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Autore: nekomiao    03/01/2021    0 recensioni
-… l’ho sempre sospettato. Anzi, ne ero certa. C’era qualcosa di strano nel tuo parlare di Sherlock. Qualcosa di malinconico…. Quella malinconia tipica di un amore perso ed impossibile da dimenticare. Io sono stata semplicemente un diversivo in tutto ciò… mpf… mi ero illusa di poter essere qualcuno di importante per te…-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piccolo cerchio  luccicante scintillò colpito dalla luce  della stanza .
John stava li, col braccio proteso ed il gioiello stretto tra indice e pollice.
-Cosa significa?-
-Quello che vedi Mary o ...qualunque sia il tuo vero nome….-
La donna rimase immobile nonostante l’invito a prendere l’oggetto. Solo dopo alcuni secondi decise di protendere la mano a palmo in su e fu allora che John lasciò andare l’anello. Mary rimase in quella posizione, osservandolo poggiato sul suo palmo poi lo chiuse nel pugno ed alzò lo sguardo ad affrontare quello del marito.
-Non sono più quella donna. Quella era la mia vecchia vita, non ti ho detto nulla perché non volevo perderti! Non sono più quella donna !-
John non  aspettò neanche che l’ultima parola si disperdesse nell’aria e le rispose.
-Non si smette di essere un sicario. Dici di non avermelo detto per paura di perdermi… bel lavoro Mary complimenti! Forse era meglio se me lo avessi detto fin da subito invece di mentirmi. -
-John…-
-No, Mary! Va via….- digrignò risoluto il soldato.
Mary si portò il pugno, dove ancora stringeva l’anello, al petto. Per un attimo chiuse gli occhi e poi proruppe.
-Lui lo hai perdonato però!- sia la voce che il suo sguardo esprimevano  il suo essere ferita ma anche arrabbiata.
Guadò prima il soldato e poi Sherlock, che era rimasto tutto il tempo pochi centimetri  dietro l’amico  senza mai sollevare lo sguardo dal pavimento, con braccia dietro la schiena e cipiglio costante sul volto.
-Lui è sparito per due anni! Ti ha fatto credere di essere morto e tu sei finito in analisi! Se ti sei ripreso è grazie a me e…-
-Mi sono ripreso…?- la voce di John tremava pericolosamente.
-Mi sarei ripreso...? grazie a te? CONTINUO AD ANDARE DALL’ANALISTA! NON HO MAI SMESSO  PERCHE’ VIVO COL COSTANTE TERRORE CHE POSSA RIPERDERLO E  QUESTA VOLTA PER DAVVERO!!-
Mary trattenne il respiro per tutti i secondi  in cui John  gridò la sua agonia. Le lacrime iniziarono ad annebbiarle la vista ma le trattenne, non voleva iniziare a piangere. Poi si fece coraggio e  parlò cercando di controllare i singulti che stavano iniziando ad affiorare dal profondo.
-… ma lo hai perdonato… a lui lo hai perdonato! perché non puoi farlo anche con me !-
-L’HO PERDONATO PERCHE’ LO AMO!-
Assordanti, quelle ultime parole rimbombarono tra le quattro mura seguite da un assordante silenzio scandito solo dal  respiro  affannato di John.
Aveva buttato quelle parole, quella confessione, fuori direttamente dal suo cuore. Le aveva proprio estirpate. Solo lui sapeva quanto fosse stato difficile cercare di venir a patti con il suo cuore. Aveva lavorato così tanto su di se, su ciò che provava davvero. Sempre arrabbiato quando qualcuno insinuava un suo coinvolgimento sentimentale con Sherlock. Arrabbiato con se stesso quando il suo cuore faceva una capriola per uno stupido sguardo, un piccolo sorriso, una frase lasciata a metà dal detective….
Eppure ora era stato così semplice e si maledì per essersi procurato tutta quella sofferenza. Anche se non corrisposto bastava almeno l’essere in pace con se stesso. Ricordava benissimo la prima cena con Sherlock. Il ragazzo credendo che lui stesse flertando  volle precisare d’essere sposato col suo lavoro. Si era chiesto più volte se veramente lui non lo stesse facendo. Ovvero di provarci con Sherlock. Magari inconsciamente era  stato amore a prima vista.
Non si accorse nemmeno, durante le sue elucubrazioni, che ora il più giovane lo stava guardando. Le braccia non più dietro le schiena ma penzoloni, inermi lungo i fianchi ed uno sguardo sorpreso. Non notò neanche il rossore che stava, pian piano,  colorando le sue guance fin ad arrivare alle orecchie o le pupille dilatate ed il respiro leggermente accelerato.
La donna lo guardò con occhi sgranati all’inverosimile ma subito cercò di riacquistare compostezza.
-… l’ho sempre sospettato. Anzi, ne ero certa. C’era qualcosa di strano  nel tuo parlare di Sherlock. Qualcosa di malinconico …. Quella malinconia tipica di un amore perso ed impossibile da dimenticare. Io sono stata semplicemente un diversivo in tutto ciò… mpf… mi ero illusa di poter essere qualcuno di importante per te…-
-Lo sei stata e potevi ancora esserlo ma mi hai tradito! Non riesco quasi neanche a guardarti in faccia. Sherlock ha rischiato di morire  a causa tua…. Gli hai sparato ! ME LO STAVI PORTANDO VIA !-
La guardò  dritta negli occhi – Per me ora sei solo una sconosciuta…-
-Porto in grembo tua figlia !-
-Una creatura innocente…. Non temere non la ripudierò! Sarò un buon padre, perché lei merita tutto il mio amore. -
Cadde il silenzio, scandito solo dal vecchio orologio alla parete.
-Bene…- tirò su col naso la donna. 
Si strinse nel suo cappotto  blu ormai diventato troppo stretto e si voltò verso le scale. 
-Avvertimi quando verrai a prendere le tue cose, così non mi farò trovare in casa…-
-Lo farò!- rincarò la dose John.
Sentirono i passi pesanti di Mery scendere giù per le scale e per il corridoio. Poi la voce della signora  Hudson che le chiedeva se fosse tutto ok e se gradisse una tazza di te. La voce di lei che rifiutava cordialmente mentre i singhiozzi  alteravano il suo tono.
-John….-
Quella voce che nominava il suo nome gli arrivò come se fosse lontana, un eco.
Solo quando Sherlock lo chiamò nuovamente , questa volta poggiando leggera una mano sulla sua spalla, si voltò.
-S-Sherlock…- 
Oddio lui era li… era li ed aveva sentito tutto! Per anni  aveva lottato contro il suo cuore ed ora semplicemente aveva gridato il suo amore per lui in faccia a quella che, ormai, considerava la sua ex moglie... e lui era li!
D’impulso si portò le mani a coprirsi il viso e si voltò dandogli nuovamente le spalle.
-Stupido! Stupido! Stupido- iniziò ad insultarsi. Avrebbe voluto prendersi a pugni.
Si sentiva un ragazzetto alle prime armi. Sentiva il suo cervello in blackout e non sapeva cosa fare. Voleva solo sprofondare per la vergogna. Poi la sentì arrivare. La paura come uno schiaffo in pieno volto. Il terrore di perderlo come amico per quella sua rivelazione scomoda.
-John… se continui così rischi di provocarti uno svenimento…. Stai andando in iperventilazione…-
Ma John non accennava a calmarsi, ancora non le mani premute sul viso. Rischiava davvero uno svenimento. Allora il detective  si  posizionò dietro di lui e poggiò entrambe le mani sulle sue spalle iniziando un goffo massaggio.
-C-che stai facendo…?-
-Cerco di farti rilassare….-
-Oddio…. Stai peggiorando le cose….mi stai facendo imbarazzare ancora di più…-
-Penso che questo mio gesto stia peggiorando anche la mia situazione psicofisica….-
Fu allora che John decise  di voltarsi e contemporaneamente arrivò alle loro orecchie un  lamento e la voce concitata della signora Hudson che chiamava l'uomo.
-JOHN! LE ACQUE…. A MARY SI SONO ROTTE LE ACQUE! DEVE ANDARE SUBITO IN  OSPEDALE STA PER PARTORIRE ! JOHN PER L'AMOR DEL CIELO !-
Sherlock che aveva ancora le mani appoggiate alle spalle del   soldato lo sentì irrigidirsi. Poi notando che non accennava a muoversi….
-John… devi  farlo, devi andare con lei. La tua bambina…-
-Non mi sento pronto….io-io mi sento come schiacciato…io…-
Non si rese conto  del braccio destro di Sherlock che lo spingeva contro il proprio petto e la mano sinistra che si poggiava delicatamente sulla sua guancia e lo faceva girare di lato. Gli ci vollero anche alcuni secondi prima che il suo cervello  realizzasse che le labbra del più giovane  premevano, carnose, contro le sue in un contatto  goffo come quello di un ragazzino al primo bacio.
Furono semplicemente labbra contro labbra e nulla più. John ad occhi aperti per la sorpresa e Sherlock ad occhi chiusi per l’imbarazzo.
Durò pochissimi secondi quel contatto ma il soldato sentì le sue labbra bollenti  come se in realtà fossero state ore ed ore . 
Sherlock allontanò giusto di mezzo centimetro le sue labbra da quelle di John. Rimase con gli occhi chiusi e parlò da quella distanza.
-Sei pronto John. Sarai un padre meraviglioso perché sei l’uomo migliore che conosca….ora vai….- fece una leggera pressione contro le spalle del più basso e lo incitò ad andare.
John fece ciò che Sherlock gli disse. Un passo dopo l’altro si avviò verso le scale.
Sherlock lo sentì parlare con Mary e la signora Hudson dando ordini ad una ed all’altra. Senza aspettare chiuse la porta che dava sulle scale, si voltò e si diresse verso la sua poltrona  che  guardava proprio verso l’entrata. Si sfilò il cappotto e la sciarpa poggiandoli sul bracciolo e si accomodò assumendo la sua solita posizione per pensare.
Doveva cercare di mettere ordine nei pensieri. Era rimasto calmo per non far agitare ulteriormente l’amico ma in realtà aveva un tumulto  dentro. Era come se un terremoto avesse scosso le sue fondamenta crepandole. Sentiva mancargli l’aria ed ,al pensiero che aveva poggiato le labbra contro quelle di John,  l’iperventilazione aumentò. Si aggrappò con  tutte le sue forze   ai braccioli della poltrona  facendo sbiancare le nocche delle mani. Solo dopo minuti si rilassò allentando la presa e sentendo l’indolenzimento delle articolazioni delle dita. Decise allora di rifugiarsi all’interno del suo palazzo mentale .Doveva riparare le crepe.

Uno scricchiolare di scalini lo risvegliò dalla sua meditazione. Lo sguardo andò subito al vecchio orologio. Le 22:13. Erano passate 4 ore da quando John era andato via. I passi lenti ma rilassati  gli fecero capire che l’amico era stanco ma che era andato tutto bene.
La porta si aprì lenta e la figura di John si stagliò sull’uscio proiettando la sua ombra fino ai piedi di Sherlock.
-E’ nata.- proruppe il detective
-Si…- confermò con un sorriso esausto l’uomo poggiando la giacca sul poggia testa della sua poltrona.
-3 chili e 200 grammi a giudicare dal leggero tremore delle tue braccia dovuto allo sforzo di averla tenuta in braccia per oltre  un’ora e mezza. Calcolando il viaggio per St. Bartholomew e quello del ritorno che sono precisamente 11 minuti e04 secondi totali e, il tempo  che hai trascorso con la neonata, il parto è durato poco più di 15 minuti .Presumo che il restante tempo tu non l’abbia trascorso con Mary quindi…-
-Ho fatto 4 passi per schiarirmi le idee.- ammise John lasciandosi andare pesantemente sulla poltrona di fronte a Sherlock.
Si susseguirono  alcuni minuti di silenzio.
-Credevo fossi andato a dormire…- confessò il più grande
-No John, non potevo. Ovviamente ero in apprensione per la tua bambina ma sono sollevato ora sapendo che tutto è andato bene…-
-Ma non era solo per questo… Cosa succede Sherlock?- chiese diretto.
Il più giovane assunse una postura più rigida sulla sua poltrona ed aprì la bocca sorprendendosi, per la prima volta, a non sapere come argomentare ciò che voleva dire.
-Il grande Sherlock Holmes senza parole ?cosa mai potrà accadere ora ?- ridacchiò John stropicciandosi gli occhi evidentemente stanco.
-Ti chiedo scusa per il mio gesto di poco fa.- iniziò tutto d'un fiato - Mi rendo conto che è stato inappropriato  visto che, sicuramente, ciò che è successo è stato tutto dovuto ad un momento di forte rabbia che avevi dei riguardi verso tua moglie che si è dimenticata di menzionare il fatto che in passato fosse un sicario. E’ giustificabile che tu l’abbia voluta colpire sul piano sentimentale facendole credere di non poterla perdonare per mancanza di amore. Diciamo che io ero al posto giusto al momento giusto e considerando il mio trascorso da falso suicida morto, la cosa era allettante per colpirla duro. E qui entra in gioco il mio sbaglio  nei tuoi confronti. Al momento non ho capito l’impulsività della tua mente messa sulla difensiva per contrattaccare ad  un torto subito. Quindi John….- si sistemò più diritto sulla poltrona -… ti chiedo scusa per averti disturbato con quel bacio….-
-Frena frena Sherlock, credo di non aver capito. Andavi troppo veloce ed io sono alquanto stanco.-
-Intendevo dire che… ti chiedo scusa per averti baciato prima. Non avevo capito che, l’affermare di amarmi, era solo un modo per fare del male a Mary…-
-Già! L’hai capito  ma stranamente il grande Sherlock Holmes ha fatto la sua deduzione a scoppio ritardato e ha commesso l’errore di baciarmi…-
-Ti chiedo davvero scusa John, credevo… le tue pupille… le tue pupille erano dilatate, avevi un rossore in viso che-che… e il tono delle tue parole….- prese un lungo sospiro e continuò – Credevo che fosse tutto vero….  -  terminò infine il giovane socchiudendo gli occhi e guardandosi le punte dei piedi.
-Mi hai deluso Sherlock…-
Quell’affermazione lo fecero scattare  e sollevò immediatamente il capo guardandolo. John si era seduto sul bordo della poltrona, un po' accovacciato con i gomiti appoggiati alle ginocchia ed il mento sui dorsi delle mani congiunte.
Un sorriso sulle labbra del soldato lo destabilizzò facendolo entrare in confusione. Schermò improvvisamente la sua mente dietro una maschera ed iniziò spasmodicamente  a cercare deduzioni nel suo palazzo mentale per capire cosa stesse accadendo. La sua mente non riusciva ad arrivare ad una soluzione logica che collegasse quell’affermazione al sorriso , non canzonatorio ma dolce ,di John  ed a tutto quello che era accaduto in quelle ultime ore.
-Esci dal palazzo mentale Sherlock!- fu un ordine quello di John dato con tono fermo.
Il detective strizzò gli occhi per un secondo e li riaprì guardandolo come a non capire cosa fosse accaduto. Era stato risucchiato fuori dal suo palazzo mentale e mai nessuno era riuscito a fare una cosa del genere.
-John non voglio che questo mio gesto azzardato ti porti ad allontanarmi da me! Io-io non potrei superarlo…- sussurrò le ultime parole stringendo i braccioli della poltrona facendo tornare le sue nocche bianche.
-Continui a deludermi Sherlock Holmes…- disse John alzandosi dalla poltrona.
Il più giovane seguì il suo movimento dal basso.
-Ho sempre  utilizzato l’aggettivo “magnifico” per descriverti…. Ricordi?-
-Non dimenticavi mai di ricordarmelo ad ogni caso.- risposte automaticamente il ragazzo.
-Devo ricredermi sulla tua infallibilità deduttiva visto che….- continuò avvicinandosi alla poltrona di fronte a lui dove stava seduto il suo interlocutore – ...non hai mai dedotto l’ovvietà del mio adulare non solo la tua bravura da investigatore.-
- Negli ultimi tempi alcuni avvenimenti mi hanno portato a fare deduzioni su me stesso e mi sono chiesto come tu non sia stato capace di arrivarci  prima di me… capisci a cosa mi riferisco ?- gli chiese in fine piegandosi sui braccioli ed avvicinandosi  a Sherlock per portare lo sguardo quasi al pari con il suo.
Skerlock si sorprese ad esser capace semplicemente di  scuotere il capo in segno negativo. 
Chiusa! La porta del suo palazzo mentale rimaneva chiusa. Sigillata! Non riusciva ad accedere al suo archivio.
-Smettila di cercare qui….- gli disse John poggiandogli l’indice destro contro la sua  tempia -…e prova a cercare qui!-  terminò spostando il dito contro il petto.
 Quel gesto. Quel semplice gesto, da risultare quasi insignificante, fu come un fulmine che lo attraversava. Quel dito, appoggiato contro il suo petto  ad altezza del cuore,  era  come se fosse una chiave. Quel semplice gesto aveva aperto una porta di un altro palazzo. Quel palazzo di cui Sherlock aveva nascosto le chiavi ed era sicuro che nessuno avrebbe mai scovato.
Una consapevolezza si accese nel suo sguardo facendogli sgranare gli occhi come un bimbo che vedeva un pirata in carne ed ossa salpare con la sua nave.
-Sei arrivato alla deduzione piccolo genio?-  chiese John senza essersi spostato di un millimetro.
-Non sono un genio, sono solo un sociopatico iperattivo….- soffiò,con un accenno di sorriso,prima di afferrare il volto  di John e schiacciare le sue labbra contro quelle del compagno.
   
 
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