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Autore: Talitha_    04/01/2021    2 recensioni
In un’ipotetico futuro in cui Marinette e Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ecco a voi una serie What if? alla stregua del romanticismo e del fluff più assoluto.⁣

"Era tutta colpa di Marinette se adesso Adrien moriva dalla voglia di mettere le mani in posti dove non avrebbe dovuto, e di baciarla come mai aveva fatto prima.”⁣
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

 

“Non siate annoiati, ma di notizie assetati! Buonasera parigini, qui Nadja Chamack per un servizio speciale. Perdonate l’interruzione del programma ‘Vrai ou fausse?’, purtroppo qui a Parigi la situazione è sempre più critica. A quanto pare, il nuovo super cattivo akumizzato da Papillon si sta rivelando più forte del previsto. Sembra proprio che oggi i nostri paladini stiano trovando un po' di difficoltà nel collaborare, non trovi anche tu, Clara?”

L’inviata annuì, mentre si portava il microfono alle labbra. 

“Hai proprio ragione, Nadja. Sono alcuni giorni, in realtà, che Ladybug e Chat Noir sembrano più distratti del solito. Oggi in particolar modo: sono più di due ore che cercano di neutralizzare L’Elettricista, quando normalmente impiegano soltanto pochi minuti per sconfiggere un cattivo. Purtroppo le telecamere non sono riuscite a registrare nulla, L’Elettricista le ha messe tutte K.O., ma sospetto che tra i due supereroi sia successo qualcosa che renda difficile il lavoro di squadra.”

Nadja sorrise, come fa sempre quando sente odore di scoop. 

“Esatto, Clara. Alcuni ipotizzano abbiano litigato, ma io credo che la causa di questa loro difficoltà sia un’altra. Magari la situazione tra i due supereroi si è fatta più piccante del previsto. In attesa di news sull’attacco Akuma, ecco alcune foto scattate durante i combattimenti degli ultimi giorni che rafforzano la mia ipotesi. È evidente che il rapporto tra Ladybug e Chat Noir va ben oltre una sincera amicizia…”

 

***

 

Uno schiocco di frusta fendette l’aria. 

“Milady, attenta!”

Chat Noir prese la rincorsa per dirigersi verso Ladybug, e proteggerla dall’attacco del nemico. 

Era spaventato. 

Il potere dell’Elettricista si stava rivelando più pericoloso del previsto. Lanciava fili di cavi elettrici a mo’ di frusta, e chiunque venisse colpito diventava un suo assoggettato. 

Ladybug si voltò giusto in tempo per rendersi conto dell’imminente pericolo, due mani di gatto la afferrarono per la vita e la spinsero a terra, per schivare il filo elettrico. 

“Giusto in tempo” soffiò Chat Noir, con una mano proteggeva il capo della sua partner. 

Ladybug sbuffò. Stava andando tutto a rotoli. 

Tra lei e Adrien sul campo di battaglia c’era sempre stata una grande sintonia, che non era mai stata ostacolata dai loro sentimenti, se non in alcuni e pericolosi casi. 

Ora, invece, era tutto diverso. 

Non che prima Adrien non amasse Ladybug, anzi. Soltanto che adesso sapere chi c’era dietro quella maschera - la persona che più amava al mondo - lo faceva sempre stare con le orecchie ritte, in allerta. 

Adrien era estremamente protettivo, questo Marinette lo sapeva. E la trovava anche una cosa dolcissima, ma non quando si trovavano nelle loro vesti da supereroi. 

Quando combattevano per difendere Parigi, anche la minima distrazione avrebbe potuto compromettere la missione e il bene della città. 

E Chat Noir era sempre lì a coprirle le spalle, senza però pensare a lui e alla missione. 

Marinette odiava tutto questo. Capiva il bisogno di Adrien di proteggerla a qualunque costo, però ci sono delle circostanze in cui bisogna anteporre il bene della comunità a quello della persona che si ama. 

Loro sono supereroi, il loro dovere è quello di difendere la città e le persone che vi abitano, anche a costo di qualche rischio. 

“Stai bene?”

Adrien le porse una mano guantata per aiutarla ad alzarsi. Lei non la accettò. 

“Sì, sto benissimo.”

Il tono con cui le uscì quella frase era più cinico di quanto avesse voluto, e questo intristì Adrien. 

Fece per parlare, quando Ladybug si voltò e spiccò il volo. 

“Non possiamo più permetterci di perdere tempo a neutralizzare i suoi soldati, sarebbe soltanto uno spreco di energie. Dobbiamo trovarlo e affrontarlo direttamente.”

Chat Noir la seguì, mentre saltava con grazia da un tetto all’altro scrutando l’orizzonte in cerca di qualche indizio che potesse indicarle la posizione dell’Elettricista. 

“Milady, è troppo pericoloso. Non… non possiamo rischiare che ti colpisca.”

Ladybug si fermò in piedi in bilico su una tegola. 

Chat Noir” scandì lentamente quelle due parole, come a voler sottolineare il suo ruolo in quel momento. “Se avessimo ragionato così con ogni nemico che abbiamo affrontato, Papillon avrebbe ottenuto i nostri Miraculous con uno schiocco di dita. Smettila di fare l’iperprotettivo e ascolta il mio piano.”

Gli occhi di Adrien erano delusi, feriti. 

“Ma…”

“Niente ma. Dobbiamo agire subito, è tutto il pomeriggio che stiamo dietro a Papillon. Sono stanca e voglio che tutto questo finisca il prima possibile.”

“Aspetta.”

Adrien le afferrò il polso. “Marinette, ma che ti prende? È tutto il pomeriggio che mi rispondi male, ogni cosa che faccio è sempre sbagliata. Sei arrabbiata con me?”

Ladybug scivolò via dalla sua presa. “Non sono Marinette, adesso. E questo non è il momento adatto per parlare. Ora seguimi, finalmente ho capito come usare questo orologio.”

E saltò via. 

Adrien la fissò per qualche istante, come inebetito. Poi scosse la testa e si costrinse a fare come Ladybug gli aveva chiesto. 

 

2.

Finalmente quel pomeriggio estenuante era terminato. Marinette e Adrien stavano tornando a casa, separati da un pesante silenzio di parole non dette. 

Quando Papillon aveva colpito, erano nel bel mezzo di una passeggiata romantica lungo gli Champs-Elysées. 

Era tutto perfetto

Era tutto perfetto. 

Poi tutto era andato a rotoli. La battaglia era stata un fiasco su ogni fronte. Certo, alla fine erano riusciti a purificare l’Akuma, ma c’erano volute quasi tre ore prima che tutto tornasse alla normalità. 

Ladybug non si era mai sentita tanto frustrata in vita sua. 

Da tempo si era iniziata a chiedere se ci fosse effettivamente spazio per una relazione sentimentale tra loro: all’inizio non ci aveva fatto molto caso, però con il passare dei giorni si era accorta come fosse sempre più difficile ragionare razionalmente quando c’era in ballo Chat Noir, la persona di cui era follemente innamorata. 

Un bacio rubato, uno sguardo d’amore. 

All’inizio, quando cadevano uno addosso all’altra, Ladybug non provava nulla. Cercava sempre di tenersi il più professionale possibile di fronte a casi del genere. 

Ora non ci riusciva più. Si sentiva tutta scombussolata, il cervello smetteva di funzionare e perdeva il controllo della situazione. Tutta colpa di Chat Noir. 

Non andava assolutamente bene. Lei era la Guardiana della Miracle Box, oltre al possessore del Miraculous della Coccinella. 

Non poteva permettersi distrazioni del genere. 

“Posso sapere cosa c’è che non va?” 

Dopo lunghissimi minuti di silenzio, Adrien la sorprese stringendole leggermente la mano, negli occhi uno sguardo implorante. 

A quelle parole, Marinette sentì il cuore mancare un battito. Era incredibile come Adrien riuscisse ad essere dolce anche da arrabbiato. 

Scosse la testa con amarezza. “Fai prima a chiedermi cosa c’è che va. E la risposta è molto semplice: niente.”

Adrien si sentì offeso dal tono con cui Marinette aveva parlato. Lei se ne accorse, eppure non riuscì a impedirsi di parlare. 

“Adrien, non possiamo andare avanti a questo modo” dichiarò infine. 

Lui la fissò sorpreso, gli occhi spalancati. Sentiva l’ossigeno mancargli nei polmoni, un nodo formarsi in gola. Fece per parlare, ma era a corto di parole. 

Marinette avvertì le sue dita stringere la presa attorno alla mano di lei, e tutto il suo corpo irrigidirsi accanto a sé. Continuava a guardare dritto, forse senza il coraggio di affrontare il suo sguardo. 

Adrien annaspò: “C-che cosa intendi dire?”

Marinette abbassò gli occhi, cercando le parole adatte per esprimere al meglio il suo punto di vista. Poi respirò profondamente, e finalmente si voltò a guardarlo. 

Non si aspettava di vederlo così. Spaventato, terrorizzato

Marinette sentì anche lei l’ossigeno mancarle, il coraggio venirle meno. In quel momento avrebbe voluto semplicemente essere una ragazza normale, con una vita normale, nelle braccia del suo ragazzo, senza pensieri né preoccupazioni. 

“Adrien…” cominciò, senza sapere come continuare. 

Adrien le strinse la mano più forte, ora erano entrambi fermi in mezzo alla strada, ma era tardi e quasi nessuno si avventurava in una passeggiata a quell’ora, se non qualche padrone col cane e sparute coppiette appartate qua e là. 

Un fruscio d’aria fresca li attraversò indisturbato, ma nessuno dei due se ne curò. I loro cuori battevano troppo veloci, e il sangue scorreva talmente violento nelle loro vene che gli unici brividi che percorrevano le loro schiene erano di paura. 

Lo sguardo di Adrien era di ghiaccio, sulla punta delle labbra aveva incastrato una domanda, ma non osava pronunciarla. Come se quelle semplici parole combinate tra loro avessero un potere più grande di lui, e del suo amore per Marinette, e di tutto quello che erano riusciti a costruire in quei pochi giorni di relazione, che sembravano infinito e briciole al tempo stesso. 

“Adrien…” ripeté Marinette, in un tono non molto più convincente di prima. Con uno sforzo immane, ingoiò il groppo in gola e le lacrime che già le pizzicavano le ciglia. Fu una sensazione stranissima, come se i suoi occhi si fossero inariditi in un secondo. “È inutile illuderci, è chiaro che non sta andando come speravamo, e…”

“Mi stai lasciando?” 

Le parole taglienti di Adrien la colpirono in pieno petto. Involontariamente, Marinette indietreggiò di un passo, come se tutta quella situazione fosse troppo grande da gestire, da sopportare.  L’intreccio delle loro dita si sciolse. 

“N-no, io…”

Adrien la interruppe, nel tono una… freddezza che Marinette non gli aveva mai sentito. “Perché se mi vuoi lasciare, Marinette, io non sarò certo quello che ti ostacolerà. Ma vorrei prima capire su cosa si basa questa tua decisione, perché se si tratta di quello che è successo oggi, allora mi dispiace… n-non lo accetto.”

Le ciglia di Marinette sfarfallarono sotto la luce della luna, ora nuovamente umide. “Chaton… non dire così. Io…”

Lui portò una mano avanti, come a zittirla. “Non accetto che tu mi lasci soltanto perché ci siamo trovati in difficoltà a gestire una situazione completamente nuova. E non accetto neanche che tu mi umili così, facendomi sentire in colpa se mi preoccupo per te, se cerco di proteggerti, se sono innamorato di te.”

Una prima lacrima rigò la guancia rossa di Marinette. Adrien si sentì morire al pensiero che fosse colpa sua il motivo per cui lei stesse piangendo, però si disse anche deciso a risolvere la situazione, e questo non sarebbe stato possibile se lui avesse continuato a pensare solo a lei. 

D’altronde, era solo una lacrima. Ora due, anzi tre. Solo lacrime. Gocce d’acqua salata. Nulla di più. 

“N-non è vero, Adrien. E lo sai ben…”

“No che non lo so. So solo che tu mi stai lasciando e che io non posso starmene con le mani in mano.”

Marinette sbatté le palpebre, liberando nuove lacrime dall’intreccio delle sue ciglia. 

“I-io… non ti sto lasciando!”

“Sì che lo stai facendo.”

“No!” gemette, strizzando gli occhi. La vista era offuscata dal pianto, o forse dal dolore, e dalla rabbia. “Sto solo dicendo che, per il bene di Parigi, dovremmo trovare un’altra soluzione. Non possiamo andare avanti così.”

Adrien si spazientì. “Ma che significa: ‘Non possiamo andare avanti così’?! Sul serio, Marinette, ti rendi conto che ti stai contraddicendo da sola?”

Marinette abbassò nuovamente lo sguardo. Verso le loro mani, che ormai si erano separate da un pezzo. In quel momento desiderava soltanto sentire le braccia di Adrien circondarle la vita, le sue parole dolci confortarla come facevano sempre, le sue labbra calde baciarla con amore. 

“Adrien, io… sono molto confusa. Forse sarebbe meglio prendersi… una pausa per vedere se…”

“U-una pausa?” chiese Adrien, a fior di labbra. 

Marinette tornò a guardarlo. “So che ti sto chiedendo tanto, ma vorrei soltanto un po' di tempo per… per pensare. Ti prego, Adrien. Devo capire cosa fare”. Marinette deglutì. “Per il bene di Parigi, delle persone che ci circondano. Per il bene di… noi.”

Adrien sorrise amaramente. “Quale noi, Marinette? Stiamo insieme soltanto da diciassette giorni. È troppo poco tempo per anche solo pensare ad un noi.”

Marinette scosse vivacemente la testa. “Adrien, io penso ad un noi da molto più di diciassette giorni. Sin dal giorno in cui ti ho visto la prima volta, da Adrien e da Chat Noir. Io e Adrien come ad un noi di amici - nonostante continuassi a sperare in un qualcosa di più. Io e Chat Noir come ad un noi di partner. E quello che pensavo all’inizio non ha fatto altro che rafforzarsi sempre di più. Fino a che l’amicizia è diventata amore, e i due noi uno soltanto. N-non voglio che questo” fece un gesto rotatorio con la mano, “noi finisca. Non ho sofferto e lottato tanto per arrendermi così presto. Voglio soltanto scovare una soluzione, una via d’uscita. Un modo per risolvere i nostri problemi.”

Entrambi rimasero in silenzio per una manciata interminabile di secondi. Adrien si avvicinò a lei, e le prese la mano, e poi disse: “Ma perché non possiamo farlo insieme? Perché dobbiamo separarci per capire come agire? Io…” 

Nella sua voce Marinette riuscì a leggere dolore, panico. Ritrasse gentilmente la mano da quella di lui. 

“Per favore, Adrien. Soltanto qualche giorno. Ti chiedo solo questo. Fidati di me, come hai sempre fatto.”

E di fronte a quel viso rigato dalle lacrime, quelle ciglia bagnate e gli occhi scintillanti del riflesso della luna, le labbra rosse contratte in una smorfia di dolore e le mani tremolanti, e quella voce che lo pregava di acconsentire, Adrien non seppe dire di no. 

“Va bene, Marinette.”

E quel Marinette suonò così strano tra le sue labbra. Quasi… freddo

E senza un’altra parola, non un bacio, una carezza o uno sguardo, lui se ne andò. 

E per la prima volta da quando Marinette lo conosceva, la lasciò sola

Come lei aveva chiesto. 

 

Se l’era cercata. E non poteva biasimare altri che lei. 

 

 

3. 

 

Come sempre, la schiena di Adrien era lì, di fronte a lei. 

Ma per la prima volta da molto, moltissimo tempo, Marinette si sentì come se non avesse il diritto di osservarne il profilo, o di tracciare le curve dei ciuffi di capelli che si andavano nascondendo sotto il colletto della sua camicia bianca. 

“La tua padrona si è comportata malissimo col ragazzo” un bisbiglio - che nessuno oltre Tikki fu in grado di sentire - giunse dal basso. 

“La mia padrona aveva le sue buone ragioni per fare quello che ha fatto” ribatté una vocina dolce, che si diresse sotto la sedia di Adrien per raggiungere l’altro kwami. 

“No che non le aveva, zuccherino”. Plagg sembrava più impaziente del solito. “Nessuno, nemmeno la tua padrona, può permettersi di far soffrire così il mio Adrien”. Poi, con tono e gesti plateali, aggiunse: “Stanotte non ha chiuso occhio, piangeva e si disperava. E, ovviamente, ha interrotto il mio riposino di bellezza.”

Tikki sbuffò. “Senti, noi non siamo nessuno per intrometterci negli affari privati dei nostri padroni. E, a mio parere, Ladybug ha fatto benissimo ad accantonare i suoi sentimenti per il bene della città.”

Plagg la guardò sconcertato. “E al bene del mio Adrien non ci pensa?”

Tikki alzò gli occhi al cielo. “Certo che ci pensa, Plagg. Altrimenti non avrebbe passato anche lei la notte insonne a disperarsi su tutto quello che ha detto e fatto ad Adrien.”

Plagg strinse gli occhi. “Come minimo si merita di soffrire anche lei.”

Tikki strabuzzò gli occhi. “Ma che stai dicendo? Marinette è la persona più responsabile che conosca, e ha dato prova di grande coraggio ieri sera.”

“Stai dicendo che il mio padrone non è coraggioso perché non ci ha pensato prima?”

Tikki era stufa di quella conversazione. “Non ho detto questo, e lo sai bene.”

Poi si voltò a guardare le gambe incrociate di Marinette sotto al banco. “Sarà meglio non intrometterci, questa volta. Devono riuscire a risolversela tra di loro.”

Plagg fece per parlare, ma Tikki si voltò e gli intimò con lo sguardo di chiudere la bocca.
“Così avrebbe voluto anche il Maestro Fu” aggiunse. E allora Plagg la guardò a bocca aperta prima di girare i tacchi e tornarsene al suo posto nella cartella di Adrien, tra il libro di storia e quello di scienze. ‘Quella… coccinella buona a nulla. Infangare così la memoria di Maestro Fu.” 

Si accoccolò meglio contrò l’astuccio morbido.
Tsk… le donne.”

 

***

 

Alya guardò di sottecchi la sua compagna di banco. 

Era tutta la mattina che moriva dalla voglia di chiederle cosa fosse successo, perché era chiaro come il sole che le sue occhiaie e il suo ritardo fossero segni di un brutto presagio. 

Aveva un cattivo presentimento. 

Purtroppo aveva dovuto tenere a freno le sue domande, ché la signorina Mendeleiev scattava con un occhio di falco non appena la sua mente anche solo elaborava una frase da dire - e che non fosse pertinente alla lezione, ovviamente. 

E poiché questo accadeva piuttosto raramente (che Alya partecipasse alla lezione di scienze), allora sicuramente ogni suo tentativo di dare aria alla bocca era assolutamente inopportuno. E quindi la professoressa la zittiva con una gelida occhiata ancor prima che Alya potesse schiudere le labbra. 

Non restò altro, ad Alya, che fare elucubrazioni su tutte le possibili varianti di avvenimenti. E, si sa, Alya ha una fantasia straordinaria quando si tratta di ricostruire un evento su pochissime basi a disposizione. 

Premessa: Marinette, da quando lei e Adrien stavano insieme, non era mai - e dico mai - arrivata a scuola in ritardo. 

Dato di fatto 1: Adrien aveva passato la notte in bianco. 

Dato di fatto 2: Marinette aveva passato la notte in bianco. 

Conclusione: Marinette e Adrien aveva litigato

Ora, sicuramente non serviva la mente geniale di Alya per arrivare ad una conclusione del genere, perché lei ci era arrivata un secondo dopo l’arrivo dell’amica in classe. 

Il modo in cui aveva evitato lo sguardo di Adrien. 

Il modo in cui Adrien aveva evitato il suo sguardo. 

Andiamo, era palese che quei due avessero litigato

Il problema, quindi, non era tanto il ragionamento che Alya aveva condotto, tanto più la conclusione a cui lei era arrivata. 

Perché, da quando aveva memoria e da quanto aveva fatto esperienza nella propria vita, non era assolutamente possibile che Adrien e Marinette - la perfetta coppia di Adrien e Marinette - avessero litigato in toni talmente accesi da portare ad una ignorazione totale

Alya era esterrefatta, e non poteva assolutamente capacitarsi della teoria che la sua mente aveva partorito.

E allora, come prima cosa, si convinse di essersi sbagliata, e riprovò a condurre daccapo il proprio ragionamento. Quando, però, si accorse che non poteva non essere come aveva dedotto che fosse, allora si spremette le meningi alla ricerca di una spiegazione plausibile ad un litigio del genere.  

- vi prego di perdonare la mente contorta di Alya e i suoi film mentali, ma purtroppo sono cosa inevitabile in questo genere di situazione - 

Perché, nonostante i litigi all’interno di una coppia fossero normalissimi, a cui neanche la perfezione dell’Adrienette vi poteva scappare, era pressoché impossibile che dopo soli diciotto giorni dalla loro messa insieme un tale evento si fosse verificato. 

Questo era pane per la mente di Alya, e l’interessante lezione di chimica organica della signorina Mendeleiev andò a farsi fottere illuminare le menti di altri brillanti studenti.

Finalmente, e dico finalmente, la campanella sancì la fine della lezione. Allora Alya si sporse contro Nino e gli disse contro l’orecchio: “Adesso tu prendi Adrien e ti fai dire cosa cavolo è successo ieri con Marinette, perché ho davvero un brutto presentimento a riguardo, capito?”

Lui annuì con lo sguardo perso - certo, aveva notato che il suo amico non era in forma smagliante quella mattina, ma la sua mente durante la lezione appena trascorsa non era stata così attiva come quella della sua ragazza.  

“Bravo ragazzo” rispose allora lei con un sorriso, scoccandogli un bacio sulla guancia - e guadagnandosi l’ennesima occhiata assassina da parte della professoressa. 

Nel frattempo, Adrien era sgattaiolato via dalla classe come un gatto randagio, mentre Marinette era rimasta pietrificata sul posto, gli occhi già lucidi di lacrime. 

Non appena Alya si voltò verso di lei per attuare il piano investigativo che aveva messo a punto negli ultimi cinque minuti di lezione, rimase sconcertata dalla vista di una Marinette così debole e affranta. 

Raccolse velocemente le loro cose dal banco e le infilò nelle rispettive cartelle, dopodiché afferrò delicatamente l’amica per le spalle e la condusse fuori la porta, sotto gli sguardi sconcertati delle altre compagne di classe. 

Alya fece loro cenno di non preoccuparsi, che ci avrebbe pensato lei, e trascinò una passiva Marinette fino alle toilette delle ragazze. Scelse uno dei bagni più grandi e le chiuse dentro a chiave. 

E si voltò verso Marinette, e lesse nel suo sguardo tutta la sua infelicità e i suoi rimpianti, e cercò di infondere nel suo, di sguardo, supporto e sostegno. 

Solo allora Marinette si permise di piangere, gettando le braccia al collo della cara, vecchia amica Alya. 

 

***

 

Dopo cinque lunghissimi minuti di singhiozzi, moccio, parole confuse ripetute senza un filo logico, lacrime e lacrime e ancora singhiozzi, Marinette riuscì a calmarsi un po’. 

Alya continuava a sbatterle dolcemente la mano sulla schiena, come fa una mamma che culla il figlio, e a ripeterle parole dolci e di incoraggiamento. 

Marinette aveva ancora il mento poggiato sulla spalla di Alya, ogni tanto il corpo ancora scosso dai singhiozzi. 

Alya sorrise dolcemente contro i suoi capelli. “Va meglio, adesso?”

Marinette scosse la testa. 

“Tesoro, se non mi spieghi cosa è successo non sarò mai in grado di aiutarti. Avrò pure una particolare capacità nel capire le persone, ma la telepatia non rientra ancora tra le mie innumerevoli qualità.”

Marinette scosse nuovamente la testa. “È molto più complicato di quanto sembri.”
Alya si sporse a guardarla negli occhi. “Sono sicura che se me ne parli ti sembrerà meno difficile da affrontare.”
Marinette sorrise amaramente. “Non ci spero.”

“Ehi, Marinette. Cos’è questo faccino abbattuto? Non sono proprio abituata a vederti così, sai? Dov’è finita la determinata, forte Marinette che ho imparato a conoscere?”

“Forse ti sbagli, perché in fondo Marinette non è così sicura di sé come potrebbe sembrare” rispose lei a fior di labbra. 

Alya le tirò una pacca sulla spalla. “É stato forse Adrien a iniziare tutto questo? A farti soffrire in questo modo? Perché se è così puoi stare sicura che gli vado subito a spaccare quel bel faccino che si ritrova, poco importa che è il miglior amico del mio ragazzo, né tantomeno un famosissimo modello.”

Marinette sorrise sconsolata. “L’unica da biasimare per quello che è successo sono io. Adrien non ha nessuna colpa, se non di essere un ragazzo terribilmente affettuoso.”

Alya sbatté le ciglia. Quel caso si stava rivelando più complesso ed intrigante di quanto non immaginasse. 

“Che intendi dire?” le chiese. 

Marinette si portò le braccia intorno al corpo, come ad abbracciarsi. Rimase per un po' in silenzio, cercando di trovare un modo per poter spiegare ad Alya quello che era successo senza compromettere le loro identità segrete. 

Poi, udì il suono della campanella risuonare dell’aria. La ricreazione era finita. 

Guardò Alya con occhi spaventati. Non era pronta a tornare in classe, a sedere dietro Adrien e a osservare i riflessi nei suoi capelli dorati e le pieghe della sua camicia sulla schiena, e a disperarsi pensando a tutto quello che aveva rovinato, passando in rassegna tutti i ricordi che erano riusciti a costruire in quei giorni. 

“Marinette, non devi tornare in classe, se non te la senti”. 

Alzò di nuovo lo sguardo su Alya, la cara vecchia Alya, e pensò che non avrebbe mai potuto saltare la lezione perché non era abbastanza forte per fare fronte ad una situazione che lei stessa aveva causato. 

Scosse la testa e si costrinse a sorridere. “Grazie a te mi sento già meglio.”

Le diede un bacio sulla guancia come a rafforzare le sue parole, girò la chiave del bagno e si diresse al lavandino per darsi una rinfrescata alla faccia. 

Poi, sarebbe tornata in classe e avrebbe affrontato la situazione nel modo migliore che poteva, e, dopo la fine delle lezioni, a casa, si sarebbe scervellata per trovare una soluzione ai loro problemi. 

D’altronde, tutte le coppie ne hanno, giusto?

 

[Continue]

 

 

Convenevoli finali:

Ahahah, scrivere di questi due che litigano credo sia la cosa più divertente in assoluto *me sadica*. 

In realtà, dovreste considerare questa storia come scollegata da tutte le altre os, tant’è che avevo pensato di pubblicarla a parte, però mi piace così tanto cliccare il tasto ‘Aggiungi un nuovo capitolo’ che mi sembrava uno spreco iniziare una nuova storia tutta daccapo. Inoltre, mi sembrava anche di prendere in giro voi lettori, che aspettate impazienti che io pubblichi un nuovo capitolo, mentre in realtà mi sto dedicando ad un’altra storia. 

Quindi, per accontentare me, che scrivo di cose che non c’entrano una cippa con l’andazzo principale della raccolta, e voi, che attendete con ansia (o almeno, così mi diverto ad immaginarvi) un nuovo aggiornamento, ho deciso di pubblicare questa prima parte (di due) direttamente qui. 

- come si dice, due piccioni con una fava. E che piccioni, altro che quelli di Monsieur Ramier - 

Adrien: *etchiuuuuuu*

Bene, bando alle ciance - o ciancio alle bande, come preferite - spero tantissimo che questo capitolo vi sia piaciuto. Mi raccomando, commentate e fatemi sapere cosa ne pensate, vi risponderò al più presto. <33

Ultima cosa!!: siccome vi ho tenuto a digiuno durante tutte queste vacanze, vi dico sin da subito che la seconda parte verrà pubblicata tra due giorni.

 *già vi vedo mentre aprite frenetici il sito per vedere se ho mantenuto la parola, muahaha*

Tranquilli, terrò fede alle mie promesse.

 

A mercoledì,

Talitha_ <33

   
 
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