Giorno
4 e 18 ottobre
Scritta
tra le 23.00 le 2.00 di
notte, visto che a Capodanno non avevo
nulla da fare MA spero di aver riletto abbastanza bene da aver evitato
strafalcioni penosi o sintassi mandate a passeggiatrici notturne.
Volutamente
criptico perché sì. I fatti narrati sono
liberamente ispirati a La Calaca de
Azucar ma sono frutto della mia fantasia fumata dall’alcool
dello spumante –
quindi le illazioni su Thomas e fratellino sono solo mie, in attesa di
scoprire
di più su di loro nei futuri volumi. La colpa di questa
storia è del bellissimo
disegno che Kokoro e Lelecat (gli autori) hanno postato oggi sui loro
social facebook
e instagram. Roba che mi scioglie el corazon ma poi mi spinge a
scrivere
boiate.
Il
titolo del capitolo è legato
ai due prompt del goretober che, come vedete, sto compilando con
moooooolta
calma. Magari sarà completato nell’ottobre del
2021, chissà.
Carne e macchina + lasciarti in sospeso
A
Thomas la vita ad Esqueleto
piaceva, nonostante tutto. Si trovava in una gabbia? Sì:
come tutti, non poteva
uscire dalla città. Era costantemente sorvegliato dalle calacas di zucchero stregate di Emanuel?
Sì, come tutti gli
abitanti del resto. Era costretto a un codice di condotta non scritto
che
rasentava l’omertà? Sì, ma seguirlo non
gli era mai particolarmente pesato. Era
maledetto? Sì, come del resto tutti quelli (e solo
quelli) che erano incappati in Emanuel e non in Alejandro la
prima volta che avevano messo piede a Esqueleto. E,
fatalità, si trattava di
coloro che dovevano essere, in un certo senso, persuasi
ad accettare il sopra citato codice di condotta.
In
fondo, a Thomas bastava ciò
che aveva. Era più di quello che aveva avuto prima di
arrivare a Esqueleto,
quando era solo un signor nessuno che si lasciava pestare da un
omuncolo che
credeva di amare e che – ora lo
sapeva
– non valeva quanto una sua unghia. Thomas aveva un lavoro
che amava, una
famiglia che amava, e comunque molta più libertà
rispetto a quella che aveva
avuto molto tempo prima, quando era
morto. Beh, non proprio morto. Gli
dei aztechi non muoiono come gli umani, semplicemente cambiano.
Ora
viveva con Mattew e con
Franklin e non gli importava di vivere una vita sospesa in una bolla,
in attesa
di ciò che sarebbe dovuto accadere.
Perché
qualcosa sarebbe accaduto, lo
sapeva.
Come avrebbe potuto ignorarlo, proprio lui che era stato il Sole
personificato?
Uno splendido ingranaggio di una macchina perfetta, il mondo del Quinto
Sole
creato dagli dei. Una macchina, nutrita a carne e sangue, ma con
obsolescenza
programmata. Thomas, in verità, temeva il grande cambiamento
che si sarebbe
verificato a seguito di questa obsolescenza programmata, ma sapeva
anche che
Franklin e Mattew sarebbero stati con lui anche dopo,
e che nessuno sarebbe morto
di nuovo, per questo motivo non era rimasto per nulla turbato
quando Mordecai
era arrivato a Esqueleto. Il suo arrivo aveva dato il via a un conto
alla
rovescia di cui il ragazzo era completamente all’oscuro. Solo
le prove di
Emanuel scandivano quel conteggio, e Mordecai non lo sospettava
nemmeno.
Tic..tac…tic…tac…
era ironico che
il medaglione di Emanuel fosse stato trasfigurato proprio in un
orologio,
chissà se Balthazar lo aveva scelto apposta? Conoscendolo,
ne sarebbe stato
proprio capace.
Il
codice di condotta gli vietava di
mettere Mordecai al corrente
della situazione, e una parte di Thomas avrebbe voluto farlo.
Probabilmente, Mordecai
avrebbe voluto essere avvertito… probabilmente, Mordecai
avrebbe fatto tutto
ciò che era in suo potere per evitare ciò che
sarebbe dovuto accadere. Ma… perché
agitare il biondo prima del tempo? Era meglio lasciarlo nella beata
ignoranza.
Era
stato Quetzalcoatl a ucciderlo
e Nanauatzin lo conosceva abbastanza da sapere che il fardello di
quell’azione era
pesato enormemente sul suo spirito. Perché fargli venire in
mente brutti
ricordi prima del tempo? Non gli aveva serbato alcun rancore, anzi, era
stato Nanauatzin
stesso a offrirsi di buon grado al posto di suo fratello, destinato al
sacrificio. Che poi Tecciztecatl fosse finito nella sua stessa pira
dopo di lui
era stato ininfluente… Comunque,
Tecciztecatl
non l’aveva presa bene. Il suo attuale atteggiamento nei
confronti di Mordecai
faceva pensare che non l’avesse ancora del tutto superata.
Però… beh, si doveva
pur creare, sto benedetto sole.
Ad
essere onesto, Thomas era
stato felice di rivedere Mordecai, e soprattutto di saperlo in salute,
sereno,
un bravo ragazzo. Sapeva che era orfano ma sembrava che la vita non
fosse stata
troppo severa con lui.
Era
da tanto tempo che Thomas non
passava un Capodanno così felice. Non voleva sembrare
ingiusto, o ingrato, ma
quello che aveva appena trascorso era stato forse il migliore degli
ultimi
anni, ad Esqueleto. C’era stata la festa organizzata al Pavo
de Corral come
tutti gli anni, c’erano stati i soliti battibecchi tra
Franklin e Mattie, c’era
la solita gente. Ci si divertiva come ogni anno, ma questo era diverso,
anche
se sembrava essere tutto come al solito. Sembrava.
Il giovane padrone del locale guardava Mordecai che teneva un
bastoncino di
stelline scintillanti in una mano e la flûte di spumante
nell’altra mentre
brindava all’anno nuovo con i suoi fratelli e con Misia
più sexy che mai nel
suo abitino nero (Lesath era un uomo fortunato). Persino Emanuel,
seppur
scostante come sempre, sembrava più… sereno?
Comunque, la sua presenza sembrava
essere meno opprimente del solito. Thomas avrebbe potuto andare lo
stesso in
paranoia visto che Emanuel, di solito, disertava le feste del Pavo, ma
quella sua
espressione di serenità così insolita lo aveva
rasserenato: forse non ci
sarebbero state sfide, per Mordecai, quella notte.
A
Thomas piaceva vedere Mordecai
sorridere. Gli erano mancati molto, i suoi sorrisi, e Thomas sperava
che non
sarebbero andati perduti di nuovo.
Thomas
si stava godendo da spettatore quei sorrisi: era la serenità
di Mordecai ad
aver reso speciale quel Capodanno.
Chiaramente
influenzava parecchio
il fatto che, quasi sicuramente, quello sarebbe stato il loro ultimo
Capodanno
e, si sa, le cose vengono apprezzate molto di più quando sai
di essere sul
punto di perderle. Finalmente, la vita a Esqueleto non era
più sospesa in una
bolla. Non tutti lo sapevano, e forse, era meglio così.
Mictlancihuatl,
una volta, aveva
detto che il peggior difetto delle divinità era quello di
non saper tollerare il
cambiamento. Nanauatzin non vedeva l’ora di scoprire se fosse
davvero così.