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Autore: Arydubhe    06/01/2021    0 recensioni
[Saga of Tanya the Evil]
[Saga of Tanya the Evil]Per quanto appena dodicenne, nessuno si azzarderebbe a etichettare con l'epiteto "bambina" il Maggiore Degurechaff. Soprattutto, nessuno dei suoi sottoposti oserebbe tanto...Quando un giorno però la vedono giocare un paio di pensieri tristi sugli orrori della guerra fanno capolino nella loro mente. Era davvero necessario?
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“PORRE FINE ALLA GUERRA È COMPITO DI NOI ADULTI”
“Voi credete che abbia idea della sua reale età?”
La domanda era stata bisbigliata da Glantz ai commilitoni radunati nella stanza dell’acquartieramento, mentre erano in procinto di mettersi sotto le coperte. Il giorno seguente sarebbero tutti nuovamente partiti per il fronte, in quella che era stata loro prospettata come l’ultima e decisiva battaglia contro la Repubblica Francoise; pertanto, quella per loro sarebbe stata l’ultima notte in cui avrebbero potuto godersi la comodità di un letto e di un cuscino, almeno per un bel po’ di tempo – e se le cose fossero andate male, per sempre. Nessuno di loro era intenzionato a fare le ore piccole con il rischio di essere poco reattivi l’indomani mattina, ma il quesito sollevato dal giovane soldato era meritevole di un po’ di attenzione.
Neuman e Konig rimasero con le braccia bloccate a mezz’aria mentre terminavano di distendere il proprio piumino, come pietrificati; giusto un istante, il tempo di scambiarsi un’occhiata fugace tra loro.
Capivano benissimo da dove spuntasse fuori quell’osservazione.
Tanya von Degurechaff, maggiore nonché Comandante del 203° Battaglione di Maghi aerei dell’Impero – il loro Comandante- era la figura decisamente più singolare all’interno dei ranghi dell’esercito.
Dodici anni. Un metro e venti di altezza. E una quantità tale di medaglie al petto da far impallidire la stragrande maggioranza dei veterani. Chiunque di primo acchito l’avrebbe presa per uno scherzo, come una specie di mascotte, un bel faccino adatto – forse- alla propaganda, ma per nulla coerente con i requisiti minimi per un militare di prima linea. Questo almeno finché non la si fosse sentita parlare e sbraitare ordini, ma soprattutto non la si fosse vista volare nei foschi cieli di guerra, invasi dal fumo dei bombardamenti e dall'acre odore di combustione. C’era una ragione se gli alleati la chiamavano “ali d’argento”, “la dea” mentre i suoi nemici si riferivano a lei con l’epiteto “Diavolo del Reno”.
Tanya era un prodigio, un talento precoce che senza problemi veniva naturale etichettare “genio”. Tanto che spesso veniva facile scordarsi che il Maggiore era, di fatto, una bambina. E probabilmente ciò voleva anche per lei. Proprio come era accaduto quel pomeriggio.
Il Maggiore e i suoi soldati tavano tornando alla caserma, tra battute e risate – era sempre così quando cercavano di stemperare la tensione prima di una nuova missione-, quando all’improvviso si era parato loro contro un nugolo di mocciosi scalmanati, che avevano preso a fingere di sparare nella loro direzione con fucili invisibili, alcuni imbracciando dei bastoni di scopa, sghignazzando. “Pum! Pum!” avevano urlato tra uno schiamazzo e un grido.
Giocavano alla guerra.
Per un secondo gli uomini erano rimasti perplessi di fronte a quell’”assalto” inaspettato. Per un attimo avevano quasi pensato di offendersi. Ma non il Maggiore. Tanya aveva spianato a sua volta un fucile immaginario e li aveva incitati a combattere: “Che state facendo? Ci stanno sparando! Rispondete al fuoco!”
“Agli ordini!”
“Forza, soldati! Mostriamo di che pasta siamo fatti a questi prodi figli del Reich!”. E loro non se lo erano fatti ripetere due volte.
Per una volta, l’arma che Tanya imbracciava era finta.
il rumore della guerra non proveniva dalla bocca del fucile, ma da una voce cristallina fin tropo spesso abituata ad arrochirsi in ordini severi.
“Beng, beng! Taratatataat”
Dalla canna del fucile non fuoriusciva nessuna luce di incantesimi magici condensati.
Non un ghigno, non uno dei suoi sorrisi sghembi. Il Maggiore von Degurechaff...sorrideva.
Di più: aveva riso.
La finta schermaglia coi bambini durò un po’, poi: “Soldati, ritiriamoci! – ingiunse il Maggiore, dopo aver gettato via alcune finte cartucce ormai esaurite e aver evocato incantesimi inesistenti - Non possiamo nulla conto truppe di terra così valide, piazzate i decoy e filiamocela: noi maghi aerei siamo costretti alla capitolazione!”
Deponendo le loro armi giocattolo e abbozzando con troppa enfasi un saluto militare malriuscito che presto si trasformò in una selva di mani agitate a mezz’aria, i bambini li lasciarono andare e loro si congedarono.
“Ah, i bambini! Sono stati incredibili, uomini. Vedendoci tormentati e conoscendomi, hanno provato a farci sentire a nostro agio con questo piccolo intermezzo ludico!”
“Li conosce, maggiore?”
Tanya aveva annuito.
“Giocavamo spesso così ai tempi dell’Università militare. Capitava ci incrociassimo per strada. Sembra passato un secolo…”
La sua espressione era tornata la stessa di sempre, quella che Visha chiamava “lo sguardo di un vampiro su un volto di bambolina”. Gli occhi stretti, la bocca contratta, era pienamente tornata a immergersi nei propri pensieri, in quella selva di meditazioni imperscrutabili e non intellegibili .
“Come adulti dobbiamo svolgere il nostro dovere, in modo che quei bambini non debbano mai impugnare delle armi vere!”
“Sissignore” avevano risposto. Come sempre. Avrebbero seguito ovunque il Maggiore, l’avrebbero seguita aventi e sempre avanti, sino alla morte.
Il tono del Maggiore era stato fermo, deciso. Non c'era ripensamento. Una parenesi come le tante che era solita fare. Ma col senno di poi…
“…col senno di poi, sentirla parlare di “nostra generazione”…dire “noi adulti…”” mormorò Weiss.
Sapevano benissimo che il Maggiore non tollerava essere trattata da bambina e che forse l’unico tratto fanciullesco che osava conservare era la passione per il cioccolato – dal cui fascino nemmeno lo stesso Weiss poteva dirsi esentato.
La realtà era che Tanya non era un’adulta, anche se aveva tutte le carte in regola per sedersi al loro tavolo, anzi, per guidare un Battaglione di soldati dritto nel fuoco incrociato della più sanguinosa battaglia, con la consapevolezza che lo avrebbe fatto meglio di chiunque altro.
La realtà era che l’Impero aveva accettato di fare di una bambina un Asso tra gli Assi, con più anime sulla coscienza che anni alle spalle. L’aveva seduta su un trono di cadaveri prima ancora che avesse abbastanza centimetri da poter posare i piedi a terra. Aveva imbrattato le sue mani di sangue prima ancora ch’ella avesse modo di abituarsi al suo.
“È stata gettata negli orrori della guerra prima ancora che la si potesse dire minimamente fuori dall’infanzia. Non mi meraviglia che sia cresciuta in poco tempo…” disse Neumann con un sospiro. Proprio per questo aveva sempre ammirato il proprio Comandante: per l’attitudine con la quale sapeva sempre reagire ai problemi, testa alta, senza rimpianti.
Il Maggiore si era presa sulle spalle le colpe di una generazione che non era la sua e li aveva fatti propri.
Suonava così retorico dire “facciamo sì che i bambini non debbano combattere”. Ma non era così, se detto da lei.
“È sadica, sa essere una vera stronza, però chi al suo posto non lo sarebbe?” esclamò Konig. “Al suo posto non so quanti ce l’avrebbero fatta ad arrivare fin qui…sani di mente. Cinica, sicuro lo è”. L'allenamento a cui li aveva sottoposti, parlava da solo. Ma si era trattato di crudeltà che alla fine avevano finito per comprendere. Patire il peggio per essere psicologicamente pronti al peggio e imparare a percepire il “brutto” come “accettabile” perché, appunto, si è disto “di peggio”. Del resto, a nessuno di loro era stata promessa una vacanza nel poster di reclutamento…e con i suoi metodi violenti e poco ortodossi, Tanya aveva fatto di loro un’élite dotata di una forza senza precedenti né eguali.
“Una volta- rivelò Weiss, il suo tono di voce era appena un sussurro – l’ho sentita sbottare che la sua vita prima era pure peggiore”.
Un singulto, unanime, si udì a quella rivelazione. Chissà che cosa doveva avere passato il Maggiore…
“Visha mi ha detto – si intromise Glantz – che il Maggiore è la figlia bastarda di un soldato morto in servizio; sua madre l’abbandonò in un orfanotrofio cattolico dove fu cresciuta come orfana fino a quando non le si presentò l’occasione di offrirsi volontaria per l’esercito dei maghi.”
“Quindi è una volontaria?”
“Sì. Ma essendo una maga, sarebbe comunque stata obbligata alla leva come il Sottotenente Serebryakov quando fosse giunta l’età prefissata…”
“Ha sempre provato ad essere più avanti degli altri, quindi…”
“E con quale abnegazione.”
In pratica il Maggiore aveva preso a fare la guerra, quella vera, quando ai suoi coetanei si dava, al massimo, di giocare a quella finta. Alla peggio, di patirne gli affetti. Ed era sopravvissuta magistralmente a tutto ciò messo assieme.
“Vi confesso, con vergogna, che oggi, vedendola con quei bambini, ho provato…tristezza. – ammise Glantz – mi faccio schifo e so che se mi sentisse me la farebbe pagare cara, però per un attimo mi sono chiesto “E’ davvero necessario?”
Il silenzio calò su tutti.
“So che nulla le è stato regalato, che si è guadagnata tutto ciò che ha con le unghie e con i denti; so che di lei dobbiamo tutti essere orgogliosi, che anzi le dobbiamo di essere giunti fin qui, ma…”
… ma che una bambina capace di un sorriso così fulgido fosse costretta ad urlare dal dolore quando un proiettile la colpiva, che i suoi occhi limpidi fossero costretti ad offuscarsi un espressioni torve sotto il peso di ordini e missioni da portare a termine…non era facile da accettare. Si ricordavano di quella volta in cui si era trovata a combattere senza sosta nonostante i vestiti ridotti a brandelli - e lei era andata avanti a combattere, ignorando le ferite e la vergogna, come se davanti a loro ci fosse non una persona in carne e ossa ma una un angelo di pur spirito, inviato da Dio; si ricordavano delle volte in cui si era gettata a capofitto nella battaglia addossandosi la responsabilità di quello che di volta in volta sembrava l'ostacolo maggiore, urlando “Vittoria o il Valhalla”
“Oggi ha sorriso.”
Lo avevano notato tutti.
C’era anche quello in Tanya Degurechaff. Quel giorno era come se per la prima volta dopo mesi, forse dopo anni, la ragazzina si fosse fatta sfuggire un frammento della vera sé stessa. Chiunque avrebbe verosimilmente pensato il contrario.> Ma non loro.
“Forse, sotto sotto, anche a lei sarebbe piaciuta una vita diversa…”. disse Glantz. In verità, anche conoscendola, pure a loro sembrava difficile da credere-del resto, annichilite tre plotoni inermi urlando “Urrà per l’educazione, civilizzazione 1 - barbari 0” non era esattamente da tutti...e loro ne erano testimoni, glielo avevano visto fare in Dacia.
Ma quella che fugacemente, quel giorno, avevano visto erano sicuri che fosse il vero Maggiore; quella parte buona che per darsi un contegno ella aveva però così abilmente imparato a nascondere a tutti – persino a sé stessa. Tanto, appunto, da finire per dimenticarsene.
Perché forse le conveniva. Perché essere lei voleva dire avere problemi inimmaginabili per tutto il resto dei soldati. Perché, in pratica, era la sua unica scelta.
“E chi non l’avrebbe voluta, una vita diversa?” chiese Weiss stupito “nessun uomo sano di mente può in tutta coscienza bearsi di essere un guerrafondaio assetato di sangue! Siamo soldati, non vampiri!”.
Avere talento per uccidere non significa bramare ogni due per tre di commettere omicidi. “Forse Visha ha davvero ragione ed è per questo che il Maggiore non cresce: in realtà è un vampiro di 200 anni destinato a rimanere con quel faccino per l’eternità” esclamò Konig.
“Forse ci conviene rubare dell’aglio dalle cucine e scoprirlo!” suggerì Neuman.
Scoppiarono tutti a ridere.
Fu Weiss a decretare chiuso il discorso. “Può essere che il nostro maggiore sia cresciuta in fretta, troppo in fretta per la sua età; può essere che dentro alla sua testa ci sia, ogni tanto, confusione sulle implicazioni dell’essere ancora, in fin dei conti, una bambina. O forse siamo noi che non potremo mai metterci nei suoi panni. Ma sono sicuro che non la vedremo fare confusione mai in questo senso sulle questioni davvero importanti. Poco importa se il suo modo di definirsi adulta cozza con l’età anagrafica. Sono contento di servire sotto il suo comando. Perlomeno, sappiamo con che razza di superiore abbiamo a che fare. E sappiamo che parla col cuore, credendo davvero in ciò che dice.”
Aveva saputo trarre vantaggio del sue essere bambina per sé e per gli altri. Questa era la pasta di cui era fatta il maggiore Degurechaff. E più che commiserazione o pietà, meritava assoluto rispetto.
Dovevano tutto a lei. Qualcuno di loro, persino la propria vita. Avrebbero fatto di tutto per difenderla e proteggerla in quest’ultima battaglia. Non perché in fin dei conti era una bambina; ma per ciò che col tempo aveva finito per essere…come loro Comandante.
“Senti un po’, Glantz – esordì improvvisamente Konig, come colto da un’improvvisa illuminazione – ma esattamente cosa sono tutte queste confidenze di Visha?”
“Ahh..err..ecco, io…” il meglio che il tenente riuscì a fare fu balbettare e arrossire.
“Attento – lo avvertì Neuman- o il Maggiore non ci metterà un attimo a farti saltare la testa…o peggio.”
“Dite che nutre dei sospetti?” andò in panico il ragazzo a quelle parole, suscitando le reazioni sornione dei commilitoni.
“Perché, che sospetti dovrebbe avere?!”
“No! No, cioè, state fraintendendo…io e il tenente abbiamo un anno di differenza e un giorno…”
Waiss, nel suo angolo, rideva. In fondo, era divertente farsi beffe delle reclute. Glantz ufficialmente non lo era più, ma…certi atteggiamenti sono duri a cambiare. Sotto sotto, erano loro quelli che ancora dovevano maturare, non il maggiore.
Come evocata da nulla, proprio in quel momento fece la propria comparsa Visha, che rimase esterrefatta trovando Glantz, Konig e Neumann avvinghiati in una sorta di match di wrestling sul pavimento. “Dunque il Maggiore aveva ragione, siete svegli…”
Era abituata, oramai, a condividere la stanza con gli uomini e a vedere zuffe giocose del genere. A dirla tutta, un paio di volte vi aveva persino partecipato lei stessa – anche se non era portata per le zuffe quanto per lo era per le carte.
Ma per quella sera, avrebbe condiviso la camerata con il Maggiore. Le sembrava di essere tornata ai vecchi tempi dell’assalto a Rhine, quando lei era ancora una recluta e il Maggiore un semplice Sottotenente. Era semplicemente passata a salutare e dare loro la buonanotte.
“Ve li manda il Maggiore” disse, entrando con il suo solito sorriso e lanciando a Weiss una scatola di cioccolatini. “Dalla sua riserva personale. Dice che sono i premietti per convincervi ad evitare i bagordi e andare a nanna, come i bravi bambini…anche se a vedervi sembrate più lupi famelici”. La collutazione si era infatti abbattuta sulla scatola di cioccolatini.
“Mi sorprende che tu non te li sia mangiati tutti, piuttosto!” commentò sarcastico Weiss difendendo la scatola dopo essersene agilmente impossessato, pronto a mettere in discussione la propria vita per un altro bonbon. L’amore dell’Aiutante del Maggiore per il cioccolato era noto quanto il suo.
La risata di Visha in risposta gli fece capire che erano loro a ignorare qualcosa. Ma Visha non sembrava disposta a parlare.
Forse centravano le famose scorte illegali del Maggiore?
“Se tutto andrà bene – disse Visha, prima di congedarsi – fra qualche giorno la guerra sarà finita e potremo mangiarlo tutto il giorno, tutti i giorni il cioccolato”. Le brillavano gli occhi.
“Un urrà per il Maggiore grazie alla quale avremo il cioccolato!” urlò Glantz
“E il vino!” rincarò Neumann
“E la pace!” ricordò quasi piccato Weiss, lanciando un’occhiata d’intesa a Visha.
"Sicura di non volere restare? "
"No, ne abbiamo tenuto un po' per noi e comunque, come ho detto, il cioccolato aveva lo scopo di convincervi a mandarvi a nanna. Stasera mi godrò il fatto di essere l'Ufficiale di Comando del Maggiore e passerò un po' di tempo a guardarla dormire. È così carina quando non fa il cane rabbioso! Credete a me, vale la pena di vincere questa guerra per vederla fuori d quell’uniforme, indossare finalmente abiti pieni di fronzoli e merletti!” E ciò detto si congedò, lasciando i commilitoni a immaginarsi la scena.
Sì. Mentre tornava nella stanza del Maggiore, Visha ne era convinta: forse, compito degli adulti sarebbe stato piuttosto evitarla, la guerra. Dall’inizio.

-------------------------- Sono in fissa. C'è poco altro da dire. Questa roba è nata in un'ora. Sì, roba. Perchè un po' è il prodotto della mia frustrazione perchè anime, manga e novel non fanno vedere esattamente gli stessi tipi di personaggi. Tanya non è così cattiva come nell'anime. E' cinica e sadica, ma non è una che prova piacere assoluto nel causare morte. Gioisce della vittoria, che per un soldato, purtroppo, passa attraverso l'uccisione. Ma è diverso. Forse scriverò un seguito, con il punto di Tanya sulla stessa vicenda. Che poi è il bello di tutta la trama, la discrepanza di intenti tra lei e il battaglione. Insomma, lungi da me farne un monumento di giustizia - dio, no. Ma che il sui personaggio ispiri riflessioni è innegabile. E' il bello. ...peccato che la metà delle riflessioni siano immeritate visto che è sociopatica sul serio ahahah. Ma un po' di bene ai suoi soldati lo vuole. Almeno ai veterani. Evviva i seinen.
  
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