qualche pregiudizio ed allentare il collarino, mi sa che non ti arriva abbastanza sangue al cervello”.
Papà stringe i pugni lungo i fianchi ed espira dal naso. “Forse non ti è ancora chiaro, Julianne, che se vivi sotto il mio tetto devi seguire le mie regole. Questo tuo atteggiamento magari non era un problema a San Diego ma lo è qui. Quindi, complimenti, hai appena guadagnato una nuova punizione: Sia tu che Aaron non potrete andare al Rock Band Contest”.
   
 
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