Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: sissir7    07/01/2021    1 recensioni
Una canzone mai scritta. Un senso di inadeguatezza che sfocia nell'essere travolti dalle proprie emozioni. Una speranza posta in un bacio. Jimin spera solo che un giorno una canzone possa portar via tutti i suoi dubbi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Namjoon/ RapMonster, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se Jimin avesse potuto scrivere una canzone, se solo avesse potuto partorire parole degne nei confronti di quello che sotto pelle sentiva,
l’avrebbe scritta senza pensarci troppo, senza reprimere nulla.
L’avrebbe fatto credendo di poter essere soddisfatto, ma  chi voleva prendere in giro, non sarebbe mai stato capace di prendere la sua testa
e metterla in ordine e scrivere di sentimenti.
Non ci riusciva a parole, nelle cose più semplici, figuriamoci poter dire tutto l’amore con cui Jungkook lo riempiva.
Perché quella canzone sarebbe stato un inno all’amore, un inno per ogni volta che Jungkook avrebbe avuto quel sorriso da bambino
che proprio non andava via dal suo  volto quando le sue labbra si curvavano così teneramente.
Perdeva la voce ogni volta che bruciava di passione, di affetto, di gioia per quel suo amico che quando gli prendeva la mano amava intrecciare le loro dita.
E Jimin doveva nascondere ogni volta i brividi sulle braccia, negli occhi che gli tremavano ad ogni suo tocco troppo dolce, forse neanche li meritava,
eppure li viveva come fossero suoi, come se Jungkook fosse suo.
Solo suo.
La gelosia ogni tanto faceva capolinea sulle sue labbra e metteva il broncio apparentemente senza motivo
e gli altri pensavano solo che fossero i soliti bronci che metteva per cose alla fine poco importanti.
Morì quella volta quando Taehyung abbracciò il maknae e posò le labbra sul suo collo.
Quindi, quando Jungkook mostrava lui alcune tenerezze, Jimin si sentiva al centro del mondo.


Avrebbe voluto onorare il posto che Kookie occupava nella sua vita con quello che gli riusciva meglio oltre il ballo: cantare.
Pensando di voler scrivere qualcosa per il compleanno del suo caro amico, si chiuse in camera lasciando ad Hoseok
solo il divano nel grande salone del dormitorio.
“Dov’è Jimin?”
Namjoon lo chiese a un Yoongi molto assorto nel lavoro su un pezzo del suo nuovo mixtape.
“Non ne ho idea. Forse con Taehyung.”
Il leader si limitò ad annuire e lasciò il suo compagno già di nuovo immerso nella musica.
Bussò alla porta e una voce quasi arrabbiata gli disse che era occupato in quel momento.
“Ma va tutto bene Jimin-ah?”
Silenzio.
La porta si aprì e il profumo fresco che ti riportava come in montagna lo avvolse.
Jimin usava sempre profumi di quel genere, che ricordavano la natura, o qualcosa di nuovo e pulito.
Entrò su invito di Jimin che si buttò a peso morto sul letto.
Un quaderno giaceva a terra aperto a caso.
Nella mano aveva una matita.
“Stavi…scrivendo?”
Il più giovane si alzò piano e fece spallucce.
“Beh, è un parolone <>. Non sono capace.”
Incrociò le braccia quasi sussurrando l’ultima frase.
Quella verità che lo faceva sentire un passo indietro rispetto al resto del gruppo.
“Sono la persona giusta per aiutarti se vuoi.”
Namjoon gli fece un sorriso rassicurante, degno del leader meraviglioso che era.
“Per questo ti ho fatto entrare in realtà ma…”
Si strinse le gambe al petto.
A Nam sembrò ancora più piccolo del solito così sulla difensiva e come avvolto da un malessere che non meritava di provare.
Si sedette ai suoi piedi e gli posò una carezza sulla spalla.
“Se ti costringi non uscirà nulla.”
“Ma voglio assolutamente buttare fuori questa…cosa.”
“Posso?”
Jimin annuì poco convinto ma non aveva nulla da perdere.
Sapeva che ciò che aveva scritto era senza senso, senza anima, senza scopo.
Namjoon dopo aver preso il piccolo quaderno da terra, accavallò le lunghe gambe e iniziò a leggere pochi versi.
La maggior parte del foglio era tutta scarabocchiata, tutte cancellature fatte pesantemente quasi a bucare il foglio.
Capì che davvero il suo amico era colmo di rabbia e incertezza.
“Amore.” Sussurrò.
Jimin gli chiese che ne pensava.
“Non voglio dire nulla, non voglio essere cattivo.”
Sorrise nervoso.
“Lo so, tranquillo.”
Gli prese quel contenitore delle sue inutili parole dalle sue mani e lo chiuse, buttandolo sul comodino di fianco al letto.
Ci fu un momento di silenzio, poi il leader si alzò e disse poche parole per poi congedarsi.
“Jimin, quello che tenti di dire, spesso, non è quello che hai bisogno di dire. Puoi provare l’amore più puro del mondo, ma non copiarlo.
Interpretalo per quella persona. Spiegalo. Non c’è un modo per farlo in realtà. Solo…fai in modo che parli da sé.”
Appena chiusa la porta, quelle parole gli ronzarono nella testa per qualche minuto, ma non avevano senso.
Passò un mese e non scrisse nulla.
Sentì che non lo avrebbe mai fatto.



Erano in aereo verso il Giappone.
Jungkook era seduto al suo fianco, guardava fuori dal finestrino.
“Non mi fissare hyung.”
E chiuse gli occhi curvando le labbra nel tenero sorriso che Jimin sperava non avrebbe mai perso.
“Scusa ma…sai che mi annoio in aereo.”
“Siamo quasi arrivati, poi saremo super impegnati e la noia la desidererai tantissimo, credimi.”
Jimin sospirò posando lo sguardo sulle mani incrociate del moro posate sul grembo, rilassate.
Con la sua, ne prese una e la strinse delicatamente. 
Non era nulla di nuovo, ma Jimin lo stava guardando negli occhi e le guance di Jungook si arrossarono un po'.
“Jimin-ssi…” disse piano chiudendo gli occhi volendosi appisolare.
Jimin sorrise e sentì un nodo alla gola.
Tra loro qui gesti delicati e amorevoli erano sempre motivo di imbarazzo anche se avevano vissuto situazioni ben più imbarazzanti.
Ma tenersi per mano, così come Jimin lo teneva per mano…
Jungkook sapeva che era più di un semplice gesto.
Arrivati in hotel condividevano la stanza.
Disfecero le valigie e dopo cena tornarono e fecero una doccia come di routine.
Ognuno andò a dormire e anche loro spensero la luce.
L’unica luminescenza erano le forti luci di Tokyo che filtravano tra le tende nella stanza.
Jungkook aveva ancora il cellulare tra le mani.
“La tua fidanzata?” scherzò Jimin dal nulla, con quella frase che fece alzare gli occhi al cielo a Jungkook.
Il maknae sospirò voltandosi dall’altra parte.
Il letto matrimoniale era comodo per fortuna e si sarebbero addormentati presto se Jimin non avesse infastidito il suo amico.
“Hey, Kookie…”
“Che c’è…” disse una voce dura, distante.
Silenzio.
Jimin non potette non rimanerci male a quel tono.
“Scusa hyung.” disse, mentre si girava verso il più grande, passandosi una mano tra i capelli.
Erano entrambi sul lato e si guardarono un po' stanchi.
“Stavo scherzando, dai.”
“Sì, lo so. Lo so. Sono solo un po' preoccupato per il fanmeeting tra tre giorni. Non riesco a smettere di pensarci. Eppure questa vacanza doveva essere solo nostra.
Ma se penso che dovrò reggere il sorriso per ore…mio dio, non sta diventando sempre più facile come immaginavo. Tutto qui.”
“Dai, Jungkook-ah tranquillo. Ci adorano, saranno lì emozionatissimi. Probabilmente non noteranno la stanchezza, non gli interessa la maggior parte delle volte. Passerà.” Il maknae annuì, tranquillizzato.
“Grazie, hyung.”
Jimin gli sorrise dolcemente.
Jungkook si girò ed ora era a pancia in su.
Chiuse gli occhi.
Spostò la mano al centro del letto per cercare quella del suo hyung.
La trovò e la strinse.
Jimin gli si avvicinò un po' e gli sussurrò la buonanotte, baciando il dorso della mano intrecciata alla sua.



Ritornati in Corea, a casa, dopo il fanmeeting iniziò il periodo di riposo.
Pochi giorni, ma ne erano tutti molto felici.
“Dove andrai Jimin hyung?”
Il maknae era curioso.
“Da mio fratello. Se vuoi puoi venire con me. Mangeremo ogni giorno fuori, faremo shopping…”
“Mi stai tentando…”
“Lui sarebbe felice. Ti adora, lo sai. Ti vede come il ragazzo che vuole diventare e per lui sei più tu un punto di riferimento che io, ci credi?”
disse scuotendo la testa divertito.
“No, tu sei un fratello migliore sicuramente.”
Jimin gli sorrise dicendogli che invece era bravo a stare vicino alle persone, anche se spesso un po' troppo taciturno.
Jungkook sospirò scocciato, ma sapeva che era la verità.
Jimin lo conosceva meglio di quanto lui conosceva sé stesso, senza ombra di dubbio, e nonostante le crepature del suo carattere,
quel suo hyung lo faceva sentire giusto anche nei momenti di dubbio.
Jimin era più comprensivo di tutti, era l’empatia fatta  a persona e lui ne necessitava la presenza, l’affetto.
Sentiva da sempre che Jimin nel suo futuro, in un modo o nell’altro, ci sarebbe stato.
Era perso in questo tipo di pensieri mentre guardava Jimin, quel suo profilo che tagliava l’aria così piacevolmente con quelle labbra così sporgenti e morbide.
Lo guardava come si guarda il mare alle prime luci dell’alba.
Quel giorno era nuvoloso, e la stanza di Jimin e Hoseok si oscurò all’improvviso.
“Ah, speriamo non piova.” disse Jimin chiudendo la valigia.
“Non mi va di fare shopping con la pioggia. Mi mette”
Neanche si accorse che Jungkook si era alzato dalla sedia, lo aveva preso per le spalle e lo stava baciando, poggiando le labbra umide sulle sue grandi e soffici.
Lo spinse via.



“Jungkook-ah! Ma cosa diavolo…”
Il volto del più giovane era teso, si strofinava le mani nervosamente contro i pantaloni, guardava il pavimento con le labbra semi aperte incapaci di parlare.
Fece un respiro profondissimo e dopo qualche secondo disse:
“Hyung…hai…presente quando ti prendo la mano senza motivo? Quando…quando ti dò il mio ultimo boccone a pranzo o a cena? Quando”
“Ma che stai dicendo…”
“Quando ti do la felpa la sera, e allontano Namjoon che vuole fare la stessa cosa? Quando ti porto il caffè sul set durante le riprese?
Quando voglio essere io a starti vicino in aereo, in macchina, sempre...”
Jimin sentiva la gola seccarsi e il cuore salire fino a lì, in quel deserto.
Sentiva le mani iniziare a tremare.
Lo aveva appena baciato e lo aveva respinto perché la dannata paura e inesperienza sopraffecero, per l’ennesima volta, l’amore che provava.
Si sentì uno stupido.
 Dal canto suo Jungkook non era meno tremante, insicuro sul senso di quello che stava dicendo, con la paura di star correndo troppo,
di causare conseguenze che avrebbero rovinato le loro vite.
“Io, hyung, io sto cercando di farti capire che con te, per me, è diverso. Quello che faccio ha un peso che tu devi sapere, che tu devi conoscere perché non posso continuare a…”
Ad amarti.
Ma non uscirono quelle parole pesanti come pietre.
Gli occhi di Jimin si fecero lucidi, lacrime che libere non riuscivano a nascondersi, che gli bruciavano sul volto ormai.
“Jimin…m-mi dispiace.” disse Jungkook a quella scena.
Vedere il suo compagno impietrito e come ferito gli fece venire la nausea.
Si portò una mano sulla fronte, gli girava un po' la testa.
“J-Jungkook…sto piangendo perché tutto questo è solo troppo. Ma non in modo brutto…è solo che io…”
“No?”
“No. No…”
Lo abbracciò.



Il più giovane si aggrappò a quella stretta come l’unica speranza e fonte di coraggio.
“Hyung, io volevo solo dirti che ti voglio un immenso bene. Ma fa così male eppure vorrei solo baciarti e baciarti...”
Non poteva credere di averlo detto ad alta voce ma lo fece.
Aveva gli occhi chiusi e il volto nell’incavo caldo del collo del suo Jimin che era invece così forte.
L’abbraccio si sciolse piano ma rimasero vicini.
“Lo so che è complicato, lo sento anche io.”
Jungkook sgranò gli occhi a quelle parole.
“Per te, sì. Ho cercato in tutti modi di fare un passo avanti, volevo scriverti…ecco, scriverti una canzone ma non ne sono capace.”
Lo sguardo di Jimin si abbassò e sorrise amaramente.
“Non trovo le parole.”
Ora guardava il più giovane che sorrise.
“Io le sento, quelle parole.”
“Lo dici solo perché-”
“Le sento, hyung. Proprio ora nei tuoi occhi, te lo giuro.”
Le loro fronti si toccarono, appoggiandosi delicatamente l’uno all’altro.
“E non è importante dirlo. Va bene così…”
“Jungkook-ah, non è abbastanza. Vorrei poterti dire tutto, tutto. Ma è colpa mia, non sono mai stato bravo e se non”
“Shh, hyung.”
Jungkook lo baciò di nuovo.
Jimin si rilassò e portò una mano nei capelli corvini del maknae.
Le loro lingue si incontrarono per la prima volta e le loro schiene si riempirono di brividi.
Respiravano piano l’uno sulle labbra dell’altro.
Le mani si intrecciarono.
Il silenzio fu rotto da un tuono lontano.
Un altro bacio li unì di nuovo, labbra su labbra per pochi secondi che lente si staccarono di nuovo per respirare.
Jimin gli disse: “Ti amo non sarà abbastanza. Mai.”
Jungkook scosse la testa.
“Me ne farò una ragione.” disse ridendo piano.
Jimin fece scendere le mani lungo le braccia del maknae, lentamente, dicendo: “E ora?”
Il minore sfregò la sua fronte alla sua e sorrise.
“Ora quella canzone la scriviamo insieme.”
   
 
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