Come mai Camus non riesce a trovare pace di notte? Quali pensieri turbano la sua mente, dopo la guerra sacra?
La coppia principale è MiloCamus, ma vi è un accenno abbastanza forte a HyogaShun!
Salve a tutti, lettori
che come me siete a casa...appena tornati dalle vostre vacanze. Vi auguro siano state
più calde e soleggiate delle mie! Durante queste vacanze,
tuttavia, devo dire che l'ispirazione è venuta spesso a
bussare alla mia fantasia ed eccomi qua a pubblicare!
Era una notte tranquilla ad Athene.
Le stelle e la Luna illuminavano fiocamente le strade e regnavano
incontrastate, signore e regina di una notte serena.
Dolce Luna Piena, tu che hai ispirato poesie e dolci sentimenti, tu che
hai riscaldato il cuore degli innamorati con la tua delicata luce,
rimani muta testimone dal cielo di ogni cuore trepidante e pieno di
superbo amore, illumina anche questa notte e rendi ancor più
sublime il magico paesaggio di Athene.
Le coppie di amanti passeggiavano mano nella mano per le strade calde
di Athene, unendo le labbra di quando in quando in un bacio tenero e
delicato o passionale e deciso.
Alcune coppie felici si spingevano fino al mare blu scuro per ammirare
il romantico spettacolo: la Luna Piena che saluta la sua gemella
riflessa nelle acque scure e salmastre sottostanti.
In una spiaggia nascosta agli occhi dei normali mortali ed indiscreti,
in un'insennatura e sovrastata da dodici magnifici Templi, vi era
silenzio e la spiaggia era apparentemente deserta.
In quel loco ameno e segreto al Mondo, ove mito e verità si
confondono ed ove leggenda e realtà si uniscono in legame
duraturo da secoli.
Laggiù nascosti ad occhio umano, nei Dodici Templi
Quattordici eroi riposano, stanchi dai loro incarichi.
Dodici figure o meglio quattordici figure mitiche, i Saint di Athena,
che avevan conosciuto nella vita sofferenza e dolore, avevan vinto la
morte, ritornando alla vita per merito della loro Signora, Dea della
Guerra Pacifica.
Uno dei quattordici guerrieri splendidi come il Sole, tuttavia, quella
notte non trovava riposo nè requie.
Si era, così, alzato ed era giunto ben presto sulla
spiaggia, sperando di calmare i pensieri che turbavano la sua pace
interiore con la solitudine e il paesaggio magico della notte stellata.
Sugli scogli, seduto a terra, solo ed isolato da tutti e da tutto stava
in silenzio, apparizione magnifica e meravigliosa in quella notte.
Occhio umano avrebbe fatto notevole fatica a definire il giovane:
troppo bello e perfetto, forse ancor più della notte.
I lunghi, lisci, setosi e curati capelli color rubino eran vittima dei
giochi impetuosi della brezza notturna.
Di quando in quando una mano candida dalle lunghe dita affusolate
pettinava frettolosamente i capelli e senza donar loro neppure troppa
delicatezza spostavan quei lunghi filamenti profumati di muschio e
color del rubino dagli occhi color nocciola.
Il viso fermo, calmo ed inespressivo donava alla figura un'aria di
perfetta e sublima serietà e severità.
Nonostante i colori caldi di occhi e capelli, che richiamavano il
fuoco, tutto nel giovane di aspetto sublime ricordava un ghiacciaio
perfetto, forse a causa dell'espressione fredda, forse
perchè le palpebre cadevan con poca frequenza sui caldi
occhi, forse per il pallore eccessivo, sintomo di scarso contatto con
il Sole.
I pensieri del giovane eran fissi al passato.
I ricordi dell'ultima Guerra Sacra, ove lui e molti dei suoi compagni
avevan perso la vita, passavano vividi nella sua memoria, creando
l'illusione di aver i nemici davanti ai suoi occhi.
"Traditore...sono stato chiamato traditore. Io sono divenuto un
traditore agli occhi di tutti, agli occhi di Milo, il mio
più vecchio e caro amico. Ho usato una tecnica proibita per
uccidere un amico. Ricordo ancora distintamente lo sguardo di Milo: tra
l'astio ed il deluso.
Mai nessuno mi ha mai fissato in quel modo...quando si è
accorto che ero suo nemico, dopo la morte di Shaka -chissà
come farà mai a perdonarmi, Shaka?-.
Ho tradito la fiducia di tutti, in particolar modo la fiducia di Milo.
Tutto è tornato ora come prima, io sono nuovamente un Gold.
Sento, tuttavia, un'incrinatura nel nostro rapporto...sono giorni che
non parliamo e mi sento a disagio quando son solo con lui. Cosa fare?
Non posso andare a chiedere aiuto o consiglio a nessuno e neppure andar
da lui a chiedere spiegazioni...io sono pur sempre il freddo ed algido
Camus di Aquario.
Non posso abbassarmi a tanto, ma sento di non riuscire ad affrontare
solo la situazione. Non per paura, chiaramente, io, Camus, mai ho
provato un tale sentimento, ma le notti passano ed io mi struggo in
pensieri poco consoni al mio rango ed al mio essere in pensieri
assurdi."
Questi pensieri si susseguivano nella mente del giovane dai capelli
rossi.
Per un momento, poi, la rabbia prese il sopravvento sulla calma, ma fu
un istante passeggero.
Il viso tornò tosto inespressivo e tranquillo, come se la
rabbia fosse passata in un baleno.
Fu, allora, che il bel guerriero sentì un rumore di passi
delicati e lievi.
In un solo movimento deciso, Camus balzò in piedi.
Fronteggiò di conseguenza il nuovo venuto, disturbatore
della sua quiete: insomma chi era sveglio quella notte oltre a lui?
Soprattutto chi osava recarsi nel loco dove lui si era rifugiato?
Le risposte a quelle domande arrivarono ben presto.
Una chioma bionda e riccia, lunga fino alle spalle, spuntò
sulla spiaggia.
Camus osservò la figura del giovane con un'ombra di discreto
affetto: capelli lunghi, occhi azzurri ghiaccio, pelle abbronzata,
muscoli piuttosto evidenti.
Il giovane discepolo di Camus, Hyoga, quella notte non riusciva a
dormire sia per un'ansia crescente e divorante.
Un patema d'animo su uno dei suoi fratelli ed amici, Shun.
Shun lo teneva sveglio ormai da diverso tempo.
Compariva nei suoi sogni e pensieri in modo poco consono e poco casto.
Sicuramente Hyoga non riusciva più a vedere il giovane Shun
solo come un compagno d'arme.
Non di rado si era accorto che i suoi occhi cercavano sempre
più spesso la figura delicata del giovane e fissava il suo
viso dolce e delicato: i capelli morbidi e ricci, che circondavano il
tenero visetto; gli occhi grandi ed espressivi del colore della
speranza e degli smeraldi, circondati dalle ciglia lunghe; il visino
gentile, le guancie color pesca priva di barba ispida o imperfezioni di
sorta tipiche dell'adolescenza.
Questo incredibile numero di attrattive era solo nel volto,
poichè il corpo era anch'esso attraente: i muscoli accennati
conferivano a quel corpo grazia ed eleganza, magro e nemmeno molto
alto, dolce anche in questo aspetto da bambino indifeso; a volte gli
occhi azzurri del biondo si soffermavano anche sulle gambe snelle del
più giovane e sul sedere tondo.
Spesso Hyoga aveva invidiato la Cloth di Andromeda, che aveva l'immensa
fortuna di ricoprire quel giovane corpo.
Questi pensieri costringevano il cigno fuori dal letto ad orari indegni
per un ragazzino della sua età.
Hyoga si accorse ben presto dell'algida presenza di Camus e lo
raggiunse in corsa in corsa, lieto di vederlo senza la sua Gold Cloth
nè compagni, come quando era negli anni dell'infanzia e si
allenava in Siberia con il suo maestro venerato.
Camus osservò il giovane e poi disse con solita voce fredda,
mentre gli occhi percorrevan la figura del suo allievo prediletto.
*Hyoga, come mai sveglio?*
Camus non dava mai a vedere i propri sentimenti, ma per lui Hyoga era
più figlio che allievo e quindi trovava opportuno informarsi
circa la sua salute con una certa apprensione.
Hyoga sorrise sincero al suo amatissimo maestro, per il quale provava
un affetto simile a quello che si prova per un bravo.
*Maestro Camus, niente di importante mi tiene sveglio. La ringrazio per
la sua gentile preoccupazione. Non riuscivo a dormire. Lei, invece,
come mai è sveglio?*
Camus ascoltò il discorso, ignorando la domanda del suo
allievo.
Sapeva che non aveva mentito, ma aveva semplicemente omesso dei
dettagli.
Sicuramente la certezza di Camus era nata grazie alla conoscenza
profonda che aveva di Hyoga.
Il ragazzino, infatti, non lo fissava negli occhi ed aveva dato una
risposta non dettagliata, come se temesse di annoiare o di turbare con
una maggiore confidenza.
Camus si sedette a terra e con gesto secco ed imperioso
ordinò a Hyoga di fare la medesima cosa.
Quando Hyoga prese posto accanto al suo maestro, quest'ultimo
parlò.
*Hyoga, tu sai che io sono solo il tuo maestro, perciò non
mi importa niente di quello che fai...non sono tenuto ad occuparmi dei
miei allievi per sempre, come già ti dissi.
Perciò non ti giudicherò se vorrai parlare con me
e dirmi cosa affligge la tua mente.*
Un'unica frase che per Camus rappresentava una mezza menzogna, mentre
per Hyoga era confortante verità.
Hyoga, riflettendo su quelle parole, riflettè sull'ultima
ingenerenza da parte del suo maestro nella sua vita e nel suo modo di
vita.
Non disse una parola di quell'episodio, poichè il Cigno non
voleva passare la restante sua vita in una prigione di ghiaccio
infrangibile.
L'ultima volta per salvarlo, il biondo ricordava bene, aveva rischiato
di perdere la sua luce e la sua fonte di gioia.
Hyoga parlò con voce calma e sicura, come il suo maestro gli
aveva insegnato.
*Maestro, non fraintenda. Non è che non parlo
perchè ho un qualche problema a raccontarvi cosa mi turba,
ma più per timidezza. Vede mi imbarazza parlare di codesto
argomento e non sono abituato a dovermi liberare l'anima da simili
pensieri.*
Il silenzio regnò un istante sulla spiaggia, giusto il tempo
per il biondo di ottenere la massima attenzione del suo maestro: uomo
saggio ed intelligente, che avrebbe seguito senza dubbio alcuno il suo
consiglio.
*E' da molto che mi son reso conto di nutrire particolare attenzione
per uno dei miei compagni, amici e fratelli. Shun, anche da bambino,
occupava i miei pensieri, a causa del suo carattere fragile ed
insicuro, ma ora lui è sempre nella mia mente...ogni
istante, ogni secondo della giornata nei miei pensieri. Non posso
allenarmi, nè passeggiare. nè nuotare,
nè riposare che il suo viso dolce ed indifeso compare
dinnanzi a me vivido come se fosse realmente davanti a me...come un
meraviglioso sogno, una dolce illusione che io non voglio spezzare. Se
prima era il suo carattere dolce ad impensierirmi, ora è
tutto il suo insieme di sublime bontà, gentilezza, buon
cuore, dolcezza, gaiezza e speranza, oltre che grande avvenenza. Ogni
cosa lo invidia perchè lui è pura grazia,
eleganza e perfezione. Ogni cosa lo invidia e mi sembra voglia fargli
male. Sembra delicato, ma in lui vi è una grande forza e
nessuno è in grado di eguagliarlo. Non dev'essere semplice
esser dolce e puro come lui è con tutti i pericoli, le
battaglie, le insidie e le difficoltà che abbiamo affrontato
finora e che ancora affronteremo.*
Camus aveva ogni ascoltato ogni parola mantenendo un'aria calma ed
inespressiva, quando si accorse che Hyoga o aveva finito oppure voleva
sentire la sua voce parlò.
La voce risuonò forte e fredda come ghiaccio,
poichè anche la voce in lui era glaciale.
*Hyoga, mi sembra palese che tu ami lui o che perlomeno nutri un forte
affetto nei suoi confronti.*
Hyoga ascoltò quelle parole e parlò nuovamente.
*Di questo me ne resi conto diverse lune fa. Il problema che mi
angustia ora è differente. Ho accettato di buon grado i miei
sentimenti.*
Camus fissò il giovane al suo fianco e disse.
*Se ne sei consapevole, non vedo dove sia il problema.*
Un'occhiata del maestro costrinse Hyoga a spiegarsi meglio.
*Il problema è che mi chiedo se sia giusto o sbagliato il
mio sentimento. Siamo entrambi uomini, lui è mio
fratello...il mio amore è sbagliato.*
Gli occhi azzurri si spostarono a terra depressi, poi Hyoga
continuò senza guardare ancora il suo maestro.
*Inoltre non vorrei mai ferire il suo grande cuore con una mia
dichiarazione avventata. So che lo ferirei con una mia confessione.*
Disse il cigno, guardando il maestro come se si aspettasse una sfuriata
o quanto meno un consiglio o un ordine da parte dell'uomo.
Camus aveva ascoltato tutto il discorso, cambiando l'espressione in una
un poco disgustata da quel continuo piagnisteo.
*Sei il solito piagnone senza nerbo nè spina dorsale.
Anzichè venire qui o recarti da me a raccontare i tuoi
patemi d'animo e piangerti inutilmente adosso, vai dal tuo amichetto e
dichiarati, vigliacco. Anche se lui non provasse niente per te, cosa
che dubito fortemente, tu ti libereresti senz'altro di tutta
quest'ansia negativa che ti assilla.*
Come Hyoga si era aspettato, Camus lo aveva duramente rimprovverato per
la sua indecisione ed infine aveva dato il suo prezioso consiglio.
Solo una cosa non era chiara e Hyoga voleva sapere a tutti i costi.
*Come fa a dire che dubito dell'assenza dei sentimenti di Shun nei miei
confronti, maestro?*
Una mano di Camus si posò delicata, ma con eguale forza
sulla spalla del giovane discepolo.
Prima di parlare, il rosso fissò con intensità la
luna ed il mare.
*Shun, quando avete combattuto contro di noi, si sarebbe sacrificato
per ognuno di voi, ma solo per te avrebbe potuto morire per
assideramento. Solo per te avrebbe accolto il freddo intenso del mio
Cosmo nel suo corpo fragile e delicato. Egli ha già dato
notevoli prove d'affetto, molte in più rispetto alle tue
ridicole manifestazioni d'affetto. Di questo me ne resi conto io che
non lo conosco se non superficialmente.*
Hyoga a quelle gradite parole arrossì vistosamente e si
alzò in piedi.
Una mano decisa trattenne il biondo per il polso.
Il giovane siberiano fissò incuriosito il suo beneamato
maestro.
Camus ricambiò l'occhiata curiosa del suo discepolo con
un'occhiata fredda ed ironica.
*Hyoga, sono le tre del mattino. Shun a quest'ora è
sicuramente a letto. Tu, vai a casa e riposa tranquillo, poi domattina
parla con lui. Dopo che avete chiarito tra voi, vieni alla mia Casa, se
sarai con lui saprò che il tuo discorso è andato
bene, altrimenti saprò solo che hai fallito o che lui ti ha
rifiutato.*
Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra fini di Camus, mentre
osservava il suo discepolo allontanarsi.
Hyoga si volse un'ultima volta e salutò con la mano il
maestro, levando in altro il braccio.
Camus alzò di pochi centimetri il suo arto per rispondere al
saluto ed osservò l'allievo sparire, ritornando alla sua
solitudine.
Nuovamente un timido sorriso si dispiegò sulle sue labbra
sottili.
"E' proprio influenzabile, il mio discepolo. Basta una parola da parte
mia e lui fa quello che dico, comunque non ho mentito e l'ho spinto
nuovamente alla ricerca della felicità, anche se
dipenderà sempre da qualcun altro..."
Riflettè il bel guerriero.
Un velo di preoccupazione oscurò il suo sguardo, mentre
nuovamente pensava.
"Si vede, tuttavia, che è mio discepolo: totalmente incapace
di gestire i propri sentimenti e tutti e due ci tormentiamo la notte
con pensieri non consoni ad un guerriero. L'ho chiamato vigliacco, ma a
dire il vero mi riferivo in parte anche a me stesso. Odio pensare
queste cose! Io sono il freddo Camus e mi struggo in pensieri degni
della peggiore donnetta!"
Totalmente preso da quei pensieri Camus non si avvide che qualcuno si
stava avvicinando: dei passi ben più pesanti di quelli di
Hyoga.
Camus sussultò impercittibilmente quando sentì
una voce familiare e sarcastica pronunciare parole imprudenti.
*Camus! Ero sicuro fossi tu. Cosa fai, o algido guerriero della
Undicesima Casa a quest'ora in giro e tutto solo?*
Camus si girò di scatto e si trovò con il viso a
pochi centimetri da quello del biondo greco, guerriero del Segno dello
Scorpione, Milo.
Notò che quella sera il biondo Milo aveva i capelli ricci,
raccolti in una coda bassa, gli occhi come sempre vivaci eran puntati
sulla sua figura e dritti nei suoi occhi.
Si scostò infastidito da quella vicinanza non proprio
indesiderata e rispose, forse con un pò troppa accredine
nella voce.
*Non sono problemi tuoi, Milo. Cosa faccio di notte in giro non
è decisamente affar tuo. E poi solitamente sei l'unico
essere umano che viene vicino a me, disturbandomi con le tue
sciocchezze.*
Fissò Milo negli occhi, senza provare rimorso per quel tono:
in fondo Milo lo stava provocando pochi istanti prima.
"Forse ho esagerato..." Pensò subito dopo.
Tuttavia, in quei giorni Camus provava sensazioni contrastanti per il
biondo guerriero:
ammirazione, la provava da sempre, in fin dei conti era difficile non
provare ammirazione per Milo, biondo, bello, simpatico, intelligente,
furbo, ironico, ammaliatore, sbruffone e decisamente acuto, anche se un
poco sadico, sempre pieno di amici, visto che ogni persona che
conosceva Milo diveniva sua amica, anche se prima era un nemico;
rispetto, anche quello vi era da sempre ed anche quello Milo era in
grado di risvegliarlo in poco tempo e con semplici parole; irritazione,
da qualche tempo Milo parlava, lo trattava e lo fissava con troppa
confidenza o forse è meglio dire con troppa arroganza;
repulsione per alcuni aspetti del carattere di Milo, era da sempre
passionale, ma solo di recente si era reso conto che il greco aveva un
aspetto sadico e fastidioso che non teneva nascosto.
Milo ignorò le parole di Camus ed anche il tono che il rosso
aveva usato per rivolgersi a lui, ma anzi alzò un braccio in
segno di saluto.
Camus vide quattro figure allontanarsi verso le Case, chiacchierando e
ridendo in modo molto caotico, tant'è che le sentiva lui
dalla spiaggia.
La voce allegra di Milo ruppe il silenzio e spiegò la
situazione, come se Camus avesse insistito per sapere come mai Milo era
uscito quella sera.
*Ero fuori coi nostri compagni, che sono i miei amici da anni: Aiolia,
Shura, Death Mask ed Aphrodite. Se vuoi, la prossima volta puoi unirti
a noi. Sai è divertente uscire, tornare essere umani normali
per poco tempo, andare a bere e fare un poco di casino.*
Camus fissò gelido Milo a quell'invito, prima di dire con
tono gelido quanto gli occhi.
*Non ci tengo minimamente e non ti ho chiesto nulla. Io non faccio mai
"casino" e sono astemio.*
Milo ascoltò quelle parole e cambiò espressione:
da gioiosa divenne sempre più irritata.
Il greco non era ubriaco, ma alticcio e quelle parole gli dettero
notevole fastidio, come la sua espressione faceva intuire.
Non disse niente, ma tirò un pugno dritto sul viso di Camus.
Camus avrebbe potuto parare il colpo con facilità, ma non si
aspettava una simil reazione da parte del biondo: Milo mai si era
permesso di alzare un dito contro la sua figura.
Il colpo era stato particolarmente preciso e tagliò il
labbro inferiore del rosso.
Il sangue uscì dalla ferita copioso e finì nel
mento, poichè Camus era troppo sconvolto per pulirsi.
Nel frattempo Milo aveva cominciato a parlare.
*Certo. Tu sei Camus. Tu non fai mai un cazzo, vero? Ti svelo un
segreto caro mio, tu scombini e fai casino nei miei pensieri: tu
incasini i miei sentimenti. Ti amo da anni e tu non lo meriti. Tu non
provi niente per niente e nessuno, vero? Chissà se sei
almeno in grado di eccitarti.*
Mentre parlava, il bel biondo aveva afferrato uno sconvolto Camus per
la maglietta ed aveva cominciato a scuoterlo, profondamente irritato.
Alla fine il greco aveva guardato il francese con un'occhiata maliziosa.
Il viso di Milo si era poi avvicinato a quello di Camus ed il biondo
aveva appoggiato le mani sulle guancie di Camus, unendo le loro labbra.
La lingua di Milo passò delicata sul sangue e
ripulì le labbra sottili di Camus.
Senza pensarvi, Camus aprì la bocca, permettendo alla lingua
di Milo di entrare ed esplorare curiosa.
Camus sentì il sapore della saliva di Milo: dolce e buona,
grazie anche all'alcol.
La lingua era giocosa ed incredibilmente curiosa.
Carezzava con tocchi decisi il palato e l'interno delle guancie.
Camus era bloccato in un bacio che non aveva voluto cominciare, ma che
ora non riusciva a finire: non immaginava che Milo fosse bravo in quel
modo a baciare.
Gli occhi di Camus si inumidirono piano per le parole dure pronunciate
dal suo più caro amico di infanzia, ma Milo non lo
notò anche a causa dell'oscurità.
Il greco era ben a conoscenza delle diffiicoltà relazionali
del francese: Camus non era un semplice misantropo, no! Lui era
intimidito dalle persone e cercava di non farsi coinvolgere da nessuno
a livello emotivo.
Le sofferenze della vita avevan indurito il suo cuore e l'avevan
convinto a non ricercare l'affetto, in questo modo non avrebbe sofferto
nuovamente.
Nonnostante la conoscenza profonda che Milo aveva di Camus, aveva usato
parole che avevan ferito molto il giovane dai capelli di rubino.
Le mani di Camus, senza controllo, poichè al francese
sembrava di non controllare più le sue emozioni e sentiva
che il suo cervello non controllava più le sue reazioni, si
portarono ai capelli di Milo.
Le dita pettinarono quei filamenti color oro e sciolsero i ricci dalla
priginoia dell'elastico.
Le mani strinsero il capo di Milo, spingendolo ad approfondire il
contatto con le labbra del rosso, trasformando il bacio in uno intenso
e passionale.
Milo continuava a giocare tranquillo, ma dentro di sè era
profondamente colpito: si sarebbe aspettato una reazione ben diversa da
quella da parte di Camus, prima lo aveva colpito, il rosso non aveva
reagito ed ora contribuiva attivamente a rendere più lungo e
passionale il bacio.
Camus si accorse solo in quel momento che le mani di Milo si eran
spostate dal colletto della sua maglia alle sue braccia e lì
avevan sostato a lungo, per poi proseguire il viaggio verso l'inguine.
Ora si dirigevan con sicurezza e senza incertezze di sorta verso il
cavallo dei pantaloni del rosso, ove ora che prestava attenzione
sentiva un certo calore strano e notava uno strano rigonfiamento.
Si staccò da quelle labbra, rosso in viso, e
fermò le mani di Milo.
*Ti prego, Milo...basta così...non voglio...*
Parole sussurrate.
Parole che a Milo giunsero come una preghiera.
Parole accompagnate da uno sguardo implorante, che difficilmente Camus
rivelava.
Milo sorrise e poi disse con aria seria.
*Camus, mio caro Camus, quello è un muscolo. Non
è salutare che rimanga in tensione. Se mi permetti, posso
aiutarti e farti un enorme regalo: il miglior orgasmo della tua vita,
mio bel francesino.*
Un sorriso a metà tra l'ironia e il tenero si
dispiegò sulle labbra di Milo.
Camus arrossì per quelle parole e scosse negativamente la
testa.
Milo fissò negli occhi Camus, poi intenerito lo strinse in
un abbraccio carico d'affetto e significato.
Il greco avvicinò le labbra all'orecchio di Camus e
parlò soffiando dolcemente, sfiorando con la lingua il lobo
e facendo rabbrividire l'altro.
*Camus, ti prego perdona le mie parole di poco fa. Ero in preda
all'irritazione ed ho detto cose che ti hanno ferito e lo so. Eran cose
che non pensavo, ad esclusione dei miei sentimenti. Ti amo come non ho
mai amato nessuno e voglio stare con te per sempre, in ogni momento, in
ogni istante. Ti volevo solo scuotere da questa tua indifferenza verso
il Mondo, proprio come tu hai scosso Hyoga.*
Camus a quelle parole annuì e strinse Milo a sè,
poi però quando il greco disse di Hyoga, lo fissò
perplesso.
*Cosa credi? Hyoga di me si fida ciecamente, mi rispetta e ha la
massima considerazione per i miei consigli...credo mi consideri un
fratello maggiore o uno zio. Mi aveva raccontato ogni cosa stamane,
così gli ho caldamente consigliato di venire a discutere con
te delle sue ansie. Sapevo che tu gli avresti detto la cosa migliore,
visto il vostro legame. Ho fatto due più due quando ho visto
Hyoga allontanarsi da qui di corsa e felice in viso e ho visto te qui
sulla spiaggia.*
Camus abbassò lo sguardo un istante, ma Milo con le dita
riportò i loro occhi a fondersi nuovamente: blu intenso nel
castone chiaro, mare profondo nel nocciola tenue.
Con dolcezza Milo accarezzò il viso di Camus e disse.
*Dimmi...c'è qualcosa che vorresti farmi sapere. Ogni tuo
desiderio lo esaudirò, ma prima dimmi se devi farmi sapere
qualcosa.*
Camus respirò un paio di volte: era ovvio che il biondo
greco volesse una risposta alla sua dichiarazione d'amore.
Il tono era sempre freddo e privo di una qualsiasi emozione e niente
nel suo aspetto faceva avvertire un coinvolgimento particolare.
*Ti assicuro, Milo, che il sentimento che provi per me è
ricambiato con pari intensità.*
Non era riuscito a dire la parola amore e non aveva guardato Milo negli
occhi, ma il greco si accontentò e lo abbracciò
con forza.
Un nuovo bacio di passione risvegliò nuovamente l'erezione
di Camus, che pulsò dolorosa nei pantaloni.
Milo se ne accorse ben presto e portò nuovamente la mano al
cavallo dei pantaloni del suo amato.
Le mani esperte entrarono nei pantaloni, sbottonandoli.
I tocchi da incerti e delicati divennero sicuri e veloci.
I gemiti e il respiro di Camus seguiva quelle mani esperte ed andava a
ritmo con la stimolazione.
Ben presto il bel francese liberò il suo seme perlaceo sulla
mano di Milo con un gemito di soddisfazione.
Le gote di Camus si imporporarono sia per l'imbarazzo sia per l'orgasmo
appena avvenuto.
Milo si portò le mani alle labbra e leccò il seme
di Camus.
Un sorriso dolce e sincero si delineò sulle belle labbra del
biondo greco, mentre sussurrando diceva.
*Sei proprio buono, dolce francesino mio.*
Ghignò un momento, facendo arrossire nuovamente e
maggiormente il francese.
Milo tornò serio e con mossa decisa e secca portò
la mano di Camus al cavallo dei suoi pantaloni.
Camus avvertì il membro di Milo duro come pietra.
Camus sorrise imbarazzato e cominciò ad accarezzare il
membro di Milo da sopra i pantaloni, rendendo il respiro del biondo
sempre più basso, eccitante e pesante.
La mano del francese entrò nei pantaloni, aprendoli.
Trovò l'erezione pulsante e cominciò a toccarla,
inesperto.
Prese maggiore confidenza con il corpo del greco ed
accellerò le carezze avanti ed indietro, su e giù
con sempre più velocità.
Milo gemeva sempre più forte a quei tocchi meravigliosi,
anche per la loro inesperienza palese.
Camus avvertì del liquido sulla mano e la ritrasse da quella
zona, osservando le sue dita curioso.
Le falangi del francese eran ricoperte da una sostanza sostanziosa
biancastra, che emanava un forte odore...l'odore potente e virile del
greco.
Decise di assaggiare quel liquido e portò l'indice alle
labbra.
Un sapore agrodolce prese possesso della sua bocca, un sapore che Camus
aveva sempre pensato fosse adatto al greco.
Sorrise aperto e sincero, forse per la prima volta in vita sua, e
strinse Milo in un abbraccio ricco d'affetto.
Milo non pretese nient'altro e neppure Camus si sentiva pronto per fare
altre esperienze.
Tornarono mano nella mano alle loro Case, decidendo di rivelare la loro
felicità la mattina seguente.
Camus si svegliò tardi quella matina, sicuro che Milo si
fosse già alzato e che avesse già raccontato ogni
cosa anche alle colonne del Grande Tempio.
Il francese sperò che il greco fosse stato discreto e non
avesse detto proprio ogni particolare.
Un pensiero venne ben presto alla sua mente: Aphrodite, l'uomo
più pettegolo nella storia probabilmente, era uno dei
più cari amici di Milo e quindi non solo Milo gli aveva
già detto ogni particolare, ma anche Aphrodite aveva
probabilmente divulgato ai quattro venti i fatti suoi.
Camus poteva, quindi, dire addio alla sua fama e credibilità
di uomo schivo, austero e freddo.
Mentre era impegnato in questi pensieri, Hyoga venne alla Casa del suo
maestro.
Camus lo vide entrare solo e si sentiva pronto anche per consolarlo e
vederlo probabilmente piangere come un moccioso, ma non ve ne fu
bisogno.
Pochi minuti dopo, entrò la timida figura delicata di Shun
di Andromeda.
Il giovane dai capelli ramati si avvicinò al biondo,
guardandolo con tutto l'amore possibile e prendendogli la mano,
intrecciando le dita sottili con quelle grandi del suo discepolo.
Lo sguardo di Shun venne ricambiato prontamente da uno sguardo sognante
di Hyoga.
Gli occhi azzurri del discepolo di Camus esprimevano tutta la
convinzione del biondino di essere l'uomo più fortunato al
mondo, visto che un angelo era giunto sulla Terra e lo amava.
Camus osservò il ragazzo dagli occhi di smeraldo ed ammise
che, benchè fosse un pochino fragilino ed effeminato, aveva
una grazia ed una bellezza decisamente fuori dal comune.
Camus condusse i suoi ospiti senza dire una parola alla Terrazza della
Undicesima Casa per fare colazione insieme.
Hyoga e Shun eran talmente immersi in un mondo tutto loro sicuramente
rosa da non rendersi neppure conto quello che stavano mangiando.
Hyoga fissò il suo maestro e rivelò come aveva
ascoltato i suoi preziosi consigli e come si era dichiarato a Shun,
Finito il racconto, Hyoga baciò morbido e tenero Shun sulle
labbra.
Milo entrò in quel momento.
Vide la scena tra i due piccoli Bronze ed ammiccò a Camus.
Hyoga, quando si accorse della presenza del Custode dell'Ottava Casa,
si alzò di scatto e corse ad abbracciare il greco.
Milo ricambiò l'abbraccio, stringendo a sè e con
forza la vita per lui sottile del giovane siberiano, sollevandolo da
terra.
Dopo aver messo a terra Hyoga, Milo si avvicinò al tavolo.
Con una mano il greco accarezzò scompigliando
affettuosamente la morbida chioma di Shun e baciò Camus con
passione.
A quel gesto d'amore, Shun e Hyoga fecero esplodere la loro
fanciullesca curiosità.
Il resto della mattinata e del pomeriggio venne sprecato dalle due
coppie, che lo passarono insieme a raccontarsi i dettagli delle
rispettive dichiarazioni e sui ricordi delle precedenti battaglie,
Giunta la sera, Shun e Hyoga si allontanorono di corsa.
Hyoga spiegò semplicemente che volevano cenare ad Athene,
lontano dai loro amici e fratelli, per poi passeggiare loro due soli.
Camus e Milo, rimasti soli, osservarono il crepuscolo abbracciati.
Nello spettacolo naturale del Sole che entrava nel Mare, Milo e Camus
si baciarono.
L'alba gli colse sulla terrazza, addormentati stretti l'uno all'altro
in un vincolo impossibile da scindere.
Il primo giorno era stato perfetto e quelli che sarebbero seguiti
sembravano ancora meglio.
Note dell'Autrice. Dunque devo dire che
questa storia mi ha preso ogni istante, forse a causa delle coppie: io
adoro Hyoga e Shun, Milo e Camus. Devo dire che non
è facile render giustizia al carattere nè di Milo
nè di Camus. Sono personaggi difficili
da trattare, in quanto molto diversi, ma spero di esser riuscita
nell'intento. Ovviamente sarete voi a
dirmelo, commentando questa mia storia! Grazie a chi
leggerà, a chi recensirà e a chi avrà
la gentilezza di inserirmi tra i Preferiti, se mai vi saranno persone
così. Alla prossima, Ciao!