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Autore: mgrandier    31/12/2020    7 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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21. … bisogno
 
(tardo pomeriggio, seconda metà di agosto)
 
Puntò la caviglia sopra al ginocchio, lasciando la gamba piegata e sospesa, in modo da appoggiarci il giornale sportivo che teneva tra le mani ormai da un pezzo, sfogliando una pagina ogni tanto, in bilico tra la lettura veloce dei titoli più vistosi e quella di ciò che accadeva a due passi dalla poltrona dove l’avevano fatto sistemare.
Un gemito lungo, quasi un verso gutturale e strozzato, richiamò la sua attenzione proprio nell’istante in cui gli pareva di aver trovato finalmente qualcosa di interessante su cui concentrarsi, ma lasciò quel trafiletto di approfondimento sulla strepitosa campagna acquisti dell’Amburgo facendo schizzare lo sguardo sull’espressione sofferente di Kaltz.
- Accidenti a te, Gen! Questa me la paghi: mi avevi assicurato che avesse le mani leggere come piume e invece mi sta staccando un braccio! –
Sollevò le sopracciglia in due archi, nascondendo il sorriso soddisfatto che gli aveva teso le labbra dietro la sommità delle ampie pagine, ma non fece in tempo a ribattere, perché fu la stessa Yuki a bacchettare il tedesco.
- Questo è quello che si merita un calciatore che passa due pomeriggi di fila a giocare a tennis. – commentò senza distogliere la propria attenzione dai movimenti che stava facendo compiere al braccio di Kaltz.
Steso pancia di sotto, quello strinse i denti, irrigidendosi mentre lei continuava massaggiargli la spalla con gesti energici, ma non appena gli fu possibile prendere fiato, tornò a lamentarsi – A casa mia le ragazze non arrivano con la valigia per aprirmi le porte del paradiso! Io devo darmi da fare personalmente e, per inciso, ora che un certo portiere si è tolto dalla piazza, devo pure arrangiarmi da solo per trovare un terreno di caccia che sia adatto allo scopo! –
Genzo stentò a trattenersi dal ridere, scorgendo l’espressione divertita che aveva fatto la sua comparsa sul viso, fino ad allora concentrato, di Yuki – Forse devi rivedere i tuoi piani, Kaltz: il tennis non fa per te. –
- Fa per me, eccome! – si lamentò di nuovo Kaltz – Il panorama non è niente male, al campo. Devo solo farci il callo, allenarmi il giusto.  Allora, diventerò il beniamino del cl ... – per poi bloccarsi, strizzando anche gli occhi prima di poter proseguire - … ub! –
Yuki annuì soddisfatta, discostandosi dal letto e puntando un palmo sulla schiena del biondo, mentre sovrapponeva anche l’altra mano e prendeva a premere in un punto preciso, con movimenti ritmici e ripetuti. Kaltz parve accigliarsi, ma poi, dopo qualche ripetizione del movimento, la sua fronte si distese e la sua espressione si fece appena più rilassata – Certo che con queste manine ci sai fare, Yukina! Adesso inizio a capire come facesse Gen ad essere così in forma e di buon umore … -
- Credi che ti abbia riservato il suo stesso trattamento? – lo provocò allora Yuki – Perché in tal caso, ti sbagli di grosso! – e alle parole seguì un colpo più deciso, che fece sobbalzare Kaltz sul letto.
- Ugh … - Kaltz trattenne a stento un’imprecazione, prima di tornare a strizzare gli occhi.
Yuki tornò a premere e insistere su quello stesso punto per qualche minuto, facendo leva con l’intero corpo perché il massaggio fosse davvero efficace; passò da un lato all’altro del letto e si dedicò anche alla spalla sinistra, scendendo fino alla base della schiena e poi tornando a lavorare tra le scapole, prima di risalire alla spalla che Kaltz aveva sforzato, riprendendo i movimenti iniziali con meno energia e lavorando con gesti più ampi. Di tanto in tanto, sollevava lo sguardo e Genzo si faceva trovare sempre pronto a rispondere con il suo migliore sorriso.
Gli piaceva vederla all’opera, nonostante non fosse lui l’oggetto dei suoi massaggi, perché gli era chiaro quanto diverso fosse l’atteggiamento di Yuki nel rapportarsi con Kaltz rispetto a quello che sperimentava su di sé. Non che avesse mai dubitato di questo, ma osservarla era tutta un’altra storia, e starsene a guardare i suoi movimenti sicuri, l’espressione concentrata e l’impegno che metteva in ogni gesto, lo affascinava. Quando lei lo cercava, quasi si stesse sincerando che fosse tutto a posto, non poteva che sentirsi lusingato di quel suo scrupolo, dell’attenzione che gli dedicava anche mentre si occupava di altri; perché Genzo era ben consapevole del motivo di quegli sguardi … Lui sapeva bene quanto lei temesse di metterlo in difficoltà; era conscio del fatto di essersi mostrato geloso in almeno un paio di occasioni e come questo avesse messo Yuki sull’attenti. Per questo gli piaceva osservarla e si impegnava nel rassicurarla ad ogni scambio di sguardi, quasi potesse dirle ogni volta “so che non tocchi gli altri come tocchi me”.
Perso in questi pensieri, Genzo si sorprese nello scorgere l’espressione di Yuki farsi particolarmente divertita; rimase ad osservarla, seguendo l’occhiata con cui lei pareva indicargli di porre attenzione a qualcosa in particolare e presto si rese conto di quanto fosse insolito il movimento con cui lei stava massaggiando la schiena di Kaltz. Il viso di Yuki, sempre più birichina, gli suggerì un’idea, che parve materializzarsi davanti ai suoi occhi quando lei si mosse in modo più deciso, premendo a fondo sui muscoli fino a strappare un lamento al tedesco.
- Fatto! – esclamò lei soddisfatta, sollevando le braccia al soffitta e sfregando tra loro le mani – Adesso puoi alzarti, lentamente, e poi puoi rimetterti la maglia, facendo moooolta attenzione a come muovi il braccio. -
Genzo, richiuse lentamente il giornale, piegandolo in quattro e lasciandolo scivolare a terra insieme agli altri, poi puntò il gomito sul bracciolo della poltrona per sorreggersi il mento, piegando le labbra in una espressione beata, godendosi la scena. Kaltz, rotolò sul letto fino a trovarsi con la schiena al materasso e poi si mise a sedere, accompagnandosi con una specie di grugnito.
- Dove posso lavarmi la mani? – chiese Yuki con fare innocente – Avrei bisogno di rinfrescarle … - e in risposta ricevette uno sguardo di sbieco dal tedesco e un gesto secco con il capo che provocò un nuovo moto di orgoglio nel petto di Genzo che la osservò mentre si allontanava lungo il corridoio, prima di rivolgersi all’amico.
- Pensavi di fregarla … ma non si è lasciata mettere nel sacco da te! – lo provocò e subito Kaltz gli girò un’occhiata torva.
- Se fossi stato davvero conciato così male, ti avrebbe rimesso in sesto in meno della metà del tempo che ha impiegato a smontarti la spalla! E soprattutto non avrebbe concluso il massaggio con quella tecnica tailandese! – gli spiegò con tono sottilmente saccente, per poi puntarlo con una smorfia di traverso – Secondo me la tua era una farsa … e credo anche di sapere perché l’hai messa in piedi! –
Restò a fissare il tedesco nel suo tirarsi su dal letto un po’ affaticato, con il braccio indolenzito e l’espressione crucciata – Sei un pezzo di … -
- Ehi! E’ così che mi ringrazi per averti rimediato un massaggio in tutta fretta, non appena siamo rientrati dalle vacanze? – Genzo buttò un’occhiata in direzione del bagno, là dove era sparita Yuki, e poi si alzò dalla poltrona, avvicinandosi al letto. Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni sportivi e si chinò a puntare il viso dell’amico – Tu volevi vedere che effetto mi avrebbe fatto vederla mettere le mani addosso a qualcun altro. –
Kaltz allungò una mano al comodino per afferrare lo stecchino portarselo alle labbra; guardò l’amico di sotto in su e poi sbuffò scuotendo il capo – Ho davvero giocato a tennis per due pomeriggi di fila … e un massaggio mi avrebbe fatto bene di sicuro. – ammise – Ma l’idea di vederti cambiare colore non mi dispiaceva per niente, lo ammetto! –
Genzo sollevò le sopracciglia con un gesto rapido di soddisfazione e poi scambiò con l’amico un’occhiata di intesa – Ho superato la prova? –
- Pare di sì … - ammise Kaltz imbronciato, per poi girare lo sguardo scuro in uno decisamente più malizioso – Ma a giudicare da come si muove, immagino che i massaggi che fa a te siano di tutt’altro livello! Altro che menate … tu sei un dritto, Gen! –
Scosse il capo rialzandosi mentre l’altro rivoltava la maglia abbandonata sul letto e se la infilava, attento a non fare movimenti azzardati – Al tuo posto, me la sarei goduta ancora per po’ in giro per la Germania: da come vi vedo, secondo me la vacanza vi ha fatto bene e lei … -
- Lei a giorni dovrebbe sapere se potrà restare ancora o dovrà partire – lo fermò Genzo – e preferiamo essere a casa per fare tutti gli incartamenti del caso. Però devo darti ragione su una cosa: la vacanza ci ha fatto davvero bene. -
 
In effetti, rinunciare a Berlino non era stato poi così difficile. Avevano trascorso più tempo del previsto a Costanza e poi si erano trattenuti per alcuni giorni a Monaco, trascorrendo le loro giornate in leggerezza, alternando ancora l’entusiasmo di sfiancanti passeggiate al tenero ozio dei momenti nei quali, distesi sul letto in un tranquillo abbraccio o semplicemente rilassati sulle chaises longues della terrazza panoramica, si erano limitati a chiacchierare di argomenti improbabili, intrecciando attimi che sarebbero divenuti ricordi perfetti a legarli anche in futuro. Poi, quando era stato il momento di richiudere tutto nei loro bagagli, era stato sufficiente uno sguardo e ad entrambi era stato chiaro che fosse giunto il momento di rientrare a casa, quasi fossero divenuti due spugne ormai intrise di quei giorni di vacanza trascorsi lontani da preoccupazioni e scadenze, ormai pronte ad affrontare di nuovo la vita e a sapere quale sarebbe stato il loro futuro più prossimo.
- Il tutor dice che non ha ancora notizie ma, con ogni probabilità, si farà sentire ancora domani. Potrebbero avere ancora qualche giorno di ritardo, ma non crede che attendano ancora molto a dare le liste. – il tono di Yuki era piatto e Genzo la vide sbuffare con lo sguardo basso, mentre riponeva il telefono sul comodino, collegandolo al caricatore.
Le si sedette vicino, con il letto che affondava appena per l’aggiunta del suo peso, e le circondò le spalle con un braccio – Stai serena, Yuki; sono sicuro che arriveranno buone notizie. L’hai detto anche tu che Amburgo non era la meta più richiesta dagli studenti … Possibile che lo sia diventata proprio adesso? –
Un lungo sospiro soffiò dalle sue labbra, mentre lui la stringeva un po’ di più a sé, portando il suo capo ad appoggiarsi al collo – Se bastasse la mia forza di volontà per forzare le cose … potrei assicurarti che ti avrebbero già trasferita qui in pianta stabile fino alla laurea. - si dondolò appena, sfiorando con la guancia i suoi capelli – Ma dobbiamo essere forti, tutti e due ... –
Yuki si sfregò i palmi sul viso, nascondendosi alla sua vista, e per lui fu chiaro che entrambi avessero bisogno di staccare da quel pensiero fisso e cupo che era ormai diventato il responso da parte dell’università. Si guardò attorno: alle loro spalle, dall’ampia porta finestra, il sole ormai basso sull’orizzonte colorava di rosso il profilo di Amburgo defilandosi lentamente dopo una lunga e caldissima giornata e bastò quell’immagine infuocata per fargli escludere la possibilità di proporle un’uscita serale, abbandonando la frescura dell’appartamento. D’altra parte, sapeva che non c’era necessità di lasciare casa, per trascorrere del tempo insieme in assoluta tranquillità - Vado a farmi una doccia e poi, mentre la fai tu, ti preparo qualcosa di buono. -
Yuki si mosse dal suo abbraccio per sollevare il capo e cercare il suo viso, incuriosita e lui si sentì autorizzato a proseguire.
- Ho trovato una ricetta per servire il gelato in modo goloso … perfetto per il dopo cena. –
- Da quando cerchi ricette? – sinceramente sorpresa, spostandosi per dargli modo di alzarsi – Devo preoccuparmi? –
Genzo scosse il capo, già felice di averla distratta e rasserenata – Non pensare a grandi cose: si tratta solo di una piccola sorpresa … - e poi si avviò verso l’armadio, prendendosi un cambio pulito e tornando a fermarsi sulla soglia della camera, mentre si sfilava la maglia di dosso – Quindi, posso andare? Vada per la sorpresa? -
- Beh, mi piacciono le sorprese e credo anche di averne bisogno. – tagliò corto Yuki, piegando le gambe e incrociandole sotto di sé, restando a fissarlo per qualche istante, con lo sguardo stranamente assottigliato, quasi stesse pensando tra sé e sé - Ma credo soprattutto di aver bisogno di qualcosa di più forte di un gelato … -
Genzo rimase interdetto – Qualcosa di forte? Vuoi la correzione nella coppa? E da quando bevi alcoolici?! –
Yuki, tuttavia, si mise a ridere tra sé e agitando la mano nell’aria gli fece capire di non far caso alle sue parole - Vai … vai … qualche cosa mi inventerò anche io! -
 
Il vapore saturava ancora tutto l’ambiente del bagno e Genzo dovette usare un asciugamano per riuscire a scorgere il suo stesso riflesso attraverso lo specchio al di sopra del lavabo; dopo aver infilato i boxer scuri sulla pelle ancora umida, si strinse un po’ nell’accappatoio, allacciando la cintola ai fianchi, e poi prese a strofinarsi i capelli con il cappuccio, ma dopo pochi movimenti lasciò perdere, decidendo, come faceva praticamente ad ogni doccia, di lasciarli asciugare all’aria. In quel preciso istante, udì bussare alla porta e si volse incuriosito verso il battente.
- Sto per uscire, Yuki. Ho praticamente … - afferrò la maniglia, ma le parole rimasero sospese quando il suo sguardo si fissò su di lei che, stretta nel suo accappatoio e con i capelli raccolti in una specie di crocchia alta, lo fissava in silenzio.
- Ehm … tocca a te. – le disse con un mezzo sorriso cercando di avanzare, ma stranamente Yuki non pareva intenzionata a fargli spazio; anzi, la vide abbassare lo sguardo al pavimento, il capo basso e le labbra strette tra i denti, mentre le mani stringevano i bordi di spugna fino a far diventare bianche le nocche.
- Yuki, tutto bene? – la voce uscì un po’ strozzata, mentre Genzo si chinava verso di lei, portando le mani al suo viso, in una carezza leggera – Cosa … - ma non appena incrociò il suo sguardo la voce si perse di nuovo.
Nella nuvola di vapore che dalle spalle avanzava verso il disimpegno, i suoi occhi, scurissimi e lucidi, gli parvero profondi tanto da attirarlo come calamite; Genzo riuscì a leggere il suo tormento teso tra il silenzio e l’immobilità e si mosse d’istinto, chiamato da quello sguardo senza fondo.
Cercare le sue labbra gli parve l’unica possibilità che avesse; sentire con quanta energia lei rispondesse al suo bacio riuscì a dargli ancora più forza in quel rimando di labbra che si muovevano in una corsa fatta di schiocchi e morsi leggeri, separandosi solo per potersi ritrovare un respiro più in là. Si accorse di come lei lo stesse trattenendo quando avvertì i capelli della nuca tirare, incastrati tra le sue dita, e allora anche lui cercò i suoi, affondando nella crocchia fino a scioglierla, sfilandone il legaccio. La cascata nera scivolò riversandosi sulle sue spalle, in un contorno di seta ai lati del suo viso minuto, mentre lui, ad un soffio dalle sue labbra, rimaneva incantato ad osservarne i fili.
- Sei così … tormentata? – un sussurro fu sufficiente perché Yuki rispondesse annuendo.
- Mi sento sospesa … in bilico. Ho bisogno certezze. – cercò di spiegargli, i movimenti inquieti che accompagnavano le parole – Ho bisogno di addormentarmi e svegliarmi, domani mattina, con la convinzione di poter affrontare quella risposta senza crollare, che sia domani o fra qualche giorno. –
 - Yuki … -
- Ho bisogno di te, Genzo. – soffiò lei e lui comprese l’urgenza di quelle parole nel tono caldo con cui le aveva pronunciate e nella stretta delle sue mani che trattenevano la spugna con forza.
Le lasciò una nuova carezza, scendendo dalla guancia fino al collo e poi giù, insinuando le dita lungo la spalla e trascinando la stoffa fino a scoprirne la pelle nuda, dove lasciò un bacio lento, pigro e delicato, capace di attirare su di sé tutti i suoi pensieri.
- Genzo … - il suo nome suonò quasi come una preghiera sulle labbra della ragazza e lui si sollevò dalla sua spalla allungando le mani per posarle sui suoi fianchi, mentre si muoveva un passo verso il disimpegno, accompagnando Yuki a varcare la soglia del bagno.
- Niente gelato, giusto? – le chiese per distrarla, sollevandole il viso con due dita sotto il suo mento e lei scosse di rimando il capo.
- Ho lo stomaco chiuso … Scusami, so che ci tenevi … -
- Tranquilla. – ancora un bacio, sulla sua guancia, prima di allontanarsi solo un po’ – Ti aspetto in camera. E il gelato, lo teniamo per festeggiare. –
 
Quando l’aveva vista arrivare, Genzo aveva richiuso il libro, lasciandolo sul comodino, e aveva spento la luce di lettura, perché la sola tenue luce del cielo di Amburgo restasse a rischiarare la stanza, in una routine tutta loro. Spesso lasciavano le tende completamente aperte, la notte, proprio perché dal letto potessero osservare comodamente lo spettacolo del cielo e quella sera non aveva fatto eccezione: amavano scrutare le innumerevoli sfumature con cui il cielo annunciava la sera, fino a lasciarsi colorare dalla notte e dalla sua luce misteriosa e in quella atmosfera soffusa e accogliente Genzo sperava che Yuki potesse sentirsi meglio.
Lei l’aveva raggiunto accoccolandosi al suo fianco in silenzio e Genzo aveva immediatamente mosso il braccio per accoglierla contro di sé, lasciando che poggiasse il capo sul suo petto e gli circondasse i fianchi con un braccio, in una posizione in cui spesso si sistemavano, nei loro momenti di pace. Aveva inspirato profondamente il suo profumo delicato e l’aveva cullata, trattenendola a sé, quasi potesse aiutarla ad addormentarsi, lasciandosi alle spalle l’inquietudine che gli aveva mostrato poco prima, quando si erano lasciati sulla soglia della stanza da bagno.
Eppure … nonostante fosse tutto perfetto, Genzo avvertiva che un sottile filo di tensione fosse rimasto a trattenerla dal rilassarsi completamente; lo capiva dal dondolare ritmico della sua caviglia, che sembrava rimbalzare di continuo sull’altra, fermandosi qualche istante per poi riprendere, e lo leggeva nel moto inquieto del suo respiro che non era mai riuscito a legare al proprio, come invece accadeva di solito, quando si addormentavano abbracciati, cullandosi a vicenda.
Gli era parso che il tempo scorresse al contrario, mentre la notte scendeva sulla città, avvolgendo le sue spire in una presa salda su pensieri che parevano non voler sfumare, ma anzi si ostinavano a riportare tutto ad una irrequietudine sempre maggiore.
Ad un tratto, Genzo, preoccupato, sollevò il capo dal cuscino, cercando il suo viso e non si sorprese nel trovarla sveglia, con gli occhi stretti in due fessure, cupi e puntati sul cielo, pronti a muoversi per incrociare il suo sguardo. La vide tendere le labbra, ritrarle per morderle e poi sporgerle a cercare la sua pelle, in un lembo nascosto del torace; chiuse gli occhi, godendosi quel bacio che, nato come un soffio leggero, contatto dopo contatto, si accorse, diveniva più deciso, umido e insolente.
Genzo si mosse, aiutando Yuki a sollevarsi, perché si girasse, dandogli la schiena e permettendogli di chiuderla nel suo abbraccio, per poi chinarsi a cercare il suo collo. Sentiva ancora sulla pelle i suoi baci e avvertiva il desiderio di darle lo stesso piacevole tocco; colse la base del collo, una carezza leggera le sue labbra sulla pelle, trascinando piccoli baci fin sulla spalla e poi percorrendo quel cammino a ritroso per ritrovarsi appena sotto il suo orecchio. Avvertì chiaro il suo respiro spezzare il proprio ritmo, farsi appena più corto e soffiare tra le labbra, in un riflesso che ormai le conosceva e che raccontava di piacere improvviso. Sorrise, sulla sua pelle, piegando un ginocchio e accompagnando la sua gamba a piegarsi di rimando, quasi volesse che l’abbraccio fosse ancora più stretto, fino ad avvolgerla tutta, a prenderla dentro il suo stesso corpo, per proteggerla, custodirla e ripararla dalla notte e dai suoi cupi pensieri. Senza nemmeno pensarci, mosse la mano sul suo fianco, cercando la pelle sotto la maglia e poi risalendo, in un gesto sicuro, a cercare il suo seno, una carezza a raccoglierlo tutto, morbido al tatto e pungente nel suo silenzioso rispondere. Si fermò per un istante, il respiro lento d’un tratto accelerato, pensando ancora di potersi governare, perché quella non avrebbe dovuto essere una notte in cui perdere il controllo … Tutto il contrario: lui avrebbe voluto semplicemente farla rilassare, farle sentire quanto volesse starle vicino, sollevarla dal peso di quell’attesa che, ora dopo ora, sembrava farsi più logorante. La grande mano rimase ferma, insinuata tra pelle e cotone, e il tocco delle dita, leggero, si fece tranquillo, carezza calda, senza pretesa.
Un respiro, un altro e un altro ancora, sotto la sua mano, il corpo di Yuki, tuttavia, seguiva un ritmo che, invece di farsi più lento, pareva divenire ancora più serrato.
- Yuki … - la chiamò piano, sussurrando appena sulla sua spalla – Sono qui … - e venne sorpreso dal suo sollevarsi, tutto in un istante, girandosi nel suo abbraccio per puntargli gli occhi scurissimi addosso, stretti in due sottili fessure, profonde e scure come mai le aveva osservate. Riuscì ad intuire il gesto sfuggente con cui si inumidì le labbra, prima di muoversi ancora, sorprendendolo.
Sentì le sue braccia stringersi sulle spalle e le sue labbra raggiungerlo alla base del collo, e poi di nuovo quei baci tormentati e insinuanti che gli fecero trattenere il fiato, mentre le sue mani prendevano a muoversi, sempre più disordinate, percorrendo la sua spalla, il torace e il fianco. La lasciò fare, perché sapeva che il suo rimestare pensieri tortuosi non avrebbe potuto sfogarsi altrimenti, e cercò di inseguire il filo di quei gesti confusi sulla propria pelle, in un vortice che sembrava diventare sempre più forte, tanto da rischiare di trascinarli entrambi sempre più a fondo. Si sentì spingere e si girò, per distendersi con le spalle sul letto, e Yuki poté sollevarsi, sostenersi appoggiandosi al suo torace, mentre continuava a tormentarlo, i baci dapprima confusi che via via prendevano forma e diventavano più decisi, nei punti dove la sua pelle non poteva che reagire. La riconosceva, in quei baci pungenti e diretti, nella provocazione di ogni singolo tocco, nel desiderio nascosto in ogni pennellata che la sua lingua lasciava sulla pelle.
- Yuki … sono … - avrebbe voluto essere il richiamo gentile che le aveva rivolto solo poco prima, ma gli fu subito chiaro che non potesse esserlo, perché la voce aveva preso un graffio roco e le parole avevano stentato ad uscire, strette come erano fra i respiri sempre più serrati. Anche il suo sorriso teso sulla pelle sensibile del petto, si realizzò come una visione nella mente di Genzo, facendogli intuire quanto Yuki stesse tramutando il tormento in una energia torbida che avrebbe potuto deflagrare solo e soltanto insieme a lui.
Raccolse volontà ed energie per sollevarsi, sottrarsi a lei solo per accompagnarla a stendersi, quasi che la loro danza fosse questione di passi da condurre in un alternarsi continuo.
Il suo gemito di protesta gli diede forza e il suo sospiro, quando le labbra raggiunsero il suo seno, soddisfazione. I baci si fecero più vicini, un susseguirsi affamato e sempre più intenso che Genzo, in un moto di orgoglio, pensò di poter ancora fermare a proprio piacimento; eppure si sentì un idiota, quando avvertì la mano di Yuki posarsi sul suo capo, affondargli le dita tra i capelli e trattenerlo, lì, in quei baci che sapevano sempre più di perdizione e che quasi per sfida, presero a scivolare sempre più in basso, sulla pelle liscia, a cercare l’ombelico, disegnarne i contorni e poi fuggire, ancora più giù, in un cammino che stava per stava per raggiungere il suo scopo, quando fu interrotto da una stretta tra i capelli. Genzo, sorpreso, sollevò il capo, interdetto, e si trovò le mani di Yuki sul viso e lei che, sollevatasi a sedere, lo cercava, tirandolo a sé febbrile, per rubargli quei baci che lui aveva disperso sul suo corpo. Baci voraci, frettolosi, che sapevano di parole non dette e di attese che incutevano paura … Baci che temevano di essere gli ultimi e bramavano di essere solo i primi …
Si trovò ancora disteso e lei, che lo aveva spinto sul letto, gli stava sopra, fiera e forte, a baciarlo e morderlo, ripartendo proprio là dove lui l’aveva interrotta, e a riprendere il cammino che lei stessa gli aveva rubato. Con il fiato corto e la mente annebbiata dai respiri troppo ravvicinati, Genzo portò le mani agli occhi, mentre quella scia che non poteva fermare scendeva e scendeva ancora, e le mani di lei afferravano i boxer per strattonarli e trascinarli oltre i suoi fianchi, giù lungo le cosce.
Il pensiero di fermarla, in quell’istante, lo indusse a sollevarsi, per mettersi a sedere, ma il risultato fu la visione di lei con le ginocchia ai lati delle sue gambe, piegata sul suo ventre, con gli occhi puntati sul suo corpo nudo, sulla sua nuova sfida. Incontrare il suo sguardo, nell’attimo fugace in cui le sue labbra si piegarono in un sorriso famelico, fece inciampare il suo cuore; seguirla, mentre si chinava, le mani ad accarezzare là dove un istante dopo sentì le labbra, gli fece perdere il respiro.
Lei era ciò che aveva sempre desiderato e ciò che non avrebbe mai osato chiedere. Lei era il desiderio dell’anima che sapeva anche essere carne; era sentire il proprio respiro in un sibilo stretto tra le labbra, accorgersi di non avere fiato a sufficienza e perdere il lume ella ragione, mentre il piacere soverchiava ogni senso, lasciandolo in balia delle ondate che si infrangevano contro la roccia della residua volontà di resistere … Un universo di sensazioni risucchiate da un unico piacere che non era solo ciò che avvertiva su di sé, ma anche il rimando del pensiero stesso di ciò che stava accadendo, l’unica immagine che riusciva a scorgere e a visualizzare, benché avesse ancora gli occhi serrati, e che moltiplicava in un rimando infinito le sensazioni che provava dentro e fuori di sé.
Fu come uno strappo, il respiro forzato di cui si riempì il torace mentre si sollevava di nuovo a sedere, come riemerso da una apnea che lo aveva portato al limite, e afferrava Yuki per le spalle sollevandola da sé – Yuki, io … -
Di nuovo quello sguardo, un abisso nero, e il profilo pallido della sua pelle che si mostrava tutta nell’unico gesto con cui lei si sfilò la maglia; un istante per affondare nei suoi occhi e leggerne ogni intenzione, prima di intuire appena il movimento delle sue labbra – Adesso, Genzo. –
Adesso, aveva detto, e Genzo non aveva avuto dubbi su cosa avesse inteso, perché era chiaro a lui stesso di cosa avessero bisogno entrambi. Fece per parlare, ma le sue parole gli rubarono il tempo.
- Ho quello che serve. – decisa, la sua voce, mentre con un cenno gli indicava il comodino dall’altro lato del letto – Se è questo che ti rende … - e già si stava muovendo, per raggiungere il mobiletto, quando Genzo allungò un braccio per fermarla.
- Aspetta. – la chiamò e lei si girò a fissarlo, negli occhi il dubbio che nemmeno le precauzioni l’avrebbero reso tranquillo. Genzo si prese un istante, per deglutire e riordinare le idee in quel momento in cui tutto sembrava lontano dall’essere governabile.
- Anche io li ho comprati. – ammise traendo un profondo respiro, mentre si sporgeva ad aprire il cassetto del comodino, rimestando alla cieca nella cianfrusaglia fino in fondo allo scomparto per poi trarne fuori due scatolette e poggiarle sul letto – Ecco, io … -
- Due confezioni? – osservò Yuki senza nascondere il proprio stupore e bastò quel dettaglio a stemperare per un istante la tensione che li aveva fatti vibrare fino ad un attimo prima.
Genzo smosse le confezioni che nella penombra sembravano indistinguibili, cercando di scorgerne qualche differenza – No … è che … -
Yuki tese appena le labbra, una piega maliziosa a colorare il suo sorriso – Quindi? –
Finalmente Genzo riuscì ad afferrare una delle scatole per farla sparire nel comodino in una frazione di secondo; – Quell’idiota di Kaltz! – masticò nervoso – L’ha definito un regalino … ma sono improponibili! – esplose infine – Avrei dovuto buttarli all’istante! –
Yuki scosse il capo, lasciandosi sfuggire un risolino, ma poi tornò a fissarlo, facendosi più vicina e portando una mano alla sua guancia; rimase ad osservarlo ad un soffio dal suo viso e Genzo rimase in sospeso, di nuovo allacciato al suo sguardo. Le labbra presto a cercarsi, quasi non avessero mai smesso di farlo, e il desiderio di nuovo acceso, la fiamma viva ripresa là dove si era interrotta. Si concessero baci, si rubarono fiato fino a sentire di nuovo l’urgenza di andare oltre e quando si staccarono, non ci fu necessità di parlare. Yuki si allontanò appena, lasciando che una mano scivolasse sulle lenzuola recuperando la scatola per depositarla tra le sue mani e Genzo si trovò a forzare il sigillo e aprirne l’involucro con lo sguardo basso, fisso su quell’incarto che sembrava luccicare sotto il riflesso del cielo. Estrasse una bustina, rigirandola tra le dita, e cercò di aprirla; uno, due tentativi, senza successo, mentre con la coda dell’occhio scorgeva il gesto lento con cui lei si sfilava la biancheria e le dita non facevano altro che tremare. Chiuse gli occhi, inspirando per un paio di volte, mentre le dita sembravano incapaci di essere efficaci e la bustina scivolò tra le ginocchia.
In quel momento, avvertì il calore di Yuki avvolgerlo in un abbraccio, mentre le sue labbra tornavano a cercargli il collo, e fu sufficiente riconoscere il contatto del suo corpo nudo, sentire le sue forme sulla pelle, premute sulla schiena, per accendere la scintilla che lo fece agire.
Pescò la bustina e se la portò alle labbra, fermandola tra gli incisivi per strapparla in un unico gesto secco; le labbra si dischiusero in un sorriso in bilico tra il piacere dei baci che dal collo scendevano lenti lungo la schiena e il pensiero che niente, ormai, potesse fermare l’onda che li stava per travolgere. Chino su se stesso, Genzo rigirò tra le dita il preservativo, un’altalena il piacere che tornava a tormentarlo mentre cercava di essere lucido almeno il necessario per prepararsi, e poi riuscì a concentrarsi abbastanza e si mosse, sforzandosi di infilarselo nel migliore dei modi, srotolandolo lentamente sulla pelle.
Sollevò il capo, prendendo fiato – Eccomi … ho … ho fatto. – e già lei si era mossa, agile attorno al suo corpo, per tornargli di fronte, senza nemmeno lasciargli il tempo di rendersene conto. Di nuovo su di lui, china sul suo corpo, là dove si era interrotta, tanto decisa da non lasciargli scampo nel colpirlo di nuovo, nell’accendere in un istante il fuoco e farlo montare di nuovo in fiamme sempre più intense, spezzandogli ancora e ancora il respiro.
Genzo ne ebbe certezza: non si sarebbe fermata, questa volta, se non per andare oltre; e allora, di nuovo, trovò la forza di intervenire, di sollevarla e di accompagnarla a distendersi sul letto, sovrastandola e osservando in adorazione ogni sfumatura della sua pelle. Si prese le sue labbra, mentre insinuava le ginocchia tra le sue, e scese sul suo collo, ancora, mentre si adagiava sul suo corpo, lento come stesse compiendo un rito, ma deciso e accompagnato dalle sue carezze che vagavano sulla schiena e scendevano, sfiorando i lombi e premendo impazienti, perché non attendesse oltre.
Riconoscere il suo corpo, in quel segreto che lo attendeva, e insinuarsi alla soglia di ciò che ancora li divideva, gli diede per un istante la percezione di quanto lei lo desiderasse davvero. Era impossibile non percepirlo … nei movimenti leggeri dei suoi fianchi che sembravano cercarlo, nella stretta della mani sulle braccia, con cui sembrava aggrapparsi a lui, quasi temesse di poter volare via, e nel ritmo serrato dei suoi respiri che incalzavano e inciampavano uno sull’altro, in una attesa che avrebbe presto trovato il suo compimento. Genzo rimase ad osservarla, incantato, sotto di sé; con il capo rovesciato all’indietro, sul cuscino, le labbra dischiuse e gli occhi stretti, il corpo teso e il seno che danzava al ritmo dei suoi respiri: tutto, di lei, lo chiamava e accendeva nel suo corpo un desiderio sempre più forte e indomabile, che, per un istante, lo tenne immobile.
- Hai … hai paura? – la voce di Yuki lo riscosse e, insieme, lo commosse quasi.
- Io? Io … io ho paura di perderti. – eccolo il suo timore più segreto, sfuggito nel momento più critico, quando tutte le sue difese erano ormai crollate – Ho paura, sì. Ho paura di lasciare un segno che un giorno non vorrai portare su di te. – Le sue stesse parole lo sorpresero e, in un certo senso, lo fecero sentire più leggero, libero di un peso che forse portava dentro di sé senza nemmeno rendersene conto; quello stesso peso che lo aveva fermato negli ultimi tempi …
Sotto di sé, Genzo intuì il lungo sospiro di Yuki – Il segno l’hai lasciato ormai da tempo, Genzo, ed è qualcosa che non potrò certo separare da me, … e quanto a perdermi, l’unico modo che avrai di perdermi, sarà lasciarmi. –
La sua voce roca rivelò quanta fatica le fossero costate quelle poche parole e quanto vere fossero; il senso, prima ancora del suono, fu chiaro a Genzo nel momento stesso in cui lei aveva iniziato a pronunciarle, mentre le mani risalivano lungo la sua schiena e le dita, leggere, scendevano poi lungo le vertebre, procurandogli una profonda scossa di piacere. Per un attimo, pensò a quanto fosse folle quello che stava per fare, ma quel pensiero fu completamente spazzato via dal piacere intenso che risalì dal suo ventre quando avvertì Yuki muoversi ancora sotto di lui e il contatto tra loro farsi più caldo. Allora, solo allora, ebbe la certezza che nessuno dei due potesse più attendere e chinandosi su di lei mosse i fianchi lento e inesorabile come il destino che li aveva avvicinati e come quello che avrebbe sfidato, per rimanere con lei, mentre sulle sue labbra lasciava la promessa che ormai non poteva più trattenere.
- Ti … ti amo, Yuki. -


Angolo dell'autrice: approfitto del fatto che siamo a fine anno per anticipare la pubblicazione di questo capitolo lungo e, credo, atteso da chi segue la storia. Una specie di regalo da parte mia, che accompagna i miei migliori auguri perchè ci possiamo lasciare alle spalle il 2020 con un po' di serenità.
Un abbraccio a chi legge, segue, preferisce e ricorda questa storia. Grazie a tutti
Maddy
  
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