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Autore: Barbra    03/01/2021    0 recensioni
Sequel (spin-off) di Avatar e Pokémon - la Leggenda di Gong. Ambientato una quindicina di anni dopo.
DAL TESTO: "Soprappensiero, Sonia digitò di nuovo il nome di Sanna Lenew. Poi di Sanna Lenu, poi di Senna Lenu. Per un motivo o per l'altro, tutti quei nominativi non esistevano.
Lenu, scrittura quasi fonetica della sigla L.N.U., “Last Name Unknown”, era più comune di quanto Sonia volesse credere. Ma la ragazza che l'aveva appena truffata non era tra i Lenu registrati.
La Professoressa si precipitò alla porta del laboratorio e guardò in lontananza tra i passanti. L'imbrogliona era già sparita.
Allora si aggrappò al telefono, decisa a tagliarle ogni via di fuga dalla città e dalla Regione di Galar."
Personaggi non in elenco: Sird (Pokémon Adventures)
CONCLUSA il 20/05/21
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Team Galassia
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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5. Azzurropoli
 





La ragazza aveva aspettato a lungo di rimanere da sola nella lussuosa camera per tre gentilmente offertale da Yulia e Yuri all'hotel Azzurropoli.

Anche se era improbabile che da fuori qualcuno la sentisse, parlò nel microfono dell'holovox a voce bassa: «Mercurius!».

Seduta sul cuscino di un divano virtuale davanti a lei, Sird le rispose sorpresa: «Sedna...?!».

La madre di sua zia Hua era una donna albina alta e sottile, apparentemente tra i trenta e i trentacinque anni. Come Oberon dopo di lei, aveva scelto di togliersi un po' di decadi e malattie di dosso.

Il muso incuriosito di Pernilla, la sua Persian, fece capolino da una parte.

«Ho bisogno del braccio armato».

«Perché?».

«Ci sono dei Qi-Blockers in giro. Mi hanno picchiata. Erano in due, un maschio e una femmina».

«Li sapresti riconoscere?».

«Avevano il viso coperto. Però...».

«Però?».

«Nulla...» mentì la ragazza. Se avesse aggiunto il dettaglio dei Rapidash, troppo vistosi per due professionisti del crimine, avrebbe perso credibilità per la sua richiesta: «Ho bisogno di un manipolo di guardie del corpo armate».

«Esagerata! Usa quello che hai. Sei stata armata secondo gli standard di tuo padre, e non devi fare la guerra».

«E se Venus invece mi dicesse di sì...?!».

La risata divertita della Comandante Mercurius fu l'ultimo atto di quella rapida chiamata.

Venus, pacifista, aveva messo in quiescenza l'intero programma da quindici anni. Viveva la sua vita lontano dal quartier generale, non era cresciuto con gli altri Comandanti, e non condivideva la loro ideologia. Mercurius lo lasciava fare, gli altri si erano adeguati.




*




«Dimmi la verità: anche tu sei qui perché a Kanto è più facile guadagnare il titolo di Campione che a Sinnoh?».

«In che senso, “anche io”?».

Le due ragazze stavano cenando insieme, mentre il povero Yuri era rimasto in camera a studiare. Yulia indossava un abito da sera rosso e si era legata i capelli per far risaltare gli orecchini a pendente. Sedna non si era neppure cambiata prima di scendere, era in pantaloncini e maglietta, e il cameriere l'aveva guardata storto.

«Ho conosciuto dei ragazzini che hanno commesso il tuo stesso errore. Era più facile fino a due anni fa, forse. Non credere che Laran sia meno terribile di Cynthia e Berlitz. Loro, almeno, non ti massacrano la squadra mentre la sconfiggono».

«Non è sportivo massacrare la squadra avversaria... non ti pare?».

«Oh, ma per Laran.... la lotta Pokémon non è uno sport. Non è neppure un divertimento. La sua Hydreigon e la sua Noivern sono molto territoriali, hanno scelto l'Altopiano Blu e l'edificio della Lega e come loro casa, e loro tre insieme lottano per tenersela. Lo sai che persino i Superquattro sono stati cacciati, e li si affronta tutti a Smeraldopoli, vero?».

«Dai, è una sciocchezza!» rise l'altra.

«Kanto ha sette Palestre, l'ottava è occupata dai Superquattro. Sull'Altopiano Blu salgono solo Laran e le sue Pokémon. Chiunque voglia sfidarli, spesso viene aggredito fuori dalla Lega da Hydreigon».

Sedna mantenne un sorriso tirato. «Il tuo amico Laran... mi sembra che prenda tutto un po' troppo sul serio».

Yuri, che sentendosi ignorato era venuto al tavolo, si intromise nel discorso.

«È quello che dicono anche i suoi genitori, Sandra e Lance. Ma ormai non possono fare molto. Vuoi sapere cosa c'è di ancora più strano, Sedna...?».

«Yuri, cerca di non deludere papà» lo rimproverò la sorella. «Torna su a studiare. Sono io la pecora nera della famiglia, tu non avresti dovuto seguire i miei passi. Laran e tutto ciò che lo riguarda, per te, non deve esistere».

C'era un patto fra loro: le Medaglie e l'esperienza avrebbero aiutato il bambino a controllare Pokémon più forti, ma lui non avrebbe mai e poi mai sfidato il Campione, neppure per testare le proprie abilità.

«Cosa c'è di ancora più strano?» sussurrò Sedna a Yuri, come se volesse tenere segreta la domanda.

Yulia tagliò corto: «Tutti i Pokémon di Laran sono dragonesse. Anche Dragonite, che era la mia Dragonair Lyudmila. L'esemplare che gli hanno regalato i suoi genitori, l'ha dato a me ».

«Per me, ha battuto la testa da piccolo e si è convinto di essere un Tipo Drago» concluse ingenuamente Yuri. «Perciò litiga con i draghi maschi e preferisce le dragonesse».

Yulia fece roteare gli occhi, esasperata. Le teorie del fratello su Laran, mai incontrato e per lui avvolto in un alone di mistero, si facevano via via più fantasiose.




*




Yulia non poteva entrare nel casinò di Azzurropoli, perché una volta, di fronte a una perdita per un dado che aveva scoperto essere truccato, aveva fatto incendiare il tavolo da gioco al suo Charizard.

Il Team Rocket, senza Silver disposto a prenderne le redini, si era sciolto alla morte di Giovanni. La yakuza locale aveva perso terreno, la polizia ne aveva riguadagnato, e Yulia era troppo legata al Campione e alla sua famiglia per essere punita alla vecchia maniera. Aveva dovuto pagare i danni, se l'era cavata con una denuncia formale e un provvedimento restrittivo.

Sedna aveva messo il naso in quel posto solo per curiosità. Gold, che le aveva fatto da baby sitter e che lei chiamava zio nonostante la sua antipatia per il Team Galassia e per Sird, era fin da giovane un abile giocatore e baro. Le aveva insegnato qualche trucco, ma lei non aveva mai avuto l'occasione di metterlo in pratica.

Perciò decise di cogliere la palla al balzo.

Andò a prendere delle fiches e si sedette al tavolo del poker. Le prime mani non le andarono male. Cominciò a prenderci gusto.

Poi, qualcosa di piccolo e veloce schizzò a raso del tavolo da gioco. Provocò una folata che fece girare alcune carte coperte.

Nessuno dei giocatori dette l'impressione di essersene accorto.

Quel bolide era un gattino rosa dagli occhi azzurri.

Sedna lo fissò stupefatta.

Mew volava per tutto il locale come se dovesse vincere una gara a ostacoli, e gli ostacoli erano i tavoli e le persone. Nessuno gridava il suo nome, nessuno faceva caso a lui.

Continuò a seguirlo con gli occhi finché non si accorse che una ragazza seduta alla slot machine nell'angolo la stava guardando. Nessuno sembrava aver notato neppure lei. Ma in realtà dava nell'occhio, non tanto per i lineamenti particolarmente belli e delicati, ma perché indossava un tailleur rosa da donna occidentale abbinato a uno spesso velo color malva a coprirle i capelli, secondo l'uso mediorientale.

Non era venuta lì per Sedna, ma ora che l'aveva vista, nei suoi occhi rosa chiaro c'era un'ombra di rimprovero.

La ragazza umana cercò di ignorarla.

In un attimo se la trovò accanto, seduta sul tavolo da gioco. Sollevò appena le sue carte coperte per sbirciarle.

«Che fai, bambina?».

Sedna non le rispose.

«Però, come sei cresciuta! Mi sembra ieri che eri un frugoletto! Sai, Azelf ti aveva rapita e io ti ho portata da Gold. Il solito Gold! Mi chiamo Layla. Ma che dico! Mi chiamo Lunala, per te. Non ti chiedere come io sia capitata qui. Che ci fai tu nel mio terreno di caccia, piuttosto?».

Se la Comandante non aveva dimenticato tutto del Pokédex, Lunala era un Leggendario di Alola, Psico/Spettro.

Non era descritto come muta-forma, né come telepatico, né capace di assumere un comportamento del genere secondo la sua scarna sezione etologica.

Sedna non riuscì a risponderle, perché costretta al silenzio. Continuava a giocare come se la ignorasse, eppure era obbligata a prestarle attenzione.

«Qui rischi di prendere un brutto vizio, sai? Perciò voglio toglierti il gusto del rischio e il fremito della vittoria: non vincerai nulla. Continuerai a perdere finché non ti alzerai da qui. A me non interessano i trucchi».

La sua presenza la metteva in agitazione. Mostrarsi agitati era la chiave dell’insuccesso a poker. In più, continuava a pescare carte orribili.

Alla terza perdita, si ritirò e lasciò il tavolo, tra le risate di scherno e i commenti degli avversari.

Lunala non si scompose, ma suscitò un attacco di panico al vecchio che rideva più forte.

«Considerami la tua Fata Madrina!» le urlò.

L’uomo con l’attacco di panico perse i sensi.

Intanto, per puro spirito di emulazione, Mew aveva tirato giù la leva di una slot aggrappandocisi.

Lunala se ne accorse e lo sgridò: «Miu, che fai?! Vieni via!» mentre la macchina lasciava cadere tutti i gettoni che aveva accumulato al suo interno.

Ignorato da tutti e totalmente indifferente tanto alla vincita quanto al caos che si era generato attorno all’uomo svenuto, il gattino tornò a volarle appresso.




*




Nella città che in altri tempi aveva ospitato il covo Rocket, la Specialista di Tipo Erba indossava un kimono verde chiaro con dei ricami floreali e un paio di alti zoccoli infradito. Sul viso aveva il fondotinta bianco che tanto scandalizzava gli occidentali. I suoi capelli neri erano raccolti in un complicato chignon dietro la testa e ornati da fermagli a fiore.

Forse aveva dormito in una posizione scomoda, perché Sedna ebbe l'impressione che avesse il torcicollo. Faceva di tutto per nasconderlo, ma la guardava di sbieco da dietro il ventaglio in cotone e bambù.

Accennò un composto inchino.

«Allenatrice, accomodati! Mi chiamo Erika. Insegno l'arte dei fiori, ma qui sono la Capopalestra».

Sedna rispose con un inchino più profondo. Nella sua cerchia, l'unico a salutare ancora con l'inchino era Hoopa, che di solito si appoggiava la mano destra sul cuore. Quindi lei fece lo stesso. «Konnichiwa» disse.

Sua zia Hua si sarebbe messa a ridere.

Prese la sfera di Lucario, ma Marhtomp uscì dalla sua di propria iniziativa.

Aveva perso l'occasione di combattere contro Lt. Surge. Ora si voleva rifare.

Soltanto un folle avrebbe mandato Marshtomp come primo Pokémon contro una squadra di Tipo Erba.

Non era stata un'idea di Sedna, ma Erika la interpretò male.

«Che grinta! Vuoi davvero liberarci dal Drago?».

«Quale drago?!».

Erika mandò in campo la sua Bellossom. Era stata un esemplare bello ed elegante, ma adesso le foglie verdi e gialle del suo gonnellino erano tutte sbrindellate, uno dei due fiori rossi sulla sua testa era stato strappato, e sul suo muso verde chiaro ancora sorridente spiccavano alcune cicatrici.

Sedna riconobbe quello stile, perché aveva visto segni simili sul Charizard di Yulia. Sorpresa, alzò lo sguardo interrogativo verso Erika.

Lei aveva chiuso il ventaglio, e mostrava una lunga cicatrice da taglio sulla guancia sinistra, appositamente lasciata scoperta dal fondotinta, che dallo zigomo le scendeva verso l'angolo della bocca. Non poteva essere stato un incidente.

Erika era la rappresentante dei Capopalestra di Kanto, e quella che aveva espresso il loro disaccordo al Campione. Laran aveva risposto così.

Mentre la sua Allenatrice era distratta, Marshtomp cominciò a creare e lanciare fango sull'avversaria, che se lo scuoteva via di dosso ridendo. La sua risposta fu Giornodisole.

La stanza fu riscaldata e illuminata da un luce così intensa che Sedna dovette pararsi gli occhi. Se prima Marshtomp era in svantaggio, adesso lo era ancora di più.

Il fango rimasto addosso a Bellossom si seccò rapidamente.

«Marshtomp, Spaccaroccia!» gli gridò l'Allenatrice. Probabilmente ci avrebbe pensato da solo, ma era infastidito e distratto dai falsi raggi solari.

Colpì l'avversaria con tutta la forza che aveva e lei vacillò, ma non si lasciò intimidire. Si curò da sola con Lucelunare.

Erika non diceva nulla, ma osservava il combattimento con attenzione.

«Spaccaroccia!».

Stavolta, Bellossom lo evitò a passo di danza. Passò il turno.

«Azione!».

Sedna aveva solo un'altra Mossa da scegliere tra quelle conosciute da Marshtomp, perché le regole sportive imponevano di non usare più di quattro mosse diverse nello stesso incontro.

“Azione” andò a segno, ma con un risultato modesto.

Marshtomp cadde sotto Fogliamagica.

Si fece avanti Frogadier, ormai prossima all'evoluzione a Greeninja e perciò sempre più bellicosa. Ma il suo zelo e la sua aggressività non poterono alcunché.

Bellossom stava per mandarla al tappeto, quando Erika le fece segno di fermarsi.

Frogadier, stremata, ebbe appena la forza di fare un vacillante passo avanti. Poi il suo corpo crebbe e cominciò a mutare.

La sua pelle azzurra si scurì verso il blu, restando chiara in pochi punti. Le bolle di schiuma attorno al suo collo scomparvero e al loro posto si avvolse una lunga lingua, mentre altre bolle bianche comparivano al livello dei gomiti e delle ginocchia.

Adesso era adulta ed era più forte, veloce e agile di una Frogadier, ma aveva usato le sue ultime energie per compiere la metamorfosi.

Stramazzò al suolo e Sedna la ritirò.

Al suo posto si offrì Primarina. Forte di una maggior esperienza, riuscì a mandare Bellossom al tappeto.

Erika mandò Weepinbell, la pianta carnivora.

Primarina, già completamente evoluto, tornò nella Pokéball e lasciò il combattimento a Drizzle.

Ma il giovane rettile non aveva lo stesso temperamento della coetanea Frogadier-Greninja. Esitò, perché voleva farsi un quadro della situazione.

La Frustata di Weepinbell lo fece vacillare.

Sedna era come paralizzata.

Aveva potuto farla franca con Lt. Surge, che non guardava. Erika però era fin troppo attenta, seppur consapevole del suo vantaggio di Tipo.

Dal canto suo, Drizzle non sapeva combattere da solo. Non faccia a faccia.

«Idrobreccia!».

Il rettile eseguì la mossa con scarso successo.

Weepinbell ebbe gioco facile nel mandarlo al tappeto.

Preoccupata, Sedna ritirò il Pokémon svenuto e puntò tutto su Lucario.

Il suo Ferrartigli ferì gravemente la pianta carnivora, tanto che gli bastò un altro colpo per esaurirne le energie.

La Roserade avversaria subì in pochi turni la stessa sorte.

Erika ritirò la Pokémon Floreale svenuta e mandò in campo il suo enorme Venusaur.

Lucario, calmo, si voltò a guardare la sua Allenatrice. Voleva avvertirla: seppur immune al veleno e resistente al Tipo Erba, sapeva capire da solo quando, combattendo secondo le regole sportive, non ce l'avrebbe fatta.

Qualcuno con più esperienza di Sedna avrebbe potuto ribaltare la situazione, a loro rimanevano soltanto i trucchi. E la Dominatrice non poteva usarli, perché Erika l’avrebbe smascherata.

Richiamò Lucario prima ancora che Venusaur decidesse come attaccarlo.

Visto che si era ritirata, salutò con un inchino e si girò per andarsene.

«Dove vai…?!» si sorprese la Capopalestra.

Forse avrebbe preferito finire con un k.o.

Sedna tornò al suo posto e mise mano alla sfera di Lucario.

Ma Erika, anche se le aveva inferto una delle più sonore sconfitte della sua carriera, le porse la Medaglia Arcobaleno.

«Il tuo Lucario sembra un’orchidea tra le margherite, ma è chiaro che punti a diventare una Specialista d'Acqua» le disse. «Una squadra d'Acqua, al vostro livello, non può nulla contro una costruita come la mia. In più, devo essere onesta: questi non sono i Pokémon che uso di solito per testarvi».

Sedna fece per prendere la Medaglia che lei le porgeva, ma la donna chiuse la mano e la ritirò.

«Se vuoi specializzarti nel Tipo Acqua, immagino che tu sia molto vicina a Misty. Ti prometto che avrai questa Medaglia, quando... quando mi dirai quale segreto si nasconde nella Grotta Celeste. Di qualsiasi cosa si tratti, Laran ne ha paura».

«Non ha tutti i torti: laggiù c'è un elemento radioattivo».

«Radioattivo...?!».

Sedna annuì. «Esatto. L'unica volta che ci sono andata, il contatore Geiger è impazzito. Sono scappata subito. Però… però ci sono i Seel, nella grotta Celeste. E i Seel non dovrebbero sopravvivere nell'acqua radioattiva… sono così vulnerabili all'inquinamento!».




*




Erika non aveva creduto alla sua teoria. A costo di mandare una ragazzina a farsi un bagno di radiazioni, le aveva chiesto di tornare laggiù in cambio della Medaglia.

Appena uscita dalla Palestra, Sedna aveva attivato a distanza la “conchiglia” Galassia, una piccola automobile-elicottero nascosta nel deposito segreto di Johto. Un sistema di specchi la rendeva invisibile all’occhio umano, e delle eliche ad asse verticale le permettevano di volare a poche centinaia di metri di altezza.

Il velivolo senza pilota l’aveva raggiunta di notte appena fuori Azzurropoli.

La sua divisa Galassia, con l’aggiunta di un casco speciale e di un paio di guanti protettivi, diventava un’efficace tuta antiradiazioni. Sedna entrò dalla calotta apribile e si cambiò nell’abitacolo, indossò un visore notturno e si allacciò le cinture. Impostò Celestopoli come destinazione e attivò i comandi manuali.

Accelerò seguendo la strada asfaltata. Superata una certa velocità, la macchina rallentò da sola. La ragazza accelerò di nuovo, la macchina le si oppose. Quando il sensore l’aveva identificata, si erano attivare le impostazioni di sicurezza.

Sedna insisté con l’acceleratore.

Suo malgrado, l’auto-conchiglia cambiò assetto e si sollevò in un decollo verticale. Superò le cime degli alberi e la portò silenziosamente sempre più in alto, fino a raggiungere i cinquecento metri.

Lei si rannicchiò sul sedile e non riuscì più a toccare i comandi.

«Non posso credere che tu non riesca a pilotare questi cosi. Andavi così bene, col simulatore!».

Era la voce di suo padre Saturno. Lui non accettava l’idea che sua figlia non riuscisse a guarire dalla fobia dell’altezza.

«Andavo bene perché era tutto finto, papà! Riportami a terra!».

«Ormai sei quassù. Cerca di prendere i comandi. Forza, questo è poco più che un giocattolo!».

«No! Riportami giù!».

«Sciocchezze! Se inganni i meccanismi di sicurezza e ti sbilanci, c’è sempre il paracadute!».

«Riportami giù!» gridò la ragazza.

«Solo quando sarai arrivata a Celestopoli. Che ci vai a fare, a Celestopoli...?».

Sedna non gli rispose né gli rivolse più la parola. Rimase rannicchiata sul sedile ad occhi chiusi.

L’elicottero atterrò proprio davanti all’entrata dalla Grotta Celeste.

La voce di suo padre suonò perplessa. «Perché proprio qui?! Ti ci manda Mercurius?».

«Sì» tagliò corto Sedna.

I suoi genitori sapevano che era una bugiarda. Se non si fosse distratto e non l’avesse colto di sorpresa, Saturno non le avrebbe suggerito la risposta. Ma non ebbe il coraggio né la voglia di indagare.

«Non portare la pistola. Non usare il Dominio. Se vedi che le cose si mettono male, buttati a terra e piangi».

«Perché?!».

Saturno si era disconnesso.

Sedna indossò il casco filtrante e i guanti e si avventurò nella grotta. I cristalli luminescenti che spuntavano dalla roccia un po’ dappertutto le permettevano di camminare senza torcia e senza visore.

Nessun Pokémon le venne addosso. I Seel non diedero segno di sé.

Sedna lasciò uscire Primarina e salì sulla sua groppa per muoversi via acqua.

Si addentrò nella grotta molto più della prima volta, ma il contatore Geiger non accennava a ticchettare.

Con la coda dell'occhio, vide quello che nella penombra scambiò per il muso di un Persian.

«Che cosa stai cercando, Comandante?».

«I Seel! Sto cercando i Seel!» urlò la ragazza, voltandosi.

Il mostro di Celestopoli si era sporto in avanti per coglierla di sorpresa. Adesso, in levitazione verticale, la sua figura la sovrastava.

Era alto circa due metri, ricordava un Persian per i suoi tratti felini, ma aveva anche caratteristiche spiccatamente umanoidi.

Il suo corpo non massiccio, ma forte, aveva una struttura da bipede. Le braccia erano più corte e sottili delle gambe, i piedi allungati lo costringevano a un appoggio digitigrado, ma delle tre dita che aveva per ogni mano, una era opponibile.

La lunga coda spessa e violacea era ciò che più lo allontanava dall'umano. L'espressione seccata degli occhi viola, così intensa, quello che lo avvicinava di più.

Parlava con la telepatia. «Stai cercando i Seel da arricchire nei laboratori Galassia per implementare la vostra riserva di materiale fissile?».

«No! Cerco i Seel non radioattivi, che scoppiano solo metaforicamente quando mangiano troppo. E poi, sarebbe interessante avere una femmina di Dewgong da incrociare con il mio Primarina».

Primarina rimase sorpreso dalle sue parole. Poi annuì, cercando di sembrare convincente.

«L'uranio, te l'avrei lasciato prendere. Ma i Pokémon... non li puoi toccare».

«Davvero? Perché... c'è dell'uranio, qui?!».

«No. Sono stato io, l'altra volta, a farti sentire questo ticchettio».

E il contatore Geiger nel suo orecchino si attivò appena mosse un dito

«Errore da principiante. Un giacimento di uranio è più interessante di me».

Primarina accennò un sorriso malizioso, socchiuse gli occhi e sbatté ripetutamente le palpebre dalle lunghe ciglia bianche.

L’altro non se ne accorse, concentrato com'era sul mettere in difficoltà l'umana che aveva violato il suo territorio.

«Oh, ma anche tu sei interessante!» gli disse lei. «A che specie appartieni?».

Non ricordava niente di simile, nel suo Pokédex piratato. Circa dieci anni prima, l’androide e Comandante Jupiter aveva lanciato nella rete globale un virus che aveva alterato o cancellato i dati relativi ad alcuni Pokémon.

«Il mio nome è Mewtwo. Se si esclude Mew, sono l'unico della mia specie».

«Davvero mi avresti dato l'uranio?».

«No».

«Peccato. Posso vedere i Seel?».

La coda di Mewtwo iniziò a frustare l’aria, il suo tono si fece seccato: «No. Lasciali in pace».

«Oh, non ti arrabbiare!».








 




NOTA AUTRICE: la verità è che scrivo a tempo perso e non riesco a fare meglio di così....
   
 
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