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Autore: EleWar    03/01/2021    14 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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… e così siamo arrivati al penultimo capitolo, più tranquillo dello scorso, sicuramente più zuccheroso (spero non troppo), ma necessario.
Non so quando riuscirò a rispondere a tutte le vostre meravigliose rec, anche a quelle per la shottina che ho postato ieri, però ce la metto tutta e prima o poi… rispondo a tutti ^_^
Ancora auguri e… buona lettura
Eleonora





Cap.17 Ben fatto!
 
 
“Ehi, piccolina!” disse Ryo, appena si accorse che l’adorata socia aveva ripreso conoscenza “Mi hai fatto prendere un bello spavento” aggiunse accarezzandole i capelli dolcemente.
 
“Scu-scusa… non volevo” articolò lei ancora frastornata.
Poi, guardandosi intorno e continuando a sbattere le ciglia, chiese:
 
 “Ma dove mi trovo?”
 
“Sei nell’infermeria della Princess Raven. Ti abbiamo portata qui dopo che sei svenuta sul ponte. Avevi perso molto sangue, e tutta quella corsa indiavolata ti ha messo k.o.” spiegò con un sorriso.
 
Kaori si soffermò a guardare quel volto tanto amato e, benché fosse ancora un po’ confusa, notò subito che non appena aveva riaperto gli occhi, i lineamenti tirati di Ryo erano andati via via distendendosi, e anche lui aveva riacquistato colore.
Allora era stato seriamente in pensiero per lei!
Se ne dispiacque, quindi Kaori cominciò con:
 
“Perdonami, credo di aver combinato un gran cas….”
 
“Non lo dire neanche per scherzo!” l’interruppe lui “Sei stata bravissima, e se non fosse stato per te a quest’ora avremmo perso la refurtiva, e non avremmo avuto prove della colpevolezza di quei quattro sospettati.”
 
La socia, lusingata da quei complimenti, che giungevano quando invece si sarebbe aspettata dei rimproveri, si entusiasmò: era così raro che Ryo le esprimesse riconoscenza o la gratificasse per il lavoro svolto!
E pensò che, o era stata veramente brava, o lui era realmente cambiato, tanto da non nasconderle più la sua stima… e la preoccupazione.
Ma forse erano entrambe le cose, e a lei andava benissimo anche così.
Gli sorrise grata e non aggiunse altro.
 
A quel punto, l’uomo si alzò dallo sgabello posto accanto al letto e andò alla porta, mise la testa fuori e Kaori lo sentì dire:
 
“Si è svegliata, potete entrare!”
 
“Dimmi che non hai perso la memoria di nuovo!” sbottò Reika, non appena messo piede nella cameretta.
 
“Reika!” la redarguì Miki, che la seguiva a ruota.
 
“Ragazze, che bello rivedervi!” esclamò Kaori tentando di mettersi seduta.
Ma fu presa da un capogiro e, ricadendo indietro sul cuscino, si lasciò scappare un “Oh, oh!” preoccupato.
 
Subito Ryo si protese verso di lei, ma la socia lo rassicurò dicendo:
 
“Tranquillo, mi ha girato solo un po’ la testa; colpa mia, che ho fatto un movimento troppo brusco.”
 
“Mmm, sarà!” disse lui perplesso.
Allora lei fece per accarezzargli il viso, ma si ritrovò il braccio fasciato; solo allora si ricordò della ferita da arma da fuoco.
 
“Poteva andarmi peggio” ironizzò la ragazza.
 
“Già, ma come è stato?” chiese Miki “Raccontaci.”
 
E Kaori fece un breve sunto di come si erano svolte le cose, e del fatto che ad un certo punto la ladra Itachi avesse estratto la pistola, fatto fuoco una prima volta e, approfittando della caduta di Kaori, le avesse sparato ancora.
 
“Quella bastarda…” sibilò tra i denti Reika.
 
“Ma era ovvio che lo facesse, doveva fermarmi! Però non aveva fatto i conti con la testardaggine di Kaori Makimura!” disse orgogliosamente lei.
 
“…o Kaori Saeba?” aggiunse Ryo con la sua solita faccia da schiaffi.
 
Ancora la socia non gli aveva spiegato perché fosse ricorsa a quel cambio di cognome, che peraltro lo divertiva tantissimo, e sapeva che facendoglielo notare, lei si sarebbe imbarazzata.
Però era così felice che fosse lì con lui, sana e salva, che voleva stuzzicarla, ristabilendo un po’ di normalità.
 
“Cos’è sta storia?” chiese allora Miki con sguardo indagatore “Mi sono persa qualcosa?” Insinuò.
 
“Ma no, no, è una cosa così, che mi sono inventata la prima volta che Iro Murasaki mi ha abbordato, una sciocchezza senza senso… e comunque era… prima” terminò rossa in viso.
 
Sapeva benissimo che Ryo, per il mondo civile, non esisteva, e anche se ora erano una coppia, non ci sarebbe mai stata una Kaori Saeba; e per quanto un pochino le dispiacesse, alla fine quello che più contava veramente era stare con lui, che si appartenessero.
Di sicuro non c’era bisogno di un certificato o di un paio di firme, per sancire il loro amore.
 
Poi, per spostare l’attenzione su questioni più serie e meno intime, la sweeper esordì:
 
“Piuttosto, come è andata con gli altri ladri? Come avete fatto a trovarmi?”
 
“Semplice” rispose Ryo “Ero lì che mi annoiavo nella sala da ballo, stavo pensando che era già da un po’ che te ne eri andata, e iniziavo a preoccuparmi. Poi ho sentito che eri in pericolo e sono corso da te.”
 
Nessuno dei presenti si chiese come aveva fatto l’uomo a sentirlo, perché tutti sapevano che il loro legame era così forte e così esclusivo che potevano capitare anche di quelle cose, che era perfettamente normale per loro due.
 
“Quando abbiamo visto andar via Ryo, nonostante i Sora, Murasaki e la Momotaro non si fossero mossi da lì, ci siamo dette che c’era sotto qualcosa e lo abbiamo seguito” proseguì il racconto Miki.
 
“Sì, abbiamo piantato tutti alle cure dei bei marinaretti” aggiunse l’investigatrice “e abbiamo cercato di raggiungerlo, ma era fuggito via come il vento e non riuscivamo a trovarlo!”
 
“Non so perché io mi sia diretto di filato all’alloggio dei Sora, forse perché era il più vicino alla sala, non lo so. Comunque sia, mano a mano che mi avvicinavo, il mio istinto mi diceva che c’era qualcosa che non andava. Ho fatto irruzione nella stanza e poco dopo sono stato raggiunto dalle ragazze. Abbiamo recuperato il portatile di Miki, e seguendo le spie luminose sul monitor ti abbiamo seguita.”
 
“Dovevi vederlo…” disse l’ex mercenaria “quando abbiamo trovato tracce di sangue sulla carta da parati stava quasi per perdere la testa.”
 
“Eh eh eh” ridacchiò Ryo grattandosi la testa a disagio, ma la socia gli sorrise con amore prendendogli la mano libera abbandonata sulle ginocchia; la strinse brevemente.
 
Sì, si disse Miki, quei due potevano essere spudorati per tante altre cose, quando per esempio Ryo faceva il maniaco o il pervertito, quando lei gli correva dietro come una furia urlando e strepitando, quando si abbuffavano di cibo e ridevano con la bocca piena, quando si facevano scherzi pesanti ed inopportuni… ma il loro amore l’avrebbero sempre tenuto da conto.
Non avrebbero mai permesso che si sporcasse esponendolo troppo agli occhi degli altri: sarebbero rimasti sempre timidi e impacciati in pubblico, magari nemmeno i lori amici li avrebbero mai visti baciarsi, ma non per questo il loro sentimento sarebbe stato meno forte o qualcosa di cui vergognarsi; al contrario, sarebbe sempre stato un tesoro prezioso da custodire con cura.
Sorrise fra sé, perché era la stessa cosa che capitava a lei e al suo adorato Falcon, che non avrebbe mai smesso d’imbarazzarsi di fronte agli altri, sensibile com’era; ma nell’intimità della loro casa era un uomo adorabile e premuroso, che non faceva mai mancare nulla alla bella mogliettina.
Il loro rapporto era completo e lei non aveva di che lamentarsi sotto ogni profilo.
Stavano cercando di avere un figlio, e forse quella era la volta buona, ma era troppo presto per dirlo in giro… e quello non era comunque il momento.
Quando sarebbe stata ora, lei e Umi l’avrebbero annunciato con gioia insieme.
 
“Ma insomma, come è andata a finire? A quanto pare sono svenuta e non ricordo niente…” riprese Kaori.
 
“Lo dicevo che soffriva di amnesia!” rincarò Reika.
 
“Ma noooo” rispose la sweeper “Ricordo tutto, tranne quello che è successo durante il mio… sonnellino!” puntualizzò.
 
“Certo, hai ragione” conciliò Miki “In pratica è andata così…”
 
E prese a raccontarle che mentre Kaori rincorreva la ladra, e lei e gli altri erano sulle sue loro tracce, il Capitano Musashi aveva tenuto sotto stretta sorveglianza i quattro, fino a quando non era scattato l’allarme, fatto suonare da Reika; a quel punto Miki era riuscita, tramite un assistente di bordo, a contattare il capitano e a spiegargli brevemente la situazione.
Da lì c’era stato un fuggi fuggi generale, non prima di aver fatto uscire dalla sala, scortati, i Sora, Iro e Momo e averli portati nell’ufficio di Musashi, dove erano rimasti fino alla fine, in stato di fermo.
Nel frattempo il capitano aveva dato ordine di far fermare la nave e di calare una scialuppa di salvataggio per recuperare il ladro aggrappato alla fune, e di tenersi pronti nel qual caso Itachi si fosse gettata volontariamente o fosse caduta.
 
Kaori sospirò.
Ripensandoci, aveva avuto veramente paura per la donna che, in preda alla disperazione di chi si vede senza via d’uscita, era disposta a rischiare la vita.
La sweeper si era gettata su di lei per salvarla senza pensare a niente, nemmeno al fatto che il dolore della ferita al braccio iniziava ad essere intollerabile e che stava perdendo la forza nell’arto lesionato.
L’arrivo di Ryo era stato provvidenziale e, pensando al pericolo scampato, suo e della ladra, rabbrividì; istintivamente si voltò verso di lui.
Reazione che non sfuggì all’uomo, che subito premuroso le chiese se avesse freddo, ma lei si affrettò a rassicurarlo, anche se stare fuori sotto quella pioggia gelida, con le onde che si scontravano sulle murate e inondavano il ponte e chi vi stava sopra, non era stato l’ideale; solo poco prima di svenire si era resa conto di essere bagnata fradicia.
Immaginando i suoi pensieri, Ryo le disse:
 
“Quando ti ho portato qui, subito dopo essere stata medicata con un paio di punti di sutura, ho provveduto ad asciugarti i capelli come ho potuto. Per il resto… dovrai accontentarti” e a Kaori parve che lui fosse arrossito, possibile?
Ryo non arrossiva mai…
Ma inspiegabilmente le venne spontaneo alzarsi il lenzuolo per controllare come fosse sotto, e quando scoprì di essere completamente nuda, andò a fuoco!
Quindi era stato Ryo a spogliarla e, pur avendola già vista nuda, e in atteggiamenti tutt’altro che pudichi nelle ultime ventiquattro ore, al solo pensiero si vergognò come non mai; e il fatto che si fosse sentito a disagio lui per primo non l’aiutò.
Con uno scatto si tirò il lenzuolo fino al mento e le ragazze vendendo tutta la scena scoppiarono a ridere dell’imbarazzo dei due.
 
Quando le risate scemarono, la sweeper osò chiedere:
 
“… chi-chi altri?” intendendo chiaramente chi altri l’avesse vista nuda; l’uomo, in difficoltà, rispose, grattandosi la testa:
 
“Be… io … il dottore… l’infermiera…”
 
E la socia si lasciò andare ad uno sbuffo esasperato e rassegnato insieme.
Poi si ricompose e, quasi a ricordarsi di una cosa, chiese:
 
“Ma quando avete preso Itachi e Megane, e li avete portati dal capitano… insomma, cosa hanno detto? E gli altri, hanno confessato?” Era curiosa di sapere, e quella era veramente la parte che desiderava conoscere.
 
“Oh, niente di speciale” rispose Reika con una nota di delusione nella voce “non ti sei persa niente d’interessante.”
 
“Esatto” s’intromise Miki “Quando sono stati al dunque, all’inizio soprattutto, i Sora hanno cominciato a dire che non avevamo le prove, che ci stavamo accanendo su due poveri vecchi… Ma Reika, che aveva avuto modo di stargli appiccicata tutta la sera e si era accorta dei loro travestimenti, gli è andata vicino e gli ha strappato le parrucche davanti a tutti.”
 
“Ohhhh” esclamò Kaori interessata.
 
“Sì, e poi li ho costretti a togliersi tutto il resto” puntualizzò l’investigatrice, con una leggerissima nota di sadismo nella voce “E ti dirò che il sedicente Signor Taiyo è veramente un bell’uomo. Peccato che sia un furfante, però; sarebbe davvero impensabile vivere una storia con un tipo come lui. V’immaginate un’investigatrice privata che s’innamora di un ladro? Assurdo… eppure eppure… mi sembra di aver letto da qualche parte una cosa simile, anche se quella volta erano un poliziotto e una ladra… ma è stato tanto tempo fa, in un manga… Bah, va a capire” finì per dire con aria meditabonda. “In ogni caso” riprese poi “il bel ladro ha realmente una moglie, la signora Tsuki, quindi… non se ne sarebbe fatto niente ugualmente.”
 
“Momo e Iro?” chiese sempre più curiosa la sweeper, alla faccia che non ci fosse niente di particolare in quella storia.
 
“Be’, anche loro due sembrano essere una coppia, ma non ne siamo sicuri. Saeko sta verificando le generalità che ci hanno fornito, se corrispondono a qualcuno veramente esistente o se ancora una volta si trincerano dietro una falsa identità” rispose Miki. “In ogni caso poi sono stati interrogati ad uno ad uno singolarmente e non volevano cedere, tergiversavano, si coprivano le spalle a vicenda e, a parte le coppie, insistevano dicendo che non si conoscessero affatto. Fino a quando non gli è stato detto che avevamo catturato Itachi e Megane… e allora, a quel punto, si sono arresi” concluse la bella barista.
 
“Ah” disse Kaori un po’ pensierosa; e poi: “Ed ora, che ne sarà di loro?”
 
Stavolta fu Ryo a rispondere:
 
“Domani mattina, appena attraccheremo al porto di Senpai, saranno presi in custodia dalla polizia e dovranno rispondere dei furti a loro imputati. A parte Itachi che ti ha sparato, finora il Camaleonte, o meglio I Camaleonti, non avevano fatto ricorso ad armi, e quindi le pene saranno giuste, ma meno severe.”
 
A quel punto a Reika sfuggì uno sbadiglio, che si affrettò a nascondere dietro la mano; era ormai notte inoltrata e, passata l’ondata di adrenalina che avevano provato in quelle ultime ore concitate e forsennate, tutti si sentirono improvvisamente stanchi.
 
Kaori guardò Ryo in una muta domanda: voleva tornare in cabina con lui, ma temeva di dover trascorrere la notte in infermeria.
 
“So cosa ti stai chiedendo, ma non so che dirti… chiamo il dottore, ok?”
 
“Sì, grazie Ryo. E voi, ragazze, andate pure a dormire. Io ormai sto bene e mi basterà farmi una bella dormita questa notte; domattina sarò più pimpante che mai!”
 
“Signora Saeba?” esordì il dottore entrando nell’astanteria “Come si sente?”
 
“Molto meglio, grazie!” rispose Kaori, glissando sul come l’avesse appena chiamata.
 
“Ne sono lieto. Ora sarebbe meglio per lei che riposasse: ha perso molto sangue e le medicine che le ho somministrato, presto le daranno una leggera sonnolenza.”
 
“Posso tornare in cabina?” chiese timidamente.
 
“Veramente preferirei che rimanesse qui… ha bisogno di assoluto riposo” e voltandosi appena in direzione di Ryo, si schiarì la voce a disagio.
Aveva subito capito che quella era una giovane coppia e, in qualche modo, immaginava che si sarebbero potuti dedicare ad attività diciamo… stancanti, e lui temeva che la ragazza si affaticasse.
Improvvisamente tutti e tre arrossirono, come se pensassero la stessa cosa.
Kaori ruppe quel silenzio imbarazzato dicendo:
 
“Ma io vorrei tanto passare la notte in camera mia, starei più comoda e potrei dormire meglio… la prego!” quasi implorò.
Il dottore guardò i due soci e Ryo gli rivolse un sorriso angelico, quindi alla fine, si disse, perché no?
I parametri vitali di Kaori erano in perfetto stato, era una ragazza giovane e forte, e la ferita era stata suturata perfettamente.
Certo era debole, ma in fondo quei due erano adulti, e che diritto aveva lui di non credere che non avrebbero seguito le sue raccomandazioni?
 
“E va bene, signora Saeba, la lascio andare, però… dovrò trovarle qualcosa da metterle, che il suo vestito era tutto strappato e inservibile. Un attimo che vado a sentire con la mia infermiera.”
 
E scomparve dietro alla porta.
Kaori sospirò e, chiudendo gli occhi esausta, chiese al socio:
 
“Era così tanto messo male?” intendendo quel bellissimo vestito che le aveva prestato Eriko.
 
“Be’, a parte quello spacco vertiginoso che avrebbe fatto resuscitare i morti” rispose in tono malizioso lui “l’abito era tutto bagnato e sporco di sangue, praticamente era diventato un cencio…”
 
A quella risposta lei aveva riaperto gli occhi di scatto:
 
“Ryo???” esclamò lei quasi scandalizzata.
 
“Che c’è? Mica è colpa mia se sei sempre sexy anche dopo aver rincorso in lungo e in largo una ladra, esserti presa una pallottola in un braccio, e indossando un vestito lacero e in pessime condizioni!” rispose lui facendo spallucce e con una luce strana negli occhi.
La socia si sentì rimescolare dentro.
Allora era vero, Ryo la desiderava sempre e intensamente!
E lei si sentì orgogliosa e appagata.
Per una frazione di secondo si rammaricò del fatto che, per quella notte, avrebbero dovuto restarsene calmi, però poi si consolò pensando che sarebbe stato bellissimo lo stesso dormire abbracciata a lui.
Gli sorrise con amore.
 
Poco dopo fece il suo ingresso l’infermiera:
 
“Signora Saeba, purtroppo non ho molto da prestarle, se non questa vecchia tuta che tengo di scorta qui nell’armadietto. Spero che sia della sua taglia.”
 
“Oh, ma si figuri, andrà benissimo” rispose grata la sweeper. Poi, rivolta a Ryo timidamente: “Ti-ti… dispiacerebbe uscire…”
 
“Eh? Oh, sì sì, eh eh eh” ridacchiò Ryo, impacciato.
 
Per certe cose dovevano ancora prenderci l’abitudine, e il fatto che fossero lontani dalla loro cabina che rappresentava il loro rifugio intimo, li metteva ancora di più in difficoltà.
In ogni caso Kaori si vestì in fretta, nonostante più volte dovette fermarsi sul più bello in preda alle vertigini; ma si guardò  bene dal dirlo al dottore o a Ryo, col rischio di dover rimanere veramente lì tutta la notte, su uno scomodo e stretto lettino.
Voleva dormire con Ryo in quello che era il loro letto, e non vedeva l’ora di andarsene.
 
Quando fu pronta richiamò dentro Ryo e, salutati il dottore e l’infermiera, fecero ritorno al proprio alloggio, nella pace di quella grande nave ormai addormentata, con il leggero ronzio dei motori quasi impercettibile e il sibilare del vento fuori a ricordargli che la tempesta paventata si stava avvicinando. Ma non c’era da preoccuparsi perché fra poche ore sarebbero entrati nel porto di Senpai e lasciandosi alle spalle il mare aperto.
 
I due camminavano a braccetto in un silenzio colmo di parole poi, ad un certo punto, Ryo si frugò nelle tasche della giacca dello smoking leggermente spiegazzato, come a voler prendere le sigarette e Kaori, accorgendosi dei suoi maneggi, incredula e quasi inorridita gli chiese:
 
“Ryo, ma non vorrai mica fumare qui dentro? Lo sai che è vietato!”
 
Ma lui tirò fuori solo il famoso accendino d’oro con le sue iniziali, e senza dire niente lo porse alla ragazza.
 
“A-a-allora sei riuscito a riprenderlo!”
 
“La tua amica Momo non è la sola ad essere svelta di mano” rispose furbescamente lui.
 
“Raccontami come è andata, dai” domandò lei divertita.
 
“Fattelo dire da Ryoka.”
 
“Eh?” chiese perplessa la socia.
 
“Niente niente” ridacchiò Ryo “Piuttosto, ora me lo vuoi spiegare perché tutti ti chiamano Signora Saeba? Ma voglio il motivo, quello vero…”
 
La ragazza, arrossendo, chinò il viso e per un po’ non disse niente; continuavano a camminare e presto sarebbero arrivati finalmente al loro alloggio; Ryo aspettava pazientemente che lei si decidesse a rispondergli, mentre lei valutava cosa dirgli.
Se gli avesse confessato che avrebbe tanto desiderato essere sua moglie, a tutti gli effetti, così facendo gli avrebbe ricordato che lui non aveva uno status vero e proprio e l’avrebbe ferito; però voleva essere sincera, e stava cercando il modo migliore per rispondergli senza mentirgli né farlo soffrire.
Tanto tempo fa avevano già affrontato questo discorso, e sapeva benissimo come la pensava lui in merito, anzi alla fine ci aveva scherzato su, ma sapeva anche che era un argomento tabù, ed ora pagava le conseguenze di un innocuo giochetto che aveva iniziato giusto il giorno prima, quando non sospettava minimamente la piega che avrebbero preso le cose.
Ancora una volta optò per l’onestà e quando rialzò il volto, allo stesso tempo si fermò e, facendo un passo avanti, gli si parò di fronte.
Lo fissò dritto negli occhi, e Ryo trasalì perché capì che sarebbe stato qualcosa di estremamente serio, lui che credeva che si sarebbe risolto con una celia qualsiasi.
Inghiottì a vuoto.
Contemporaneamente però si sentì annegare in quei caldi occhi ambrati, che sempre lo catturavano e lo ammaliavano, e ciò che vi lesse fu così intenso che fu pervaso da un senso di felicità senza pari: con quegli occhi Kaori non avrebbe potuto dirgli niente di male, lei lo amava e lo stava facendo anche in quel momento, intensamente.
Non si erano nemmeno resi conto di essere ormai giunti davanti alla loro porta.
 
Dopo una pausa che parve eterna, Kaori parlò:
 
“Ho scelto di chiamarmi Saeba perché volevo provare che effetto mi avrebbe fatto… il tuo cognome accanto al mio nome. All’inizio ho pensato che sarebbe stato divertente, una cosa innocente, la verità è che mi piacerebbe tantissimo potermi presentare come Kaori Saeba, ma so che ciò non è possibile… fino a ieri non credevo nemmeno che tu ti saresti deciso e che saremmo diventati… noi. Quindi era doppiamente un sogno con cui giocare. Ma ora che siamo insieme, non m’importa se non potrò chiamarmi in questo modo… mi basta avere te” concluse con un sussurro.
 
Ryo era rimasto senza fiato e non riusciva a dire niente, allora la ragazza prendendogli la mano gli disse:
 
“Ti prego non pensarci più… a me va bene anche così” e gli regalò un sorriso che gli fece accelerare il cuore; poi lui, intrecciando le dita a quelle della donna, le disse:
 
“Kaori, forse un giorno potrò darti ufficialmente il mio cognome, nel frattempo potrai usarlo quando e come vorrai perché per me tu sei… tu sei già mia moglie!”
 
“Ryo!” esclamò lei volandogli fra le braccia e stringendolo forte a sé.
 
“Piano, piano, Sugar, che così ti si riaprono i punti!”
 
“Cosa vuoi che me ne importi” rispose lei, soffocando il viso nel suo petto.
 
Lui la strinse a sua volta, provando una gioia senza nome che gli scaldò il cuore.
Dopo un attimo intenso e carico di amore, lui le sussurrò:
 
“Entriamo?”
 
E aprendo la porta la fece entrare galantemente per prima; richiudendosela alle spalle esordì con:
 
“E quindi anche stanotte ti infilerai il pigiama da vecchia? Lo stesso che indossa quella mezza matta che va in giro per New York?” protestò lui.
 
Kaori scoppiò a ridere, e rimproverandolo bonariamente gli disse:
 
“Sei sempre il solito!” e poi “E comunque hai sentito il dottore, no? Assoluto riposo
 
“Sì, sì, ma almeno staremo nello stesso letto. Tu piuttosto, vedi di non saltarmi addosso come la notte scorsa!”
 
“Ma sentilooooo!”
 
E da dietro la porta chiusa giunsero le risate dei due, che si spensero in un mormorio complice e felice, per poi riaccendersi all’improvviso in piccoli scoppi contagiosi, fra rumori prosaici, normali, di vita.
 
   
 
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