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Autore: Joy2000    02/01/2021    1 recensioni
Thomas Shelby si avvicina verso di me, a passo lento. Sono di nuovo agitata. Non so cosa vuole da me, non so neppure come posso sdebitarmi. Non so se mi vuole far del male... È a una dozzina di piedi di distanza, si toglie il cappello, I capelli sono schiacciati e Thomas cerca di aggiustarseli alla meno peggio. Mi guarda. Ha degli occhi chiari, azzurri, perfetti, ma così freddi ed enigmatici che ne rimango quasi ipnotizzata...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Shelby, Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Corri, corri da lui, sta tornando da lavoro ed è pronto per prenderti in braccio. È felice di vederti e tu sei felice di vedere lui. Ti è mancato così tanto. Ha anche colto un fiorellino per te, sembra una margherita. Ti prende in braccio e ti fa fare l’aeroplano, giri intorno e il mondo ti sembra un posto migliore visto dall’alto. Poi all’improvviso ti lascia cadere, cadete entrambi tu su una pietra un po’ affilata e lui sull’erba. Lo chiami, non risponde. Provi di nuovo, ma lui non risponde. Chiamalo, ancora, dai, scuotilo. Lui continua a non rispondere e intorno a lui una chiazza di sangue  lo avvolge.
Apro gli occhi e mi sveglio di soprassalto trovandomi seduta sul letto. Gemo dal dolore, cazzo mi sono dimenticata della ferita. Ho caldo, mi scopro ansimando. Sono tutta sudata. Mi guardo intorno e Thomas è sveglio e mi guarda in un modo abbastanza inquietante. Provo a ricompormi.
“Non dovevi dormire?” gli chiedo stranita e confusa
“Ti sei lamentata tutto il tempo” mi informa, in tono neutrale. Sono imbarazzata e molto dispiaciuta.
“Ora capisci perché non volevo dormire?!” e aggiungo “Mi spiace, non volevo. Che ore sono?”
“Le 6. Il sole è sorto da poco. Oggi l’alba è chiara, il cielo è  limpido e non ci sono nuvole all’orizzonte”
Capisco che non è la prima volta che Thomas guarda l’alba, probabilmente non dormendo la ammira ogni giorno.
“Si prospetta una giornata incredibile” dico ironica. Thomas si avvicina a me, non curandosi della mia frase. Mi tocca la fronte. Mi controlla la ferita. La sua faccia è a tratti più serena.
“Niente febbre, niente emorragia, merito dell’oppio!” afferma trionfante
“Si in effetti mi sento meglio. Grazie per tutto, ma ora penso di dover togliere il disturbo” E detto ciò provo ad alzarmi in piedi. Le gambe mi reggono, anche se la ferita fa ancora male nei movimenti, ma passerà. 
“Devi mangiare. Poi ti accompagnerò a casa. Ti porto in cucina”. Mi prende per un braccio e delicatamente mi aiuta a camminare. La cucina è piccola, ma la tavola è apparecchiata, c’è del the, del burro, del pane. Ci sono due donne sedute al tavolo, una giovane, forse ha la mia età ed è truccata con un rossetto rosso scarlatto e dell’ombretto, l’altra più grande, sembra la mamma. Anche lei truccata, con un rossetto più scuro e ombretto nero intorno agli occhi, ha i capelli raccolti in delle trecce lunghe. Appena entriamo nella stanza le due donne si girano verso di me. Quella più giovane mi sorride, l’altra invece rimane seria, sembra sospetta e comincia a studiarmi.
“Polly, Ada, lei è Olivia” mi presenta Thomas. Saluto imbarazzata.  Thomas mi fa accomodare al tavolo e mi versa del te.
“Come sei educato fratellino, che ti è successo?” lo punzecchia ironicamente Ada, che a quanto capisco è la sorella. Polly non può essere la mamma: Thomas l’ha chiamata per nome.
“Non manchi mai di spirito, sorellina” risponde in tono leggero ma sempre senza mostrare alcun sorriso, o ammiccamento, al contrario di Ada che accenna una risatina ironica.
“Zia Polly, non trovi nessun cambiamento nel tuo adorato nipote?” continua Ada, noncurante dello sguardo minaccioso che sua zia le sta rivolgendo, probabilmente per ammutolirla. La signora Polly, guarda Thomas, poi me fugacemente e poi dice:
“Sai, Ada, è presto per dirlo. Magari si è solo alzato col piede giusto”. Polly sorride, Thomas alza gli occhi come se avesse capito il messaggio nascosto nella frase della zia. Anche io capisco che c’è qualcosa sotto, ma è presto per azzardare ipotesi. Perciò mi limito a bere un po’ di te e a mangiare un po’ di pane e burro. Thomas si siede accanto a me e prende a leggere il giornale, e immerso nella lettura non si accorge delle occhiate che sua zia mi manda, squadrandomi nei più piccoli dettagli. I suoi occhi passano dai miei capelli scuri e corvini, alla mia bocca, poi ritornano alle sopracciglia e si sofferma su una cicatrice che avevo sin da bambina. Era uscito parecchio sangue all’epoca. Purtroppo sono caduta dalle braccia di mio padre e ho sbattuto su una pietra. Non penso tuttavia meriti così tanta attenzione dalla signora Polly che continua imperterrita a osservarmi mentre mastico un pezzo di pane. Ad un certo punto non ce la faccio più e vorrei dirle:” signora, ha finito di scrutarmi? Non sono la puttana di suo nipote e sparirò dalla sua vita nel giro di qualche ora, quindi perché studiarmi?”.  Ma non dico niente, perché improvvisamente entrano in casa due uomini che riconosco subito. Erano entrambi presenti al mio intervento: c’è quello che aveva  il fiammifero in bocca e quello con il wishkey. Indossano due berretti uguali a quello che indossava Thomas al bar.  I due entrano facendo un gran baccano:
“Polly! Ada! Buongiorno! Avete visto com’è il tempo oggi! Si prospetta una giornata proficua per le corse!” questo lo dice il più giovane, e Polly lo fulmina con lo sguardo.
“Buongiorno signore! Cara come stai?” l’uomo più anziano mi rivolge la parola. Ha gli occhi piccoli e dolci, non sembra molto sveglio, ma buono e ingenuo, caratteristiche insolite per una persona più grande.  Gli sorrido e gli rispondo:
“Meglio grazie, sono Olivia, mi ricordo di voi, eravate presenti quando mi hanno estratto la pallottola, dico bene?”
“Tommy si ricorda di noi!” esclama il giovane
“Si cara. Abbiamo visto quando Jeremiah te l’ ha estratta, hai avuto fegato, la pallottola era vicina allo stomaco. Cosa avrai mai fatto per meritartela?” mi chiede poi l’uomo più anziano. Rivolgo uno sguardo di aiuto a Thomas che per fortuna lo coglie da dietro il giornale e viene in mio soccorso.
“Va bene adesso basta. Arthur, devi occuparti delle scommesse” ordina al più anziano, immagino sia il fratello grande “Tu, John, devi controllare il carico delle barche” impera al più piccolo. “Ci vediamo al Garrison per ora di pranzo per gli aggiornamenti” conclude. I due annuiscono senza esitare e presto sono entrambi fuori da casa Shelby. Tiro un sospiro di sollievo.
“Olivia se hai finito possiamo andare anche noi”. Annuisco deglutendo l’ultimo sorso di the. Sono pronta per lasciarmi tutto alle spalle e tornare alla mia vita di prima. Sono nata a Birmingham, ma la mia famiglia si è trasferita a Leicester non appena la criminalità organizzata stava prendendo piede. È una cittadina piuttosto tranquilla, nelle Midlands, con molte industrie.  E mio padre aveva trovato lavoro lì proprio come operaio. La mia casa è modesta, ma piena di ricordi, ed è immersa in un prato verde in cui da piccina mi divertivo a correre. Ma col tempo tutto cambia. Ho lasciato quella cittadina per dare un’occhiata a Londra. C’è sempre stato un perché nelle mie decisioni e anche questa non era da meno: mio padre era morto. Lo avevano ucciso. Mia madre si era suicidata perché non riusciva a sopportare la perdita. E io sono scappata via, a Londra. Londra è un mondo completamente nuovo. La gente è un passo più avanti, le donne sono emancipate, e ci sono rimedi ad ogni tipo di problema. È proprio lì che ho conosciuto Francis e Jack…ed è lì che ho provato per la prima volta l’oppio. Ricordo che dalla morte dei miei genitori non facevo che fare incubi. Speso mi svegliavo con l’urto del vomito, o piangevo per tutta la notte senza più riprendere il sonno. Con l’oppio invece ci sono stati dei miglioramenti. Riesco a dormire più ore di seguito, anche se gli incubi persistono.
Mi alzo dalla tavola e saluto le due donne ringraziandole dell’ospitalità. Thomas mi prende sotto il braccio e mi sostiene. Siamo sul l’uscio quando Polly mi chiama
“Ah, Olivia?” Sento il rumore dei suoi tacchi: ci raggiunge.
“Sì?” rispondo educata ma sospettosa. Glielo leggo negli occhi che ce l’ha con me. Non capisco neppure il motivo, ma lo sento che prova una sorta di rigetto nei miei confronti.
“Non hai risposto alla domanda di Arthur” Thomas sbuffa seccato e si accende una sigaretta, infastidito mentre Polly ha un ghigno quasi malefico sul volto. Annuisco nervosa, ma cerco di controllarmi. Polly vuole fare la superiore, mi osserva con occhi spavaldi. Immagino che probabilmente lo faccia per Thomas. Ha paura di perderlo per una donna e questo mi è chiaro. Ciò che invece non è chiaro a lei è che io non sono e non sarò mai la sua donna.
“Debiti” rispondo secca guardandola negli occhi, non abbassando lo sguardo perché dopotutto non mi vergogno di ciò che sono.
“Come prego?”  finge di non aver sentito
“Debiti. Oppio. Suo nipote è stato molto gentile ad aiutarmi. E con questo levo il disturbo. Le direi arrivederci, ma sono certissima che non ci incontreremo più.” Le sorrido sarcastica ed esco per prima, liberandomi anche della presa di Thomas. Non ho bisogno di una famiglia di presunti Baroni. Non ho bisogno di una famiglia in generale. E soprattutto non mi serve affatto una zia zitella che mi fa la predica quando evidentemente soffre la solitudine certamente più di quanto immagina. Continuo a camminare a passo svelto lasciando che Thomas mi corra dietro. All’improvviso mi giro di scatto stanca anche di lui.
“Senti caro signor Thomas Shelby, grazie per avermi aiutato. La nostra conoscenza termina qua. So cosa devo fare e sono in grado di procedere da sola. Ti è chiaro?” gli urlo alterata, avendo ormai perso la mia a me nota poca pazienza. Thomas mi guarda impassibile mentre ultima la sua sigaretta. Non dice niente ma pensa, so che lo fa, è una cosa che ho notato sin da subito in lui. Non risponde mai subito, si prende il tempo per elaborare un pensiero che non possa essere contraddetto. Prende quindi il suo contenitore con le sigarette e lo apre. Poi ne estrae una e ripone la custodia in tasca. Getta la sua, ormai finita. Penso che vuole fumarne subito un'altra, a giudicare dalla sua precedente azione, invece mi sbaglio.
“Te ne devo una, ricordi?” mi domanda porgendomela. Lo guardo sospettosa ed esito nel prenderla. “è tua” aggiunge esortandomi a portarmela alla bocca. Si avvicina con l’accendino. Sento il suo profumo, muschio e pino silvestre si mescolano in un appassionante vortice di virilità. Aspiro il fumo, soddisfatta, i polmoni mi si riempiono e mi sento subito più calma. Thomas mi osserva e non dice nulla.
“Questa sigaretta non cambia la situazione. Ognuno per la sua strada” dico, ma forse dovevo convincere più me che lui. Ho  già avuto la sensazione di essere legata a Thomas in qualche modo assurdo e il pensiero di allontanarmi da lui prima ancora di aver scoperto l’eventuale collegamento mi rendeva inquieta.
“Non avevo dubbi” risponde tranquillizzandomi “Che programmi hai ora?” mi chiede, non so se per interesse personale o altro. È difficile a dirsi, i suoi occhi freddi di certo non mi aiutano.
“Torno a Leicester e mi trovo un lavoro” rispondo senza dare troppe spiegazioni
“Hai una casa?” Thomas, Thomas, Thomas, perché vuoi saperlo? Mi stai nascondendo qualcosa, ne sono certa, nessuno si interesserebbe così di una sconosciuta, che tra l’altro ha portato guai.
“Sì”
“E dove hai intenzione di lavorare?”
“Questo non lo so ancora, ma qualcosa troverò” rispondo aspirando. Thomas mi guarda e come se avesse avuto un’illuminazione mi dice:” Perché non rimani qui?”
Non posso trattenere una risata. Ero scappata a Birmingham solo per cercare di sfuggire a Jack e Francis, non avevo nessunissima intenzione di rimanerci.
“Perché non ho una casa né un lavoro” rispondo ricomponendomi.
“Invece sì” Mi dice lui, enigmatico come al solito. Lo guardo dubbiosa. I suoi occhi brillano, e so che ha qualcosa in mente, qualcosa che non sono certa  mi piacerà.
“Invece no.” Insisto
“Ho una proposta di lavoro” mi dice. Prende una pausa mentre lo guardo con aria interrogativa. A cosa pensa questa volta? Riprende a parlare. “Mio fratello John, che hai conosciuto poco prima…vedi lui è uno che si è dato da fare con una donna in particolare, Martha, che però è morta… quindi…”
“Thomas non farò la puttana di tuo fratello” lo interrompo, avendo capito le sue intenzioni. Lui mi guarda stranito. È la prima volta che il suo volto assume un’espressione definita: le sopracciglia sono basse e oblique verso l’interno. Gli occhi socchiusi mostrano un accenno di rughe verso le estremità. La bocca è una linea sottile tendente verso il basso e le mascelle sono serrate. Sembra offeso e riprende la parola “Sai, Olivia, in esercito mi hanno insegnato a tenere la bocca chiusa e a parlare solo quando è strettamente necessario” mi rimprovera. Mi zittisco colpita nel segno. “Non so che idea ti sei fatta di me, e non voglio neanche saperlo a questo punto. Voglio proporti di fare la tata ai figli di mio fratello. Sono 4 mocciosi che gli prendono tempo. Se tu badassi a loro, io avrei mio fratello più libero. Conviene a tutti. Ti pagherei 50 sterline a settimana, più vitto e alloggio naturalmente” Sono stupita. Finalmente avrei i soldi necessari per mantenermi, rimarrei nella mia città natale che nonostante tutto conosco. Non starei da sola…è una proposta conveniente a tutti gli effetti. Non vedo imbrogli o controindicazioni. Avrei l’opportunità di scoprire se esiste effettivamente il legame tra me e Thomas di cui ho il presentimento. Tuttavia sento che c’è qualcosa che non riesco a vedere. Come una macchiolina impercettibile di grasso su un vestito di seta nero.
“Thomas perché?” gli chiedo diretta e diffidente
“Perché conviene a entrambi” risponde lui, ovvio.
“Perché proprio me? Non ci conosciamo! Mi hai salvato la vita e ora mi offri questo…che cosa vuoi da me?” gli domando ancora una volta, non comprendendo il suo fine. Perché se c’è qualcosa che ho imparato dalla vita nei mei giovani 20 anni è che nessuno fa niente per niente.
“Voglio che ti prendi cura dei bambini di mio fratello” risponde lui, imperterrito. Ma so che ha capito a cosa in realtà mi riferivo. È troppo intelligente per far finta di nulla, ma se non vuole parlarmene lo scoprirò da sola. “Allora accetti?” incalza lui, porgendomi la mano. Non ho molta scelta. Gliela stringo. Il patto è fatto.

nda: non siamo ancora entrati nel vivo della storia, nel frattempo continuate a leggere e spero vi stia piacendo
-Joy
  
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