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Autore: Picci_picci    04/01/2021    4 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
.
"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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“Adrien!”

A poco importava se si fosse rotta l’osso del collo in quella folle corsa con i tacchi a spillo, ma mai lo avrebbe lasciato andare.

Lui era immobile, al centro della hall della maison Agreste. Si voltò lentamente verso di lei, mostrandole gli occhi verdi arrossati per l’imminente pianto. La visione dei suoi occhi la fecero arrestare; le sembrava che qualcuno le avesse appena dato un pugno in faccia.

“Cosa c’è?”, gli chiese lui in tono duro, “devi ancora svelarmi uno sporco segreto?!”

“Adrien..”, riuscì a dire lei a fatica, “ti prego io..”

“Io, cosa, Marinette?!”

“Almeno lasciami spiegare!”, esclamò lei spalancando le braccia, completamente disperata.

Lui si passò la mano tra i capelli, spettinandoli, “ti do dieci minuti, poi me ne vado.”

Lei annuì cercando le parole giuste, “ecco, io...è vero: ho chiesto a Chloè di spingerti ad accettare il master a Londra.”

Adrien si passò una mano sugli occhi, “dovrei ringraziarti per l'onestà?”

“L’ho fatto perché tu non perdessi questa occasione e...e… e perché avevo pau-paura”, disse lei abbassando lo sguardo.

“Paura?”, esclamò lui di un’ottava più alta.

Lei annuì, smuovendo i capelli neri, “avevo appena perso”, si bloccò un attimo e lo guardò negli occhi sperando che capisse chi era il soggetto della sua frase; e lui, ovviamente, capì, “e mi stavo così velocemente affezionando a te che quasi ne dipendevo. E anche tu, non dirmi diversamente.”

Lui annuì, restando ancora in silenzio.

“Ho avuto paura di quanto stessi dipendendo da te e avevo paura che questo fosse causato dalla mia recente perdita. Non volevo illuderti nè farti star male, ma se devo essere veramente sincera, io non volevo continuare a star male perché l’amico in nero che avevo perso, non era solo un amico. Mi sono accorta che lo amavo, ma era troppo tardi per dirlo. E, poi, improvvisamente, mi trovo a ri-innamorarmi di te e.. e ho avuto paura. Per questo ti ho allontanato e ho fatto quello che ho fatto.”

Dopo il suo discorso, alzò lo sguardo cercando quello di Adrien, ma lui guardava oltre di lei, non voleva guardarla negli occhi.

“Mi dispiace”, disse lei con voce rotta.

A quelle parole, lui si girò guardandola con tutta la rabbia di cui era capace.

“Mi sembra il minimo che ti dispiaccia! Capisco il tuo punto di vista, il tuo motivo”, disse lui gesticolando con le mani, “ma il problema è che tu, tu Marinette, hai scelto per tutti e due. Non mi hai considerato, hai semplicemente preso una decisione ed è stata quella!”

“Io...Adrien..”

Lui la guardò con sguardo freddo e impassibile.

Lei non era Marinette, la sua lady, la ragazza di cui si era innamorato tempo fa.

“La conversazione finisce qui”, e con falcate pesanti si incamminò verso l’uscita.

“Adrien!”, gli urlò lei come ultima speranza. Ma lui non si voltò, camminò dritto davanti a sé fino a che non si trovò in strada e sparì dalla sua vista.

A quel punto, Marinette non trattenne le lacrime e nemmeno i singhiozzi. Si accasciò sul pavimento, portando una mano alla bocca, cercando di far silenzio.

Riconobbe subito il sandalo tacco quindici ricoperto di swarovski che si fermò accanto a lei, “datti un contegno se non vuoi che tutti ne parlino.”

“La maison è praticamente vuota, lasciami in pace Chloè”, esclamò lei con rabbia, tra le lacrime. Poteva almeno piangere il suo dolore in pace?!

“Non lo sai? In questo posto anche i muri hanno le orecchie e gli occhi.”

Marinette sentì il rumore di oggetti che si muovevano, poi vide un elegante mano con unghie smaltate di rosa pastello porgerle un fazzoletto di carta.

“Non ti ho mai voluto vedere insieme ad Adrien, ma non ti ho nemmeno mai voluto vedere in questo stato. Bè, forse un tempo…”

“Grazie...credo.”

Restano per un po’ in silenzio, Marinette ancora sul pavimento che si asciugava le lacrime, Chloè in piedi  accanto a lei.

“Bene, direi che il momento è durato anche troppo”, esclamò di punto in bianco la bionda.

“Concordo.”

Chloè uscì dall’edificio, senza dire altro, mentre Marinette si alzò per tornare in ufficio a prendere le sue cose.

Al protetto, nello spazio chiuso dell’ascensore, si guardò allo specchio: si sistemò e ravvivò i capelli, asciugò le lacrime e tolse il mascara colato.

Nessuno avrebbe dovuto sapere nulla perché nessuno sapeva della sua relazione con Adrien.

Forse avrebbero potuto sistemare le cose, forse avrebbe potuto rimediare e Adrien avrebbe potuto perdonarla.

Ma sapeva anche lei che se c’era qualcosa che Adrien detestava erano i bugiardi e chi ostacolava il prossimo.

Cavolo, lei aveva fatto entrambe le cose!

Sospirò e si diresse a testa alta nel suo ufficio.

Per fortuna, Monsieur era rientrato nel suo studio; non ce l’avrebbe fatta a fingere che andasse tutto bene.

Prese velocemente il cappotto, la borsa e il telefono, leggendo gli ultimi messaggi.

Due di Alya che le inviava le foto del nuovo posto che avevano visitato lei e Nino, uno di Paul che l’aggiornava su un pettegolezzo sentito sulla segretaria del secondo piano e uno di sua madre. Le chiedeva a che ore Adrien sarebbe venuto. Prima che scoppiasse di nuovo a piangere, uscì da quell’edificio.

***

Quando arrivò a casa, si tolse le scarpe alte e il cappotto, lasciò la borsa al suo ingresso e scappò di sopra. O meglio, cercò di farlo.

“Tesoro, dove vai? Per favore prima apparecchia la tavola, poi potrai andare a farti bella per Adrien”, e Sabine concluse la frase con una risata giuliva.

Come avrebbe affrontato sua madre?

E suo padre?!

Loro si era fidati di lei e l’avevano supportata come sempre e ora li avrebbe delusi, di nuovo.

Dopo Luka, anche Adrien.

“Mamma”, disse cercando di non mostrarsi abbattuta, “Adrien stasera non verrà.”

Probabilmente, non verrà mai più. Non dopo la reazione che ha avuto, così impassibile e freddo che non sembrava nemmeno lui.

“Oh”, Sabine posò sul ripiano della cucina la torta salata che teneva tra le mani e cercò di non apparire delusa, “ha avuto un impegno? Chiedigli se vuol venire domani…”

“...non verrà, maman.”

La vista del volto di sua madre era diventato troppo e alzò lo sguardo al cielo.

“Tesoro, vuoi-“

“No”, tirò su col naso e fece un sorriso triste, “voglio solo andare in camera mia.”

Sua madre la abbracciò brevemente, “va bene, parlo io con tuo padre.”

Marinette annuì e si rinchiuse nella sua mansarda. Chiuse a chiave la botola e a quel punto di lasciò andare.

Mentre piangeva, si tolse la camicia rosa shocking e la gonna, indossando invece il suo caldo e comodo pigiama.

Piegò i vestiti che si era tolta e li appoggiò sulla scrivania; fu a quel punto che la vide.

Davanti al computer era posata un’unica rosa nera.

La prese con delicatezza tra mani e, se possibile, pianse ancora più di prima.

“Marinette”, la voce tenue di Tikki le arrivò ovattata.

“Marinette, ti prego basta.”

“Non posso”, rispose lei tra un singhiozzo e l’altro, “è finita, Tikki.”

“Non dire così.”

“Perché non dovrei?! L’hai vista, no?”, disse indicando la rosa.

Tikki annuì, “è un buon-“

“Non lo è, Tikki!”

Dopo l’urlo di Marinette, rimase per qualche secondo il silenzio rotto solo dai respiri affannosi di Marinette e quelli impauriti di Tikki.

“Scusami, non volevo.”

La kwami la abbracciò.

“Questa rosa me l’ha portata lui, ormai è il suo marchio di fabbrica”, disse con un sorriso che spuntava in mezzo alle lacrime, “la rosa nera è simbolo di abbandono e solitudine.”

La portò al petto e abbassò il capo, annusandone il profumo.

Avrebbe giurato che aveva sentito leggermente anche Gabriel, il profumo che solitamente Adrien usava.

“È finita. È finita, Tikki.”



Angolo Autrice
Buonasera a tutti! Tranquilli, le feste non mi hanno ancora ucciso, sono viva. So che sono di ritardo e che il capitolo è un po' più corto rispetto al solito, ma questo doveva essere Il Capitolo, con la C maiuscola, della tristezza. E non potete capire quanto è stato difficile scrivere la rottura di questi due e la conseguente disperazione dei protagonisti. Pensare che ho affrontato solo Marinette e, che molto probailmete, ora mi tocca Adrien, mi strazia il cuore. 
Oltre a questo e ai drammi da pazza scrittrice quale sono, vi ringrazio infinitamente e mi scuso per eventuali errori.
Vi auguro buon anno e spero che possiate godervi gli ultimi giorni di vacanza,
Noi ci vediamo sempre qui,
Cassie
   
 
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