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Autore: DeaEris    24/08/2009    2 recensioni
Come mai Camus non riesce a trovare pace di notte? Quali pensieri turbano la sua mente, dopo la guerra sacra? La coppia principale è MiloCamus, ma vi è un accenno abbastanza forte a HyogaShun!
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, lettori che come me siete a casa...appena tornati dalle vostre vacanze.
Vi auguro siano state più calde e soleggiate delle mie!
Durante queste vacanze, tuttavia, devo dire che l'ispirazione è venuta spesso a bussare alla mia fantasia ed eccomi qua a pubblicare!


Era una notte tranquilla ad Athene.
Le stelle e la Luna illuminavano fiocamente le strade e regnavano incontrastate, signore e regina di una notte serena.
Dolce Luna Piena, tu che hai ispirato poesie e dolci sentimenti, tu che hai riscaldato il cuore degli innamorati con la tua delicata luce, rimani muta testimone dal cielo di ogni cuore trepidante e pieno di superbo amore, illumina anche questa notte e rendi ancor più sublime il magico paesaggio di Athene.
Le coppie di amanti passeggiavano mano nella mano per le strade calde di Athene, unendo le labbra di quando in quando in un bacio tenero e delicato o passionale e deciso.
Alcune coppie felici si spingevano fino al mare blu scuro per ammirare il romantico spettacolo: la Luna Piena che saluta la sua gemella riflessa nelle acque scure e salmastre sottostanti.
In una spiaggia nascosta agli occhi dei normali mortali ed indiscreti, in un'insennatura e sovrastata da dodici magnifici Templi, vi era silenzio e la spiaggia era apparentemente deserta.
In quel loco ameno e segreto al Mondo, ove mito e verità si confondono ed ove leggenda e realtà si uniscono in legame duraturo da secoli.
Laggiù nascosti ad occhio umano, nei Dodici Templi Quattordici eroi riposano, stanchi dai loro incarichi.
Dodici figure o meglio quattordici figure mitiche, i Saint di Athena, che avevan conosciuto nella vita sofferenza e dolore, avevan vinto la morte, ritornando alla vita per merito della loro Signora, Dea della Guerra Pacifica.
Uno dei quattordici guerrieri splendidi come il Sole, tuttavia, quella notte non trovava riposo nè requie.
Si era, così, alzato ed era giunto ben presto sulla spiaggia, sperando di calmare i pensieri che turbavano la sua pace interiore con la solitudine e il paesaggio magico della notte stellata.
Sugli scogli, seduto a terra, solo ed isolato da tutti e da tutto stava in silenzio, apparizione magnifica e meravigliosa in quella notte.
Occhio umano avrebbe fatto notevole fatica a definire il giovane: troppo bello e perfetto, forse ancor più della notte.
I lunghi, lisci, setosi e curati capelli color rubino eran vittima dei giochi impetuosi della brezza notturna.
Di quando in quando una mano candida dalle lunghe dita affusolate pettinava frettolosamente i capelli e senza donar loro neppure troppa delicatezza spostavan quei lunghi filamenti profumati di muschio e color del rubino dagli occhi color nocciola.
Il viso fermo, calmo ed inespressivo donava alla figura un'aria di perfetta e sublima serietà e severità.
Nonostante i colori caldi di occhi e capelli, che richiamavano il fuoco, tutto nel giovane di aspetto sublime ricordava un ghiacciaio perfetto, forse a causa dell'espressione fredda, forse perchè le palpebre cadevan con poca frequenza sui caldi occhi, forse per il pallore eccessivo, sintomo di scarso contatto con il Sole.
I pensieri del giovane eran fissi al passato.
I ricordi dell'ultima Guerra Sacra, ove lui e molti dei suoi compagni avevan perso la vita, passavano vividi nella sua memoria, creando l'illusione di aver i nemici davanti ai suoi occhi.
"Traditore...sono stato chiamato traditore. Io sono divenuto un traditore agli occhi di tutti, agli occhi di Milo, il mio più vecchio e caro amico. Ho usato una tecnica proibita per uccidere un amico. Ricordo ancora distintamente lo sguardo di Milo: tra l'astio ed il deluso.
Mai nessuno mi ha mai fissato in quel modo...quando si è accorto che ero suo nemico, dopo la morte di Shaka -chissà come farà mai a perdonarmi, Shaka?-.
Ho tradito la fiducia di tutti, in particolar modo la fiducia di Milo. Tutto è tornato ora come prima, io sono nuovamente un Gold.
Sento, tuttavia, un'incrinatura nel nostro rapporto...sono giorni che non parliamo e mi sento a disagio quando son solo con lui. Cosa fare?
Non posso andare a chiedere aiuto o consiglio a nessuno e neppure andar da lui a chiedere spiegazioni...io sono pur sempre il freddo ed algido Camus di Aquario.
Non posso abbassarmi a tanto, ma sento di non riuscire ad affrontare solo la situazione. Non per paura, chiaramente, io, Camus, mai ho provato un tale sentimento, ma le notti passano ed io mi struggo in pensieri poco consoni al mio rango ed al mio essere in pensieri assurdi."
Questi pensieri si susseguivano nella mente del giovane dai capelli rossi.
Per un momento, poi, la rabbia prese il sopravvento sulla calma, ma fu un istante passeggero.
Il viso tornò tosto inespressivo e tranquillo, come se la rabbia fosse passata in un baleno.
Fu, allora, che il bel guerriero sentì un rumore di passi delicati e lievi.
In un solo movimento deciso, Camus balzò in piedi.
Fronteggiò di conseguenza il nuovo venuto, disturbatore della sua quiete: insomma chi era sveglio quella notte oltre a lui? Soprattutto chi osava recarsi nel loco dove lui si era rifugiato?
Le risposte a quelle domande arrivarono ben presto.
Una chioma bionda e riccia, lunga fino alle spalle, spuntò sulla spiaggia.
Camus osservò la figura del giovane con un'ombra di discreto affetto: capelli lunghi, occhi azzurri ghiaccio, pelle abbronzata, muscoli piuttosto evidenti.

Il giovane discepolo di Camus, Hyoga, quella notte non riusciva a dormire sia per un'ansia crescente e divorante.
Un patema d'animo su uno dei suoi fratelli ed amici, Shun.
Shun lo teneva sveglio ormai da diverso tempo.
Compariva nei suoi sogni e pensieri in modo poco consono e poco casto.
Sicuramente Hyoga non riusciva più a vedere il giovane Shun solo come un compagno d'arme.
Non di rado si era accorto che i suoi occhi cercavano sempre più spesso la figura delicata del giovane e fissava il suo viso dolce e delicato: i capelli morbidi e ricci, che circondavano il tenero visetto; gli occhi grandi ed espressivi del colore della speranza e degli smeraldi, circondati dalle ciglia lunghe; il visino gentile, le guancie color pesca priva di barba ispida o imperfezioni di sorta tipiche dell'adolescenza.
Questo incredibile numero di attrattive era solo nel volto, poichè il corpo era anch'esso attraente: i muscoli accennati conferivano a quel corpo grazia ed eleganza, magro e nemmeno molto alto, dolce anche in questo aspetto da bambino indifeso; a volte gli occhi azzurri del biondo si soffermavano anche sulle gambe snelle del più giovane e sul sedere tondo.
Spesso Hyoga aveva invidiato la Cloth di Andromeda, che aveva l'immensa fortuna di ricoprire quel giovane corpo.
Questi pensieri costringevano il cigno fuori dal letto ad orari indegni per un ragazzino della sua età.
Hyoga si accorse ben presto dell'algida presenza di Camus e lo raggiunse in corsa in corsa, lieto di vederlo senza la sua Gold Cloth nè compagni, come quando era negli anni dell'infanzia e si allenava in Siberia con il suo maestro venerato.

Camus osservò il giovane e poi disse con solita voce fredda, mentre gli occhi percorrevan la figura del suo allievo prediletto.
*Hyoga, come mai sveglio?*
Camus non dava mai a vedere i propri sentimenti, ma per lui Hyoga era più figlio che allievo e quindi trovava opportuno informarsi circa la sua salute con una certa apprensione.
Hyoga sorrise sincero al suo amatissimo maestro, per il quale provava un affetto simile a quello che si prova per un bravo.
*Maestro Camus, niente di importante mi tiene sveglio. La ringrazio per la sua gentile preoccupazione. Non riuscivo a dormire. Lei, invece, come mai è sveglio?*
Camus ascoltò il discorso, ignorando la domanda del suo allievo.
Sapeva che non aveva mentito, ma aveva semplicemente omesso dei dettagli.
Sicuramente la certezza di Camus era nata grazie alla conoscenza profonda che aveva di Hyoga.
Il ragazzino, infatti, non lo fissava negli occhi ed aveva dato una risposta non dettagliata, come se temesse di annoiare o di turbare con una maggiore confidenza.
Camus si sedette a terra e con gesto secco ed imperioso ordinò a Hyoga di fare la medesima cosa.
Quando Hyoga prese posto accanto al suo maestro, quest'ultimo parlò.
*Hyoga, tu sai che io sono solo il tuo maestro, perciò non mi importa niente di quello che fai...non sono tenuto ad occuparmi dei miei allievi per sempre, come già ti dissi. Perciò non ti giudicherò se vorrai parlare con me e dirmi cosa affligge la tua mente.*
Un'unica frase che per Camus rappresentava una mezza menzogna, mentre per Hyoga era confortante verità.
Hyoga, riflettendo su quelle parole, riflettè sull'ultima ingenerenza da parte del suo maestro nella sua vita e nel suo modo di vita.
Non disse una parola di quell'episodio, poichè il Cigno non voleva passare la restante sua vita in una prigione di ghiaccio infrangibile.
L'ultima volta per salvarlo, il biondo ricordava bene, aveva rischiato di perdere la sua luce e la sua fonte di gioia.
Hyoga parlò con voce calma e sicura, come il suo maestro gli aveva insegnato.
*Maestro, non fraintenda. Non è che non parlo perchè ho un qualche problema a raccontarvi cosa mi turba, ma più per timidezza. Vede mi imbarazza parlare di codesto argomento e non sono abituato a dovermi liberare l'anima da simili pensieri.*
Il silenzio regnò un istante sulla spiaggia, giusto il tempo per il biondo di ottenere la massima attenzione del suo maestro: uomo saggio ed intelligente, che avrebbe seguito senza dubbio alcuno il suo consiglio.
*E' da molto che mi son reso conto di nutrire particolare attenzione per uno dei miei compagni, amici e fratelli. Shun, anche da bambino, occupava i miei pensieri, a causa del suo carattere fragile ed insicuro, ma ora lui è sempre nella mia mente...ogni istante, ogni secondo della giornata nei miei pensieri. Non posso allenarmi, nè passeggiare. nè nuotare, nè riposare che il suo viso dolce ed indifeso compare dinnanzi a me vivido come se fosse realmente davanti a me...come un meraviglioso sogno, una dolce illusione che io non voglio spezzare. Se prima era il suo carattere dolce ad impensierirmi, ora è tutto il suo insieme di sublime bontà, gentilezza, buon cuore, dolcezza, gaiezza e speranza, oltre che grande avvenenza. Ogni cosa lo invidia perchè lui è pura grazia, eleganza e perfezione. Ogni cosa lo invidia e mi sembra voglia fargli male. Sembra delicato, ma in lui vi è una grande forza e nessuno è in grado di eguagliarlo. Non dev'essere semplice esser dolce e puro come lui è con tutti i pericoli, le battaglie, le insidie e le difficoltà che abbiamo affrontato finora e che ancora affronteremo.*
Camus aveva ogni ascoltato ogni parola mantenendo un'aria calma ed inespressiva, quando si accorse che Hyoga o aveva finito oppure voleva sentire la sua voce parlò.
La voce risuonò forte e fredda come ghiaccio, poichè anche la voce in lui era glaciale.
*Hyoga, mi sembra palese che tu ami lui o che perlomeno nutri un forte affetto nei suoi confronti.*
Hyoga ascoltò quelle parole e parlò nuovamente.
*Di questo me ne resi conto diverse lune fa. Il problema che mi angustia ora è differente. Ho accettato di buon grado i miei sentimenti.*
Camus fissò il giovane al suo fianco e disse.
*Se ne sei consapevole, non vedo dove sia il problema.*
Un'occhiata del maestro costrinse Hyoga a spiegarsi meglio.
*Il problema è che mi chiedo se sia giusto o sbagliato il mio sentimento. Siamo entrambi uomini, lui è mio fratello...il mio amore è sbagliato.*
Gli occhi azzurri si spostarono a terra depressi, poi Hyoga continuò senza guardare ancora il suo maestro.
*Inoltre non vorrei mai ferire il suo grande cuore con una mia dichiarazione avventata. So che lo ferirei con una mia confessione.*
Disse il cigno, guardando il maestro come se si aspettasse una sfuriata o quanto meno un consiglio o un ordine da parte dell'uomo.
Camus aveva ascoltato tutto il discorso, cambiando l'espressione in una un poco disgustata da quel continuo piagnisteo.
*Sei il solito piagnone senza nerbo nè spina dorsale. Anzichè venire qui o recarti da me a raccontare i tuoi patemi d'animo e piangerti inutilmente adosso, vai dal tuo amichetto e dichiarati, vigliacco. Anche se lui non provasse niente per te, cosa che dubito fortemente, tu ti libereresti senz'altro di tutta quest'ansia negativa che ti assilla.*
Come Hyoga si era aspettato, Camus lo aveva duramente rimprovverato per la sua indecisione ed infine aveva dato il suo prezioso consiglio.
Solo una cosa non era chiara e Hyoga voleva sapere a tutti i costi.
*Come fa a dire che dubito dell'assenza dei sentimenti di Shun nei miei confronti, maestro?*
Una mano di Camus si posò delicata, ma con eguale forza sulla spalla del giovane discepolo.
Prima di parlare, il rosso fissò con intensità la luna ed il mare.
*Shun, quando avete combattuto contro di noi, si sarebbe sacrificato per ognuno di voi, ma solo per te avrebbe potuto morire per assideramento. Solo per te avrebbe accolto il freddo intenso del mio Cosmo nel suo corpo fragile e delicato. Egli ha già dato notevoli prove d'affetto, molte in più rispetto alle tue ridicole manifestazioni d'affetto. Di questo me ne resi conto io che non lo conosco se non superficialmente.*
Hyoga a quelle gradite parole arrossì vistosamente e si alzò in piedi.
Una mano decisa trattenne il biondo per il polso.
Il giovane siberiano fissò incuriosito il suo beneamato maestro.
Camus ricambiò l'occhiata curiosa del suo discepolo con un'occhiata fredda ed ironica.
*Hyoga, sono le tre del mattino. Shun a quest'ora è sicuramente a letto. Tu, vai a casa e riposa tranquillo, poi domattina parla con lui. Dopo che avete chiarito tra voi, vieni alla mia Casa, se sarai con lui saprò che il tuo discorso è andato bene, altrimenti saprò solo che hai fallito o che lui ti ha rifiutato.*
Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra fini di Camus, mentre osservava il suo discepolo allontanarsi.
Hyoga si volse un'ultima volta e salutò con la mano il maestro, levando in altro il braccio.
Camus alzò di pochi centimetri il suo arto per rispondere al saluto ed osservò l'allievo sparire, ritornando alla sua solitudine.
Nuovamente un timido sorriso si dispiegò sulle sue labbra sottili.
"E' proprio influenzabile, il mio discepolo. Basta una parola da parte mia e lui fa quello che dico, comunque non ho mentito e l'ho spinto nuovamente alla ricerca della felicità, anche se dipenderà sempre da qualcun altro..."
Riflettè il bel guerriero.
Un velo di preoccupazione oscurò il suo sguardo, mentre nuovamente pensava.
"Si vede, tuttavia, che è mio discepolo: totalmente incapace di gestire i propri sentimenti e tutti e due ci tormentiamo la notte con pensieri non consoni ad un guerriero. L'ho chiamato vigliacco, ma a dire il vero mi riferivo in parte anche a me stesso. Odio pensare queste cose! Io sono il freddo Camus e mi struggo in pensieri degni della peggiore donnetta!"
Totalmente preso da quei pensieri Camus non si avvide che qualcuno si stava avvicinando: dei passi ben più pesanti di quelli di Hyoga.
Camus sussultò impercittibilmente quando sentì una voce familiare e sarcastica pronunciare parole imprudenti.
*Camus! Ero sicuro fossi tu. Cosa fai, o algido guerriero della Undicesima Casa a quest'ora in giro e tutto solo?*
Camus si girò di scatto e si trovò con il viso a pochi centimetri da quello del biondo greco, guerriero del Segno dello Scorpione, Milo.
Notò che quella sera il biondo Milo aveva i capelli ricci, raccolti in una coda bassa, gli occhi come sempre vivaci eran puntati sulla sua figura e dritti nei suoi occhi.
Si scostò infastidito da quella vicinanza non proprio indesiderata e rispose, forse con un pò troppa accredine nella voce.
*Non sono problemi tuoi, Milo. Cosa faccio di notte in giro non è decisamente affar tuo. E poi solitamente sei l'unico essere umano che viene vicino a me, disturbandomi con le tue sciocchezze.*
Fissò Milo negli occhi, senza provare rimorso per quel tono: in fondo Milo lo stava provocando pochi istanti prima.
"Forse ho esagerato..." Pensò subito dopo.
Tuttavia, in quei giorni Camus provava sensazioni contrastanti per il biondo guerriero:
ammirazione, la provava da sempre, in fin dei conti era difficile non provare ammirazione per Milo, biondo, bello, simpatico, intelligente, furbo, ironico, ammaliatore, sbruffone e decisamente acuto, anche se un poco sadico, sempre pieno di amici, visto che ogni persona che conosceva Milo diveniva sua amica, anche se prima era un nemico; rispetto, anche quello vi era da sempre ed anche quello Milo era in grado di risvegliarlo in poco tempo e con semplici parole; irritazione, da qualche tempo Milo parlava, lo trattava e lo fissava con troppa confidenza o forse è meglio dire con troppa arroganza; repulsione per alcuni aspetti del carattere di Milo, era da sempre passionale, ma solo di recente si era reso conto che il greco aveva un aspetto sadico e fastidioso che non teneva nascosto.
Milo ignorò le parole di Camus ed anche il tono che il rosso aveva usato per rivolgersi a lui, ma anzi alzò un braccio in segno di saluto.
Camus vide quattro figure allontanarsi verso le Case, chiacchierando e ridendo in modo molto caotico, tant'è che le sentiva lui dalla spiaggia.
La voce allegra di Milo ruppe il silenzio e spiegò la situazione, come se Camus avesse insistito per sapere come mai Milo era uscito quella sera.
*Ero fuori coi nostri compagni, che sono i miei amici da anni: Aiolia, Shura, Death Mask ed Aphrodite. Se vuoi, la prossima volta puoi unirti a noi. Sai è divertente uscire, tornare essere umani normali per poco tempo, andare a bere e fare un poco di casino.*
Camus fissò gelido Milo a quell'invito, prima di dire con tono gelido quanto gli occhi.
*Non ci tengo minimamente e non ti ho chiesto nulla. Io non faccio mai "casino" e sono astemio.*
Milo ascoltò quelle parole e cambiò espressione: da gioiosa divenne sempre più irritata.
Il greco non era ubriaco, ma alticcio e quelle parole gli dettero notevole fastidio, come la sua espressione faceva intuire.
Non disse niente, ma tirò un pugno dritto sul viso di Camus.
Camus avrebbe potuto parare il colpo con facilità, ma non si aspettava una simil reazione da parte del biondo: Milo mai si era permesso di alzare un dito contro la sua figura.
Il colpo era stato particolarmente preciso e tagliò il labbro inferiore del rosso.
Il sangue uscì dalla ferita copioso e finì nel mento, poichè Camus era troppo sconvolto per pulirsi.
Nel frattempo Milo aveva cominciato a parlare.
*Certo. Tu sei Camus. Tu non fai mai un cazzo, vero? Ti svelo un segreto caro mio, tu scombini e fai casino nei miei pensieri: tu incasini i miei sentimenti. Ti amo da anni e tu non lo meriti. Tu non provi niente per niente e nessuno, vero? Chissà se sei almeno in grado di eccitarti.*
Mentre parlava, il bel biondo aveva afferrato uno sconvolto Camus per la maglietta ed aveva cominciato a scuoterlo, profondamente irritato.
Alla fine il greco aveva guardato il francese con un'occhiata maliziosa.
Il viso di Milo si era poi avvicinato a quello di Camus ed il biondo aveva appoggiato le mani sulle guancie di Camus, unendo le loro labbra.
La lingua di Milo passò delicata sul sangue e ripulì le labbra sottili di Camus.
Senza pensarvi, Camus aprì la bocca, permettendo alla lingua di Milo di entrare ed esplorare curiosa.
Camus sentì il sapore della saliva di Milo: dolce e buona, grazie anche all'alcol.
La lingua era giocosa ed incredibilmente curiosa.
Carezzava con tocchi decisi il palato e l'interno delle guancie.
Camus era bloccato in un bacio che non aveva voluto cominciare, ma che ora non riusciva a finire: non immaginava che Milo fosse bravo in quel modo a baciare.
Gli occhi di Camus si inumidirono piano per le parole dure pronunciate dal suo più caro amico di infanzia, ma Milo non lo notò anche a causa dell'oscurità.
Il greco era ben a conoscenza delle diffiicoltà relazionali del francese: Camus non era un semplice misantropo, no! Lui era intimidito dalle persone e cercava di non farsi coinvolgere da nessuno a livello emotivo.
Le sofferenze della vita avevan indurito il suo cuore e l'avevan convinto a non ricercare l'affetto, in questo modo non avrebbe sofferto nuovamente.
Nonnostante la conoscenza profonda che Milo aveva di Camus, aveva usato parole che avevan ferito molto il giovane dai capelli di rubino.
Le mani di Camus, senza controllo, poichè al francese sembrava di non controllare più le sue emozioni e sentiva che il suo cervello non controllava più le sue reazioni, si portarono ai capelli di Milo.
Le dita pettinarono quei filamenti color oro e sciolsero i ricci dalla priginoia dell'elastico.
Le mani strinsero il capo di Milo, spingendolo ad approfondire il contatto con le labbra del rosso, trasformando il bacio in uno intenso e passionale.
Milo continuava a giocare tranquillo, ma dentro di sè era profondamente colpito: si sarebbe aspettato una reazione ben diversa da quella da parte di Camus, prima lo aveva colpito, il rosso non aveva reagito ed ora contribuiva attivamente a rendere più lungo e passionale il bacio.
Camus si accorse solo in quel momento che le mani di Milo si eran spostate dal colletto della sua maglia alle sue braccia e lì avevan sostato a lungo, per poi proseguire il viaggio verso l'inguine.
Ora si dirigevan con sicurezza e senza incertezze di sorta verso il cavallo dei pantaloni del rosso, ove ora che prestava attenzione sentiva un certo calore strano e notava uno strano rigonfiamento.
Si staccò da quelle labbra, rosso in viso, e fermò le mani di Milo.
*Ti prego, Milo...basta così...non voglio...*
Parole sussurrate.
Parole che a Milo giunsero come una preghiera.
Parole accompagnate da uno sguardo implorante, che difficilmente Camus rivelava.
Milo sorrise e poi disse con aria seria.
*Camus, mio caro Camus, quello è un muscolo. Non è salutare che rimanga in tensione. Se mi permetti, posso aiutarti e farti un enorme regalo: il miglior orgasmo della tua vita, mio bel francesino.*
Un sorriso a metà tra l'ironia e il tenero si dispiegò sulle labbra di Milo.
Camus arrossì per quelle parole e scosse negativamente la testa.
Milo fissò negli occhi Camus, poi intenerito lo strinse in un abbraccio carico d'affetto e significato.
Il greco avvicinò le labbra all'orecchio di Camus e parlò soffiando dolcemente, sfiorando con la lingua il lobo e facendo rabbrividire l'altro.
*Camus, ti prego perdona le mie parole di poco fa. Ero in preda all'irritazione ed ho detto cose che ti hanno ferito e lo so. Eran cose che non pensavo, ad esclusione dei miei sentimenti. Ti amo come non ho mai amato nessuno e voglio stare con te per sempre, in ogni momento, in ogni istante. Ti volevo solo scuotere da questa tua indifferenza verso il Mondo, proprio come tu hai scosso Hyoga.*
Camus a quelle parole annuì e strinse Milo a sè, poi però quando il greco disse di Hyoga, lo fissò perplesso.
*Cosa credi? Hyoga di me si fida ciecamente, mi rispetta e ha la massima considerazione per i miei consigli...credo mi consideri un fratello maggiore o uno zio. Mi aveva raccontato ogni cosa stamane, così gli ho caldamente consigliato di venire a discutere con te delle sue ansie. Sapevo che tu gli avresti detto la cosa migliore, visto il vostro legame. Ho fatto due più due quando ho visto Hyoga allontanarsi da qui di corsa e felice in viso e ho visto te qui sulla spiaggia.*
Camus abbassò lo sguardo un istante, ma Milo con le dita riportò i loro occhi a fondersi nuovamente: blu intenso nel castone chiaro, mare profondo nel nocciola tenue.
Con dolcezza Milo accarezzò il viso di Camus e disse.
*Dimmi...c'è qualcosa che vorresti farmi sapere. Ogni tuo desiderio lo esaudirò, ma prima dimmi se devi farmi sapere qualcosa.*
Camus respirò un paio di volte: era ovvio che il biondo greco volesse una risposta alla sua dichiarazione d'amore.
Il tono era sempre freddo e privo di una qualsiasi emozione e niente nel suo aspetto faceva avvertire un coinvolgimento particolare.
*Ti assicuro, Milo, che il sentimento che provi per me è ricambiato con pari intensità.*
Non era riuscito a dire la parola amore e non aveva guardato Milo negli occhi, ma il greco si accontentò e lo abbracciò con forza.
Un nuovo bacio di passione risvegliò nuovamente l'erezione di Camus, che pulsò dolorosa nei pantaloni.
Milo se ne accorse ben presto e portò nuovamente la mano al cavallo dei pantaloni del suo amato.
Le mani esperte entrarono nei pantaloni, sbottonandoli.
I tocchi da incerti e delicati divennero sicuri e veloci.
I gemiti e il respiro di Camus seguiva quelle mani esperte ed andava a ritmo con la stimolazione.
Ben presto il bel francese liberò il suo seme perlaceo sulla mano di Milo con un gemito di soddisfazione.
Le gote di Camus si imporporarono sia per l'imbarazzo sia per l'orgasmo appena avvenuto.
Milo si portò le mani alle labbra e leccò il seme di Camus.
Un sorriso dolce e sincero si delineò sulle belle labbra del biondo greco, mentre sussurrando diceva.
*Sei proprio buono, dolce francesino mio.*
Ghignò un momento, facendo arrossire nuovamente e maggiormente il francese.
Milo tornò serio e con mossa decisa e secca portò la mano di Camus al cavallo dei suoi pantaloni.
Camus avvertì il membro di Milo duro come pietra.
Camus sorrise imbarazzato e cominciò ad accarezzare il membro di Milo da sopra i pantaloni, rendendo il respiro del biondo sempre più basso, eccitante e pesante.
La mano del francese entrò nei pantaloni, aprendoli.
Trovò l'erezione pulsante e cominciò a toccarla, inesperto.
Prese maggiore confidenza con il corpo del greco ed accellerò le carezze avanti ed indietro, su e giù con sempre più velocità.
Milo gemeva sempre più forte a quei tocchi meravigliosi, anche per la loro inesperienza palese.
Camus avvertì del liquido sulla mano e la ritrasse da quella zona, osservando le sue dita curioso.
Le falangi del francese eran ricoperte da una sostanza sostanziosa biancastra, che emanava un forte odore...l'odore potente e virile del greco.
Decise di assaggiare quel liquido e portò l'indice alle labbra.
Un sapore agrodolce prese possesso della sua bocca, un sapore che Camus aveva sempre pensato fosse adatto al greco.
Sorrise aperto e sincero, forse per la prima volta in vita sua, e strinse Milo in un abbraccio ricco d'affetto.
Milo non pretese nient'altro e neppure Camus si sentiva pronto per fare altre esperienze.
Tornarono mano nella mano alle loro Case, decidendo di rivelare la loro felicità la mattina seguente.

Camus si svegliò tardi quella matina, sicuro che Milo si fosse già alzato e che avesse già raccontato ogni cosa anche alle colonne del Grande Tempio.
Il francese sperò che il greco fosse stato discreto e non avesse detto proprio ogni particolare.
Un pensiero venne ben presto alla sua mente: Aphrodite, l'uomo più pettegolo nella storia probabilmente, era uno dei più cari amici di Milo e quindi non solo Milo gli aveva già detto ogni particolare, ma anche Aphrodite aveva probabilmente divulgato ai quattro venti i fatti suoi.
Camus poteva, quindi, dire addio alla sua fama e credibilità di uomo schivo, austero e freddo.
Mentre era impegnato in questi pensieri, Hyoga venne alla Casa del suo maestro.
Camus lo vide entrare solo e si sentiva pronto anche per consolarlo e vederlo probabilmente piangere come un moccioso, ma non ve ne fu bisogno.
Pochi minuti dopo, entrò la timida figura delicata di Shun di Andromeda.
Il giovane dai capelli ramati si avvicinò al biondo, guardandolo con tutto l'amore possibile e prendendogli la mano, intrecciando le dita sottili con quelle grandi del suo discepolo.
Lo sguardo di Shun venne ricambiato prontamente da uno sguardo sognante di Hyoga.
Gli occhi azzurri del discepolo di Camus esprimevano tutta la convinzione del biondino di essere l'uomo più fortunato al mondo, visto che un angelo era giunto sulla Terra e lo amava.
Camus osservò il ragazzo dagli occhi di smeraldo ed ammise che, benchè fosse un pochino fragilino ed effeminato, aveva una grazia ed una bellezza decisamente fuori dal comune.
Camus condusse i suoi ospiti senza dire una parola alla Terrazza della Undicesima Casa per fare colazione insieme.
Hyoga e Shun eran talmente immersi in un mondo tutto loro sicuramente rosa da non rendersi neppure conto quello che stavano mangiando.
Hyoga fissò il suo maestro e rivelò come aveva ascoltato i suoi preziosi consigli e come si era dichiarato a Shun,
Finito il racconto, Hyoga baciò morbido e tenero Shun sulle labbra.
Milo entrò in quel momento.
Vide la scena tra i due piccoli Bronze ed ammiccò a Camus.
Hyoga, quando si accorse della presenza del Custode dell'Ottava Casa, si alzò di scatto e corse ad abbracciare il greco.
Milo ricambiò l'abbraccio, stringendo a sè e con forza la vita per lui sottile del giovane siberiano, sollevandolo da terra.
Dopo aver messo a terra Hyoga, Milo si avvicinò al tavolo.
Con una mano il greco accarezzò scompigliando affettuosamente la morbida chioma di Shun e baciò Camus con passione.
A quel gesto d'amore, Shun e Hyoga fecero esplodere la loro fanciullesca curiosità.
Il resto della mattinata e del pomeriggio venne sprecato dalle due coppie, che lo passarono insieme a raccontarsi i dettagli delle rispettive dichiarazioni e sui ricordi delle precedenti battaglie,
Giunta la sera, Shun e Hyoga si allontanorono di corsa.
Hyoga spiegò semplicemente che volevano cenare ad Athene, lontano dai loro amici e fratelli, per poi passeggiare loro due soli.
Camus e Milo, rimasti soli, osservarono il crepuscolo abbracciati.
Nello spettacolo naturale del Sole che entrava nel Mare, Milo e Camus si baciarono.
L'alba gli colse sulla terrazza, addormentati stretti l'uno all'altro in un vincolo impossibile da scindere.
Il primo giorno era stato perfetto e quelli che sarebbero seguiti sembravano ancora meglio.

Note dell'Autrice.
Dunque devo dire che questa storia mi ha preso ogni istante, forse a causa delle coppie: io adoro Hyoga e Shun, Milo e Camus.
Devo dire che non è facile render giustizia al carattere nè di Milo nè di Camus.
Sono personaggi difficili da trattare, in quanto molto diversi, ma spero di esser riuscita nell'intento.
Ovviamente sarete voi a dirmelo, commentando questa mia storia!
Grazie a chi leggerà, a chi recensirà e a chi avrà la gentilezza di inserirmi tra i Preferiti, se mai vi saranno persone così.
Alla prossima, Ciao!
  
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