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Autore: Soly_D    01/01/2021    9 recensioni
7 flashfics su 7 coppie diverse dedicate ad alcune delle mie autrici e lettrici preferite, tutte legate da un unico filo conduttore: la tradizione giapponese di osservare la prima aurora dell'anno.
♥ Natsu/Lucy [a Cri cri e The Rosablue91]
♥ Gray/Juvia [a lestoargento]
♥ Gajeel/Levy [a Zomi]
♥ Luxus/Freed [a Angie_Dreyar]
♥ Gerard/Erza [a Black Nana]
♥ Sting/Yukino [a ___Page]
♥ Rogue/Minerva [a Sissi1978]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Fried/Laxus, Gerard/Erza, Gray/Juvia, Natsu/Lucy, Rogue/Minerva
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice
7 flashfics su 7 coppie diverse dedicate ad alcune delle mie autrici e lettrici preferite, tutte legate da un unico filo conduttore: la tradizione giapponese di osservare la prima aurora dell'anno.
Grazie a chi leggerà e vorrà lasciare un segno del proprio passaggio <3



Hatsuhinode (初日の出) – La prima aurora dell’anno


Natsu/Lucy
[A Cri cri, per ringraziarla delle sue bellissime NaLu, e a The Rosablue91, per ringraziarla di recensire costantemente le mie storie]

«Guarda, Natsu, è l’aurora! La prima aurora dell’anno!», disse Lucy emozionata, gli occhi lucidi fissi sull’orizzonte che irradiava luce dorata in ogni direzione.
Era stato lui stesso ad insistere per salire su quella collina e godere più da vicino dello spettacolo della prima aurora. Tuttavia, steso con il corpo sull’erba fresca e la testa poggiata sulle cosce di Lucy, Natsu preferiva ora godere di un altro spettacolo, quello del volto della maga che lo sovrastava (e del petto florido trattenuto a stento dalla stoffa del kimono rosa, ma a quello Natsu cercava di non pensarci).
L’aveva sempre trovata bella, Lucy, ma il modo in cui la luce dell’aurora delineava e accarezzava i suoi lineamenti delicati, accentuati dal trucco leggero, gli stava davvero suscitando emozioni e parole nuove che faticava a tenersi dentro. Guardò un attimo Happy accoccolato ai suoi piedi, giusto per assicurarsi che fosse davvero addormentato come sembrava, e poi rivolse nuovamente la sua completa attenzione alla maga.
«Ohi, Lucy».
«Mmh?», rispose distrattamente Lucy, ancora assuefatta dal panorama.
Natsu sollevò una mano e le sfiorò una guancia con le dita, poco vicino alle labbra. «Me lo dai un bacio?».
«...Eh?». Finalmente Lucy abbassò gli occhi su di lui e Natsu sentì chiaramente la guancia della maga scaldarsi a contatto con i suoi polpastrelli.
«Un bacio», ripeté con più convinzione. «Voglio un bacio da te, come quelli che si danno Gajeel e Levy quando credono che non li stia guardando nessuno».
Lucy sbatté le palpebre visibilmente sconcertata. «C-così, di punto in bianco?».
«Che male ci sarebbe?». Natsu le sorrise cercando di metterla maggiormente a suo agio (e di non essere colpito in pieno volto per quella richiesta così insolita). «È il primo giorno dell’anno, stiamo guardando la prima aurora dell’anno, allora perché non darci il primo bacio dell’anno?».
Lucy sgranò impercettibilmente gli occhi. «Vuoi dire che a questo bacio… potrebbero seguirne altri?».
«Sì, se lo vorrai».
Lucy finalmente gli sorrise di rimando, un sorriso che a Natsu parve perfino più luminoso dell’aurora stessa.
«Allora si può fare», concluse la maga chinando il volto su di lui. Le sue ciocche bionde gli solleticarono la pelle del volto e le sue labbra si poggiarono sulle proprie in un bacio tanto leggero e veloce che, quando Lucy si staccò, Natsu si chiese se fosse accaduto sul serio, se per caso non lo avesse solo sognato. Quel contatto fin troppo breve gli piacque talmente tanto e allo stesso tempo lo lasciò con un tale amaro in bocca che l’attimo dopo non ci pensò due volte a sollevarsi con tutto il busto e a catturare nuovamente le labbra morbide di Lucy imprimendo in quel bacio la forza dei sentimenti che da qualche tempo sentiva di provare per lei. Prima ancora che potessero accorgersene, finirono stesi sul prato l’uno sopra l’altro con le bocche incollate e le mani unite, inondati dalla luce dorata di quella prima aurora che era stata capace di condurli lì dove non erano mai arrivati nel corso degli anni.
«Si amano~», mormorò Happy rigirandosi nel sonno.



Gray/Juvia
[A lestoargento, per ringraziarla delle sue recensioni e perché si merita più Gruvia]

«Grazie di essere venuto qui con Juvia, Gray-sama!», squittì la maga contenta quando arrivarono in cima alla collina. «Juvia ha sempre sognato di poter assistere alla prima aurora dell’anno con l’amore della sua vita!».
Gray sospirò sedendosi sul prato fresco, mentre Juvia faceva la stessa cosa accanto a lui. Perché a lei riusciva così semplice esternare i propri sentimenti? Perché invece lui, quando si trattava di cose del genere, faticava terribilmente a mettere insieme due parole che non fossero borbottii e che avessero un minimo di senso?
«Non è romantico, Gray-sama?», commentò Juvia cingendogli un braccio e poggiando la testa sulla sua spalla con lo sguardo sognante rivolto verso l’orizzonte.
«Mh-mh», si limitò a rispondere Gray. In realtà no, non ci trovava nulla di particolarmente romantico (o meglio, non aveva ancora ben chiaro cosa fosse romantico e cosa no), ma la presenza di Juvia al suo fianco era comunque estremamente piacevole. Si limitò a poggiare la tempia su quella della maga, un incastro comodo e perfetto che nessuno dei due si sentì di interrompere per svariati minuti.
Quando l’aurora giunse quasi al termine, Gray trovò finalmente il coraggio di porre a Juvia la domanda che lo perseguitava da tutta la sera.
«Juvia», sussurrò spezzando nuovamente il silenzio.
«Sì?».
«Vorresti... vorresti iniziare questo nuovo anno con me?».
Juvia sollevò la testa dalla sua spalla per guardarlo negli occhi con un cipiglio perplesso. «Gray-sama, Juvia inizia e finisce ogni anno con te», gli fece notare piuttosto candidamente, il che era vero. Da quando si conoscevano, non c’era stato un Capodanno che non avessero passato insieme.
«Intendo...». Gray a quel punto si sentì arrossire. «Intendo come qualcosa di più di due semplici amici».
Juvia sgranò gli occhi improvvisamente lucidi e le sue guance assunsero il colore delle mele mature. «Gray-sama, tu...».
Gray non ebbe il tempo di dire o fare altro perché Juvia gli saltò letteralmente al collo baciandolo sulle labbra con una tale intensità che Gray, ricadendo all’indietro sul prato e trascinando la maga con sé, rimpianse di non essersi dichiarato prima.
«Sì, Gray-sama, Juvia vuole iniziare questo nuovo anno con te», gli soffiò Juvia direttamente sulle labbra quando si staccarono per riprendere fiato.
«Ottimo, perché ora Gray-sama ha intenzione di recuperare tutti gli anni persi», concluse Gray coraggiosamente, poco prima di riacciuffare le labbra della maga piegate in un dolcissimo sorriso e stringerla tutta in un caldo abbraccio.



Gajeel/Levy
[A Zomi, per ringraziarla di recensire le mie storie quando nessun altro lo fa e di condividere con me i feels per coppie e manga vari]

«Sicura di stare bene?».
«Sì».
«Se vuoi possiamo tornare a casa».
«No, Gajeel, sto bene, davvero».
Se ne stavano stesi per terra sulla collina l’uno abbracciato all’altro con una coperta sotto di loro e un’altra coperta sopra di loro, perché Gajeel non voleva che Levy e i marmocchi prendessero freddo.
«Se non ti senti comoda, possiamo benissimo cambiare posizion–»
«Gajeel, sono incinta, non malata».
Il Dragon Slayer a quel punto si zittì, gli occhi fissi sulla collinetta di coperta in corrispondenza del pancione di Levy. «Dici che ci sentono?», le chiese d’istinto, dandosi dello stupido subito dopo.
«Forse sì». Levy allontanò la coperta e si portò una mano al pancione testandolo delicatamente in più punti da sopra la stoffa aranciata del kimono. Illuminato dalla luce dorata della prima aurora dell’anno, sembrava ancora più grosso e rotondo del solito. «A volte, quando parliamo, li sento muoversi. Oh, eccoli! Proprio adesso, qui!».
Levy gli afferrò di scatto la mano conducendola sul pancione e Gajeel avvertì effettivamente qualcosa, molto più di qualcosa in realtà: una sorta di onda, piccola ma piuttosto turbolenta. Era forse una manina? Un piedino? E da quando lui pensava per diminutivi? Quei due marmocchi lo stavano già facendo rammollire, eppure la cosa non gli dispiaceva affatto.
«Hai sentito, Gajeel?», gli chiese Levy commossa.
«Se sono già così vivaci lì dentro, non oso immaginare quando usciranno fuori».
Levy ridacchiò lasciandogli la mano e coprendosi nuovamente con la coperta. «Ti ci vedo proprio a corrergli dietro per tutta la gilda».
Gajeel avrebbe voluto ribattere, dirle che lui non avrebbe rincorso proprio nessuno, che i suoi marmocchi sarebbero stati liberi di scorrazzare, sbagliare e imparare esattamente come aveva fatto lui, ma la domanda che lo tormentava da mesi tornò a rimbombargli nella mente bloccandogli la voce in gola.
«Non ci provare», lo ammonì Levy, come se gli avesse appena letto nei pensieri. «Non dubitare nemmeno per un momento del fatto che sarai un bravo papà. Perché tu lo sarai, Gajeel».
Il Dragon Slayer sussultò e quelle parole ebbero davvero il potere di confortarlo, o almeno per il momento. «Se lo dici tu, gamberetto, allora voglio crederci». A quel punto voltò il viso di lato e cercò le labbra di Levy che si schiusero felicemente nelle sue.
«E io? Sarò un bravo zietto?», si intromise a quel punto Lily, poco distante da loro, più per prendere in giro l’insolita dolcezza di Gajeel che per altro. Il Dragon Slayer, di fatti, colse al volo l’ironia del commento e gli gettò un’occhiataccia da sopra la testa di Levy.
«Ma certo, Lily, sarai lo zio migliore del mondo», rispose la maga, e Lily nonostante tutto si ritrovò ad arrossire.
Erano proprio una bella famiglia.



Luxus/Freed
[A Angie_Dreyar, per ringraziarla delle sue bellissime storie su questa coppia che mi sta facendo amare]

«Non avresti dovuto scomodarti per me», gli disse Freed quando i primi raggi dell’aurora cominciarono a illuminare i loro volti.
Luxus, seduto a gambe incrociate accanto a lui, sapeva benissimo che quello non era un rimprovero (Freed non lo rimproverava mai), ma solo una dimostrazione di quanto si sentisse in colpa di essere stato accompagnato in cima alla collina per un motivo apparentemente così futile.
«Sì che dovevo», ribatté Luxus. «Hai detto che ci tenevi a guardare la prima aurora dell’anno. E considerando che ora Evergreen è sempre impegnata con Elfman e che Bickslow, per qualche assurdo motivo, ha invitato Lisanna, tu non avresti avuto nessun altro all’infuori di me con cui venire qui». 
Si rese conto troppo tardi di quanto quelle parole avrebbero potuto essere fraintese. Ciò che intendeva dire era che Freed era libero di godersi quel momento con chi gli pareva, ma se apprezzava la sua compagnia (che poi era effettivamente l’unica rimastagli) allora a lui faceva piacere offrirgliela. Tuttavia, come al solito, le parole non erano il suo forte.
Di fatti, Freed si voltò verso di lui con un’espressione tremendamente delusa. «Quindi mi hai accompagnato solo perché ti dispiaceva?».
«Ti ho accompagnato perché mi andava di farlo», chiarì Luxus, forse un po’ più scorbutico di quanto avrebbe voluto apparire.
Freed, nonostante ciò, sorrise visibilmente sollevato e poi tornò a guardare l’aurora davanti a sé. Luxus invece no: lui si soffermò per qualche attimo sul profilo di Freed, attirato dal modo in cui la luce dorata faceva apparire il suo occhio ancora più azzurro e i suoi capelli ancora più lucidi. Luxus pensò per la prima volta che Freed fosse piuttosto bello, non bello come Mirajane, Cana o Erza, ma di una bellezza diversa eppure non meno invidiabile.
Freed doveva essersi accorto del fatto che lo stesse fissando perché di colpo ruotò la testa verso di lui.
«C-che c’è?», chiese con le gote rosse dall’imbarazzo.
«Niente». A quel punto Luxus si costrinse ad osservare l’aurora nonostante preferisse di gran lunga il volto di Freed e per svariati minuti rimasero completamente in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri.
Più tardi, quando si sollevò un soffio d’aria più gelida, Luxus notò Freed rabbrividire.
«Avresti dovuto metterti qualcosa di più pesante», lo ammonì.
Freed incrociò le braccia al petto e si strinse nelle spalle come per darsi calore. «Hai ragione».
«Vuoi il mio cappotto?», gli venne spontaneo chiedergli.
«Ma così avresti freddo tu».
Luxus dovette ammettere che Freed aveva ragione. Gli dispiaceva vederlo gelare ma allo stesso tempo l’idea di gelare in prima persona non lo allettava particolarmente. Di colpo gli venne in mente una soluzione, imbarazzante, certo, ma forse l’unica possibile.
«Se ti fai più vicino, possiamo starci dentro entrambi».
«Ne sei sicuro?». L’occhio di Freed, quello non oscurato dai capelli, si spalancò di colpo e le sue guance si imporporarono nuovamente.
Luxus sbuffò sollevandosi il pesante cappotto dalle spalle. «Muoviti prima che cambi idea».
Freed non se lo fece ripetere due volte. Quando Luxus se lo ritrovò praticamente incollato al fianco, braccio contro braccio, ginocchio contro ginocchio, gli poggiò un’estremità del cappotto sulle spalle e Freed si occupò prontamente di tirare e sistemare la propria parte.
«Grazie, si sta bene», ammise il mago delle rune facendosi piccolo piccolo nel cappotto, forse per beneficiare maggiormente del suo calore, forse per paura di dargli fastidio. Ma quale fastidio avrebbe potuto dargli, Freed, con la sua presenza sempre così discreta e per nulla ingombrante? Quale fastidio avrebbe potuto dargli il profumo delicato dei suoi capelli proprio sotto le narici?
«È vero, si sta bene», concordò Luxus, pensando in cuor suo che non era il cappotto abbastanza grande per tutti e due a farli stare così bene bensì quell’insolita quanto piacevole vicinanza che sperava potesse durare il più a lungo possibile.



Gerard/Erza
[A Black Nana, per ringraziarla delle sue bellissime e dettagliate recensioni]

Seduta in cima alla collina con le gambe piegate al petto e il mento poggiato sulle ginocchia, Erza osservava la prima aurora dell’anno da sola. Cana e Mirajane le avevano proposto di andarci tutte insieme, ma Erza aveva declinato gentilmente l’invito fingendo di avere sonno e di voler andare a dormire al più presto. In verità, qualcosa le diceva che se si fosse recata su quella collina da sola il nuovo anno sarebbe cominciato nel migliore dei modi.
Di fatti, come accadeva praticamente in ogni giorno di festa, Gerard la raggiunse silenziosamente da dietro. Il suo passo era sempre così felpato che avrebbe potuto passare inosservato a chiunque ma non a lei. Non a lei che aveva trascorso un vita intera ad allenare al massimo i propri sensi, non a lei che lo aspettava ogni volta con malcelata impazienza.
«Smetteremo mai di perderci e ritrovarci in questo modo, Gerard?»,
Il mago uscì finalmente allo scoperto giungendo con pochi passi alla sua sinistra. «Erza...», sussurrò con tono di voce amareggiato, senza aggiungere altro.
In realtà Erza conosceva già la risposta a quella domanda. Sì, forse un giorno avrebbero smesso di rincorrersi da lontano e si sarebbero fermati l’uno tra le braccia dell’altro, decidendo di lasciare da parte il passato e concentrarsi sul futuro, un futuro insieme, magari perfino una famiglia insieme, la stessa famiglia che nessuno dei due aveva mai avuto. Tuttavia, quel giorno era ancora lontano, un po’ perché lui non era ancora disposto a perdonarsi le proprie colpe, un po’ perché lei faticava ancora ad abbandonare la pesante armatura in favore di altro.
«Va bene così», chiarì Erza, gli occhi ancora fissi sull’orizzonte. Solo quando Gerard si sedette accanto a lei, Erza si concesse di guardarlo in volto. Risaltato dalla luce dell’aurora, il tatuaggio che gli attraversava il lato destro del viso sembrava brillare di luce propria.
«Continueremo ad aspettarci fino ad allora, Erza?», stavolta fu il turno di Gerard. Le domande retoriche erano proprio il loro forte.
«Io e te saremmo in grado di aspettarci anche tutta la vita, Gerard». Erza tornò a guardare davanti a sé. «Ma ora godiamoci questa prima aurora insieme».
A Gerard quella risposta doveva essere piaciuta particolarmente perché di colpo Erza si ritrovò stretta a lui, con la guancia poggiata contro il suo petto, il suo braccio sulle spalle e le sue labbra premute sulla fronte in un soffice bacio.
Erza sorrise un po’ accaldata. Forse quel fatidico giorno, il giorno in cui avrebbero potuto stare insieme senza alcuna riserva, non era poi così lontano.



Sting/Yukino
[A ___Page, perché, nonostante non fangirliamo più insieme su questa coppia, ogni volta che scrivo su di loro penso a lei]

«Yukino, Lector», proruppe Sting, il mento poggiato sul caschetto bianco della maga e il volto illuminato dalla luce tenue della prima aurora dell’anno che sorgeva di fronte a loro. «Buon anno nuovo».
Lector fece per aprire bocca, ma si interruppe subito perché sovrastato dalla voce di Yukino.
«Sono incinta».
«C-cosa?».
«C-cosa?».
Il primo cosa era di Sting, il secondo cosa era di Lector.
«Ho detto…». Yukino, seduta tra le gambe aperte di Sting con la schiena poggiata al suo petto, ruotò un po’ la testa per guardarlo negli occhi, le labbra piegate in un dolcissimo sorriso. «…che sono incinta».
Per un attimo Sting si sentì svenire, ma cercò di mantenere i nervi saldi. Com’era potuto succedere? Ah, sì. Quella volta che alla gilda si erano entrambi ubriacati talmente tanto da spogliarsi ancora prima di raggiungere la loro stanza da letto. O magari quella volta che Yukino aveva preso l’iniziativa e gli era salita a cavalcioni con una tale malizia nello sguardo e nelle parole da stroncare definitivamente il suo già labile autocontrollo. O forse quella volta che… Be’, erano tante le volte.
«Incinta incinta? Ne sei sicura?».
Yukino roteò gli occhi esasperata. «Ieri sono stata da Polyushka di Fairy Tail perché mi sono accorta di avere un ritardo e lei me l’ha confermato».
«A-allora è vero», concluse Sting ingoiando a vuoto.
Un bambino. Lui, che a stento faticava a badare a se stesso e a Lector, avrebbe avuto un bambino. Che fine gli avrebbe fatto fare? Probabilmente un giorno o l’altro gli sarebbe sfuggito dalle braccia cadendo per terra e facendosi male. O peggio ancora, Sting si sarebbe dimenticato di lui da qualche parte e lo avrebbe perso.
«Oh, insomma!», sbottò Yukino aggrottando la fronte. «Sei felice o no?».
«Certo che sono felice». Sting si sforzò di sorridere. «È solo che… temo che non sarò un padre esemplare».
«Sting-sama». Yukino si rigirò nell’abbraccio fino a voltarsi per metà verso di lui, così da stringergli il volto con entrambe le mani. «Ti occupi ogni giorno di un’intera gilda di maghi rumorosi e combinaguai, figuriamoci se non sei in grado di occuparti di un cosino minuscolo come questo».
Sting avrebbe voluto ribattere che era totalmente diverso, ma poi Yukino poggiò le labbra sulle sue e gli afferrò le mani per portarsele sul ventre. Naturalmente Sting non sentì nulla – era decisamente troppo presto sia per avvertire un accenno di rigonfiamento sia per captare un qualche tipo di movimento – ma bastò quel semplice gesto a fargli immaginare quanto sarebbe stato bello stringere tra le braccia il frutto del suo amore per Yukino, poterlo coccolare e viziare, potergli insegnare tutto ciò che sapeva dall’importanza dei legami alle tecniche di combattimento.
«Saremo genitori!», esclamò di colpo, stritolando Yukino in un abbraccio fortissimo.
«E io avrò un fratellino!», annunciò invece Lector entusiasta dopo essere rimasto in silenzio fino a quel momento.
Yukino sorrise riprendendo l’augurio iniziale di Sting. «Buon anno a noi».



Rogue/Minerva
[A Sissi1978, per il continuo supporto e le bellissime recensioni]

«Cosa siamo noi, milady?».
Da dove avesse tirato fuori il coraggio di porre a Minerva quella domanda in un momento del genere, con i raggi della prima aurora dell’anno a illuminare i loro volti pallidi, Rogue proprio non lo sapeva. Menomale che Frosch dormiva beato accanto a lui…
«Siamo maghi di Sabertooth, naturalmente», rispose Minerva stendendo avanti le lunghe gambe coperte dal kimono blu e sporgendo il busto indietro con le mani poggiate sul prato ai lati della vita.
«Cosa siamo noi due», specificò Rogue nascondendo l’imbarazzo dietro il ciuffo di capelli neri.
Finalmente Minerva ruotò la testa per guardarlo in volto e a Rogue non sfuggì il suo sorriso malizioso, quello stesso sorriso che l’aveva fatto cadere ai suoi piedi (e nel suo letto).
«Siamo tutto quello che vogliamo essere, Rogue».
Enigmatica come suo solito, ma in fondo era per quello che a Rogue era sempre piaciuta. Era per quello che lentamente, passo dopo passo, bacio dopo bacio, si era irrimediabilmente innamorato di lei.
«E se volessimo essere… compagni di vita?». La parola “fidanzati” gli era sempre parsa piuttosto vaga e priva di un significato profondo. “Compagni di vita” era decisamente molto meglio ed esprimeva perfettamente ciò che desiderava da lei.
«Be’, sarebbe un grosso problema», cominciò Minerva portandosi un indice alle labbra con aria profondamente riflessiva, e Rogue sentì chiaramente un doloroso crack al cuore, perché se Minerva lo reputava un problema significava che non ricambiava i suoi sentimenti e che aveva appena respinto la sua velata dichiarazione. 
«Se decidessimo di diventare compagni di vita, dovremmo andare a vivere insieme, il che implicherebbe un sacco di spese: per noi, per la casa e per eventuali… bambini. Inoltre, io avrei costantemente a che fare con il tuo carattere schivo e silenzioso, tu con i miei sbalzi d’umore. Probabilmente litigheremmo un giorno sì e l’altro pure, magari per motivi stupidi, magari perché tu dimentichi di comprare il latte o perché io cucino da schifo. Dopo un po’ di anni, la sera arriveremmo a letto così stanchi da non avere nemmeno le forze di darci un bacio e la nostra vita sessuale peggiorerebbe drasticamente. Invecchieremmo insieme, soli e malati, e probabilmente ci seppellirebbero l’uno accanto all’altro».
«Un grosso problema», concordò Rogue serrando tanto le mascelle quanto i pugni. Avrebbe voluto sparire, sotterrarsi magari, svanire dalla vista di Minerva e non farsi mai più rivedere.
Poi, però, Minerva si sporse nella sua direzione accarezzandogli dolcemente una guancia e guardandolo intensamente negli occhi. «Allora, Rogue, ti senti ugualmente pronto a fare un passo del genere?».
Rogue sgranò gli occhi capendo improvvisamente dove Minerva volesse andare davvero a parare, e il suo cuore ridotto a pezzi si ricompose come per magia, più forte e colmo d’amore di prima.
«Sì, milady, tutto pur di starti accanto», le rispose con convinzione. «E tu?».
Minerva sorrise dolcemente. «Oh, Rogue, non starei qui ad immaginarmi tutto quanto se non lo volessi».
Il bacio che ne seguì li fece letteralmente rotolare sul prato l’uno addosso all’altro, complici di un amore già sbocciato da parecchio e appena suggellato alla luce della prima aurora dell’anno.
«Forse è meglio che Fro si faccia un giro», valutò il piccolo Exceed da poco svegliatosi, trotterellando via rosso in volto.







  
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